Approfondimenti: La casa moderna giapponese
La casa moderna giapponese presenta delle caratteristiche particolari soprattutto in termini di spazi abitativi , piuttosto piccoli se paragonati alle nostre abitazioni. Per approfondire questo aspetto è necessario conoscere intanto il Giappone da un punto di vista geografico e sociale. Il 75% della superficie del paese è composto da montagne e terreni collinari. Solo il 30,2% del terreno risulta abitabile. La limitata superficie abitabile fa sì che la densità di popolazione del Giappone sia tre volte più alta rispetto a quella europea. Le tre maggiori aree metropolitane dell’isola Honshū sono il Kantō (Area di Tokyo), Chukyo (Nagoya) e il Kansai (Ōsaka) e costituiscono il 51% del totale della popolazione giapponese. credits:eubusinessinjapan.eu Negli ultimi anni è cresciuta la forte migrazione dalle zone rurali a quelle urbane. Nell’anno 2013 è avvenuta quella più grande e contava ben 89,786 persone trasferitesi nelle maggiori aree di Tokyo, Nagoya e Ōsaka. Il limitato terreno edificabile in Giappone, dovuto alle sue caratteristiche geografiche e la densità di popolazione presente nelle aree urbane delle maggiori città, ha avuto una notevole influenza sulla costruzione delle case e soprattutto sulla loro dimensione. Mediamente un’abitazione moderna giapponese va dai di 50m² ai 70m². Tuttavia, la dimensione può cambiare in base al tipo di appartamento e al posto in cui è situato. Ultimamente nei centri urbani si nota una maggiore presenza di appartamenti abitati da una sola persona. Su questo trend gioca un fattore fondamentale sociale del Giappone: i nuovi single. Dal 1973 infatti il declino del numero dei matrimoni è stato costante con l’aumento di giovani professionisti sempre più concentrati sulla carriera. Di conseguenza il settore delle costruzione di case mono-abitante registra un’altissima crescita. Seguendo questo trend, nella città di Tokyo è sempre più comune trovare appartamenti chiamati one-room ワンルーム. Si tratta di monolocali di piccole dimensioni che vanno solitamente dai 13m² ai 20m² ma possono essere anche più piccoli. credits:news-postseven.com La dimensione degli spazi abitativi giapponesi moderni influisce sull’arredamento. Quando si tratta di arredare spazi più o meno ridotti, in primo luogo la scelta ricade su mobili e accessori di piccole dimensioni. Inoltre è importante che siano funzionali in modo da essere combinati e utilizzati in vari modi. Emerge da ciò il concetto di polifunzionalità di spazi e oggetti. Le diverse aree abitative possono essere utilizzate con finalità diverse ma anche una stessa piattaforma può funzionare come piano di seduta, scrivania, tavolo per mangiare ecc. Un esempio di polifunzionalità è l’idea nata in Giappone di includere nell’arredamento delle proprie case la cosiddetta Draw a line. Si tratta di un bastone in tensione da porre alla due estremità di un pavimento, soffitto o parete a cui si possono appoggiare o attaccare supporti, ripiani, luci e simili. Già negli anni Cinquanta il brand Heian Shindo aveva iniziato a produrre queste aste che con il tempo hanno avuto un successo inaudito. La Draw a line è una soluzione essenziale, salva-spazio e rappresenta l’incontro di semplicità, linearità e stile giapponese. credits: heianshindo.com I giapponesi scelgono abilmente i mobili per arredare le proprie case basandosi sul principio di far sembrare le stanze più grandi. I divani vengono spesso spostati verso gli angoli o il muro in modo da sfruttare tutto lo spazio a disposizione. Posizionando gli oggetti in tale maniera, il pavimento sarà più libero e di conseguenza la casa sembrerà anche più spaziosa. credits:suumo.jp Unisciti a noi! Giappone in Italia è un’associazione culturale no profit. Le nostre attività sono possibili grazie anche al tuo contributo che ti permetterà di godere sempre di nuovi e originali contenuti! 20€/ANNO Unisciti a noi! Giappone in Italia è un’associazione culturale no profit. Le nostre attività sono possibili grazie anche al tuo contributo che ti permetterà di godere sempre di nuovi e originali contenuti! 20€/ANNOQuestione geografica e sociale del Giappone
Le dimensioni delle case moderne giapponesi
La concezione dell’arredamento
La scelta dei mobili
I mobili sono normalmente bassi e larghi così da essere in grado di offrire una visione più ampia della stanza. Tavoli, letti ma anche sofà, tutti con altezze contenute in modo tale da mantenere la linea degli occhi bassa.Nelle case moderne giapponesi di solito la cucina e la sala da pranzo rappresentano un unico spazio. Ultimamente in Giappone sta crescendo il numero di cucine con bancone che serve per consumare pasti veloci come la colazione. Per i pasti più formali con la famiglia si usa il tavolo posto di fronte al bancone. Un altro aspetto che differenzia le cucine giapponesi dalle altre è che gli elettrodomestici molto spesso sono già incorporati nella cucina. In altre parole nelle cucine molto spesso sono già preinstallati gli elettrodomestici tradizionali come il forno, fornelli, lavello, frigorifero ecc.Segui Giappone in Italia
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Il potere delle onomatopee nella lingua giapponese
