CHALLENGE EDITORIALE "Il Giappone e lo sport"
Il 2021 sarà l'anno in cui l'impegno di Giappone in Italia volgerà soprattutto verso una nuova idea di community! I nostri soci, che ogni anno gentilmente ci forniscono il loro supporto tesserandosi e partecipando alle nostre attività (anche virtuali!), saranno sempre più coinvolti nella costruzione e nell'arricchimento dei contenuti dell'Associazione, con articoli, immagini, esperienze.
Giappone in Italia dà il via alla sua prima challenge editoriale per il 2021!
Tutto il mondo è in attesa delle Olimpiadi di Tokyo, un'attesa che ancora infiamma il cuore non solo di ogni sportivo, ma di chiunque senta il desiderio di sana competizione e rispetto reciproco, superamento delle diversità e vicinanza. Proponiamo dunque, come tema della prima challenge "Lo sport in Giappone".
Gli articoli selezionati dalla redazione saranno pubblicati secondo calendario editoriale nelle settimane successive, previa eventuale revisione.
Scaricate qui il bando di partecipazione.
I giardini giapponesi: un percorso attraverso questa forma d'arte
Molti studiosi paragonano i giardini giapponesi a dipinti. Questo poiché essi, nella storia e cultura del Giappone, non furono quasi mai dei semplici luoghi da attraversare per giungere a un edificio, e nemmeno furono pensati solo come elementi decorativi della struttura che attorniavano. Essi furono sempre delle vere e proprio opere d’arte da ammirare come quadri, oltre che da sperimentare, vivere.
Questo parallelismo tra un dipinto e un giardino può spingersi ancora più in là se pensiamo alla varietà delle tipologie di strutture che esistono: come l’arte visuale ci stupisce con opere sempre differenti, anche il giardino in Giappone assume diversissime sfaccettature, varie per metodo, per stile, collocazione, tecnica.
Il giardino giapponese ha una profonda relazione con l’edificio che accoglie: quasi sempre queste due strutture non vengono pensate separatamente, ma si completano l’un l’altra. Il giardino è parte della stessa architettura, e l’architettura apre le sue porte al giardino, che si insinua in questa. Non ha una funzione decorativa rispetto all’edificio, né è un luogo che viene utilizzato solo come attraversamento per andare dall’estero all’interno (basti pensare che molti giardini non sono nemmeno attraversabili). Esso è qualcosa da osservare, ammirare, solo alcune volte percorrere. È un luogo di sentieri da scoprire e che attiva la nostra immaginazione.
Nonostante le tipologie di giardino siano molto differenti tra loro, e facciano riferimento e concezioni e tecniche diverse, è possibile ricondurre questa forma d’arte a un antico modo di pensiero a proposito della natura. Shintoismo e buddhismo zen sono i culti che plasmano la concezione di natura che a sua volta è linfa vitale per le arti sin dalla tradizione. Lo shintoismo vede nelle forme della natura la presenza del sacro, dei kami, e per questo esercita rispetto e venerazione nei confronti di questa. Sin dall’antichità il culto shintoista prevede l’adornare elementi naturali (come ad esempio pietre o alberi) per mettere in evidenza i luoghi di possibile manifestazione della divinità, per ricordare come luogo naturale e entità sacra non si pongano su differenti livelli di realtà, ma siano invece in continuità tra loro. In concreto: la divinità non risiede in un luogo altro rispetto al mondo umano e naturale, ma silenziosamente è presente nel mondo negli elementi che lo compongono. In un modo molto simile, seppur differente, il buddhismo zen vede continuità in tutte le cose: l’uomo deve cercare di non vedersi più come un soggetto astratto dal tutto, ma deve comprendersi come inserito nella realtà delle cose, nella natura in divenire. Non deve mortificarsi, solamente comprendersi come parte di una realtà in cui nessun ente sussiste per se stesso. Nel corso della storia, e ancora oggi, spesso i due culti si sono intrecciati al punto da fondersi: i kami dello shintoismo vengono a volte considerati delle manifestazioni del Buddha.
