HINA- MATSURI , LA FESTA DELLE BAMBINE

di Mayuko Okuno

奥野 真悠子

In Giappone, il 3 marzo si celebra la Festa delle Bambine: “Hina-Matsuri” (lett. la festa delle bambole), chiamata anche “Momo no Sekku” (lett. la festa dei peschi), si festeggia decorando Hina-Ningyo (bambole ornamentali), mangiando e offrendo Hina-Arare (snack di mochi), Hishi-mochi, Chirashi-Zushi1, Zuppa di vongole ecc.

  • Che cos’è Sekku?

Ci sono 5 giorni che si chiamano “Sekku” o “Go-Sekku”(nome generico). In Giappone Sekku è stato tramandato dalla Cina: è un evento in cui si prega per la fertilità del terreno, buona salute, discendenti e prosperità, si fa un’offerta e ci si purifica per il cambiamento di stagione.

Hina-Matsuri originariamente non era un evento solo per le bambine, ma anche per augurare buon inizio allontanando disastri e sfortuna durante il rinnovo stagionale. In Cina le persone avevano l’abitudine di lavare il corpo in fiume, invece in Giappone le persone facevano le bambole in forma umana con la carta e se le passavano sul corpo per spostare il male da sè a queste, per poi farle scorrere nel fiume.

Inoltre un gioco di bambole chiamato “Hina-Asobi”, simile a quello di oggi, era in moda tra le bambine nobili. Si dice che questo gioco combinato con quell’usanza di fare scorrere le bambole al fiume, sia all'origine di “Nagashi-Hina”(fare scorrere le bambole al fiume) rimanente anche oggi. Con lo sviluppo della tecnologia di produzione di bambole, hanno iniziato a esserne prodotte di belle e di maggior pregio, così che negli anni siano cambiate da quelle da fare scorrere a quelle da decorare.

Allora, in Giappone come si festeggia Hina-Matsuri? Di seguito vi presento alcuni aspetti tipici.

  • Decorare Hina-Ningyo

Hina-Ningyo sono le bambole da decorare per Hina-Matsuri, e ce ne sono diversi tipi a seconda dei livelli della struttura di appoggio e del numero delle bambole: a sette scale o cinque scale, “Shinnokazari (ornamenti di principe)” cioè solo Odairi-sama e Ohina-sama (il principe e la principessa), ecc.. Le Hina-Ningyo rappresentano il matrimonio dell’imperatore, Odairi-sama e Ohina-sama, rispettivamente l’imperatore e l’imperatrice, indispensabili, ed esprimono il desiderio di avere un matrimonio felice come quello imperiale. Generalmente si decorano Hina-Ningyo dal primo giorno di primavera (intorno al 4 febbraio) fino a metà febbraio, e dopo che finisce Hina-Matsuri si deve metterle via il prima possibile, al massimo metà marzo. Si dice infatti “se dimentichi di mettere via Hina-Ningyo il tuo matrimonio sarà ritardato”, che ha il significato educativo “una ragazza che rimanda a mettere in ordine non può diventare una donna affascinante”.

  • Nagashi-Hina o Hina-Nagashi (fare scorrere le bambole al fiume)

Rappresenta forse la pratica più antica, raccontata anche nel Genji Monogatari. Si fa scorere carta o piante umanoidi nel fiume desiderando salute per i bambini. Oltre fare scorrere le bambole di carta a forma umana, si tengono vari eventi di Hina-Nagashi in vari luoghi, come per esempio la mostra di Hina-Ningyo, in cui appaiono Odairi-sama e Ohina-sama, e lo spettacolo per fare vedere come si indossa jūnihitoe (un tipo di kimono molto elaborato per le donne di corte) .

  • I cibi legati a Hina-Matsuri

Ogni piatto (o cibo) ha un significato legato alla fortuna. Nel Giappone attuale, vendono le torte e i dolcetti decorati di Hina-Matsuri e, oltre ai piatti tradizionali di Hina-Matsuri, alcune persone festeggiano mangiando questi.

  • Hina-Arare, un tipico snack di Hina-Matsuri, fatto da riso mochi: si prepara un boccone di riso mochi poi si abbrustolisce. Dicono che i quattro colori, rosso (rosa) e verde e giallo e bianco, esprimano le quattro stagioni, e così il desiderio che la figlia possa essere felice si estende a tutto l’anno.

rosso (rosa) → primavera

verde → estate

giallo → autunno

bianco → inverno

Hina-Arare generalmente ha quattro colori ma esiste anche Hina-Arare di tre colori. In questo caso i colori sono bianco e verde e rosso. Il bianco esprime la terra coperta di neve, il verde esprime gli alberi che germogliano, il rosso esprime il sangue e la vita.

Il sapore di Hina-Arare è diverso da regione a regione, in Kanto si mangia condito con zucchero, invece in Kansai si mangia con salsa di soia o sale.

  • Hishi-Mochi, fatto tagliando i mochi di tre colori, verde e bianco e rosa (rosso), in losanga e stratificandoli. Dicono che il verde abbia significato di salute e lunga vita, il bianco quello di purezza, il rosa quello di scongiuro. Inoltre questi tre colori sono stratificati nell’ordine del rosa → bianco → verde, e questo ordine significa “nella stagione che si avvicina, la primavera, sotto la neve le piante germogliano e i fiori di pesco spuntano sulla terra ancora innevata”. È fantastico che le persone del passato abbiano espresso la stagione così con solo tre colori!

Il mochi verde è fatto da assenzio che ha un effetto di aumento del sangue, il mochi bianco è fatto da semi di Castagna d’acqua che abbassano la pressione, il mochi rosa è fatto da gardenia che ha un effetto disintossicante. Ci sono varie teorie perché è diventata la forma di losanga ma in tutte cè il desidero dei genitori per la salute della figlia.