In ogni lingua ci sono suoni o azioni che difficilmente sono traducibili con una parola esatta, è per questo che esistono le Onomatopee e anche per il giapponese non si fa eccezione. Ogni lingua ha la propria grammatica, la propria fonetica e anche le proprie onomatopee. Infatti, ci sono veri e propri studi che sostengono che il linguaggio è a tutti gli effetti arbitrario. Se ci pensiamo, non c’è nulla riguardante la parola gatto che rappresenti effettivamente un gatto. Inoltre, ogni lingua e ogni nazione ha la sua parola per chiamare questo animale. “Gatto” in Italiano, “neko” in giapponese, “mao” in cinese, “bilee” in hindi, “kissa” in fillandese, ma perchè? Andando ad analizzare, i suoni di questa parola non rimandano in alcun modo al ciò che un gatto fa (ad esclusione forse del cinese). Inoltre, anche la scrittura, non solo il suono, non ha niente a che fare con ciò che il gatto effettivamente è. Andando più in profondità, possiamo anche notare come la parola assegnata ad un determinato significato ci influenzi sul percepito di esso. infatti, “aurora” suona e sembra bella e il nostro cervello collega questa sensazione a questa parola. Se l’aurora dovesse effettivamente essere chiamata “aknabart” avremmo la stessa sensazione? Direi di no. Infatti, le parole lunghe suonano complicate e le parole corte semplici. Le parole con consonanti gutturali suonano dure, invece quelle con consinanti morbide suonano gentili. Che sia tutto dovuto al contesto culturale, o c’è qualcosa di innato nei suoni delle parole che ne influenzano il significato? Dietro ad ogni lingua, c’è un vero e proprio studio che la riguarda. I ricercatori hanno infatti indagato sull’ipotesi appunto che il linguaggio sia arbitrario. Questo spiegherebbe perchè esistono alcune parole che, pur non conoscendo la lingua, ci permettono di capire di cosa stiamo parlando. Mi riferisco precisamente ai suoni “ideofoni”, ovvero parole fonosimboliche che ci permettono di indovinare il significato anche quando non conosciamo la lingua. Dal dizionario Treccani: onomatopèa (meno com. onomatopèia) s. f. [dal lat. tardo onomatopoeia, gr. ὀνοματοποιία, der. di ὀνοματοποιέω, comp. di ὄνομα –ατος «nome» e ποιέω «fare»]. – In linguistica, modo di arricchimento delle capacità espressive della lingua mediante la creazione di elementi lessicali che vogliono suggerire acusticamente, con l’imitazione fonetica, l’oggetto o l’azione significata; può consistere in un gruppo o in una successione di gruppi fonici (brrr, crac; bau bau, tic tac; din don dan), in una serie di sillabe in unità grafica (patapum, taratatà, chicchirichì), o anche in una successione di più complesse unità ritmiche, per es. interi versi (costituendo in tal caso un accorgimento retorico, comunem. detto armonia imitativa: v. armonia, n. 2). In senso più concr., la serie fonica stessa, o la parola, la locuzione formate in seguito a tale procedimento, alcune delle quali subiscono un completo adattamento grammaticale, con l’aggiunta di desinenze e suffissi che le rendono elementi stabili (soprattutto sostantivi e verbi) del lessico della lingua (così bisbigliare, chioccolare e chioccolìo, tentennare, ecc.). Per questi, non si parla più di onomatopea ma di origine onomatopeica, e il fenomeno rientra nel più vasto ambito dell’etimologia. Un particolare tipo di onomatopea è il fonosimbolismo (v. fonosimbolico). ◆ Con sign. simile, il termine è usato nella musica, con riferimento ai suoni imitativi che si hanno, per es., nella musica descrittiva. Sia in italiano che in giapponese, le onomatopee seguono lo stesso principio di altre lingue (pensiamo infatti a “crash” in inglese). Tuttavia, nella lingua nipponica, queste onomatopee sono usate molto più frequentemente. Infatti, uno dei tips & tricks per dimostrare di conoscere la lingua giapponese, è quello di usare molte onomatopee, questo vi permetterà di risultare fluenti. Photo credits: hiragananinja.tumblr.com Il giapponese ha diverse di queste parole e le onomatopee rientrano in questo ambito. Esse si dividono in due categorie: 擬音語 (giongo), parole che rappresentano suoni, e 擬態語 (gitaigo), parole che rappresentano un’azione, movimento o stato. Tuttavia, è molto importante conoscere non solo la cultura del paese, ma anche il “lessico interno” della nazione. In altre parole, un ingelse per esempio può sentire istintivamente che la parola じゅくじゅく (juku-juku, trasudante / che cola) suona un po’ “appiccicosa e volgare”. E’ importante però capire perchè le queste parole si riferiscono a determinati significati. Alcune onomatopee infatti hanno un senso immediato, specialmente quelle che usano la stessa sillaba ripetuta due volte. Per esempio こんこん (kon-kon, tap tap/knock knock), o はらはら (hara-hara, tremolio/palpitazione, sensazione di nervosismo/ansia) dove la ripetizione indica l’effetto sonoro o lo stato descritto. Ci sono diversi modi per creare le onomatopee in giapponese, un altro è quello di aggiungere la vocale lunga alla parola per rappresentare la lunghezza o la continuazione.Per esempio, guardiamo チューチュー (chū-chū, sorseggiare/saltare liquidi) e ぐーぐー (gū-gū, russare). Un altro esempio è l’aggiunta di 濁点 (dakuten) nell’onomatopea. Dakuten sono i piccoli segni che trasformano か (ka) in が (ga). Questi vanno ad indicare un’onomatopea più forte di quella originale. Infatti, こそこそ (koso-koso, furtivamente/sussurrando) diventa ごそごごそ (goso-goso, frusciando/strisciando in giro). サクサク (saku-saku), il suono del camminare sulla brina o sulla sabbia, diventa ザクザク (zaku-zaku), il suono dello scricchiolio sulla ghiaia Per essere ancora più precisi, dovremmo anche andare ad analizzare l’alfabeto giapponese, in particolare le sue vocali. Se guardiamo infatti la vocale お (o) contro い (i). お tende a rappresentare stati più lunghi e lenti, mentre い rappresenta quelli più piccoli e veloci. Applichiamolo alle onomatopee e avremo おどおど (odo-odo) che significa esitare o vacillare, mentre いそいそ (iso-iso) essere esaltato o entusiasta. Invece びくっ (biku) è un sussulto, mentre こてっ (kote) appisolarsi. Photo credits: animeclick.it Tuttavia, nella lingua giapponese, le onomatopee non sono solo formate da ripetizioni. Infatti molte terminano in り(ri), っ (uno stop glottale) o ん (n). Le onomatopee che terminano con uno stop glottale danno l’impressione di repentinità, ad esempio ごくっ (goku, gulp) o かりっ (kari, mordere qualcosa). Allo stesso modo, quelle he finiscono con り indicano morbidezza e lentezza. Guardiamo per esempio けろり (kerori, il cielo che diventa luminoso e chiaro) e しょんぼり (shonbori, sentirsi depressi/soli). Infine, ん indica spesso una risonanza, una vibrazione o un suono, come con かたん (katan, suono di qualcosa che cade) o るんるん (run-run, sensazione di euforia). Solitamente, troviamo le onomatopee scritte sia in hiragana che in katakana. Il primo ha un aspetto più morbido e gentile e viene usato spesso per i suoni morbidi, il secondo, più tagliente e pungente, lo troviamo nei suoni duri e in momenti di enfasi. Questo deriva dal contesto culturale giapponese secondo due aspetti. Infatti gli hiragana li troviamo nelle parole nativi e grammaticali. Al contrario, i katakata indicano principalmente parole straniere in prestito. Il secondo aspetto invece emerge dai suoni intriseci delle parole ed è proprio questo che rende le onomatopee giapponesi uniche. Se imparate e usate nel modo corretto, si può diventare veramente potenti nell’uso di questa lingua. E voi, quali onomatopee conoscete? Fatecelo sapere nei commenti! Unisciti a noi! Giappone in Italia è un’associazione culturale no profit. Le nostre attività sono possibili grazie anche al tuo contributo che ti permetterà di godere sempre di nuovi e originali contenuti! 