Il sentimento estetico che si sviluppa da queste premesse va dunque nella direzione dell’apprezzamento e rispetto per ciò che già esiste nel mondo, per la natura che diviene: essa è dimora del sacro, ed è anche ciò che tutti siamo al fondo. È l'accettazione e ammirazione delle cose per come esse sono e si danno, seppur effimere o destinate a perire.
L’arte pone le sue radici in queste concezioni, e nella forma dell’architettura di giardini si concretizza nella valorizzazione degli elementi della natura così per come sono, senza il desiderio di volerli addomesticare o sottomettere. Compito dell’architetto è quello dunque di predisporre un giardino in cui nulla sembri artificiale o posto dall’esterno, ma piuttosto dove gli elementi della natura vengano valorizzati per ciò che sono, poiché detengono una bellezza che non è costruita o creata, ma è scoperta e valorizzata, interpretata. Ciò viene espresso molto bene dallo studioso Teiji Itō nel confrontare un giardino occidentale con uno orientale: in occidente, l’architetto si pone come colui che organizza e plasma la materia, che impone una forma; in oriente, invece, l’ordine è prima percepito e poi accettato. Itō crede dunque che si tratti di scoprire un nuovo tipo di naturalezza: non quella di un paesaggio incontaminato, ma quella che l'artista fa emergere e scopre nella natura attraverso tecniche differenti.
L’arte dei giardini, comunque, non ha interpretazioni univoche: quando ci troviamo di fronte a uno di questi, la nostra immaginazione può vagare, come davanti a un quadro o a un’opera d’arte. Solo, non dovremmo pensare a questo come a un oggetto posto in un museo. Dovremmo invece pensare al giardino come a un insieme di elementi vivi, pulsanti, in trasformazione, in continuità con ciò che lo circonda. Il resto è lasciato agli occhi di chi guarda: questo percorso tra diverse tipologie non vuole quindi essere un modo per fornire un’unica interpretazione a chi legge, ma vuole piuttosto essere un invito e una traccia per chi voglia perdersi in questa meravigliosa forma d’arte.
Fonti:
Sophie Walker, Il giardino giapponese
a cura di Susanna Legnani
NEWS dal 18/01/2021 al 22/01/2021
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VENTISEI ANNI DAL GRANDE TERREMOTO DI HANSHIN-AWAJI: CENTINAIA DI CANDELE FORMANO LA SCRITTA "GANBAROU"
Questo 17 gennaio sono già passati 26 anni dal grande terremoto di Hanshin-Awaji, che aveva ucciso 6434 persone. Al parco della città di Kobe, nella prefettura di Hyogo, anche quest’anno le famiglie dei defunti si sono riunite e hanno pregato in silenzio alle 5:46 del mattino, orario in cui si verificò il terremoto. Nel parco, le candele erano accese e allineate a forma della parola “Ganbarou”, che in giapponese significa “facciamo del nostro meglio”. Si è pensato che lo stato attuale in cui molte persone si trovano a causa del Covid-19 fosse un po' come 26 anni fa, e il messaggio è stato lanciato con la speranza di superarlo, come lo slogan di “Ganbarou Kobe” che è stato il motore della ricostruzione. La dichiarazione dello stato di emergenza è stata rilasciata nella prefettura di Hyogo per prevenire la diffusione del Covid-19. Nella città di Kobe si è comunque consigliato di pregare a casa in modo da non affollare il parco. Circa 20000 persone sono arrivate al parco entro la sera, quasi la metà dell’anno scorso.
NASO FUORI DALL MASCHERINA: ANNULLATO IL SUO ESAME DOPO VARI AVVERTIMENTI
In Giappone si è tenuto un “esame comune” per l’ammissione all’università il 16 e il 17 gennaio. A causa della diffusione del Covid-19 è stato necessario indossare una mascherina in modo appropriato nei luoghi dell’esame. Secondo il "Centro per gli esami di ammissione dell’università", che ha condotto la prova, c’era una persona che aveva il naso che usciva dalla mascherina nella sede di Tokyo. Per questo motivo, le persone del Centro per gli esami di ammissione lo hanno avvertito di indossarla sul naso sei volte durante l’esame. La sesta volta è stato avvertito: “la prossima volta che te lo diremo, l’esame non sarà più valido”. Tuttavia, questa persona non ha seguito queste indicazioni e tutti gli esami sono stati invalidati. In questo contesto, se non è possibile indossare una mascherina a causa di una malattia, si può fare l’esame in un’altra stanza. Tuttavia non c’era stata alcuna dichiarazione preventiva da questa persona.