  • Zuppa di vongole. La vongola ha 2 conchiglie, e se queste sono parte della coppia giusta si adattano insieme, altrimenti non si incastrano. Per questo le vongole esprimono la coppia che va d’accordo, e il desiderio che la figlia possa stare felice con il marito e vadano d’accordo per sempre.
  • Chirashi-Zushi ( è uguale con Chirashi-Sushi. In giapponese, generalmente quando una parola si compone di 2 parole la pronuncia cambia, in questo caso “Zu” è il suono sonoro di “Su” n.d.a.), un tipico piatto di Hina-Matsuri che in realtà non ha alcun significato di fortuna in sé, ma lo hanno gli ingredienti: innanzitutto sulla Chirashi-Zushi si puo mettere cerfoglio, uova, fiori di colza ecc, e il colore diventa così bello e primaverile tanto da averlo reso un piatto tipico di Hina-Matsuri, mentre nella preparazione si usano i gamberi (simboleggiano la lunga vita, assomigliando ad anziani con la loro barba lunga e la schiena curva), le radici di loto (simboleggiano il poter guardare bene in anticipo per via dei loro buchi) e i legumi (simboleggiano la salute e una persona che lavora diligentemente).
  • Qual è una bevanda per Hina-Matsuri? La risposta dovrebbe essere “Shiro-Zake”!!(Shiro significa bianco, zake significa il sake. “Za” di “Shiro-Zake” è il suono sonoro di “Sa” di “Shiro-Sake” n.d.a.). Si dice si bevesse originariamente Toukashu (il sake con I petali dei fiori di pesco), tramandato dalla Cina come un tipo di bevanda alcolica medicamentosa; la pesca, infatti, nella tradizione purifica dal male e porta energia e forza per lungo tempo. Nel periodo Edo, le persone hanno iniziato a bere più Shiro-Zake di Toukasyu, ed è rimasta questa usanza anche ai giorni nostri. Tuttavia lo Shiro-Zake è una bevanda alcolica perciò le bambine, che sono le protagoniste di Hina-Matsuri, bevono l' Amazake che è simile ma analcolico.

Nella stagione di Hina-Matsuri, io festeggiavo decorando Hina-Ningyo, mangiando i cibi legati alla festa con la mia famiglia. All’asilo facevo Ohina-sama e Odairi-sama con gli origami e cantavo la canzone di Hina-Matsuri. Nelle scuole elementari e medie, in questo giorno i pranzi scolastici diventavano più ricchi e prelibati, e noi bambini non vedevamo l’ora che arrivasse! Diventando adulta, gli impegni mi hanno impedito di trovare il tempo di decorare le Hina-Ningyo negli ultimi anni, ma al giorno di Hina-Matsuri mia madre mi cucinava Chirashi-Zushi e zuppa di vongole e festeggiavamo così, anche senza bambole, e adesso che vivo in Italia vorrei continuare, il 3 marzo, a festeggiare Hina-Matsuri.

Provate a festeggiare anche voi!!

ひなまつり

 日本では、33日は「ひなまつり」という女の子の健やかな成長を祈る行事です。「桃の節句(※)」とも呼ばれ、ひな人形を飾ったり、ひなあられや菱餅をお供えしたり、ちらし寿司やハマグリのお吸い物を食べたり飲んだりしてお祝いします。

  • 節句とは

日本には節句と呼ばれる日が5つあり、総称して五節句と呼ばれています。節句とは、もともと中国から伝わったもので、季節の節目に五穀豊穣、無病息災、子孫繁栄などを祈り、神さまへお供え物をしたり、邪気を払ったりする行事のことです。

 ひなまつりは、もともと女の子のための行事ではなく、季節の変わり目に、災難や厄を祓い、良い幕開けができるよう願う行事でした。中国では、川で身を清める習慣がありましたが、日本では、紙などで人型の人形をつくり、自分の体を撫でて穢れをうつして川に流すことで、邪気払いをする行事として広がって行きました。

 また、この行事がはじまる頃、平安貴族の女の子の間で「ひなあそび」と呼ばれる、現在のままごとに近い人形遊びが流行していました。この遊びと、人形を川に流す風習が結びついて、現在でも残る「流し雛」のルーツになったと言われています。時代とともに人形作りの技術が発展したことで、立派な人形が作られるようになり、やがて人形は流すものから飾るものへと変わっていきました。

 日本ではどのようにひなまつりをお祝いするのでしょうか。下記にて、代表的なものをご紹介します。

  • ひな人形を飾る

ひな人形とは、ひなまつりに飾る人形のことで、7段や5段飾りの豪華な段飾りのもの、お内裏様とお雛様だけの親王飾りなど、さまざまな種類があります。女の子がいる家庭では、ひな人形を飾り、ひなまつりをお祝いします。ひな人形は天皇陛下の結婚式を表現しており、どのひな人形にも欠かせないお内裏様とお雛様は、天皇と皇后を表していて、二人のように幸せな結婚ができるようにとの願いが込められています。ひな人形は、一般的に立春(暦上で春が始まる日、2月4日頃)〜2月中旬にかけて飾り、ひなまつりが終わったらなるべく早めに、遅くとも3月中旬までにはしまいます。「ひな人形をしまい忘れると婚期が遅れる」という迷信がありますが、これは、「片付けを後回しにするような女の子は、素敵な大人の女性になれませんよ!」という教育的な意味が込められています。

  • 流し雛

流し雛とは、雛流しとも呼ばれるひなまつりの伝統行事です。紙や草木を人型にしたものを、子供の無病息災を願いながら川に流します。流し雛は源氏物語の中にも出てくるほど歴史ある行事で、現在でも各地で流し雛が行われています。人型の紙の人形を流す他にも、雛人形が展示されたり、お内裏様とお雛様が登場したり、十二単を着付ける様子を見ることができたりなど、各地でさまざま流し雛イベントが開催されます。

  • ひなまつりにまつわる食べ物

ひなまつりには、下記のような物を食べ、お祝いをします。それぞれの料理には、縁起の良い意味が込められています。現代の日本では、ひなまつりの季節になるとひなまつりのデコレーションがされたケーキやお菓子が販売されており、下記のような伝統的な料理の他にも、ケーキなどを食べてお祝いする人々もいます。

  • ひなあられ

ひなあられは、一口大のもち米を炒って作るひなまつりの代表的なお菓子です。赤(ピンク)、緑、黄、白の4色でそれぞれ四季を表していると言われています。四季を表すことにより、「1年中娘が幸せに過ごせるように」という願いを込めています。

赤(ピンク)→春

緑     →夏

黄     →秋

白     →冬

また、ひなあられは基本的には4色ですが、3色の場合もあり、この場合は白・緑・赤で構成されます。白が雪の大地、緑が木々の芽吹き、赤が血と命を意味していて、自然のエネルギーが得て、健やかに成長してほしいという願いが込められています。

ひなあられの味は、関東と関西で異なっており、関東は砂糖で味付けした甘いひなあられ、関西は醤油や塩で味付けしたひなあられが食べられています。

  • 菱餅

菱餅は、緑、白、ピンク(赤)の3色の餅をひし形に切って重ねたものです。緑は「健康長寿」、白は「清浄」、ピンクは「魔除け」を意味していると言われています。また、この3色は上からピンク→白→緑の順で重ね、この順番には「春が近づく季節、雪の下には緑の草が息づきはじめ、雪が残る大地には桃の花が芽吹く」という意味合いがあります。3つの色だけで、このように季節を表す昔の人々の考えはとても素敵ですね。