20€/ANNO Unisciti a noi! Giappone in Italia è un’associazione culturale no profit. Le nostre attività sono possibili grazie anche al tuo contributo che ti permetterà di godere sempre di nuovi e originali contenuti! 20€/ANNOLo studio della lingua
La definizione di onomatopea
Le onomatopee giapponesi
Le peculiarità llinguistiche
Invece, え (e) spesso indica gli stati negativi, come へべれけ (hebereke, essere super ubriaco), せかせか (seka-seka, sentirsi impaziente) e げっそり(gessori, completamente esausto).La scrittura delle onomatopee
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Approfondimenti: La storia del riso in Giappone, molto più di un semplice alimento
Il riso in Giappone ricopre un’importanza fondamentale in quanto alimento base ma vi siete mai chiesti quale sia la sua vera origine? Il riso è stato introdotto per la prima volta in Giappone verso la fine del periodo Jōmon, intorno al 300 a.c. L’origine esatta del riso è ancora incerta ma la maggior parte degli studiosi è d’accordo sul fatto che provenga dalla Cina. Ci sono diverse teorie circa il percorso che il riso abbia compiuto per arrivare in Giappone. Potrebbe aver viaggiato dalla Cina settentrionale fino alla Corea per poi raggiungere il Giappone via mare. Secondo un’altra teoria sarebbe arrivato sulle coste giapponesi sempre via mare dal delta del Fiume Azzurro Yangzi per poi passare dalla Corea. Un’altra teoria ancora sostiene che sarebbe arrivato via mare dal delta dello Yangzi fino alla regione del Kyūshū. Qualunque sia stato il percorso, non vi è dubbio comunque che il riso sia arrivato in Giappone dal continente attraverso il Mar Cinese Orientale. Oggi il riso è un alimento onnipresente sulla tavola giapponese e viene elaborato in infinite varianti. Il riso bianco, detto shirogohan 白ご飯, è quello che accompagna i tre pasti principali. Il kamameshi 釜飯 invece, letteralmente “riso bollente”, consiste in un piatto di riso insaporito da carne, pesce e piatti vegetali. Un’altra variante è l’okayu お 粥 e consiste in una sorta di porridge giapponese. Si tratta di una minestra semplice e digeribile a cui si ricorre se si è leggermente indisposti di stomaco. Sono inoltre moltissimi i prodotti nazionali lavorati con il riso. Ad esempio il famoso mochi 餅 non è nient’altro che un dolcetto preparato dal riso glutinoso, tritato e pestato per ottenere una pasta bianca morbida e appiccicosa che viene poi modellata in forme sferiche o rettangolari. Il sakè 酒, famosissima bevanda alcolica nazionale, è ottenuto da un processo di fermentazione che coinvolge il riso. Proprio per questo il sakè viene anche detto “vino di riso”. Ancora, i senbei 煎餅, sono i famosi cracker di riso molto amati anche fuori dal Giappone. credits: newsweekjapan.jp Tuttavia il riso non costituisce solo un alimento importante per la cucina giapponese. L’intera pianta del riso viene infatti utilizzata in diverse modalità. È il caso ad esempio dell’architettura tradizionale giapponese i cui elementi non sono altro che prodotti naturali composti da paglia di riso. Una volta che i grani vengono rimossi, la paglia viene utilizzata per rivestire i tetti tradizionali delle case giapponesi. Ma non solo! Se tessuta la ritroviamo nella pavimentazione a tatami 畳. credits: livejapan.com L’importanza del riso per il popolo giapponese si riflette anche nella letteratura e nell’arte. La coltivazione del riso è uno dei tanti temi affrontati dalle poesie di Matsuo Bashō, uno dei più grandi maestri di haiku in Giappone. Inoltre, è notoriamente raffigurata anche nelle famose stampe artistiche giapponesi ukiyo-e 浮世絵 da artisti come Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige. I paesaggi agrari delle risaie sono infatti un motivo comune che simboleggia l’identità giapponese incentrata sul riso. credits: ukiyo-e.org Questo alimento ha influenzato profondamente le arti dello spettacolo tradizionale in Giappone. Come ci spiega il Prof. Bonaventura Ruperti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia nel suo libro “Storia del teatro giapponese dalle origini all’Ottocento”, la nascita delle prime forme autoctone di spettacolo la si attribuisce ai canti e le musiche che accompagnavano la coltura del riso: il tamai 田舞e taasobi 田遊び. I primi consistono in “danze delle risaie” che con flauto e tamburo accompagnavano il trapianto del riso allo scopo di ingraziarsi la divinità per suscitarne le energie e favorire la prosperità del raccolto. I secondi sono “intrattenimenti delle risaie” ossia performances eseguite a capodanno da personaggi mascherati che ripercorrevano i gesti del ciclo agricolo. Lo scopo era quello di auspicarne l’abbondanza attirando l’energia vitale della divinità. Non sorprende che il riso sia presente in tantissime celebrazioni tradizionali che scandiscono la vita di un giapponese. Ad esempio l’okuizome お食い初め è una tradizione risalente all’VIII secolo che si celebra intorno al 100° giorno di vita del bambino in quanto segna un momento importante nella sua vita: il primo pasto diverso dal latte. In realtà, l’atto del mangiare è solo simbolico: il cibo infatti viene semplicemente avvicinato alle sue labbra nel gesto di imboccarlo con le bacchette. Questa cerimonia costituisce un rito di passaggio per augurare salute e abbondanza al bambino. Il pasto prevede cibi che hanno un grande valore simbolico e ben augurante tra cui il riso insieme a pesce e verdure. Lo svezzamento vero e proprio si ha intorno ai 5 