Sedere e ascoltare il vento tra i pini
La maggioranza delle classi di tè Issoan sono di sera e gli studenti vengono spesso direttamente dopo il lavoro o dall’ora di punta del traffico per raggiungere la scuola. Di solito iniziamo la lezione con 10-15 minuti di zazen. Già sedere in silenzio e respirare profondamente aiuta a metterci alle spalle parte della polvere del mondo, a concentrarci e a essere pronti per lo studio.
I miei studenti mi chiedono spesso qual è il modo corretto di meditare. Non so molto sulla meditazione Zen ma per far iniziare i miei studenti, li faccio sedere in seiza (se in kimono) o a mezzo loto (grazie, Jordan) o con le gambe incrociate. Seduti con la schiena dritta, le orecchie allineate alle spalle, le braccia comodamente in grembo, la mano sinistra sopra quella destra, i palmi verso l’alto e i pollici uniti. Accendiamo l’incenso, suoniamo la campana e svuotiamo le nostre menti. Cerca di contare i respiri da 1 a 10 e da 10 a 1 oppure lascia che i pensieri vadano e vengano e si stabilizzino all’interno.Leggere di più
Cucina giapponese
Teriyaki di pollo - Pollo marinato e grigliato
Ingredienti
500 g di petto di pollo, 3 cucchiai di salsa di soia, ½ cucchiaino di zenzero grattugiato, 2 cucchiai di mirin, 2 cucchiai di maizena, 2 cucchiai di olio
Preparazione
Mescolate la salsa di soia, lo zenzero e il mirin e versate sul pollo tagliato in 4-6 pezzi. Marinate per mezz'ora. Sgocciolate il pollo, asciugatelo e passatelo nella maizena, premendo con le palme delle mani perché questa aderisca bene. Cuocete nel forno al grill. Scaldate l'olio nella placca da forno, adagiatevi il pollo, cuocetelo per 3 minuti da una parte. Voltatelo, aggiungete la salsa, cuocete altri 3 minuti; di nuovo voltate il pollo, di nuovo bagnate con la salsa, cuocete 2 minuti ancora.Leggere di più
Shichi go san
Il 15 novembre in Giappone si celebra il Shichi go san, una ricorrenza nella quale si prega per la crescita in buona salute dei bambini.
Shichi go san, letteralmente significa sette, cinque e tre. Queste età sono considerate un traguardo importante nella vita dei bambini: all'età di sette anni le bambine indossano per la prima vota l'obi, la cintura a fascia che chiude il kimono; mentre a cinque anni i bambini indossano per la prima volta i pantaloni hakama in pubblico. I tre anni simboleggiano l'età in cui ai bambini e alle bambine viene dato il permesso di fare crescere i propri capelli.
La data del 15 novembre fu scelta per questa celebrazione in quanto considerata una delle più fortunate secondo il calendario tradizionale giapponese.Leggere di più
L'autodisciplina e gli studi del tè
Una delle grandi lezioni che ho appreso durante i miei 25 anni di studi del tè è l’importanza dell’autodisciplina. Credo che sia uno di quei valori adulti che non sembrano più essere tenuti da conto. Ero solita pensare all’autodisciplina come a una punizione; sentirsi in colpa perché non avevo fatto le cose che avrei dovuto fare, negandomi così il piacere della vita.
Quando all’inizio arrivarono gli studi del tè, non ero una studentessa particolarmente brillante. Non praticavo fra una classe e l’altra, la mia sensei mi rimproverava durante la lezione perché la mia mente vagava, ero in ritardo alle lezioni e ponevo sempre le domande anche quando la sensei aveva appena finito di spiegare proprio la cosa che stavo domandando (non prestavo attenzione). Di conseguenza, non progredivo molto.
Chūken Hachikō: il significato della fedeltà
Hachikō era un bellissimo esemplare di razza Akita bianco, nato nell’omonima prefettura nel 1923 e portato a Tokyo dal suo padrone, Ueno Hidesaburō, docente presso l’università di Tokyo, come regalo per la figlia. Gli fu dato il nome Hachikō, perché le sue zampette anteriori assomigliavano al carattere giapponese del numero otto (八 hachi).