緑の餅には増血作用のあるよもぎ、白の餅には血圧を下げる効果のあるひしの実、ピンクの餅は解毒作用があると言われるクチナシが使われています。菱形になった経緯には諸説ありますが、どの説にも親が娘の健康を願う気持ちが込められています。

  • ハマグリのお吸い物

ハマグリは2枚の貝殻をもつ2枚貝です。貝殻は対の貝殻であれば、ぴったりあいますが、それ以外の貝殻があうことはありません。このことから、ハマグリは仲の良い夫婦を表しており、「一人の相手と永遠に仲良く過ごせますように」という願いが込められています。

  • ちらし寿司

ちらし寿司は、ひなまつりの定番メニューですが、実は、ちらし寿司そのものにはいわれは何もありません。しかし、使われている具材に縁起の良い意味があり、また、三つ葉や卵、菜の花などをちらすことで彩りが華やかになり、春を運んでくれる料理として、ひなまつりの定番となったようでうす。具材には、えび(長生きできますように)、れんこん(先が見通せるように)、豆(健康でマメに働けるように)などが使われます。

  • 白酒

ひなまつりの飲み物といえば、白酒です。もともとは桃の花びらをつけた桃花酒というものが飲まれていたと言われています。桃は古くから、邪気を払い、気力や体力の充実をもたらすということで、薬酒のひとつとして中国から伝えられました。江戸時代になり、桃花酒より白酒の方が親しまれるようになり、現在でもひなまつりには白酒を楽しむ風習が続いています。とはいえ、白酒は大人の飲み物ですので、ひなまつりの主役である子供は、白酒に似た、ノンアルコールの甘酒を楽しみます。

 私は、ひなまつりの季節になると、家族と一緒にお雛様を飾り、ひなまつりにまつわる食べ物を食べ、お祝いしていました。幼稚園では、お雛様とお内裏様を折り紙でつくったり、ひなまつりの歌をよく歌っていました。小学校や中学校では、ひなまつりの日は給食が少し豪華になるので、給食を楽しみにしていた記憶があります。大人になるにつれて忙しくなり、なかなかお雛様を飾る機会も減りましたが、ひなまつりの日には母が毎年ちらし寿司とハマグリのお吸い物を作ってくれ、ひなまつりのお祝いは毎年していました。現在、私はイタリアに住んでいますが、これからも33日はひなまつりのお祝いを続けていきたいと思います。みなさんも、33日は、日本風にひなまつりをお祝いしてみてはいかがでしょうか。


Anime al Cinema 2020

di Irene Scapolan

La nuova stagione di Anime al Cinema per l'anno 2020, distribuita da Nexo Digital in collaborazione con Dynit e col sostegno dei media partner Radio DEEJAY, MYmovies.it, Lucca Comics & Games e VVVVID, propone cinque imperdibili appuntamenti a partire da febbraio.

Si parte 3, 4 e 5 febbraio con PROMARE, film del 2019 prodotto dallo Studio Trigger e diretto da Hiroyuki Imaishi, creatori di altre serie di successo come Gurren Lagann e Kill La Kill. Con uno stile unico, colorato e strabiliante, Promare si spinge oltre e sfida nuovamente i limiti del cinema d’animazione robotico giapponese. A 30 anni dall'apparizione dei Burnish, una razza di esseri fiammeggianti apparsi per caso per via di una mutazione, che ha gettato il mondo nel caos e distrutto metà del pianeta, un gruppo denominato Mad Burnish ha ripreso a seminare distruzione. Il protagonista Galo Thymos, nuovo membro dei Burning Rescue ovvero la squadra anti-Burinish, si troverà a combattere contro Lio Fotia, leader dei Mad Burnish.

Il secondo appuntamento sarà dal 19 al 25 marzo con MY HERO ACADEMIA THE MOVIE 2 – HEROES: RISING, che arriva al cinema dopo il successo del primo film, che ha incassato più di 21 milioni di dollari in tutto il mondo. Questo nuovo cortometraggio conferma lo staff delle serie animate e del film precedente: il regista Kenji Nagasaki, lo sceneggiatore Yousuke Kuroda, il character designer Yoshihiko Umakoshi, il compositore della colonna sonora Yuuki Hayashi e lo studio di animazione Bones. In questo film Deku, Bakugo, Ochaco, Todoroki e tutti gli altri membri della Classe A, dopo il ritiro di All Might come simbolo della pace, dovranno scontrarsi con un nuovo e misterioso villain, Nine, che può essere considerato come il peggior nemico della serie.

La stagione proseguirà il 20, 21 e 22 aprile con RIDE YOUR WAVE, una commovente storia d’amore del visionario regista Masaaki Yuasa, astro nascente dell’animazione giapponese. Ride Your Wave racconta la storia di Hinako, una giovane studentessa amante del surf che dopo essere rimasta intrappolata nel suo appartamento da un incendio, viene soccorsa da Minato, un vigile del fuoco. I due si innamorano ma improvvisamente Minato perde la vita in un incidente in mare. Hinako è sconvolta ma un giorno scopre che cantando una canzone può magicamente evocare Minato nell'acqua. Ma qual è la vera ragione dell’improvvisa ricomparsa di Minato?

Con l'arrivo dell’estate il 30 giugno e 1 luglio arriverà anche SEVEN DAYS WAR, con la regia di Yuta Murano, uno dei giovani autori più interessanti del panorama dell’animazione giapponese. L’anime è tratto dal romanzo di Osamu Sōda che, pubblicato nel 1985, divenne un’opera di culto per i teenager giapponesi vendendo più di 20 milioni di copie. Il giorno prima dell'inizio delle vacanze estive un’intera classe di una scuola media scompare nel nulla. Si pensa a un incidente o un rapimento di massa, ma si scoprirà che i ragazzi si sono barricati in una fabbrica abbandonata in segno di ribellione contro gli adulti

La stagione si chiuderà il 21 e 22 luglio con FATE/STAY NIGHT Heaven’s Feel III. Spring Song, l'ultimo appuntamento della terza e più cupa storia di Fate/stay night. Maghi e Spiriti Eroici combattono e si affrontano nella Guerra del Santo Graal, al fine di ottenere la coppa onnipotente in grado di esaudire qualsiasi desiderio. In quest'ultimo film la storia, iniziata con Fate/stay night: Heaven's Feel - I. presage flower e Fate/stay night: Heaven's Feel - II. lost butterfly troverà la sua conclusione, riuscirà Shirou Emiya a proteggere Sakura, la ragazza che ama, e fermare la Guerra?