mesi con la prima pappa costituita proprio dall’okayu, il porridge che abbiamo menzionato in precedenza. Man mano che il bambino cresce ci sono diverse festività che ne celebrano la crescita e i cibi contenenti il riso sono sempre al centro di esse. Ad esempio durante la ricorrenza dell’Hina-matsuri 雛祭り, nota anche con il nome di “Festa delle bambine”, i familiari delle bambine pregano affinché vengano loro date bellezza e salute. La bevanda tradizionale di questa festività è l’amazake 甘酒, una versione analcolica del sakè. Insieme all’amazake 甘酒 si mangiano gli arare あられ, dei salatini di riso, spesso conditi con della salsa di soia. Sempre per l’occasione si prepara un dolce detto hishimochi 菱餅, costituito da tre strati di riso: verde, simbolo della terra, bianco, simbolo della neve e rosa, simbolo dei fiori di pesco. Insieme, questi tre strati indicano la primavera, quando la neve si scioglie, l’erba cresce e germogliano i fiori di pesco. credits: hoikushibank.com Unisciti a noi! Giappone in Italia è un’associazione culturale no profit. Le nostre attività sono possibili grazie anche al tuo contributo che ti permetterà di godere sempre di nuovi e originali contenuti! 20€/ANNO Unisciti a noi! Giappone in Italia è un’associazione culturale no profit. Le nostre attività sono possibili grazie anche al tuo contributo che ti permetterà di godere sempre di nuovi e originali contenuti! 20€/ANNOIl riso e le sue origini
Le varietà del riso e i suoi diversi utilizzi
Il riso nell’arte e nel teatro giapponese
Le feste tradizionali giapponesi
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Approfondimenti: La casa tradizionale giapponese
Se ci chiediamo quali siano le caratteristiche di una casa tradizionale giapponese le possiamo vedere tutte guardando un qualunque tempio in Giappone: austerità, materiali leggeri e porosi, pareti interne ed esterne molto sottili. La casa tradizionale giapponese, come la conosciamo oggi, ha le sue origini nelle case dei ricchi agricoltori nei primi anni del periodo Edo (1603-1868) costruite con strumenti e metodi importati dalla Cina e dalla Corea. Il materiale predominante è il legno, scelto dagli architetti giapponesi in una continua ricerca di armonia e sintonia con la natura. Il legno è un materiale leggero che riassume in sé il concetto di transitorio: il calore che trasmette agli ambienti interni, le sue irregolarità e texture sono elementi considerati di alto valore estetico. La zona d’ingresso si chiama genkan 玄関, ed è quel luogo in cui è necessario togliersi le scarpe prima di entrare. La presenza del gradino, che pone il genkan ad un piano inferiore rispetto al resto della casa, serve proprio a definire il confine fra lo spazio interno abitativo e quello esterno. Allo stesso tempo però, proprio per la sua posizione ribassata rispetto agli altri piani della casa, il genkan si pone come uno spazio in continuità con la natura e non di separazione da essa. credits: jp.fotolia.com Le stanze di una casa tradizionale giapponese hanno la pavimentazione in tatami 畳 ovvero composta da pannelli rettangolari modulari rivestiti da paglia intrecciata. Queste stuoie non solo conferiscono bellezza alle case ma aiutano anche a conservare il calore durante le fredde giornate invernali. Tutte le stanze hanno questo tipo di pavimentazione fatta eccezione per la cucina e i corridoi, dove il materiale predominante è il legno. Proprio per questo tipo di pavimentazione è difficile utilizzare le sedie all’interno delle stanze tradizionali. A queste si preferiscono invece cuscini speciali utilizzati per sedersi chiamati zabuton 座布団. credits: jp.fotolia.com Un’altra peculiarità delle case tradizionali giapponesi sono le porte scorrevoli: i fusuma 襖. Si tratta di pannelli rettangolari con il lato lungo in verticale che separano i locali interni della casa. Sono costituiti da una struttura in legno a reticolato ricoperta da cartone e da uno strato di carta o tessuto su entrambi i lati. Anticamente venivano dipinti per abbellire la residenza con scene naturali come paesaggi montani, foreste o animali. Esiste poi un altro tipo di parete scorrevole chiamata shōji, realizzata in carta di riso montata su un telaio in legno. A differenza dei fusuma, gli shōji separano l’interno delle case dall’esterno. Inoltre, essendo la carta che li riveste molto sottile, permettono alla luce naturale di filtrare attraverso la porta. credits: jp.fotolia.com La stanza da bagno nelle case tradizionali giapponesi è normalmente separata da quella adibita alla toilette. L’ofuro お風呂 tradizionale è una vasca di legno compatta e profonda rispetto alle vasche comuni, colma d’acqua ad una temperatura di circa 43 °C o anche più calda. Costruita tradizionalmente in legno hinoki ヒノキ, cipresso giapponese, la vasca a contatto con i vapori e con l’acqua calda emana una fragranza molto particolare. Prima di utilizzare l’ofuro ci si siede su un piccolo sgabello all’interno della stanza per lavarsi corpo e capelli e si entra nella vasca solamente dopo essersi ben sciacquati. Fare il bagno per molti è un’esperienza che va oltre la semplice igiene personale. Per alcuni è religiosa, per altri curativa. Entrambi i due aspetti sono strettamente connessi al rito della purificazione: non ci si immerge nell’acqua bollente solo per una questione di igiene ma anche per purificare l’animo. credits:tatezou-house.com Unisciti a noi! Giappone in Italia è un’associazione culturale no profit. Le nostre attività sono possibili grazie anche al tuo contributo che ti permetterà di godere sempre di nuovi e originali contenuti! 20€/ANNO Unisciti a noi! Giappone in Italia è un’associazione culturale no profit. Le nostre attività sono possibili grazie anche al tuo contributo che ti permetterà di godere sempre di nuovi e originali contenuti! 20€/ANNOWashitsu 和室: la stanza tradizionale giapponese
L’ofuro nella casa tradizionale giapponese
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TRATTI DI RICORDO - mostra di Kazuto Takegami presso Takeda Katsuya Design
TRATTI DI RICORDO è la mostra di Kazuto Takegami presso Takeda Katsuya Design a Milano.
