Intervista con Kaori Miyayama
Intervista con Kaori Miyayama. La sua mostra, "Scendendo verso il cielo", rimarrà in esposizione presso la galleria 3001Lab presso il Bed&Breakfast RossoSegnale fino al 7 Luglio, dalle 17 alle 19.
Qual è il concetto alla base della mostra?
L'ispirazione per questa mostra è stato il concetto di relazione, che può essere inteso sia fra opere e persone sia fra opere e ambiente. In quest'ottica, tutti gli elementi possono interagire fra loro, al punto che anche il contrasto fra opposti diventa relativo; “sopra” e “sotto” sono dei riferimenti che dipendono dal punto di vista del soggetto e non vanno intesi come assoluti.
E' un tema chiave della tradizione del Buddhismo Zen che permea la cultura giapponese, la quale ci ha abituati a pensare che tutti gli elementi sono parte di un insieme più vasto, dove gli opposti coesistono e non si oppongono.
Partendo da questo presupposto, è molto più facile accettare la pluralità delle prospettive e interiorizzarla, fino a abituarsi ad assumere l'ottica altrui.
Questo cambiamento del punto di vista è consapevole o avviene per caso?
Come dicevo prima, la nostra cultura ci abitua a considerare sempre svariati punti di vista, quindi è uno stato costante che ci accompagna e porta a riflessioni interessanti.
Basti pensare che, dopotutto, la Terra è una sfera inserita nel cielo, il quale dunque non si trova solamente sopra di noi, ma anche al di sotto del nostro pianeta, sotto di noi. Da questo nasce il titolo della mostra, "Scendendo verso il cielo".
E' proprio il principio di "Scendere verso il cielo" che caratterizza la disposizione della mostra: si sviluppa partendo dal cielo, rappresentato al livello del suolo, fino alla terra, le cui opere sono raccolte ai piani più elevati. Ci sono alcuni elementi ricorrenti su vari piani...
Ci sono degli elementi che trovo particolarmente simbolici. Le nuvole rappresentano il mutamento, dal momento che cambiano forma e colore in relazione all'ambiente; i funghi invece sono dei parassiti, che vivono di una relazione che può essere sia positiva che negativa e diventano quindi un tramite fra la terra e il cielo.
Personalmente, mi ha colpito che sia le opere della terra che quelle del cielo utilizzano dei colori molto simili,come il bianco e l'azzurro. Come mai?
Non l'ho pensata in termini di toni ma di densità del materiale: le opere del cielo infatti si basano tonalità azzurro e bianco trasparenti, che entrano in sintonia con lo sfondo e lasciano trasparire la luce. La terra invece è rappresentata dai materiali densi, che si oppongono alla leggerezza dell'aria.
Le opere entrano quindi in sintonia con l'ambiente...
Gran parte delle opere esposte è stata creata apposta per l'ambiente in cui è stata installata, la galleria particolare 3001Lab, partendo dal buco sotterraneo dell’ex auto officina, per arrivare all’esterno, fino al terrazzo e al giardino, passando per le tre camere - tutti gli spazi di RossoSegnale B&B. Entrano quindi in un gioco di relazioni con ciò che le circonda: a seconda della luce, dell'orario etc cambia completamente il modo di percepire l'insieme ed è proprio questo che rende la mostra viva.
Ha vissuto a cavallo fra Giappone e Italia per anni ormai. C'è stato un elemento culturale particolarmente influente nella sua espressione artistica?
Il tema parincipale della mia ricerca è l’esplorazione dello spazio che risiede fra le cose, lo spazio vuoto che io chiamo “frammezzo”. Questo elemento è molto rappresentativo della differenza culturale.
Per esempio, la distanza è un valore molto legato alla cultura di un Paese, basti pensare che la relazione fra due persone in Italia è dimostrata anche dalla vicinanza fisica fra di esse, mentre in Giappone non è necessaria la prossimità dei corpi. Basti pensare alla cerimonia del té: è assolutamente priva di contatto fisico ma è carattarizzata da un clima di ospitalità, apertura e accoglienza quasi palpabile che sono il presupposto fondamentale della cerimonia.
Dal punto di vista artistico, questo si traduce in una riflessione sul cambiamento di percezione di un'opera a seconda della posizione dello spettatore rispetto ad essa, sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista intellettuale. E' un aspetto molto interessante, tanto che è stata oggetto della mia mostra precedente.
Come vive il cambiamento culturale?