Maggiori informazioni: http://www.nexodigital.it/

 

 


AINU - IL POPOLO DEL NORD

“Ainu” è il nome di una popolazione indigena del Giappone. Infatti, nonostante si pensi che nel Paese del Sol Levante ci sia una completa uniformità etnica composta dai Wajin (giapponesi), sono esistite e talvolta ancora esistono, delle varietà etniche, come quella rappresentata dagli antichi abitanti di Okinawa o, appunto, dagli Ainu. Sin dal periodo Jomon (12,000 - 2500 AC) essi hanno vissuto nella regione settentrionale chiamata comunemente “Hokkaido”, oltre che nel Nord dell’Honshu, sull’isola di Sachalin e sulle isole Curili.

Gli Ainu erano soliti vivere in villaggi (kotan), in armonia con la natura: praticavano la caccia, la pesca, la raccolta di prodotti naturali e l’agricoltura. Si impegnavano anche nel commercio marittimo, esportando prodotti in seta e raffinati manufatti in vetro. La loro era una religione di tipo animistico, cioè che riconosceva il sacro in ciò che apparteneva al mondo naturale. Portatori di una cultura unica all’interno dell’arcipelago nipponico, essi avevano anche una propria lingua.

A partire dall’epoca feudale, i crescenti contatti culturali e commerciali coi giapponesi, influenzarono reciprocamente i due popoli, seppur col passare del tempo, gli Ainu furono sempre più sfruttati e impoveriti. Col periodo Kamakura i Wajin rafforzarono la loro presenza nella regione settentrionale finendo per limitare le libertà e gli spazi degli Ainu. La coesistenza arrivò anche a punti di rottura, dove schieramenti di giapponesi e Ainu si diedero battaglia per il controllo del territorio, come avvenne per la battaglia di Koshimain (1457) e di Shakushian (1669). Usciti sconfitti dagli scontri, gli Ainu si trovarono sempre più dentro la sfera di controllo socioeconomico del clan Matsumae, il quale, a partire dal 1604, aveva ricevuto pieno potere dallo shogun Tokugawa Ieyasu per le zone interessate. Il clan Matsumae riorganizzò il territorio dividendolo tra “Wajinchi” (insediamenti giapponesi a meridione) e “Ezochi” (insediamenti “del resto” di Hokkaido). Dato che nel Nord era difficile far crescere il riso, gli Ainu divennero sempre più dipendenti dai giapponesi, seppur gli fosse permesso di commerciare con loro solo attraverso canali ufficiali., i cui tassi di cambio erano spesso sfavorevoli.

Fu specialmente nelle zone di confine che gli Ainu, a volte aiutati da qualche mercante, cercarono di entrare in contatto coi giapponesi per cercar di far valere le loro ragioni e migliorare le loro condizioni. Sono in queste aree che si diffusero indumenti e oggetti della cultura Ainu, come “Attusi” (vestiti ricavati da fibre dell’olmo della Manciuria), “Chikarukarupe” (indumenti di cotone), ma anche intarsi, vasellame ed altri manufatti quali “Ikupasuy” (un bastone rituale per offrire sake agli Dei). Anche strumenti musicali come “Mukkuri” (simile ad un’arpa), “Tonkori” (a cinque corde), “Yukar” (storie tramandate oralmente) e danze tradizionali. Inoltre, rituali religiosi come “Icharupa”(onorare gli antenati) e “Iomante” (“rimandare indietro” gli spiriti degli orsi) erano alla base della vita religiosa degli Ainu.

L’ultima sollevazione armata degli Ainu si ebbe nel 1789 ma, sconfitti, essi non poterono che assistere come spettatori al passaggio del Giappone all’età moderna in cui, anche per far fronte a possibili rivendicazioni della Russia sui territori settentrionali, venne deciso che, senza tener conto della distinzione con l’Ezochi, tutti gli abitanti della regione a Nord erano de facto giapponesi e che il nome dell’isola sarebbe stato “Hokkaido”. Gli Ainu si trovarono liberi dai loro vincoli socioeconomici, ma per sopravvivere dovettero fare i conti con una cultura dominante che esigeva la loro assimilazione: data la regolamentazione sul possesso delle terre, agli Ainu fu impedito l’accesso alle zone in cui tradizionalmente cacciavano, pescavano, e raccoglievano prodotti naturali. Le loro pratiche sociali furono vietate, mentre fu favorito il graduale disuso della loro lingua a favore del giapponese. Ciononostante, differenze evidenti coi Wajin li portarono ad essere a volte discriminati alla stregua di una casta inferiore. A tale riguardo, la messa in legge dell’atto per la protezione degli ex-aborigeni dell’Hokkaido nel 1899, seppe solo sensibilmente migliorare il loro tenore di vita.

Dopo il secondo conflitto mondiale il governo introdusse misure atte ad alleviare le difficoltà della comunità Ainu, costruendo per loro luoghi di ritrovo e garantendo loro servizi speciali, così da contrastare fenomeni di povertà ed esclusione sociale, ma con pochi risultati. Fu verso il 1975 che, in seno alla comunità Ainu, prese campo un movimento che seppe dare nuova vita ai loro rituali tradizionali (come “Icharupa” e “Iomante”), oltre che promuovere l’insegnamento della loro lingua. Nel 1997 poi venne approvato l’"atto per la promozione culturale degli Ainu”, secondo cui le nuove generazioni poterono studiare il loro idioma e partecipare a scambi con altre comunità indigene, al fine di rafforzare la propria identità. Sebbene non esistano più insediamenti di soli Ainu, la maggior parte di loro vive ancora nell’Hokkaido insieme ai giapponesi. Sono pochi quelli che ancora sanno parlare correntemente il loro idioma, anche se certe parole in lingua Ainu vengono pronunciate nei loro discorsi.

Inoltre, recentemente, un anime (cartone animato) giapponese chiamato “Golden Kamuy” la cui trama ruota attorno alle avventure di un soldato giapponese e di una ragazza Ainu nei primi anni del novecento, ha aiutato a far ulteriormente conoscere e sensibilizzare il grande pubblico verso la storia e la cultura di questo popolo indigeno del Giappone.

Nonostante lo stile di vita sia divenuto molto simile a quello dei giapponesi, la comunità Ainu continua tutt’oggi a preservare e promuovere la propria lingua e tradizioni.