L'artista Kazuto Takegami ci sorprende ancora con i suoi quadri ad olio e tecnica mista, oltre ai suoi famosi disegni ad inchiostro di china, con la tecnica giapponese Sumi-e.
Nato in Giappone nel 1970, Kazuto Takegami si laurea in pittura presso la Musashina Art University di Tokyo.
Per alcuni anni svolge il lavoro di professore d'arte e in seguito decide di dedicare la sua vita alla pittura.
Arriva in Italia nel 1998 con la vincita di una borsa di studio presso l'Accademia di Belle Arti di Brera.
Vanta esposizioni personali e collettive in Italia, in Giappone e nei Paesi Bassi.
Le sue opere sono espresse in un linguaggio universale dai tratti semplici e profondi, come fossero istantanee di ricordi vicini e lontani.
TAKEDA KATSUYA DESIGN, che ospita la mostra TRATTI DI RICORDO, si occupa di Interior Design e architettura ed è il luogo perfetto per trovare la giusta atmosfera che i quadri di Kazuto Takegami regalano.
Giappone in Italia è orgogliosa di presentare questa mostra e vi invita caldamente ad andare a visitarla, per rendersi conto di cosa davvero significhi avere la tradizione del Giappone davanti agli occhi anche grazie all'antica tecnica sumi-e di cui potrete vedere anche gli strumenti utilizzati per crearla.
Non perdete questa occasione, porterete a casa un bagaglio di esperienza (giapponese!) che ricorderete anche con foto come quelle che vedete in questo articolo, scattate direttamente da noi. Lo stesso artista vi accompagnerà in questo viaggio rispondendo e risolvendo tutti i vostri dubbi.
Vi ricordiamo che TRATTI DI RICORDO è visitabile presso Takeda Katsuya, in Via del Torchio 5/7 a Milano dal 15 al 24 ottobre per farvi fare un salto in Giappone senza prendere l'aereo.
TRATTI DI RICORDO, una moistra che merita di essere vista e vissuta.
MILANO SUSHI FESTIVAL – seconda edizione
MILANO SUSHI FESTIVAL – seconda edizione
Il MILANO SUSHI FESTIVAL arriva a Milano con la sua seconda edizione! Da giovedì 21 a domenica 24 ottobre la Piazza Città di Lombardia a Milano è dedicata completamente al piatto simbolo della cucina giapponese, con spettacoli, cooking show e incontri culturali.
Dopo il successo della prima edizione che si è tenuta nel giugno del 2019, torna alla grande dopo la pandemia
il festival milanese che celebra la tradizione giapponese che l’Unesco ha addirittura dichiarato patrimonio immateriale dell’umanità.
Saranno quattro giorni gustosissimi e pieni di sorprese legate al Giappone, con assaggi, appuntamenti culturali e di intrattenimento organizzati dall’AIRG (l’Associazione Italiana dei Ristoratori Giapponesi).
Stiamo parlando di cerimonia del tè, vestizione del kimono con la partecipazione di Tomoko Hoashi, performance artistiche di Yoshiko Kubota, i concerti del quartetto Shinobu Kikuchi & Friends, e i live cooking show di Claudio Sadler e Roberto Okabe.
Non mancheranno anche le presentazioni di libri e guide sulla gastronomia giapponese e sul sake, incontri sul cibo nel Manga, dj set tutto giapponese.
Arte del Vino è l'organizzatore dell'evento che vedrà la partecipazione di alcuni ristoranti giapponesi di riferimento in città che proporranno le loro specialità:
Finger’s Garden proporrà al pubblico una ricca e variegata selezione di sushi e rolls
Osaka presenta bento e onigiri
Gamy Robata & More fornisce barbecue in stile nipponico
Pop Dog Street Food prepara i famosi takoyaki
Maido è fiera dei suoi okonomiyaki
Sushita propone i suoi uramaki
Karē No Kuruma vi fa provare il riso e curry in stile giapponese
Gong Express presenta i ravioli al vapore.
Inoltre, per chi vorrà scoprire tutti i segreti della cucina asiatica, sarà disponibile un corner di SuiteFood, startup e community di esploratori del gusto.
Cosa chiedere di più? Bevande che possano essere all'altezza! La famosissima Asahi Super Dry, la birra giapponese numero uno al mondo e birra ufficiale del Festival, l’ottimo sake made in Italy di Firenze Sake e un’importante selezione di vini italiani grazie all’enoteca realizzata da D3 Architetti Associati per Arte del Vino.
Marco Ramunno, founder di Arte del Vino, commenta: “Sono molto felice di poter realizzare la seconda edizione di Milano Sushi Festival. Ringrazio tutti i ristoratori che hanno aderito con entusiasmo, gli espositori e i partner che ci sostengono, Kyoko Higuma, socio fondatore di AIRG, e Annalena De Bortoli per la preziosa collaborazione sul programma culturale. Finalmente dopo questo lungo periodo di fermo forzato, ritorniamo a organizzare eventi in presenza: aspettiamo tutti i fan della cucina e della cultura nipponica per trascorrere quattro giorni all’insegna delle affascinanti tradizioni del Sol Levante”.
