J + I - 6 Intervista con Kaori Shiina
J + I - 6 Designers Giapponesi + grandi Artigiani Italiani
In occasione del Fuori Salone 2013, si svolgerà un nuovo evento all'insegna del design orientale in uno dei luoghi più rappresentativi della comunità cinese in Italia. Dal 9 al 14 Aprile, infatti, si terrà il Sarpi Bridge, presso il quale giovani artisti di Cina, Giappone e Corea esporranno le proprie creazioni; un vero e proprio crocevia di personalità che proporrà al pubblico, milanese e non solo, una vasta scelta di opere.
Fra le iniziative cui hanno collaborato personalità dell'arte giapponese, ad esempio la mostra Portrait e l'installazione Insectida, spicca "J + I - 6 Designers Giapponesi + grandi Artigiani Italiani", in cui sono esposte le opere nate dalla collaborazione di Sakura Adachi, Tomoko Azumi, Kazuyo Komoda, Kuniko Maeda, Kaori Shiina e Shinobu Ito e i grandi nomi dell'artigianato italiano. Sei designer di fama internazionale, ma soprattutto sei donne talentuose che hanno messo a confronto la propria creatività con tecniche e materiali lontanissimi dalla propria tradizione.
Per comprendere meglio l'iniziativa, abbiamo chiesto a Kaori Shina, una delle organizzatrici del Sarpi Bridge nonchè autrice di alcune delle opere in esposizione, di parlarci della sua esperienza.
Come guardare la collezione? Con una visione aperta e personale, ha risposto. Collaborare con degli artigiani italiani è stata un'esperienza unica, in cui si è allontanata dal suo background di designer aziendale. Se nel quotidiano la sua creatività è limitata dai vincoli di produzione, entrare di persona nella tradizione manifatturiera italiana le ha offerto la possibilità di realizzare opere uniche, in cui traspaiono gli ideali di semplicità e onestà che caratterizzano il suo lavoro.
Fra le conseguenze della collaborazione con gli artigiani ci sono i costi elevati: le opere hanno prezzi che risultano quindi necessariamente più alti di una normale produzione di serie. Dall'esterno era quasi impossibile valutare la difficoltà nella lavorazione di materiali come il vetro di Murano, sottolinea la signora Shiina. Tuttavia questa nuova esperienza ha aperto un nuovo percorso di pensiero e nuove possibilità per il futuro.
Designer, straniera, donna. Tre caratteristiche che indicano implicitamente un percorso difficile, un percorso che ha formato dei caratteri determinati e decisi. Non è facile emergere in questo settore, confessa. Ma la sfida di trovare una mediazione fra dei punti di vista così forti è stata superata e alla fine ha prevalso il fine comune. Ognuna ha creato con il proprio stile personale un oggetto gentile e onesto, che deriva dalla capacità di mettere da parte l'autocelebrazione, e aprirsi ad una discussione alla pari.
Non resta che invitarvi al Sarpi Bridge e ammirare di persona il frutto di questa collaborazione straordinaria.
I colori in Giappone, fra etica ed estetica
Il sistema cosmologico cinese che era stato adottato in Giappone durante il VII secolo, attribuiva a ciascuna direzione un colore particolare e una stagione particolare, secondo il complesso sistema geomantico che influenzò grandemente la vita quotidiana del popolo giapponese nei periodi Nara e Heian, attraverso la complicata impalcatura dei tabù direzionali, kataimi e un apparato di superstizioni di varia natura:
- alla primavera si attribuivano i colori blu e verde e la direzione era l’oriente,
- all’estate si attribuiva il colore rosso e la direzione era il meridione
- all’autunno si attribuiva il colore bianco e la direzione era l’occidente
- all’inverno si attribuiva il colore nero e la direzione era il settentrione
- il colore giallo contraddistingueva il centro.Leggere di più
Geisha: il tirocinio
All’inizio sarà una Shikomi, un’apprendista Maiko, e per un periodo di circa un anno il suo lavoro somiglierà a quello di una domestica. Dovrà, oltre a frequentare i corsi di musica, danza, canto e fare pratica di cerimonia del tè, attendere il rientro delle Maiko e Geisha dai loro impegni serali, di solito a notte inoltrata, e svegliarsi prima di loro per preparare il necessario per la loro nuova giornata di lavoro e poi recarsi ai corsi, che si tengono al Nyokouba, la scuola dove si apprendono queste antiche arti dalle Iemoto, le Gran Meastre.Leggere di più
Marionette che prendono vita: la magia del jōruri
Il ningyō jōruri 人形浄瑠璃 (o jōruri delle marionette) è forse il più raffinato e suggestivo genere teatrale fra quelli sviluppatisi nel periodo Edo.