Marco Furio Mangani Camilli


Il Giappone si prepara a lanciare in orbita Gundam in vista delle   Olimpiadi

Tokyo 2020. L’inizio dei nuovi Giochi Olimpici è ormai dietro l’angolo. E il Giappone sta giocando in anticipo preparando un inconsueto benvenuto per gli atleti che parteciperanno. Infatti in concomitanza con il 40esimo anniversario dell’uscita della prima serie di Mobile Suit Gundam, la Commissione Olimpica e Paralimpica il 15 maggio ha annunciato al mondo il progetto di lanciare nello spazio proprio dei modelli in scala dei robot dalla serie cult in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA). Entro l’anno i modelli in plastica rivestiti da materiali speciali adatti allo spazio verranno ultimati e spediti alla Stazione Spaziale Internazionale nel Marzo 2020 per poi cominciare il loro viaggio spaziale ad Aprile.

(source Soranews24 )

Gundam e la sua nemesi Zaku saranno trasportati da un micro-satellite (“G-satellite”) equipaggiato con ben sette macchine fotografiche per immortalarli durante il loro viaggio. Una volta iniziati Giochi a Luglio, messaggi di incoraggiamento e buona fortuna in diverse lingue saranno trasmessi su un piccolo schermo posto alla base dei due robot per poi essere immortalati dalle macchine fotografiche e postate sui social media nel corso delle Olimpiadi. Gli autori del progetto intendono chiedere alla gente di tutto il mondo di partecipare scrivendo proprio questi messaggi di buon auspicio.

“Le Olimpiadi e le Paralimpiadi sono una manifestazione che porterà atleti da tutto il mondo a Tokyo e in Giappone per competere uno contro l’altro. Con l’aggiunta dello spazio come una nuova dimensione per Tokyo 2020, spero che i Giochi diventeranno un evento ancora più grande. Non vedo l’ora di ammirare Gundam e Zaku mentre sostengono gli altleti e i Giochi dallo spazio” ha dichiarato Koji Murofushi, il direttore sportivo di Tokyo 2020 alla stampa.

source  Geek.com )

L’idea del progetto è nata con Haruka Amano, un membro della Gruppo di Promozione e Innovazione della Commissione Organizzativa e grande fan di Gundam circa un anno fa. Prendendo ispirazione da Sochi 2014, quando la torcia olimpica venne portata a spasso nello spazio, Amano decise di alzare ancora di più l’asticella. Tuttavia si dovette ben presto scontrare con gli enormi costi del progetto. In suo soccorso arrivò però Shinichi Nakasuka, un professore di ingegneria dell’Università di Tokyo che è riuscito a ridurre sia il budget che le tempistiche impossibili inizialmente previste.

Oltre alla sfida concreta di superare i limiti per creare qualcosa di sensazione che unisse gli spettatori di tutto il mondo, Amano con questo progetto intende rompere gli stereotipi di un Giappone troppo serio o legato soltanto ai fiori di ciliegio o ai samurai. Amano vuole mostrare un Giappone che guarda al futuro, capace di sognare in grande e di lanciarsi in nuove avventure. In un certo senso Gundam stesso è il simbolo di questo ardente sogno perché è riuscito a trasmettere al suo pubblico il desiderio sognare al di là di ogni limite, anche di essere un pilota di un robot nel mezzo dell’universo.

(Immagine Privata... ebbene sì, sono andata alla sede ufficiale di Gundam a Odaiba)

Yoshiyuki Tomino, il creatore di Gundam, ha sottolineato come 50 anni fa quando uscì la prima serie di Gundam, l’idea di andare nello spazio fosse ancora qualcosa di irraggiungibile mentre al giorno d’oggi non è più soltanto una fantasia. Quello che spera è che sempre più sogni diventino realtà. E sicuramente Gundam trasmetterà questo messaggio a Tokyo 2020. Quello che bisogna chiedersi però è allora cosa verrà dopo, quale altro sogno impossibile decideremo di realizzare? Per adesso keep on dreaming.

Erika Micozzi

 


ATTRAVERSO GLI STEREOTIPI. IL VOLTO APERTO DEL DISEGNO MANGA

PRIMO APPROCCIO AL CHARACTER DESIGN

Tsundere, Yandere, Kuudere…  chi è appassionato di manga da diverso tempo come l’autore sicuramente li avrà già sentiti nominare e potrà proseguire l’elenco con diversi altri elementi.. Ma non è così scontato che chiunque abbia letto o aspiri a disegnare manga sappia cosa vogliano dire questi termini. Eppure sono fondamentali per capire una delle peculiarità che ci permettono di distinguere in un certo qual modo il manga dal fumetto occidentale. Ormai si è di fronte a quella situazione in cui l’accoglienza popolare di un fenomeno hanno equipaggiato lo stesso di etichette che col tempo si sono sedimentate ed evolute con lui. Con il genere manga in particolare, questo discorso è tale da averlo reso, anche suo malgrado, un modello di trasformazione e ispirazione per lo stile di disegno di molti, oltre che una delle principali caratteristiche e via stessa di trasmissione della cultura POP giapponese (è poi il caso di dire che il manga sia stato forgiato in un’ottica POP fin dai suoi albori, figlio della cultura e delle arti popolari..).

Ma dove sta l’errore comune? E qui torniamo all'incipit di questo articolo. Tsundere ad esempio, è chiamato un personaggio dal carattere apparentemente aggressivo e strafottente che in realtà maschera una fragilità che lo rende facile all'imbarazzo, corredato di espressioni e frasario tipico. (fig.1) Yandere invece è chiamato un personaggio dall'atteggiamento dolce e gentile, a tratti quasi remissivo, che nasconde invece una tendenza a diventare ossessivo verso l’oggetto delle sue cure fino a delle forme, anche violente, di persecuzione. (fig.2) E via discorrendo..

Salta subito all'attenzione come le caratteristiche siano unicamente di tipo caratteriale, e siano sempre accompagnate da un elemento inaspettato che consente, nel corso della storia, di creare un plot twist psicologico ed emotivo. Questo è, a personale giudizio dell’autore, il vero fulcro del cosiddetto genere manga.  Lo stile grafico ne è una conseguenza; parlare di manga come tipologia di disegno è un ingenuo e innocente pregiudizio che non consente, ad esempio, di notare come in realtà gli stili siano estremamente differenti tra autore e autore, e ciò che viene evidenziato come elemento accomunante (occhi grandi, sproporzioni, eccessiva caricatura in alcune scene, per citare i più comuni) non sia altro che la comune risposta ad un altrettanto comune necessità narrativa. Più che ti stereotipi si parla di maschere.

Questo si riflette anche nelle scelte registiche, nella tipologia di personaggi proposti e nelle regole che spesso si trovano nei manuali di disegno. Tuttavia è fondamentale comprendere che fino a che non si entra nell'ottica di creare “storie” manga, difficilmente si può sviluppare uno “stile” di disegno manga. Che sia una storia di supereroi, un poliziesco, ambientato in un mondo distopico o nel passato, tra i banchi di scuola in Giappone o nello spazio, il discorso non cambia: tutto confluisce a creare un’atmosfera che è la vera narratrice delle vicende, che trascende per questo le regole anatomiche, atmosferiche e (quasi in ogni scena) fisiche.