LA NUOVA MUTAZIONE DEL COVID-19 INFETTA TRE PERSONE CHE NON SONO STATE ALL'ESTERO
Nel Regno Unito e in altri paesi, il Covid-19 è mutato e il virus che è diventato più contagioso si sta diffondendo. Il 18 gennaio è stato scoperto che questo virus mutato aveva infettato tre persone che vivevano nella prefettura di Shizuoka. Non hanno precedenti di soggiorno all’estero e non è stato confermato che abbiano avuto contatti con persone infettate dal virus mutato. Ci sono 45 persone in Giappone che sono state contagiate da questo virus. Tuttavia, questa è la prima volta che non si capisce la via dell’infezione. Si sono ammalati all'inizio di gennaio, due sono già guariti e uno continua ad essere a casa per curarsi. Il Ministero della Sanità, Lavoro e Previdenza Sociale e la prefettura di Shizuoka stanno indagando sulla via dell’infezione considerando che esiste la possibilità di contagio nella città giapponese, e stanno controllando la diffusione di virus mutati.
"WHITEOUT": 140 AUTO BLOCCATE IN UN INCIDENTE
Il 19 gennaio si è verificato un incidente in cui molte auto si sono scontrate sull’autostrada nella città di Osaki, nella prefettura di Miyagi. Una persona è morta e circa 140 auto sono rimaste bloccate. Un uomo che è passato da questo posto poco prima dell’incidente ha fatto un video con il suo smartphone per registrare cosa stava succedendo fuori. Con il video, si capisce che l’aria circostante era bianca di neve e la strada di fronte non era chiaramente visibile. L’uomo ha detto: “avevo paura. Se avessi passato quel posto poco dopo sarei rimasto coinvolto nell’incidente”. Nel luogo in cui è avvenuto c’era vento forte. I gestori dell’autostrada hanno detto che la neve che si era accumulata è stata spazzata via dal vento ed è diventata un “Whiteout” dove non si vedeva nulla.
Fonti:
VENTISEI ANNI DAL GRANDE TERREMOTO DI HANSHIN-AWAJI: CENTINAIA DI CANDELE FORMANO LA SCRITTA "GANBAROU"
https://www3.nhk.or.jp/news/html/20201101/k10012691571000.html
https://www3.nhk.or.jp/news/easy/k10012691571000/k10012691571000.html
NASO FUORI DALL MASCHERINA: ANNULLATO IL SUO ESAME DOPO VARI AVVERTIMENTI
https://www3.nhk.or.jp/news/html/20201101/k10012690641000.html
https://www3.nhk.or.jp/news/easy/k10012690641000/k10012690641000.html
LA NUOVA MUTAZIONE DEL COVID-19 INFETTA TRE PERSONE CHE NON SONO STATE ALL'ESTERO
https://www3.nhk.or.jp/news/html/20201104/k10012694461000.html
https://www3.nhk.or.jp/news/easy/k10012694461000/k10012694461000.html
"WHITEOUT": 140 AUTO BLOCCATE IN UN INCIDENTE
https://www3.nhk.or.jp/news/html/20201104/k10012694901000.html
https://www3.nhk.or.jp/news/easy/k10012694901000/k10012694901000.html
Tanka - Mentre guardavo il cielo,
Mentre guardavo il cielo,
i miei pensieri hanno vagato lontano;
mi sembra di vedere la luna nascente
sopra il monte Mikasa
alla lontana Kasuga.
Ama no hara
furisake-mireba
kasuga naru
mikasa no yama ni
ideshi tsuki kamo.