Quando ci si immerge in un ambiente culturale diverso aumenta la comprensione e la valorizzazione della propria cultura di partenza, perchè vivere in un contesto regolato da norme nuove rende più consapevoli di abitudini che passano inosservate finchè si rimane nel proprio Paese natale. Da questo da un lato deriva un senso di spaesamento, dall'altra ti costringe ad assumere punti di vista nuovi e più flessibili.
Immagino la cultura giapponese e quella italiana come due uomini schiena contro schiena, vicinissimi fra loro ma con lo sguardo rivolto in due direzioni opposte.
In questo senso il mio soggiorno in Italia è servito molto a allargare l’orizzonte della vita.
Silvia Pagano
Intervista a Niki Francesco Takehiko
Intervista con Niki Francesco Takehiko, autore della mostra “Social Network diary”, in esposizione fino al 10 Luglio in vicolo Ciovasso, 1 – Milano.
Da dove viene l'idea della sua mostra, Social network diary?
Ci ho pensato a lungo e penso che l'idea iniziale venga dai Timeline dei social network, dove sono completamente assenti i confini temporali e tematici: una mancanza di categorizzazione che permette una percezione immediata e non gerarchizzata. Questo principio si trasmette anche all'esterno della pagina: se un tempo i rapporti nella comunicazione erano piramidali, con un'emittente e uno o più destinatari, oggi chiunque può essere la fonte delle informazioni, rilanciare i contenuti e commentarli.
Questo comporta un cambio di percezione del tempo?
Il presente è l'unico momento tangibile. Fotografie passate possono inserirsi nel presente di qualcuno nel momento in cui le tagga, anche ad anni di distanza dalla pubblicazione del post. Questo contribuisce all'annullamento dei confini temporali e, di conseguenza, riconduce tutto nell'ambito attuale, a un pubblico che risponde nell'immediato.
Da questo punto di vista, i social network si contrappongono ai mass media precedenti all'epoca di Internet. Chi lavora come me nell'ambito delle riviste ha bene in mente il sistema delle scadenze e come questo proietti tutto nel futuro: gli articoli su cui stiamo lavorando ora verranno pubblicati fra una settimana, un mese, quindi sono confezionati per un pubblico ancora immateriale.
Dove si colloca la fotografia fra passato e presente?
La fotografia coglie un momento unico, valido per la prospettiva della singola persona; questo la rende un'opera strettamente soggettiva. Ricordo un episodio avvenuto qualche anno fa, quando ho trovato per caso un cavalletto abbandonato in Piazza Duomo a Milano e l'ho utilizzato la sera stessa per scattare alcune fotografie della Madonnina con la luna piena. In qualsiasi altro momento, quegli scatti non sarebbero esistiti, perchè sono nati da circostanze irripetibili o quasi.
Riguardare vecchie fotografie è dunque un modo per rivivere quei momenti unici nel presente, così non svaniscono nel passato ma restano attuali.
Che rapporto hanno le immagini esposte fra di loro?
In questa mostra ho cercato di abbandonare qualsiasi progettazione: la scelta delle fotografie da esporre è avvenuta per analogia, senza criteri cronologici o razionali, ma piuttosto è stata guidata dalla presenza di una certa poesia trasmessa da esse. Sono presenti immagini pubblicate, non pubblicate, fotografie che sono tutt'ora vive per me e altre che rappresentano un momento importante del passato.
Mentre ne stampavo una, ricordavo improvvisamente un altro soggetto importante, immortalato anni prima, e stampavo anche l'altra fotografia, fino a raggiungere la quota di 108 opere esposte. Un numero simbolico per la filosofia orientale che rappresenta il numero degli Attaccamenti.
Quali sono le immagini che ricevono più like?
Le fotografie di donne e quelle di angeli.
Mentre il suo soggetto preferito?
Gran parte dei soggetti non sono scelti razionalmente, ma mi attirano perchè possiedono una forma di energia, o mi colpiscono per la luce. Altri scatti sono ricordi di momenti che mi hanno cambiato la vita.
Una delle poche eccezioni sono le rappresentazioni di angeli, che ricerco intenzionalmente: fotografarli rappresenta una mia forma di preghiera.
Silvia Pagano
Intervista con Maya Quaianni, WOW Spazio Fumetto
Intervista con Maya Quaianni di WOW Spazio Fumetto, seconda sede espositiva del Milano Manga Festival. Sarà possibile visitare la mostra sui Doujinshi, curata dallo studioso Osamu Takeuchi, fino al 15 Giugno.