Nella fase del character design è fondamentale avere non solo il background del personaggio, ma anche le previsioni della sua evoluzione, che si rifletteranno nella resa grafica delle varie emozioni. Quali sono le caratteristiche anatomiche che ci permettono ad uno sguardo di capire qualcosa del personaggio?  Come mostrare l’unicità dei suoi sentimenti? Spesso si prepara una serie di schizzi con le diverse espressioni, ma come rendere in modo chiaro e inequivocabile tale rosa di sfumature espressive? 

A volte davvero basta alzare un sopracciglio.. 

 

Beatrice Varriale

 

In occasione de La Festa del Giappone, che si terrà il 9 giugno presso il Circolo Magnolia di Segrate, si terrà un workshop di character design manga, in cui potrete cimentarvi nella creazione di un personaggio, seguendo le tecniche di base più usate nello stile manga: bozzetto, inchiostrazione, colorazione con i copic. Scoprite come partecipare cliccando qui.


Marie Kondo e il magico potere del riordino

La guru del clean-up giapponese Marie Kondo ha aiutato le persone di tutto il mondo a riordinare in grande stile. Qual è il segreto di tutto questo successo?

Tra il 2015 e il 2016, la scrittrice Marie Kondo diventa un caso letterario mondiale (tanto da venire inserita nella lista delle 100 persone più influenti secondo Time Magazine), grazie ai suoi manuali di "economia domestica" Il magico potere del riordino e 96 lezioni di felicità, due volumi che, oltre a fornire pratici consigli su come riordinare e organizzare l'ambiente domestico, aiutano a mettere ordine dentro noi stessi. 

"Secondo il metodo KonMari, infatti, il riordino fisico è un rito che produce incommensurabili vantaggi spirituali: aumenta la fiducia in noi stessi, libera la mente, solleva dall'attaccamento al passato, valorizza le cose preziose, spinge a fare meno acquisti inutili. Rimanere nel caos significa invece voler allontanare il momento dell'introspezione e della conoscenza. Il metodo KonMari si basa su 65 regole da seguire nella corretta sequenza. I segreti di base sono: eliminare tutto in un'unica sessione pulire a fondo e poi riorganizzare quello che rimane"

La caratteristica di questo metodo consiste nel criterio di scelta in base al quale conservare o buttare un oggetto, scegliendo di tenere solo gli oggetti che ci trasmettono gioia e felicità. Bisogna comunque sempre trattare con grande rispetto ciò che si possiede, anche le cose che si ha intenzione di buttare. I numerosi clienti che a lei si rivolgono, persone di tutte le età e professioni, sono accomunate dalla ricerca di un efficace metodo di riordino, collegato inconsciamente ad un modo per sentirsi meglio con sé stessi. Stando alle parole di Marie Kondo "durante il processo di riordino, spesso torna alla luce il passato dei miei clienti e dunque la mia diventa anche un'operazione di consulenza che comprende veri e propri consigli di vita". 

Oltre a lavorare ad un'app in grado di aiutare a mettere in ordine, Marie Kondo ha collaboratori in tutto il mondo, per aiutarla a diffondere il suo metodo e, perchè no, organizzare il mondo. Come Kondo, anche i suoi consulenti offrono consigli su tutto ciò che riguarda il riordino, da come sfruttare gli spazi a come creare e mantenere un ambiente ben ordinato. Lykke Anholm è l'unica consulente KonMari certificata ad operare in Italia e, al mondo, occupa il 40esimo posto tra i massimi esperti di questo metodo 

Cosa fa una consulente? Si comincia con una chiacchierata, dove si evidenziano le caratteristiche della persona, di come vorrebbe che fosse la sua vita ideale. Poi si passa ad una sorta di 'richiesta di aiuto' alla casa, il luogo che ci accoglie e ci protegge durante la nostra vita. Poi si procede al riordino per categoria. "E' questa la cosa davvero innovativa. Non si lavora per stanze ma per tipologia". Si parte con i vestiti, poi i libri, quindi i documenti e le varie carte. Si passa alle suppellettili (attrezzi vari, cose della cucina), infine i ricordi. "Spesso capita che chi è partito avendo 50 libri, alla fine rimane con lo stesso numero di testi perché sente che gli fa bene averli tutti. Magari ha tolto in altre categorie". Una volta eliminato il superfluo il metodo aiuta anche a conservare quello rimasto con ordine.

In occasione de La Festa del Giappone, che si terrà il 9 giugno presso il Circolo Magnolia di Segrate, Lykke sarà presente con un workshop di ben 90 minuti, in cui illustrerà il metodo e le migliori strategie, per categoria, di riordino. Inoltre, terrà per un numero ristretto di persone, incontri individuali per studiare in maniera più approfondita, casi specifici. Scoprite come partecipare cliccando qui.


Successo a Milano per le madri guerriere di Luca Vecchi

Oltre centocinquanta persone sono intervenute alla Ad Gallery per Okaa-Sama, la mostra fotografica personale del regista fondatore del collettivo The Pills

Inizia alla grande alla AD-Gallery di via Errico Petrella a Milano Okaa-Sama | Onorevole Madre, la mostra personale di fotografie d’autore di Luca Vecchi, regista, attore e fondatore del collettivo “The Pills”. La mostra, che vede il sostegno dell’associazione Giappone in Italia, dopo l’appuntamento inaugurale alla fondazione Besso di Roma ha proposto alle oltre 150 persone intervenute nel capoluogo lombardo l’originale interpretazione che Luca Vecchi ha saputo dare della figura della donna e della femminilità: un profilo combattente e guerriero che vede le madri vestire le tipiche armature rituali Yoroi della tradizione giapponese, per comporre un tributo alla figura della donna che sceglie di essere madre e generare la vita. 

 "Sono molto soddisfatta”, dichiara Anna Deplano, titolare di AD-Gallery: “Il tema è molto accattivante, partiamo dall’idea che i samurai siano sempre stati maschi; in questo contesto allora mettere in evidenza la donna è una scelta audace e l'autore la sviluppa appieno. Sono immagini imponenti che stravolgono una certa retorica".

Le madri combattenti di Luca Vecchi sono proposte in composizioni fotografiche a tiratura limitata, in formule composite: trittici, dittici e foto singole, stampate su carta baritata fine art con cornice. Okaa Sama è alla AD-Gallery di Milano, via Errico Petrella 21, fino a domenica 12 maggio alle ore 19. “Ringrazio il pubblico milanese che ci ha accolto con questo affetto”, conclude Luca Vecchi, “vi aspettiamo nei prossimi giorni”.