Amanti del Giappone, del suo cibo e delle sue tradizioni? Non potete mancare a questo appuntamento!
L'inaugurazione ufficiale sarà il 21 ottobre con il Kagamibiraki, l’apertura della botte di sake a opera di chef Shiro, Presidente di AIRG, alla presenza del Console giapponese di Milano, per un brindisi di buon auspicio!
Potete trovare il programma completo su:
https://facebook.com/events/s/fiera-del-giappone-milano-sush/913028362615465/
MILANO SUSHI FESTIVAL
21-24 ottobre 2021
Piazza Città di Lombardia, Milano
Ingresso € 5 (è richiesto il Green Pass)
Orari:
giovedì 21 ottobre dalle 15:00 alle 24:00
venerdì 22 e sabato 23 ottobre dalle 12:00 alle 24:00
domenica 24 ottobre dalle 12:00 alle 22:00
Grazie a:
Marco Ramunno
Mercalia - Arte del Vino srl
Ufficio stampa MILANO SUSHI FESTIVAL
MCS &Partners
t. +39 02 66985471 | press@mcsweb.it
PERIODO KOFUN – LA TOMBA DELL' UJI NO KAMI, LE TOMBE DELL'IMPERATORE
Il periodo Kofun è il periodo delle grandi sepolture. Sorvolando dall'altro i siti archeologici sembra di vedere delle grandi serrature per porte dell'aldilà. Così era di fatto: tombe monumentali.
Hanno anche il nome di tombe a tumulo, perchè si trovavano costruite molto spesso su alture naturali e contenevano al loro interno non solo il corpo del defunto, ma un ricco ed pregiato corredo funebre. Al lettore nascerà naturale il parallelismo con le piramidi e altre forme di mausolei antichi.
Il periodo Kofun è il periodo delle grandi piramidi giapponesi.
Facendo un passo indietro, nel periodo Yayoi, già possiamo trovare in nuce questa forma di sepoltura. Tuttavia, come vedremo, germoglierà appieno solo nel periodo Kofun.
Le forme di queste collinette (anche artificiali) poteva variare da forme geometricamente semplici, a più complesse. Come già accennato, la più caratteristica è “a buco di serratura” , in giapponese zenpōkōen. Al suo interno, il defunto era accompagnato da un'innumerevole serie di oggetti e manufatti che hanno permesso agli archeologi di ricostruire con precisione abitudini e società.
Soprattutto perchè di questi tumuli hanno cominciato a sorgere in tutto il Giappone.
Il più grande e solenne è quello dell'imperatore Nintoku, lungo 486 metri, nei pressi di Ōsaka.
Il manufatto più rappresentativo è l'haniwa, una statuetta in terracotta che riproduceva un elemento della vita reale, fossero case, persone o animali. I miti ci raccontano che gli haniwa sostituirono i sacrifici umani, ma le prove archeologiche non hanno mai confermato questa ipotesi.
Il periodo dei Kofun ci racconta una nuova società. O, per meglio dire, il fiorire della società del periodo Yayoi.
Abbiamo già incontrato la divisione del territorio in regni indipendenti l'uno dall'altro, con una famiglia nobile a capo e un kami protettore. Ora questo sistema sociale ha un nome meglio definito: uji-kabane.
Nel dettaglio, uji è una famiglia, in senso ampio, composta da elementi legati da vincoli di sangue o meno, che dominava su un territorio, un “clan”. Al vertice era l'uji no kami, il capofamiglia, discendente diretto dell'ujigami, il kami protettore della stirpe.
Attorno a questo gruppo ne ruotavano altri, vincolati ad esso ed altrettanto rigidi in termini di successione: i be. I be erano unità lavorative al servizio di un uji, devote al kami di esso da cui ricevevano benevolenza e protezione, strettamente divise per occupazione. Be di pescatori, contadini, musici, tessitori, cantastorie e così via... componevano la forza motrice di un piccolo regno retto dalla nobiltà guerriera. Il periodo kufun può ricordare a pennellate rapide un protofeudalesimo.
I rapporti tra gli uji erano, come ci si può aspettare, fondati su guerra e diplomazia. La rete costruita lungo il giappone di punti di potere era necessariamente portata in un secondo momento ad concentrarsi in un punto, il futuro centro imperiale. Lo Yamatai non ha mai dato prove sicure della sua collocazione, ma ad ereditare il ruolo di protagonista politico, dopo che dal 266 questo regno scompare dalle cronache cinesi, fu un clan della regione dello Yamato.
Con appunto, guerra e diplomazia, il clan Yamato si guadagnò il ruolo di uji egemone nel territorio giapponese, e il periodo kofun ci mostra finalmente i petali del primo crisantemo, la famiglia imperiale discendente da Amaterasu.
L'uji no kami era un capo guerriero ma anche un autorita spirituale, e i riti di purificazione avevano un ruolo fondamentale nella vita scandita dai ritmi naturali. Non stupisce dunque che il clan Yamato, discendente dalla dea del Sole, abbia attratto tanto la fedeltà quando la devozione di famiglie meno potenti. Le tombe kofun, oltre a moltissime armi e armature, conservano una moltitudine di specchi di bronzo, simbolo del culto solare.
Un gioiello una spada e uno specchio erano i simboli del potre che nel periodo Kofun, si tramandavano gli uji no kami.
Ma anche una ricchissima collezione di oggetti continentali. Il motore che spinse a questa definizione della società, era in gran parte dovuta all'approfondimento della politica estera, soprattutto nei contatti con la penisola coreana.
Come già avevamo visto per il periodo Yayoi, anche nel periodo Kofun gli scambi oltre mare sono determinanti.