Ogni mattina, cane e padrone, si recavano insieme alla stazione di Shibuya, dove il professore prendeva il treno per andare al lavoro, e, ogni pomeriggio, Hachikō attendeva pazientemente il suo ritorno seduto davanti alla biglietteria. Questa routine fu interrottà qualche anno dopo dall’improvvisa morte del professor Ueno, il quale non fece più ritorno. Il povero cane non si arrese alla realtà e continuò a recarsi alla stazione ogni giorno alla stessa ora, nella speranza di rivedere l’amato padrone rientrare finalmente a casa. Leggere di più
Cucina giapponese
Filosofia e tradizione
La ricerca della perfezione estetica è un dato ancora molto presente nella filosofia di vita giapponese: bellezza e rigore formale fanno parte al tempo stesso della tradizione e del quotidiano, anche in cucina. La cucina giapponese rappresenta un’esperienza unica nel suo genere, che coinvolge profondamente a diversi livelli. Non solo il gusto, ma anche la nostra sensibilità estetica viene piacevolmente sollecitata dalla bellezza impeccabile nella presentazione dei cibi, dall’armonia dei colori nel piatto e dall’equilibrio degli accostamenti.
L’appetito è stuzzicato in maniera irresistibile, le aspettative sensoriali amplificate. Un piatto è buono anche perché è bello a vedersi, e bellezza vuol dire cura estrema dei particolari, scelta attenta di stoviglie e utensili, anche per quel che riguarda la loro disposizione. Ogni pietanza prende forma nel suo piatto, ogni gesto è ripetuto all’infinito, perfezionato fino a rendere la preparazione del cibo simile a un rito antico.
Un salto nella meravigliosa Tokyo sotterranea
Chilometri e chilometri di metrò. Shopping center, ristoranti, negozi di ogni genere. Ecco cosa caratterizza il sottosuolo di Tokyo. Nel tentativo di combattere inquinamento e sovraffollamento, la nuova sfida della capitale giapponese è sfruttare il suo spazio sottostante, per creare una città parallela che offra servizi e spazi amplificati per rendere Tokyo più vivibile.
Mentre la Tokyo “di sopra” si espande verso l’alto con la costruzione di nuovi ed innovativi edifici che ospitano uffici all’avanguardia, gli stessi giapponesi chiedono strutture sotterranee funzionali per il poco tempo libero che gli rimane durante la giornata. Tempo libero che, per la maggior parte, trascorrono, proprio sottoterra per spostarsi da un capo della città all’altro.Leggere di più
Il teatro Bunraku
Il teatro Bunraku (文楽)è il teatro dei burattini giapponese. Sviluppatosi nel corso del XVII e XVIII secolo è, assieme al Kabuki, al No e al Kyogen, una delle quattro forme di teatro tradizionale. Il Bunraku è chiamato anche Ningyo Joruri (人形浄瑠璃 ningyo: bambola, joruri: forma di narrazione drammatica), poiché quando nel XVI secolo i burattinai itineranti si stabilirono a Kyoto, allora capitale del paese, quest’arte si fuse con quella del Joruri, i cui precursori erano degli attori itineranti ciechi che cantavano le gesta dello Heike Monogatari, un poema epico militare, accompagnando il canto al suono di uno strumento musicale chiamato biwa. Successivamente, quando il biwa fu sostituito dallo shamisen, una chitarra a tre corde la cui cassa è costruita con pelle di gatto, iniziò a svilupparsi lo stile Joruri, che deve il suo nome a una delle opere più conosciute: la leggenda dell’amore tra Minamoto no Yoshitsune e Lady Joruri.Leggere di più
L'arte del tè
L’arte del tè non è come le belle arti, è in qualche modo simile alle arti performative anche se diversa da loro. Non c’è un risultato tangibile nell’arte del tè e il tè non è una performance con l’artista che fa e il pubblico che guarda o ascolta. L’arte del tè è partecipativa. Tutti i sensi sono impegnati e stimolati. Il padrone di casa e gli ospiti creano insieme l’esperienza, con armonia, rispetto, purezza e tranquillità. Il padrone di casa si sforza di servire gli ospiti e gli ospiti fanno del loro meglio per apprezzare ciò che ha fatto il padrone di casa.
Dalla Cina con furore
Capita spesso che chi non ha molta confidenza con l’Oriente, magari non avendo mai avuto occasione di approfondire l’argomento o non avendone avuto l’interesse, tenda a confondere molto facilmente Giappone e Cina pensando che si tratti della stessa cosa. A volte questa abitudine, se reiterata, può risultare irritante soprattutto per chi si impegna nella differenziazione delle due culture e nella divulgazione degli aspetti tradizionali che le distinguono; però, effettivamente, non si può biasimare l’errore di chi in buona fede e da profano riconosce dei tratti in comune tra queste due realtà e tende a identificarle tra loro.
Al di là dei tratti somatici indiscutibilmente asiatici, si tratta proprio della condivisione di aspetti culturali, linguistici, religiosi, artistici e di una mentalità intrisa di concetti filosofici di matrice prettamente estremo orientale.Leggere di più