-Nakamaro Abe
Haiku - Tra i convolvoli notturni
Tra i convolvoli notturni
una ragazza parla
nella lingua di Kyoto.
Yūgao ni
miyako namari no
onna kana
-Masaoka Shiki
La percezione dello spazio nella visione degli artisti giapponesi contemporanei
Perché è così importante pensare agli spazi che ci circondano? Essi sono ciò in cui viviamo e a contatto con cui trascorriamo il nostro quotidiano, mettono in forma certe esigenze e bisogni, ma rappresentano anche contesti culturali, storici, economici, sociali differenti.
In un periodo come quello che stiamo vivendo è inevitabile soffermarsi spesso a pensare allo spazio in cui ci troviamo: spazio chiuso di una casa, di un ufficio, di un supermercato, o spazio aperto di una strada, un parco, una piazza. Il covid-19 rappresenta un insolito nella nostra quotidianità, tanto da ribaltare completamente la percezione di ciò che abbiamo intorno: ecco infatti che le distanze si dilatano, vengono prediletti gli spazi aperti a quelli chiusi, quelli solitari a quelli affollati.
In questi tempi, dunque, dove il mondo in cui viviamo assume una fisionomia differente dal solito, vorrei portare il lettore alla scoperta di alcuni modi di percepire lo spazio in opere di artisti giapponesi contemporanei. Sarà inoltre interessante notare come, in maniera inconsapevole, alcune delle caratteristiche di queste visioni ben si adattino al difficile momento che stiamo vivendo.
Innanzitutto, è bene iniziare da alcune caratteristiche più generali. Per esempio, è da considerare come in Giappone molto spesso i luoghi vengano percepiti in maniera relazionale: quasi nessuna costruzione si estrania dal resto, ma anzi lo spazio viene percepito fondamentalmente come fluido e connesso. Se tutto ciò può sembrare veramente molto astratto, vi invito allora a portare la mente a un santuario shintoista: a chi ha mai visto video in merito o visitato il Giappone sarà probabilmente parso di notare come camminando per le strade delle città si possano spesso incontrare torii di santuari. Il torii del santuario shintoista è un elemento che viene inserito in diversi contesti, anche non prettamente religiosi, per segnalare l’avvicinamento a uno spazio sacro. È una struttura aperta, che non pone un limite netto tra i luoghi. Sensazioni simili sono percepibili in tutta la stessa città giapponese, dove il limite tra case e strade è più labile di ciò a cui siamo abituati, e anche nelle sue abitazioni tradizionali, in cui l’interno si relaziona in modo continuo con gli esterni attraverso i fusuma, gli shoji e altri elementi architettonici che promuovono la continuità.
La relazione di un luogo con ciò che lo circonda non è quasi mai trascurata nella strutturazione degli spazi in Giappone. Il rapporto con la natura è qualcosa di profondamente radicato nella cultura, e trae le sue radici dal culto autoctono, dallo zen e non solo. Questa relazione è talmente presente sin dai tempi più antichi che gli studiosi pensano che il riferimento alla natura sia divenuto, in ambito artistico, una sorta di corrispondente all’ideale della bellezza in occidente. Questo rapporto emerge allora nei modi dell’arte, ma anche nell’abitare, nello strutturare i luoghi. Shizen significa natura, il darsi spontaneo delle cose, ed è in questa esperienza che i giapponesi nella tradizione colgono la bellezza: trovata e scoperta più che creata. La natura e le cose del mondo già possiedono una loro particolare bellezza, nostro compito è quello di scovarla anche negli angoli più insospettabili, renderle giustizia, valorizzarla.