Okaa Sama - Mostra fotografica personale di Luca Vecchi

Okaa Sama
Mostra fotografica personale di Luca Vecchi
a cura di Paola Aloisio

Luca Vecchi (Roma, 1985) è volto noto al grande pubblico come sceneggiatore, regista e attore comico; cofondatore di The Pills, collettivo ironico e scanzonato con all'attivo oltre otto anni di attività su cinema, web e tv, Vecchi coltiva parallelamente una variegata gamma di interessi, fra cui spicca da sempre la passione per l’arte e la cultura giapponese.

La fotografia lo accompagna fin dagli anni degli studi in Tv e Cinematografia ed è come sintesi di questi due percorsi che l’artista propone al pubblico OKAA-SAMA // Onorevole Madre, la sua prima personale di fotografia, che è stata inaugurata martedì 12 marzo alle ore 17.30 presso la Fondazione Marco Besso, che ha sostenuto l’esposizione mettendo a disposizione la splendida cornice della location di Largo di Torre Argentina, 11.

Un primo passo, dunque, verso un approfondimento del proprio profilo artistico personale che vedrà Luca Vecchi continuare a proporsi come interprete originale
della scena romana, accanto all’impegno con i colleghi e OKAA-SAMA // Onorevole Madre.

Per secoli le donne, nel corso dello sviluppo della civiltà, sono state confinate nell'unico ruolo che il corpo, completamente in gestione a una società patriarcale, imponeva loro: quello di procreatrici. Dopo molti anni, in cui tante hanno combattuto per uscire da una condizione subalterna e per riappropriarsi dei propri diritti fondamentali, un importante traguardo è stato raggiunto, anche se per una sparuta minoranza: oggi le donne sono libere di scegliere se essere madri o meno. Una scelta che rende consapevoli di un percorso che, come un guerriero, si è pronte ad affrontare con devozione.

In Okaa-sama Lucca Vecchi veste le sue Madri di un’armatura, la Yoroi, come un antico guerriero giapponese, instaurando un parallelo tra la scelta del Samurai e la scelta che porta una donna a diventare Madre. Le Yoroi, imitando le fisionomie animali, erano concepite con lo scopo d’incutere terrore nell’avversario per penalizzarlo nello scontro: gli occhi e la bocca oscurati dal Kabuto (elmo) e dal Menpo (la maschera d’acciaio) contribuivano alla spersonalizzazione del guerriero, trasfigurandolo in una sorta di demone.
Nel lavoro di Vecchi, da queste terribili corazze emergono, delicate, forme femminili di diverse costituzioni ed età, colte nel momento dell’attesa. Le curvature dei soggetti, visti di profilo seguono alla perfezione la forma della spina dorsale o del grembo, come fossero una logica prosecuzione di essi. Un corpo investito di potere e nello stesso tempo di profonda vulnerabilità. Un corpo esposto. Il corpo nudo della donna in attesa rivela la fragilità e la maestosità dell’essere umano in una chiave che non vuole essere seduttiva, se non per il fascino che un essere superiore incute, ma celebrativa. Celebrativa di una condizione che come abbiamo detto: è voluta. Le modelle appaiono come statue nella loro severa compostezza che ispira rispetto e soggezione, immobili nell'attimo che precede la battaglia infinita che le coinvolgerà per il resto della vita. Il figlio/la spada che nascerà, potrà essere istruito/utilizzata dalla madre/ samurai per scopi morali o immorali: a fin di bene, o per conseguire il male.
Ed è per questo che il ruolo della madre/samurai è fondamentale. Le armature scelte dall’artista sono rappresentative di ogni status e vanno da quelle più povere, fino alle armature dei guerrieri più facoltosi. Allo stesso modo le madri che hanno collaborato ad Okaa-sama provengono da diverse situazioni e ceti sociali, da diversi percorsi di vita i cui segni sono visibili sui loro corpi nudi. 

Okaa-sama è dunque una visone collettiva che vuole celebrare una condizione, raccontandola con teatralità e trasgressione, con immagini forti e nell'insieme stranianti. Una condizione prettamente femminile che Vecchi interpreta
attraverso la figura del samurai e del rapporto con la sua spada.
L’artificio della ricostruzione delle armature e la scelta delle pose in studio riprendono concettualmente il lavoro di Marcelin Flandrin e la tradizione delle fotografie a banco ottico dei primi etnografi ed esploratori. Il linguaggio fotografico di Vecchi, però, è legato alle visoni ritrattistiche di Nadar e Robert Mapplethorpe, al rapporto emozionale di Richard Avedon con i suoi soggetti in un connubio tra armonia classica e caricatura grottesca, ma anche all’estetica pop dei manga giapponesi.

Un progetto fotografico audace quello di Luca Vecchi che, attraverso un percorso per immagini, coinvolgenti ed evocative ma allo stesso tempo disturbanti, conduce ad una interpretazione epica ed eroica della maternità: una visione personalissima che vuole riproporre in un certo senso l’archetipo della dea madre, culto primigenio di ogni civiltà.
La mostra è composta da 4 trittici, 8 dittici e scatti singoli fra cui una foto già premiata con il Mono Award; le opere sono proposte al pubblico in formato espositivo e a disposizione per l’acquisto in tiratura limitata.

Per informazioni
lucavecchi.press@gmail.com
3386765100 (Tc)


La principessa trecentenaria - La storia dietro l'opera

All’inizio del IX secolo la principessa Nakanohime si reca verso Yoshino, per visitare la tomba di sua madre. Per caso scorge la figura di spalle di un eremita che si affretta e si innamora perdutamente di lui. Genjo, questo il nome dell’eremita, è un componente del tempio Tengio sul monte Omine, e sta seguendo le pratiche religiose dei mille giorni. Il 999° giorno, Genjo prova a salvare un vecchio viandante che sta per morire, e deve rinunciare a completare le pratiche. Keishu, il vecchio viandante, è un bonzo cinese di grande saggezza, e gli insegna che rinunciare è il giusto gesto da compiere. Genjo, che deve togliersi la vita per non aver completato le pratiche religiose, riceve in dono da Keishu l’elisir di eterna giovinezza ed immortalità, e si salva dall’obbligo religioso. Dopo tre anni, Nakanohime e Genjo si incontrano casualmente a Kyoto. Entrambi credono che l’incontro sia segno del destino, ed iniziano a vivere insieme sul monte Omine, incuranti del divieto d’accesso alle donne sulla montagna. Gli dèi della montagna non accettano la loro scelta, e la principessa cade gravemente malata. In punto di morte, Genjo le fa prendere l’elisir dell’immortalità. Ha inizio così l’angoscia per Nakanohime che ha ottenuto la vita eterna. A causa di una frana, è costretta a dividersi da Genjo e dal figlio Chisho. Dopo 50 anni, Nakanohime incontra un bel ragazzo, Sojun, che assomiglia a Genjo. Dal loro amore nasce un bambino, ma Nakanohime scopre che in realtà Sojun è figlio di Chisho, e sconvolta dal proprio peccato scappa. Durante il suo viaggio trova la principessa Sannohime, sua sorella minore, e trova temporaneamente la pace.