Ingresso gratuito.
Cosa sono i doujinshi?
I doujinshi sono opere giapponesi auto prodotte; riviste pubblicate privatamente a mediobassa tiratura che vengono distribuite al di fuori del sistema editoriale “ufficiale”.
E' importante sottolineare che non si distinguono dai manga per criteri qualitativi, anzi, il confine è molto permeabile: accade spesso che autori noti che lavorano per le case editrici decidano di pubblicare autonomamente delle opere e, viceversa, che alcuni dei disegni nati come doujinshi vengano acquisiti dalle case editrici.
In cosa si caratterizzano i doujinshi?
In realtà è difficile individuare delle caratteristiche comuni, perché le scelte stilistiche e tematiche variano da autore a autore. E' possibile trovare opere satiriche o temi impegnativi, storie che coinvolgono personaggi presenti in altri manga o completamente originali. Esteticamente, alcune si rifanno strettamente ai canoni del manga, altre invece sono il prodotto di scelte più innovative.
Com'è organizzata la mostra?
Le tavole sono disposte in due aree tematiche in base alla manifestazione in cui sono state presentate, Comiket o COMITIA.
Il COMITIA è riservato esclusivamente alle opere originali. L'ingresso è gratuito, previo l'acquisto di un catalogo – entrambe le manifestazioni sono facilmente accessibili. Si caratterizzano entrambe per un rapporto 'alla pari' fra gli artisti e i visitatori.
Il Comiket, invece, nasce nel 1975 come luogo di ritrovo alternativo agli eventi organizzati dalle case editrici e da allora è cresciuto, fino a raggiungere quota 560.000 visitatori. Il raduno ospita sia opere originali che revisioni comiche o erotiche di personaggi noti.
560.000 visitatori? Un bel successo...
Sì, il fatto che siano prodotti indipendentemente non implica che siano create da autori meno noti. Alcune delle opere qui esposte hanno ricevuto riconoscimenti e premi al Japan Media Arts Festival, organizzato dal ministero della cultura in Giappone; a volte queste opere vengono pubblicate a livello internazionale e sono acquistabili nel mercato occidentale.
Sulle didascalie è indicato un circolo per ogni tavola. Di cosa si tratta?
Spesso un gruppo di autori si riunisce in uno di questi “circoli” (in originale 同人サークル dojin saakuru) per pubblicare le proprie opere e come tali si presentano ai ritrovi. Sia COMITIA che Comiket possono accoglierne un numero limitato per ogni edizione, quindi le piazze d'esposizione vengono assegnate tramite sorteggio.
Quali sono le tavole esposte che trova più interessanti?
Koori no Te, Siberia Yokuryuu-ki (Frozen Hands: Tales of a Siberian Prison Camp Survivor) di Yuki Ozawa per il tema: l'autrice illustra la storia del padre, detenuto nei campi di prigionia siberiani. L’opera ha vinto il New Face Award all’edizione 2012 del Japan Media Arts Festival. Per l'estetica, invece, Goodchild di Yuka Watanuki e Kanzen Shootengai di Panpanya, hanno uno stile grafico molto particolare.
Silvia Pagano
Intervista al Prof.Shimizu e al Prof.Takeuchi
Quali sono i valori tradizionali trasmessi tramite il Manga?
Il Manga, sia ora che in passato, rappresenta gli stili di vita e la quotidianità dei giapponesi; grazie ad esso le nuove generazioni del nostro Paese, ma anche i lettori di tutto il mondo, possono scoprire i modelli della società giapponese. Le storie che i manga raccontano sono spesso rielaborazioni di storie, racconti, credenze, al punto che sembrano rappresentare l'essenza della nostra cultura.
In particolare, quali opere consiglierebbe di leggere a chi vuole avvicinarsi alla cultura giapponese?
Sazae-san per vedere la vita quotidiana del popolo. Ma anche opere come ペコロスの母に会いに行く (NdT: Incontrare la mamma di Pecoros) possono essere interessanti per affrontare i nuovi problemi della società contemporanea. Anche in Giappone l'età media si sta alzando, e questo Manga racconta della difficile convivenza con una madre anziana che sta perdendo la memoria.
Quindi i manga vengono utilizzati anche come strumento di comunicazione...
Sono state disegnate serie complete su chimica, matematica, economia, ad esempio, grazie alle quali il Manga diventa uno strumento di formazione.