Un’esperienza interessante viene individuata dall’architetto Arata Isozaki nei suoi studi, e in particolare nel saggio Japan-ness in Architecture: kehai o kaiwai. Questo tipo di concezione è utile probabilmente a riassumere molte delle caratteristiche che lo spazio ha in oriente: kehai è uno spazio delimitato in modo vago, non necessariamente legato a ciò che è materiale, ma piuttosto composto da entità variabili, visibili ma anche invisibili. Lo spazio non solo è legato agli edifici e oggetti che lo compongono, ma piuttosto si caratterizza per tutti quegli elementi che magari non riusciamo a vedere, ma percepiamo con i nostri sensi: in questo modo i luoghi vengono pensati come fluidi, si sovrappongono l’uno con l’altro, sono legati agli eventi e alle situazioni. Per comprendere tutto ciò nel concreto, basta ancora una volta pensare alle città giapponesi: persino camminando tra i negozi è a volte possibile scorgere dei piccoli santuari o templi, e in quel momento comprendiamo che lo spazio in cui ci troviamo è connesso, fluido, in divenire, ci fornisce differenti stimoli di natura diversa.
Invito dunque chi legge a seguire questo piccolo percorso tra differenti opere di artisti giapponesi, che attraverso architetture e installazioni ci porteranno a scoprire modi diversi di vivere e percepire lo spazio di ogni giorno.
Fonti:
A. Isozaki, Japan-ness in architecture
a cura di Susanna Legnani
NEWS dal 11/01/2021 al 15/01/2021
Cos’è successo in Giappone questa settimana? Ecco alcune news!
notizie raccolte dal 11/01/2021 al 15/01/2021
DICHIARAZIONE DELLO STATO DI EMERGENZA EMESSA ANCHE IN ALTRE 7 PREFETTURE
Con l’aumento del numero dei contagi da Covid-19, l’8 gennaio il governo ha emesso la dichiarazione dello stato di emergenza nelle prefetture di Tokyo, Kanagawa, Saitama e Chiba. I casi stanno aumentando anche nelle prefetture di Osaka, Kyoto, Hyogo, Aichi, Gifu, Fukuoka e Tochigi. I governatori hanno allora chiesto al governo di dichiarare l’emergenza. Questo, il 13 gennaio, ha discusso il numero di persone ricoverate in ospedale per Covid-19 e ha rilasciato la dichiarazione dello stato di emergenza anche in queste altre 7 prefetture. In tutti i luoghi è valido fino al 7 febbraio. Il governo ha chiesto inoltre alle persone che vivono in queste prefetture di evitare il più possibile di uscire, ai ristoranti di chiudere entro le 20:00 e alle aziende di lavorare da remoto e ridurre del 70% il numero delle persone che vanno in ufficio.
LE REGOLE PER ENTRARE IN GIAPPONE DIVENTANO PIÙ SEVERE
Il governo ha reso più severe le regole per entrare in Giappone per prevenire la diffusione del Covid-19. Tutti gli stranieri non possono più entrare a partire dal 14 gennaio, a parte chi ha la residenza. Vi sono eccezioni per gli stranieri con motivi speciali, come casi di lutto o parto. Tutte le persone che entrano in Giappone, sia giapponesi che stranieri, devono svolgere una quarantena in un luogo fisso, come una casa o un hotel, per 14 giorni. Devono anche promettere di non utilizzare mezzi pubblici come treni e autobus. È inoltre necessario che essi salvino i dati di dove si trovano utilizzando il GPS del loro cellulare: se un centro sanitario dovesse chiedere di mostrarli, dovrebbero farlo. Se queste regole non vengono seguite, il governo potrà rendere pubblico il nome delle persone in questione. Chiunque entri in Giappone deve presentare documenti in cui dichiara che rispetterà queste regole. Le persone che non li presentano devono soggiornare in un hotel designato dal governo per 14 giorni.
LUOGO TURISTICO CON GRANDI GHIACCIOLI È STATO APERTO CON MISURE CONTRO IL COVID-19
Da otto anni, Ashigakubo della città di Yokoze, nella prefettura di Saitama, produce grandi ghiaccioli su una montagna in modo che le persone vengano a visitare la città in inverno. Quando la gente si reca in questo posto spruzza acqua su una parete alta circa 30 m e larga 200 m: l'acqua si congela, formando molti pilastri di ghiaccio. A causa della dichiarazione dello stato di emergenza, quest’anno il sito è stato aperto il 12 gennaio (più tardi del previsto). Inoltre, è necessario prenotare le visite per evitare affollamenti. Durante i giorni festivi chiude alle 19:00, un’ora prima del solito. Una persona dell’Associazione Turistica ha dichiarato : “Eravamo indecisi su se aprire o meno perché il governo aveva emesso la dichiarazione dello stato di emergenza, ma abbiamo aperto per la gente che non vedeva l’ora di visitare il posto. Stiamo prendendo misure contro le infezioni, quindi venite a trovarci”.