Tormentata dal destino, Nakanohime scala il monte Fuji per parlare con la dea Konohanasakuyahime. Dal monte arriva il rombo di una eruzione. Fra la gente che fugge via, Nakanohime decide di sfidare il destino e prosegue la scalata, pensando “Se gli dèi vorranno che io sopravviva, faranno piovere”. Con una grande boato, il monte Fuji erutta lava, e contemporaneamente inizia a piovere e compaiono dei bellissimi boschi. Nakanohime ha salva la vita. Vagando senza meta, giunge al lago Oshino, dove si specchia sulla superficie del lago e sente una voce che le sussurra “Nakanohime, hai vissuta a sufficienza!” e subito dopo viene inghiottita dal lago. Nella sua vita successica, Nakanohime si reincarna in una carpa, e passando da Oshino verso il mare arriva in al bacino di una cascata sul monte Omine, dove viveva con Genjo.

Venite a scoprire quest'opera lirica giapponese in due atti il giorno 22 marzo, alle ore 19:00, presso il Teatro Rosetum di via Pisanello 1 a Milano (M1 Gambara). Tra i due atti verrà offerto un rinfresco a base di sakè a tutti i partecipanti.

Sia l'opera che il rinfresco sono a entrata libera e gratuita!


Recensione mostra fotografica "Il mio Giappone"

Una foto per essere bella, deve trasmettere emozioni.
E questo, a mio parere, è quello che si vive in questi giorni presso la Fondazione
Matalon a Milano, che ospita la mostra fotografica di Alberto Moro, Presidente
dell’Associazione Culturale Giappone in Italia.
Durante il percorso espositivo, si respirano l’armonia, la pace e il silenzio che
caratterizzano la cultura nipponica. Si comincia il percorso con la sezione dedicata
alla tradizione, per poi entrare nella modernità e terminare in uno spazio più intimo
del Giappone, che è quello della cerimonia del tè.


La tradizione è rappresentata dalle foto dei vari quartieri di Kyoto, come ad esempio
il quartiere di Gion con il suo santuario di Yasaka o il tempio di Kodai-Ji, illuminato
in una splendida serata di luna. Sono quartieri silenziosi e rilassanti, lontani dalla
frenesia della vita metropolitana. Il quartiere di Gion è luogo di incontro tra le geisha
e gli uomini d’affari, ma nella foto non ne compare nessuna. Alberto Moro ci spiega
che per rispetto non è possibile fotografarle, ma quando si vedono in giro bisogna
rispettarle. Nella foto, quindi, non compaiono, possiamo solo immaginarle, come
ragazze colte e raffinate, che entrano ed escono dalle case con le loro complicate
pettinature e il trucco elaborato, strette nei loro sgargianti kimono.
La modernità è rappresentata dagli scatti fotografici delle vie di Tokyo. Noi siamo
abituati a pensare a Tokyo come una città sovraffollata e frenetica, ma le fotografie
raccontano momenti di quotidianità di giovani, uomini d’affari, operai, teenagers che
danno un taglio più umano all’ atmosfera metropolitana.


Con questa mostra, Alberto Moro esprime la sua passione verso la cultura giapponese
e si definisce un fotografo/pescatore. A differenza di un fotografo/cacciatore, più
invadente, è discreto e rispettoso: si ferma in un determinato luogo che considera
particolare e aspetta con pazienza che passi un soggetto interessante per catturarlo in
uno scatto. Notiamo questa sua squisita attitudine guardando la foto fatta nel quartiere
di Shinjuku, dove in un vicoletto buio ferma in un’istantanea il passaggio di un
uomo esattamente nell’unico cono di luce esistente.
Salendo al primo piano arriviamo all’ultima sezione della mostra, quella sul Chadō,
la Via del tè. E’ la saletta cosiddetta “più intima”, dove le foto dei bollitori, delle
fruste in bambù per mescolare il tè in polvere con l’acqua bollente e dei contenitori
raffinati rappresentano le varie fasi della cerimonia e danno un’atmosfera domestica e
familiare alla sala espositiva. Le foto comunicano quella serenità e quella quiete tanto
care ai giapponesi, ma soprattutto ci trasmettono quella particolare cura
nell’accogliere l’ospite che a sua volta dimostra riconoscimento e gratitudine verso
l’ospitante, con i tipici movimenti di riverenza in un reciproco scambio di inchini. Mi
ha colpito molto la fotografia dell’artista Jumco Sophie Okimoto. E’ inginocchiata
col suo kimono celeste e, mentre il viso rimane volutamente fuori dall’obiettivo, in                                                                  primo piano vediamo le mani che con estrema delicatezza, circondano la ciotola che
le viene offerta.


Nella sala è presente una calligrafia che determina lo spirito dell’incontro: ICHIGO
ICHIE “ogni incontro è irripetibile”. Ogni cosa che viviamo è unica e irripetibile, per
questo deve essere vissuta con grande intensità. Come l’ultima goccia di tè catturata
nel tempestivo scatto di Alberto Moro.

Le mie due foto preferite sono quelle dell’artista Junko Sophie Okimoto che si
trovano all’ingresso.
E’ una donna giapponese immortalata in modo incantevole in due momenti diversi. In
uno, a casa, inginocchiata sul tatami tiene in mano una ciotola del the. Nell’altra è
sempre inginocchiata ma fuori, nel giardino del tempio di Geshin-ji, che è la sua
casa. Ha un atteggiamento amoroso e dolce. Il suo sguardo non è mai perso nel vuoto,
perché, composta nella tipica posizione inginocchiata, è determinata nel promuovere
la tradizione del suo paese. Sembra una foto calata in una realtà fiabesca, lontana dal
nostro tempo, dalla quale traspirano l’armonia, la pace interiore e il silenzio che
caratterizzano la cultura nipponica.
L’intera esposizione è un’emozionante sintesi di quello che è lo spirito del Giappone,
catturato in una bella raccolta di suggestive fotografie. Una mostra che consiglio di
visitare a tutti, appassionati e non.

Margherita Ciociano