Non solo. I periodi di maggiore diffusione del Manga sono sempre conseguenti a grandi catastrofi naturali, come terremoti o incendi. Leggere queste opere ci aiuta a risollevarci nei momenti di massima tristezza e tornare a ridere della vita. Anche per questo sono una forma artistica molto importante.
Basti pensare che l'influenza culturale del Giappone sull'Occidente si è articolata in tre fasi: la prima, il Giaponismo, ha visto gli autori europei prendere ispirazione dagli ukio-e, mentre la seconda, avvenuta nel 1911, è dovuta alla diffusione delle opere letterarie come il Gengi Monogatari e gli Haiku. Se non si considera una brevissima fase di apprezzamento del cinema giapponese dopo la Seconda Guerra Mondiale, il fenomeno Manga si può considerare la terza fase. Questo dato rende bene la sua importanza.
Ma a sua volta il Manga prende elementi tipicamente Occidentali e li rielabora.
La prospettiva adottata è completamente diversa. Opere come Lady Oscar o Thermae Romae riprendono la storia Occidentale con occhio diverso: è il punto di vista interiore di uno dei personaggi, che esprime le proprie emozioni e i propri sentimenti e dunque il lettore è più portato a immedesimarsi. Le persone si innamorano dei personaggi.
Questo racconto della realtà tramite la soggettività di un personaggio ricorda la tecnica usata nel Romanzo dell'Io, lo Shishosetsu.
Nel Manga è la trasmissione dei sentimenti a dover prevalere: questo avviene tramite la rielaborazione e l'utilizzo di tecniche provenienti da altri mezzi d'espressione, come la letteratura e il cinema, tramandandone così la tradizione.
Il Manga e la letteratura sono sempre più intrecciati - basti vedere l'influenza dello Shojo Manga in Banana Yoshimoto...
Ma esiste anche il processo inverso. Eimi Yamada è passata dall'ambito Manga alla letteratura. Esiste quindi uno scambio fra le due forme artistiche.
A proposito di Mangaka, come sono inseriti nella società? Ricevono la stessa considerazione degli idol?
Fino agli anni '70 il rapporto fra Mangaka e i propri lettori era più stretto: era possibile inviare loro lettere o anche incontrarli in pubblico. Al giorno d'oggi la maggior parte di loro protetti dalle case editrici, anche se esistono le eccezioni come il maestro Takahashi, che preferiscono andare incontro al pubblico.
Silvia Pagano
J + I - 6 Intervista con Kaori Shiina
J + I - 6 Designers Giapponesi + grandi Artigiani Italiani
In occasione del Fuori Salone 2013, si svolgerà un nuovo evento all'insegna del design orientale in uno dei luoghi più rappresentativi della comunità cinese in Italia. Dal 9 al 14 Aprile, infatti, si terrà il Sarpi Bridge, presso il quale giovani artisti di Cina, Giappone e Corea esporranno le proprie creazioni; un vero e proprio crocevia di personalità che proporrà al pubblico, milanese e non solo, una vasta scelta di opere.
Fra le iniziative cui hanno collaborato personalità dell'arte giapponese, ad esempio la mostra Portrait e l'installazione Insectida, spicca "J + I - 6 Designers Giapponesi + grandi Artigiani Italiani", in cui sono esposte le opere nate dalla collaborazione di Sakura Adachi, Tomoko Azumi, Kazuyo Komoda, Kuniko Maeda, Kaori Shiina e Shinobu Ito e i grandi nomi dell'artigianato italiano. Sei designer di fama internazionale, ma soprattutto sei donne talentuose che hanno messo a confronto la propria creatività con tecniche e materiali lontanissimi dalla propria tradizione.
Per comprendere meglio l'iniziativa, abbiamo chiesto a Kaori Shina, una delle organizzatrici del Sarpi Bridge nonchè autrice di alcune delle opere in esposizione, di parlarci della sua esperienza.
Come guardare la collezione? Con una visione aperta e personale, ha risposto. Collaborare con degli artigiani italiani è stata un'esperienza unica, in cui si è allontanata dal suo background di designer aziendale. Se nel quotidiano la sua creatività è limitata dai vincoli di produzione, entrare di persona nella tradizione manifatturiera italiana le ha offerto la possibilità di realizzare opere uniche, in cui traspaiono gli ideali di semplicità e onestà che caratterizzano il suo lavoro.