BIRRA IN LATTINA CON UN ERRORE DI ORTOGRAFIA SARÀ MESSA IN VENDITA COSÌ COM'È
Sapporo Beer e Family Mart stavano progettando di vendere una birra in lattina prodotta insieme a partire dal 12 gennaio. Tuttavia, hanno scoperto che c’era un errore nelle lettere della parola inglese scritta sulla lattina. “LAGER” sarebbe la parola corretta, ma è stato scritto invece “LAGAR”. Per questo motivo, l'8 gennaio hanno annunciato che avrebbero smesso di venderla. Molti hanno pensato che sarebbe stato meglio gettare via le birre già prodotte, anche se il contenuto in sé non aveva problemi, perciò hanno invece deciso di aspettare a venderle, cominceranno a partire dal 2 febbraio. Alla fine è stato deciso di commercializzarle così come sono, senza produrne delle nuove. Nei negozi si è deciso di scrivere su un pezzo di carta che c’è un errore nella scritta sulla lattina. Hanno dichiarato : “vorremmo scusarci con tutto il cuore per aver disturbato molti clienti. Grazie per le vostre opinioni calorose”.
POSSIBILE DIFFUSIONE DEL COVID-19 DA UN RUBINETTO DELL'ACQUA
Il dicembre scorso è stato scoperto che 39 persone, compresi gli autisti della linea Oedo gestita dall’amministrazione metropolitana di Tokyo, erano state infettate dal Covid-19. Per questo motivo, sono state ridotte le operazioni della metropolitana a circa il 70% del normale per circa 2 settimane fino all’11 gennaio. Quando il centro sanitario ha esaminato gli uffici degli autisti, ha scoperto che probabilmente il Covid-19 si era diffuso toccando un rubinetto dell’acqua su cui aveva aderito il virus. Per fare uscire l'acqua infatti occorre girare la manopola del rubinetto toccandola. Questo di solito viene utilizzato dagli autisti per lavarsi le mani e i denti. Il centro sanitario ha comunicato che è possibile che della saliva contaminata sia rimasta sul rubinetto. Bureau of Transportarion Tokyo Metropolitan Government afferma che cercherà di prevenire la diffusione della malattia sostituendolo con un rubinetto in cui possa uscire l’acqua tramite un sensore, senza toccarlo con le mani.
Fonti:
DICHIARAZIONE DELLO STATO DI EMERGENZA EMESSA ANCHE IN ALTRE 7 PREFETTURE
https://www3.nhk.or.jp/news/html/20201101/k10012691571000.html
https://www3.nhk.or.jp/news/easy/k10012691571000/k10012691571000.html
LE REGOLE PER ENTRARE IN GIAPPONE DIVENTANO PIÙ SEVERE
https://www3.nhk.or.jp/news/html/20201101/k10012690641000.html
https://www3.nhk.or.jp/news/easy/k10012690641000/k10012690641000.html
https://www3.nhk.or.jp/news/html/20201104/k10012694461000.html
https://www3.nhk.or.jp/news/easy/k10012694461000/k10012694461000.html
LUOGO TURISTICO CON GRANDI GHIACCIOLI È STATO APERTO CON MISURE CONTRO IL COVID-19
https://www3.nhk.or.jp/news/html/20201104/k10012694461000.html
https://www3.nhk.or.jp/news/easy/k10012694461000/k10012694461000.html
BIRRA IN LATTINA CON UN ERRORE DI ORTOGRAFIA SARÀ MESSA IN VENDITA COSÌ COM'È
https://www3.nhk.or.jp/news/html/20201104/k10012694901000.html
https://www3.nhk.or.jp/news/easy/k10012694901000/k10012694901000.html
POSSIBILE DIFFUSIONE DEL COVID-19 DA UN RUBINETTO DELL'ACQUA
https://www3.nhk.or.jp/news/html/20201104/k10012695031000.html
https://www3.nhk.or.jp/news/easy/k10012695031000/k10012695031000.html
Tanka - Che posso fare con te -
Che posso fare con te –
tu che così tanto somigli
all’albero di katsura sulla luna
che posso vedere con gli occhi
ma non toccar con le mani?