Nell'avvicendarsi dei tre regni coreani di Silla, Koguryō e Paekche, tanto la Cina quanto “Wo”, il Giappone, ha ruoli da coprotagonisti. In particolare, un monumento eretto nel 414 commemora un'importante spedizione giapponese nel 391, in sostegno del proprio alleato Paekche. I rapporti e il ruolo soprattutto che ebbero questi contatti nello sviluppo dell'impostazione “statale” successiva saranno meglio approfonditi in seguito. Tuttavia è importante sottolineare l'abbondanza ritrovamenti di reperti giapponesi in corea, quanto l'influenza di tecniche e maestranze coreane in Giappone, segno di una centralità del potere solida e definita.
Abbiamo lasciato in sospeso il termine kabane, ovvero i “titoli”.
Si tratta del fornire un nome al rapporto tra gli uji no kami dei clan vicini al clan Yamato, in una gerarchia di ranghi alla quale faceva capo quest'ultimo. Titoli nobiliari a tutti gli effetti, che sancivano tanto il livello quanto il ruolo all'interno della corte, e sono il tratto distintivo della politica interna del periodo kofun. I più ambiti erano muraji e omi, veri e propri maestri di cerimonia. A fregiarsi di un simile onore furono ben presto anche i membri di un clan di origine coreano, i Soga. Già da tempo veniva riconosciuto il valore all'interno della società Yamato a nobili coreani, ma i Soga, grazie soprattutto all'introduzione del buddhismo a corte, nella metà del VI secolo.
Il periodo kofun termina quasi naturalmente con il cambio di rituale di sepoltura, quando il buddhismo sostituì l'inumazione con la cremazione. Tuttavia esso può considerarsi la prima parte di un era più ampia, e raggiungere la prima metà del VIII secolo, fino alla fine del periodo Asuka. Con il periodo kofun inizia anche l'era degli Yamato.
ARTICOLO PRECEDENTE: PERIODO YAYOI – IL SEME DEL GIAPPONE E' PIANTATO
Tutti i titoli giapponesi su Netflix
Ritorna la nostra rubrica dedicata ai titoli giapponesi più interessanti su Netflix.
Avete seguito i nostri consigli? Hanno soddisfatto le vostre aspettative? Fatecelo sapere nei commenti!
Se, invece, vi siete persi la prima parte, potete trovarla al link in calce.
Bene, incominciamo!
Riprendiamo la nostra rubrica da uno dei primi titoli giapponesi approdati sul catalogo Netflix, stiamo parlando di
Midnight Diner: Tokyo Stories.
Rilasciata nel 2009, la serie conta ben 50 episodi da 25 minuti l’uno per un totale di cinque stagioni, troverete, però, su Netflix solo le prime due.
La struttura è piuttosto semplice e ogni episodio è autoconclusivo.
Lontano dal traffico e dal caos della città, si trova una piccola tavola calda che ogni sera ospita svariati personaggi appartenenti al “popolo della notte”. Alcuni buffi, altri ingenui o serissimi, essi mettono a nudo le proprie fragilità condividendo episodi di vita che hanno cambiato (o cambieranno) le loro esistenze con alcuni clienti abituali e vagamente caricaturali.
Ogni stagione racconta dieci piccole storie e con esse a una pietanza, preparata dal paziente oste, interpretato dall’attore Kaoru Kobayashi.
La serie, tratta da un manga di Yaro Abe che ha venduto più di 5 milioni di copie nel mondo, ha ricevuto un adattamento cinematografico nel 2015, sempre dal titolo Midnight Diner: Tokyo Stories e approdata in Italia al Far East Film Festival.
Il prossimo titolo che vi consigliamo è sempre legato all’ambito culinario, ma si discosta completamente dal precedente. Si tratta di
La via del grembiule: lo yakuza casalingo.
Attenzione però, stiamo parlando della versione animata e non la serie, entrambe presenti su Netflix.
L’anime, composto da una stagione di cinque episodi di circa 20 minuti ciascuno, segue le vicende di Tatsu, un ex capo della yakuza soprannominato il Drago Immortale che ha abbandonato le attività criminali per diventare un perfetto marito casalingo. Tuttavia la sua nuova vita è complicata dalla sua apparenza minacciosa e da vecchie conoscenze.
Non aspettatevi, però, drammi e sparatorie, ma soltanto leggerezza e grandi risate.
Anche dal punto di vista delle animazioni, la serie ricalca il manga in tutte le sue sfaccettature più divertenti, grazie allo straordinario lavoro dello studio J.C. Staff. L’umorismo è infatti ciò che connota l’opera di Kōsuke Ōno, riconosciutogli anche da un Eisner Award.
La via del grembiule, approdata su Netflix ad aprile, si arricchirà presto di una nuova stagione, la cui uscita è prevista per il 7 ottobre 2021.
Infine, concludiamo con un classico, ovvero la filmografia di Hayao Miyazaki.
Regista, sceneggiatore, fumettista e produttore cinematografico giapponese, Miyazaki è divenuto l'esponente dell'animazione giapponese più conosciuto e influente al mondo.
Netflix raccoglie in suo onore tutte le meravigliose opere che raccontano una carriera di più di più di cinquant'anni: dal primo film, Nausicaa della valle del vento uscito nel 1984, al premio Oscar, La città incantata, al recente Si alza il vento.
Possiamo quindi prepararci al meglio all’uscita della sua ultima opera, How do you live, sui cui sta lavorando da più di tre anni, con una maratona di tutte quelle precedenti, per la prima volta, anche in versione originale.
Per consultare la prima parte di questa rubrica:
Amanda De Luca
Giappone, la bellezza del quotidiano
Il concetto di bellezza ha un’origine occidentale. Con ciò non si intende dire che il bello sia prerogativa di questa cultura o che i giapponesi abbiano imparato da essa. Questo significa solamente che nel Giappone tradizionale la bellezza non aveva uno studio codificato, e sfumava in altre esperienze come quella della naturalezza (shizen) o del vuoto (mu).
Solamente con l’avvento dell’epoca Meiji e la definitiva conclusione del periodo del sakoku in Giappone i contatti con l’Occidente si intensificarono, e anche il concetto di bellezza divenne oggetto di studio da parte di filosofi e studiosi di arte giapponesi.