Fra le conseguenze della collaborazione con gli artigiani ci sono i costi elevati: le opere hanno prezzi che risultano quindi necessariamente più alti di una normale produzione di serie. Dall'esterno era quasi impossibile valutare la difficoltà nella lavorazione di materiali come il vetro di Murano, sottolinea la signora Shiina. Tuttavia questa nuova esperienza ha aperto un nuovo percorso di pensiero e nuove possibilità per il futuro.
Designer, straniera, donna. Tre caratteristiche che indicano implicitamente un percorso difficile, un percorso che ha formato dei caratteri determinati e decisi. Non è facile emergere in questo settore, confessa. Ma la sfida di trovare una mediazione fra dei punti di vista così forti è stata superata e alla fine ha prevalso il fine comune. Ognuna ha creato con il proprio stile personale un oggetto gentile e onesto, che deriva dalla capacità di mettere da parte l'autocelebrazione, e aprirsi ad una discussione alla pari.
Non resta che invitarvi al Sarpi Bridge e ammirare di persona il frutto di questa collaborazione straordinaria.
I colori in Giappone, fra etica ed estetica
Il sistema cosmologico cinese che era stato adottato in Giappone durante il VII secolo, attribuiva a ciascuna direzione un colore particolare e una stagione particolare, secondo il complesso sistema geomantico che influenzò grandemente la vita quotidiana del popolo giapponese nei periodi Nara e Heian, attraverso la complicata impalcatura dei tabù direzionali, kataimi e un apparato di superstizioni di varia natura:
- alla primavera si attribuivano i colori blu e verde e la direzione era l’oriente,
- all’estate si attribuiva il colore rosso e la direzione era il meridione
- all’autunno si attribuiva il colore bianco e la direzione era l’occidente
- all’inverno si attribuiva il colore nero e la direzione era il settentrione
- il colore giallo contraddistingueva il centro.Leggere di più
Geisha: il tirocinio
All’inizio sarà una Shikomi, un’apprendista Maiko, e per un periodo di circa un anno il suo lavoro somiglierà a quello di una domestica. Dovrà, oltre a frequentare i corsi di musica, danza, canto e fare pratica di cerimonia del tè, attendere il rientro delle Maiko e Geisha dai loro impegni serali, di solito a notte inoltrata, e svegliarsi prima di loro per preparare il necessario per la loro nuova giornata di lavoro e poi recarsi ai corsi, che si tengono al Nyokouba, la scuola dove si apprendono queste antiche arti dalle Iemoto, le Gran Meastre.Leggere di più
Marionette che prendono vita: la magia del jōruri
Il ningyō jōruri 人形浄瑠璃 (o jōruri delle marionette) è forse il più raffinato e suggestivo genere teatrale fra quelli sviluppatisi nel periodo Edo.
Popolare quanto il kabuki, ma profondamente diverso, fu concepito e sviluppato come sofisticato intrattenimento per adulti. Le sue radici possono essere fatte risalire agli inizi del XVI° sec. quando menestrelli ciechi (biwa hōshi), che cantavano l’epopea delle grandi battaglie accompagnandosi con una sorta di liuto chiamato biwa, unirono le proprie forze con quelle di burattinai ambulanti che vendevano nelle fiere dei villaggi anche rimedi della medicina popolare. La biwa venne presto sostituita con lo shamisen, ancor oggi lo strumento che crea la tessitura musicale di uno spettacolo di jōruri.Leggere di più
Philippe Daverio intervista Kenjiro Azuma
A Passepartout, Philippe Daverio intervista il grande artista Kenjiro Azuma sul suo sentimento dell'arte e della vita. (Foto di Giuseppe De Francesco)
Antiquariato giapponese
DÔ-MARU GUSOKU
ARMATURA
Periodo Edo (1615-1867)
Kabuto bachi, inizio del XVII secolo
Gusoku, XVIII secolo
Elmo firmato: Jôshû ju Saotome Ietada
Ricche armature ispirate ai modelli medievali divennero popolari tra i samurai di alto rango durante il XVIII secolo. Questa magnifica armatura fu realizzata per un membro della famiglia Matsudaira, il cui mon di tipo meyui - che rappresenta nove occhi - appare sui diversi elementi.
La costruzione è molto complessa, appropriata ad un equipaggiamento di tale livello, ed è realizzata interamente in honkozane, a singole piastrine laccate annodate tra loro. Come usuale per le armature importanti, è incorporato un elmo più antico. Lo straordinario suji bachi è infatti di qualità elevatissima: molto più pesante degli elmi comunemente realizzati durante il periodo Edo, è costituito da 62 piastre convesse e finito con lacca kuro urushi.Leggere di più