Me niwa mite
te niwa toraenu
tsuki no uchi no
katsura no gotoki
imo wo ikani sen
-Principe Yuhara
Haiku - Serenamente
Serenamente
guardando alla montagna
un rospo.
Yūzen to shite
yama wo miru
kawazu kana
-Kobayashi Issa
Il tempio Kinkakuji di Kyoto restaurato dopo 18 anni
Se si è in visita all’antica capitale del Giappone, una delle tappe che solitamente non mancano negli itinerari turistici è il tempio detto Kinkakuji, chiamato anche Padiglione d’oro e dichiarato sito UNESCO nel 1994. Questo è stato sicuramente un anno sfortunato per il turismo, in Giappone l’emittente NHK testimonia un calo di più del 60% dei turisti stranieri a partire da Febbraio 2020.
Questa situazione molto particolare si è però conciliata con alcuni lavori di restauro che hanno coinvolto proprio il Padiglione d’oro: si è pensato che, questa assenza di turismo, fosse il momento migliore per intraprendere il rinnovamento di alcune parti della struttura. Dal primo di settembre è cominciato il restauro, il quale è durato più di tre mesi e ha visto il “nuovo” tempio tornare alla luce solo il 29 dicembre. In questo periodo di lavori, se ci si fosse recati a visitare il Kinkakuji lo si sarebbe trovato completamente ricoperto dalle impalcature, e al suo posto si sarebbe però potuto vedere un pannello raffigurante la foto del tempio. Il complesso, comunque, ospita oltre al tempio un giardino visitabile che è rimasto aperto al pubblico.
Il nome ufficiale del Kikakuji è in realtà Rokuonji, che significa tempio del giardino dei cervi, denominazione che fa riferimento al luogo in cui Buddha tenne il suo primo discorso. Il nome "Kinkakuji" gli venne dato in seguito, proprio a ragione della sua copertura dorata. Esso inoltre non nacque come tempio zen, ma fu invece la residenza dello shogun Ashikaga Yoshimitsu. Fu costruito nel 1398, e venne convertito in un tempio solo successivamente, alla morte dello shogun. L’edificio ha una struttura architettonica tutta particolare, e ogni piano si caratterizza per uno stile differente: il primo piano è costruito secondo lo stile dei palazzi aristocratici del periodo Heian e presenta una veranda che si affaccia sul lago; il secondo piano ricorda, nella sua maggiore semplicità, lo stile prevalente tra le abitazioni dei samurai; infine, il terzo e ultimo piano è costruito nello stile dei templi cinesi chan. Il secondo e terzo piano sono, inoltre, ricoperti di foglie d’oro, a parte per i tetti che sono stati mantenuti in legno di cipresso. Sulla cima è presente la statua di una fenice d’orata, simbolo di buon auspicio nella Cina tradizionale.
L’edificio che è possibile vedere oggi è una ricostruzione che risale al 1956, successivamente all’incendio avvenuto nel 1950 di cui Yukio Mishima riporta una versione romanzata nel suo famosissimo libro. Mishima tratteggia attraverso gli occhi del protagonista la particolare bellezza di questo tempio, e nelle pagine del romanzo è possibile incontrare numerose descrizioni della struttura originaria, attraverso il passare del tempo e delle stagioni.