Nel Giappone tradizionale, chi è colui che fa arte? Anche in questo caso è difficile dare una risposta. L’arte era qualcosa di più assimilabile all’artigianato, a una tecnica, un rituale portato alla perfezione. Il gesto artistico non risiedeva tanto nell’oggetto in sé, quanto nella cura e nell’azione dell’artigiano.
Se facciamo un salto nel futuro, è impossibile non notare come oggetti e luoghi di uso comune siano in Giappone dei veri piccoli capolavori, curati in ogni dettaglio, per far sì che anche la quotidianità possa assumere sfumature di vari colori.
Si pensi ai cartelli, alle fermate delle metropolitane e treni spesso adornate con disegni, ai treni stessi che ritraggono personaggi tipici della cultura pop. Non solo, anche le transenne stradali in Giappone possono essere kawaii, il contenuto di bento, le macchinette delle bibite. Insomma: ovunque si giri lo sguardo si potrà rimanere ammaliati, incuriositi, anche solo coinvolti in panorami particolari.
In questo articolo si tratteranno in particolare due oggetti e luoghi del quotidiano che in Giappone sono – pur essendo parte della vita di tutti i giorni – pensati con estrema cura.
Koban
Cosa sono i Koban in Giappone? I Koban sono piccole stazioni di polizia cittadine, utili per emergenze o consigli legati alla vita di quartiere. In una stessa città, infatti, ve ne possono essere moltissime, di solito sono piccoli edifici che quasi si nascondono tra una costruzione e l’altra.
C’è una pagina di instagram chiamata prettykoban che ci fa scoprire come questi luoghi di vita quotidiana siano a volte trattati come piccole architetture di pregio.
https://www.instagram.com/p/CTV6hvRlqnn/
Questa stazione di polizia ha una forma molto particolare: ha una forma a torre e un tetto a punta color azzurro, elementi che ci fanno quasi pensare ad architetture occidentali.
https://www.instagram.com/p/CSUGVBPlvv4/
Del tutto particolare, koban dalla forma di gufo, con finestre al posto degli occhi. Potreste credere di trovare dei poliziotti in questo tipo di edificio?
https://www.instagram.com/p/CRtAsTVFlmA/
Questa architettura riprende perfettamente i materiali in cui è collocata. All’interno di una foresta, sfrutta legno e pietra e appare quasi come una piccola casa accogliente.
https://www.instagram.com/p/COFa9ZnBWKg/
Koban inserita nel fantastico scenario dell’entrata del tempio Sensoji.
Tombini
Un’altra categoria di oggetti che non ci aspetteremmo mai essere belli o piacevoli alla vista sono i tombini. Abituati a sentirli legati a un senso di sporcizia, vedere alcuni dei tombini giapponesi potrà forse farci rivalutare questo tipo di oggetto comune. I tombini in Giappone sono quasi sempre molto carini: alcuni rappresentano con immagini e disegni il luogo in cui ci si trova, alcuni vengono costruiti per occasioni speciali o anniversari, per commemorare una persona o un momento particolare, altri sono semplicemente carini e decorativi, a rendere la visione delle strade più piacevole.
Kawaiimanhole ci offre una serie di tombini tutti particolari:
https://www.instagram.com/p/CS3w83rF8Mj/
https://www.instagram.com/p/CPuG3WPFMkk/
Un classico: personaggi conosciuti in tutto il mondo, Hello Kitty, gattina dalla forma umana e il mondo fantastico dei Pokémon.
https://www.instagram.com/p/CRtHpvDjs6_/
Un tombino costruito apposta per i giochi olimpici di Tokyo 2020.
https://www.instagram.com/p/CQnJ6ppjLBl/
Questo tombino addirittura riporta una stampa giapponese ukiyo e del Monte Fuji di Hokusai. Una stampa, dunque, equiparata a oggetto d’arte, applicata su un tombino: oggetto quotidiano su cui le persone camminano e spesso magari nemmeno si soffermano.
https://www.instagram.com/p/CQFClXPlgRZ/
Un tombino tipico di una città ben precisa, con caratteristiche proprie di essa.
Vi lasciamo esplorare, per chi ha la curiosità di farlo, questi e molti altri oggetti del quotidiano che in Giappone animano il nostro sguardo, ci distraggono mentre passeggiamo per le strade, attirano la nostra attenzione. La bellezza è nel quotidiano, il quotidiano è bellezza.
A cura di Susanna Legnani
I concerti a lume di candela conquistano Milano
Bellissima iniziativa per tutti gli appassionati di cultura giapponese è quella di “Candlelight: colonne sonore di anime a lume di candela”.
Gli eventi, realizzati da Feverup, offrono la possibilità di godere di un pomeriggio o di una serata in compagnia delle colonne sonore dei nostri anime preferiti, il tutto in una cornice assolutamente magica.
Un pianoforte e centinaia di candele, infatti, fanno da sfondo alla musica, in luogo intimo nel cuore di Milano.
Presente in tutto il mondo, Feveup è azienda leader mondiale nella digitalizzazione dell’Experience Economy, ispirando gli utenti a scoprire e godere delle migliori esperienze nella propria città.
Dai concerti al teatro, dalla musica dal vivo a esperienze immersive e pop-up, consente agli organizzatori di eventi di creare contenuti sempre nuovi e originali. Ed è proprio questo il caso.
Per tutti coloro che volessero accaparrarsi un biglietto il prima possibile, avete due possibilità: correre sul sito ufficiale o scaricare l’app, così da avere tutti gli eventi a portata di mano e ricevere la notifica dei più interessanti.
Se non trovate più disponibilità, niente paura! Gli eventi di Feverup si ripetono a cadenza mensile, così tutti avranno modo di partecipare o ri-partecipare.
I biglietti partono da €15,00, nelle zone a bassa visibilità, fino a €25,00, per questo specifico evento. Ci sono due fasce orarie tra cui scegliere: una tarda-pomeridiana e una serale.
Per il programma e ulteriori dettagli visitate il sito feverup.com.
La magia degli eventi dal vivo vi aspetta, divertitevi con Fever!
Amanda De Luca