Chūken Hachikō: il significato della fedeltà

hachikoHachikō era un bellissimo esemplare di razza Akita bianco, nato nell’omonima prefettura nel 1923 e portato a Tokyo dal suo padrone, Ueno Hidesaburō, docente presso l’università di Tokyo, come regalo per la figlia. Gli fu dato il nome Hachikō, perché le sue zampette anteriori assomigliavano al carattere giapponese del numero otto ( hachi).

Ogni mattina, cane e padrone, si recavano insieme alla stazione di Shibuya, dove il professore prendeva il treno per andare al lavoro, e, ogni pomeriggio, Hachikō attendeva pazientemente il suo ritorno seduto davanti alla biglietteria. Questa routine fu interrottà qualche anno dopo dall’improvvisa morte del professor Ueno, il quale non fece più ritorno. Il povero cane non si arrese alla realtà e continuò a recarsi alla stazione ogni giorno alla stessa ora, nella speranza di rivedere l’amato padrone rientrare finalmente a casa. Leggere di più


Hisabetsu burakumin

burakuminIn Giappone vi è sempre stata storicamente la tendenza a ignorare realtà non reputate degne di far parte di quella che viene definita Yamato Minzoku 大和民族, ossia la “razza Yamato”, un’umanità che trae origine dall’ininterrotta discendenza della dea del sole Amaterasu Ōmikami, madre della sacra terra giapponese, da cui proviene la stessa famiglia imperiale.  Nonostante l’impegno e la dedizione con cui la leadership giapponese  ha sempre cercato di affermare l’unicità e omogeneità del proprio popolo, la diversità e la stratificazione sociale e culturale sembrerebbe essere una caratteristica imprescindibile anche di quest’umanità eletta.

Infatti a dispetto delle numerose teorie, a lungo sostenute e divulgate, sull’incorruttibilità dell’etnia e della razza giapponese (i cosiddetti nihonjinron日本人論), i quattro principali gruppi di minoranze sociali ed etniche, inconfutabilmente presenti in Giappone, ammontano nel complesso alla cifra di circa 5 milioni di persone, ben il 4% dell’intera popolazione giapponese.Leggere di più


Kabuki, la messa in scena della tradizione

Non avrei mai pensato che quattro ore e mezza di spettacolo teatrale potessero trascorrere così velocemente e piacevolmente… non potevo assolutamente lasciare il suolo nipponico senza aver visto una rappresentazione di kabuki, il teatro tradizionale giapponese.

Specificatamente lo spettacolo a cui mi riferisco si tenne al kabuki-za, un teatro kabuki costruito ispirandosi alle forme tradizionali dell’architettura giapponese che si inserisce con eleganza, ma anche una certa arroganza, tra i palazzoni luccicanti di Ginza a Tokyo.

Sorta come arte popolare il kabuki fonde assieme il dramma, la musica e la danza, integrandole tra loro con grande equilibrio, e si narra abbia avuto origine dalla danza eseguita a Kyoto verso il 1603 dalla sacerdotessa Okuni del tempio scintoista Izumo.Leggere di più


Lo Hanami: l'esaltazione della natura giapponese

hanami1Il Giappone è famoso per il suo rapporto armonioso con la natura: l’idealizzazione di tale rapporto invade la quotidianità del mondo nipponico, costituendo anche la maggior parte delle metafore linguistiche esistenti.

Questo fa sì che il cambio delle stagioni (四季shiki) sia particolarmente sentito da ogni individuo giapponese, al punto da ritualizzarne l’unicità, come succede con l’arrivo della primavera.

L’inizio della primavera rappresenta in Giappone una rinascita, che sottolinea il sollievo della fine dell’inverno. Perché questa rinascita sia vissuta globalmente, si festeggia facendo un hanami 花見(hana “fiore” + mi “guardare”), dove per “fiore” si sottintende il ciliegio in qualità di fiore tradizionale. Considerato da un punto di vista antropologico un rito di passaggio e al contempo un rito di aggregazione, esso consiste nel costituire un gruppo che si trasferisce in un luogo vicino ai ciliegi in fiore nel pieno della città di Tokyo (meta prediletta da tutta la popolazione giapponese), dove sia possibile osservarli al riparo dal vento e su un telo blu, dove si consumerà un appetitoso pic-nic accompagnato da tanto sakè. Questo telo blu rappresenta metaforicamente lo  spazio all’interno del quale ogni individuo, scalzo, condivide un ambiente “intimo” con i suoi amici, o familiari, o colleghi, depositando il sé fuori dallo spazio delimitato dal telo: al suo interno gli è possibile esprimersi liberamente, scevro dai precetti morali che generalmente caratterizzano la vita giapponese.

Lo Hanami rappresenta dunque un’occasione di esaltazione della cultura tradizionale giapponese fortemente ancorata alla natura, e, contemporaneamente, un modo perché il senso del gruppo, pilastro della società nipponica, possa rafforzarsi di fronte all’effimero della vita.

Elena Ghilardi


Hinamatsuri

Se proprio volessimo trovare una corrispondenza con la nostra festa della donna, in questo stesso periodo in Giappone si svolge l'Hinamatsuri, o Momonosekku, il matsuri delle bambine. Il terzo giorno del terzo mese è un giorno per pregare per una buona crescita e per la felicità delle figlie femmine; il nome, momonosekku, fa riferimento anche alla fioritura dei momo, peschi, secondo l'antico calendario lunare. In preparazione alla festa, le famiglie dispongono in casa una specie di palchetto, hinadan, di 5 o 7 piani, su cui si collocano le hinaningyō, bambole che rappresentano la corte imperiale, vestite con abiti di periodo Heian;  inutile dire che nel posto più alto verranno messi l'imperatore (dairi) e la sua consorte (hina). La tradizione vuole che questo allestimento possa scacciare gli spiriti cattivi, e sembra derivare a sua volta da un'usanza cinese, in cui la sfortuna veniva trasferita a delle bambole, poi abbandonate nel fiume.

La bevanda tradizionale è l'amazake, un sake dolce e non alcolico, ricavato dalla fermentazione del riso, mentre gli hishimochi, offerti alle bambole, sono dei dolci tipici formati da tre strati colorati, verde, bianco e rosa.

 

Elena Caloisi