Dopo la ricostruzione, il tempio venne nuovamente restaurato nel 1987 e nel 2002 per l’ultima volta. Si dice che, quando il tempio venne ricostruito negli anni ’50, esso suscitò lo scontento di alcuni abitanti di Kyoto: la nuova struttura eliminava in un certo senso quello spirito antico, quella patina del tempo che nella percezione giapponese è considerata motivo di apprezzamento estetico.
Video by Sankei News
Il Kinkakuji va dunque incontro quest’anno, dopo diciotto anni dall’ultima volta, a nuovi lavori di restauro, e il risultato è niente meno che curioso: ciò che più colpisce lo sguardo è sicuramente il tetto, il cui legno scuro e pregno dei segni del tempo è stato sostituito con del legno nuovo dal colore chiaro e brillante. Le nuove assi installate splendono alla luce del sole, tanto che a chi lo guarda potrebbe quasi sembrare che anch’esso sia rivestito d’oro. Altri lavori sono stati intrapresi in questa sessione di restauro: sono state riparate con foglie d’oro alcune parti della statua a forma di fenice sul tetto, e anche alcune parti delle pareti del tempio. Il nuovo tetto suscita allora curiosità: se alcune persone sono animate da entusiasmo e ammirazione, in altre esso provoca reazioni simili a quelle che emersero dopo la sua ricostruzione negli anni Cinquanta.
Il nuovo tetto splende come il resto dell’edificio, riflette e accoglie la luce del sole come le pareti ricoperte d’oro. La bellezza della struttura si armonizza con il paesaggio: insieme al giardino compone un microcosmo in cui esso rappresenta il polo della luce, del positivo, e nel riflesso del lago si relaziona con la natura che lo circonda. Non è un caso che il nome ufficiale del tempio faccia riferimento proprio a un giardino: tempio e paesaggio si armonizzano, sono un’unica struttura architettonica. La luce, come anche il lago, è uno degli elementi che principalmente mettono in connessione il naturale con il costruito: l’edificio allora non sembra solo un artefatto, un’opera umana, ma incarna esso stesso il senso dell’insegnamento buddhista dell’interdipendenza delle cose. Il riflesso della sua immagine luminosa nello stagno rende, inoltre, quel senso di impermanenza e variabilità tipici delle architetture giapponesi.
Ci sono visitatori che invece meno apprezzano questo cambiamento: forse perché ogni nuovo inizio, ogni sostituzione di materiali, ogni restauro in un certo senso interrompe lo scorrere del tempo. Il restauro infatti non è una pratica scontata in Giappone: oltre a esistere diversi studi e metodi di riparazione del legno (materiale privilegiato nell’architettura tradizionale), è da considerare che parte della bellezza di questi edifici risiede proprio nel modo che essi hanno di inserirsi nello scorrere del tempo, senza avere alcuna pretesa di resistergli. È un sentire estetico che spesso viene descritto attraverso il binomio wabi-sabi: semplicità ed essenzialità, povertà che non corrisponde a trascuratezza, ma piuttosto alla percezione dell’edificio come avvolto dai segni del tempo, leggibili nella patina che lo ricopre e ne evoca la storia passata e presente. Questo tipo di apprezzamento potrebbe talvolta confliggere con la moderna e necessaria volontà di preservare i siti storici e d’interesse. È forse per questo che, guardando quel tetto così splendente, ad alcuni sembra che il nuovo difficilmente si concili con l’antico?
Per il tempio buddhista del Kinkakuji, dunque, la nostra percezione corre da sempre su due linee temporali: l’antico, e il nuovo. Possiamo quindi rimanere meravigliati da questo splendore che coinvolge anche il tetto, che rende l’edificio una struttura che ancor più accoglie la luce naturale, che si protende così verso il paesaggio circostante. Oppure, se questa visione ci appare conflittuale, dovremmo forse pensare a come in queste strutture l’antico accolga il nuovo e lo accompagni in un percorso, nel divenire delle cose che liberamente passano e scorrono.
Fonti:
https://www.shokoku-ji.jp/en/kinkakuji/about/
https://mainichi.jp/english/articles/20201230/p2a/00m/0na/009000c
a cura di Susanna Legnani