Popolare quanto il kabuki, ma profondamente diverso, fu concepito e sviluppato come sofisticato intrattenimento per adulti. Le sue radici possono essere fatte risalire agli inizi del XVI° sec. quando menestrelli ciechi (biwa hōshi), che cantavano l’epopea delle grandi battaglie accompagnandosi con una sorta di liuto chiamato biwa, unirono le proprie forze con quelle di burattinai ambulanti che vendevano nelle fiere dei villaggi anche rimedi della medicina popolare. La biwa venne presto sostituita con lo shamisen, ancor oggi lo strumento che crea la tessitura musicale di uno spettacolo di jōruri.Leggere di più
Philippe Daverio intervista Kenjiro Azuma
A Passepartout, Philippe Daverio intervista il grande artista Kenjiro Azuma sul suo sentimento dell'arte e della vita. (Foto di Giuseppe De Francesco)
Antiquariato giapponese
DÔ-MARU GUSOKU
ARMATURA
Periodo Edo (1615-1867)
Kabuto bachi, inizio del XVII secolo
Gusoku, XVIII secolo
Elmo firmato: Jôshû ju Saotome Ietada
Ricche armature ispirate ai modelli medievali divennero popolari tra i samurai di alto rango durante il XVIII secolo. Questa magnifica armatura fu realizzata per un membro della famiglia Matsudaira, il cui mon di tipo meyui - che rappresenta nove occhi - appare sui diversi elementi.
La costruzione è molto complessa, appropriata ad un equipaggiamento di tale livello, ed è realizzata interamente in honkozane, a singole piastrine laccate annodate tra loro. Come usuale per le armature importanti, è incorporato un elmo più antico. Lo straordinario suji bachi è infatti di qualità elevatissima: molto più pesante degli elmi comunemente realizzati durante il periodo Edo, è costituito da 62 piastre convesse e finito con lacca kuro urushi.Leggere di più
Geisha: lo Zashiki
Liza Dalby nel suo libro “La mia vita da Geisha” definisce lo Zashiki un salotto. È una cena, un banchetto dove a mangiare però sono solo gli ospiti. Le Maiko e le Geisha servono il sake, tengono compagnia e, se richiesto, possono intrattenere gli ospiti ballando, esibendosi nelle Kouta (canzoni brevi), Nagauta (canzoni lunghe) o suonando uno strumento musicale.
C’è un altro aspetto che Liza Dalby spiega molto bene nel suo libro, ed è il lato goliardico di queste cene. Quando mi sono avvicinata per la prima volta a questa realtà, immaginavo che i banchetti in questi antichi ristoranti fossero molto austeri, con uomini seriosi che parlano tra di loro mentre giovani donne suonano tristi canzoni del passato. Invece non capita di rado che ci siano giochi infantili come “carta-forbice-sasso”!
Le Geisha devono saper assecondare gli ospiti, senza ovviamente lasciare che la loro voglia di divertirsi degeneri in volgarità. Leggere di più
Il tempo nel gagaku
Nel precedente intervento è stato mostrato come il ritmo interviene all’interno delle danze e delle musiche strumentali del repertorio gagaku. Altrettanto interessante, anche se concettualmente meno complesso, è il tempo, o meglio, la struttura interna dei singoli brani con cui vengono poi catalogati. Essi si dividono in quattro “generi” ben distinti, taikyoku, jundaikyoku, chūkyoku e shōkyoku. Con il termine taikyoku siamo molto vicini a quello che in occidente potremmo definire come suite, cioè un brano composto da più parti musicali, regolati secondo il principio ritmico del jo-ha-kyū, ancora lontano dal raggiungere la perfezione estetica delle successive espressioni artistiche e teatrali, con cui si struttura anche l’ordine di esecuzione dei singoli brani. Non sono molti oggi i titoli completi strutturati secondo questo schema poiché nel tempo le varie parti hanno assunto sempre più indipendenza sino a diventare veri e propri brani separati da essi ed in molti casi non è più possibile nemmeno ricostruire la loro struttura originale, sia per la mancanza di fonti sia perché una delle tre parti è andata ormai perduta. Leggere di più
Shunga: dove si incontrano Arte ed Eros
Nell’epoca Edo il lavoro più importante delle donne giapponesi era cucire i kimono. Perché i kimono devono essere scuciti ogni volta che si lavano e ricuciti dopo essere stati stirati. Il lavoro più complicato è la lavorazione della parte interna; ogni cucitura deve essere nascosta in maniere diverse anche nelle parti interne che non si vedono. È una lavorazione finalizzata al piacere personale di chi lo indossa. Numerosi oggetti giapponesi hanno le decorazioni più raffinate nelle parti nascoste, per esempio le foglie d’oro molte volte sono usate sotto i coperchi, all’interno delle scatole o delle ciotole, forse perché i giapponesi sono troppo timidi per vantarsi e ostentare la bellezza degli oggetti che possiedono. Sono altrettanto timidi nell’erotismo. Gli uomini giapponesi di solito considerano più attraenti le donne quando si intravede solo in parte o si intuisce la loro sensualità. Leggere di più
Il Kô nella vita quotidiana
Fin dai tempi antichi si dice che l’incenso abbia la capacità di calmare la mente e oggi è stato scientificamente dimostrato. Anche se questo potere è stato esplorato e sviluppato approfonditamente attraverso la disciplina spirituale del Kô, l’incenso è stato largamente impiegato, senza particolari intenzioni, in moltissimi usi della vita quotidiana. Cosicché, mentre all’inizio l’arte dell’incenso era semplicemente un passatempo con cui si misuravano solo gli specialisti, in seguito divenne alla portata di tutti.
A partire dal XIII secolo i gusti cambiarono e ai profumi elaborati si preferì l’aroma puro di Kôbôku (albero profumato). Allo stesso tempo ci si orientò verso una nuova arte dell’incenso, detta Kumiko, che consisteva nell’evocare un tema poetico (Waka) o letterario bruciando diverse varietà di legno profumato secondo un rituale codificato.Leggere di più