Sen Factory - La tradizione giapponese nella moda italiana
La tradizione giapponese si unisce alla moda italiana nella creazione di un progetto unico nel suo genere.
C’è un posto a Milano che combina la qualità del made in Italy al fascino del Giappone e si chiama Sen Factory.
È nato nel 2015 dalla voglia di Chikako e Laura di creare un laboratorio di scambi e tradizioni tra la cultura italiana e il design giapponese.
"Ci sono incontri improbabili che fanno nascere storie incredibili.
A noi è successo così.
Giappone e Italia, curioso mix."
Il progetto parte dall’utilizzo di kimono vintage per creare altri prodotti, che spaziano dai classici accessori, come bracciali e cinture ad articoli più utili e pensati, come agende, guinzagli per animali, stringhe per le scarpe e porta occhiali.
Si tratta di un’arte e una cultura millenaria, che riprende vita in oggetti pensati per oggi e per domani ed è tutto rigorosamente hand made.
Dalla minuziosa ricerca dei tessuti, alla cura maniacale dei dettagli, gli oggetti realizzati sono dotati di ricercatezza ed eleganza. Allo stesso tempo, però, denotano semplicità, perché come piace ricordare alle ragazze "simplicity is the ultimate sophistication".
A questo proposito, troviamo, ad esempio, la linea fukuro, che propone una serie di cartellette in tessuto di diverse dimensioni con chiusura a calamita, per riporre con cura documenti, appunti e disegni senza rinunciare allo stile. Oppure la linea yume, agendine di diversi colori e fantasie da portare sempre con sé, in tutte le occasioni.
Molto interessante è anche la linea oby, che trasforma la cintura da kimono in una versatile cintura adattabile e double face, da portare in vita, infilata nei pantaloni, o appoggiata sui fianchi.
Nell'ultimo anno Sen Factory si è, inoltre, dedicata alla realizzazione di mascherine, divenute ormai un accessorio inevitabile nel nostro quotidiano. Per uomo, donna, bambino, le loro mascherine non rinunciano alla qualità e soprattutto alla fantasia.
La loro sede principale si trova a Crema (CR), ma sono diverse le sedi sul territorio milanese che ospitano la vendita dei loro prodotti, tra cui troviamo:
Fondazione La Triennale di Milano
(bookshop)
Viale Emilio Alemagna, 6
Rigadritto
(cancelleria)
Via Brera, 6
Ottica San Maurilio
Via San Maurilio, 14
Milano
Corraini in Piccolo – PICCOLO TEATRO Grassi
(bookshop)
Via Rovello, 2
PASI’ Milano
(abbigliamento donna)
Piazza Risorgimento, 10
Stamberga
(galleria d’arte/design stationary/tea boutique)
Via Melzo, 3
PalermoUno
(concept store)
Via Santa Maria alla Porta, 5
ATELIER VM
(gioielli)
Via Cesare Correnti, 26
Potrete trovare Sen Factory anche a Firenze nel bookshop di Bottega Strozzi.
Se, però, non vivete né in Lombardia né in Toscana, niente paura perché Sen Factory è provvisto di uno shop online dove potrete soddisfare tutti i vostri sfizi.
Amanda De Luca
Non solo Murakami: dalla Kaikai Kiki Gallery agli artisti emergenti dell’arte pop giapponese
Tutti vogliono Takashi Murakami.
Se pensate di non sapere di chi si stia parlando o di non essere mai inciampati nelle sue opere, probabilmente vi sbagliate di grosso. La usa icona più popolare, fiori colorati dai piccoli occhi e l’enorme sorriso, inquietante e irriverente, alla stregua di quello dello Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie, sono riconoscibili e stampati sui prodotti più diversi.
Se siete appassionati di moda, ricorderete sicuramente le diverse collaborazioni dell’artista con Lois Vuitton, Vans, Supreme, Uniqlo e molti altri. Se invece siete appassionati di musica, i mostri del video di You should see me in a crown di Billie Eilish dovrebbero avervi riportato nello straordinario immaginario delle creature di Murakami. E se invece i toni dark-pop della Eilish non sono proprio il vostro genere, l’album Colores del cantante colombiano J Balvin del 2020 venne completamente customizzato dall’artista.
Insomma, anche per chi non conosce direttamente l’arte di Takashi Murakami, non essersi mai imbattuti in una sua opera o logo è cosa ormai impossibile. Artista riconosciuto a livello mondiale, pittore, sculture, grafico, regista, mangaka, è veramente difficile trovare un’etichetta che identifichi quest’artista poliedrico, da cui origina la corrente chiamata “Superflat”.
Tutti vogliono Takashi Murakami. Non tutti, però, conoscono la realtà sempre più espansiva e creativa dell’arte contemporanea pop giapponese, che mette radici anche nella produzione di questo famoso artista.
Dalla Kaikai Kiki Gallery, aperta al pubblico in nuova sede nel 2008, l’idea è quella di “create and establish an operation that will imbue art itself with a new social value”. La galleria ha esposizioni permanenti e temporanee e non solo di artisti giapponesi. Quest’arte, di valore sociale, affine ai gusti del pubblico, in continua evoluzione e fortemente legata alla contemporaneità travalica i confini anche di questa galleria, attraverso artisti che emergenti che – sebbene siano ancora legati al contesto artistico giapponese - attirano sempre più l’attenzione anche del panorama internazionale.
Chiho Aoshima
Grafica, pittrice e scultrice, Aoshima si distingue per le sue opere dall’atmosfera magica e misteriosa, con protagonisti yokai e spiriti di un altro mondo. I personaggi delle sue opere sembrano creature a metà tra il mondo di cui abbiamo esperienza ogni giorno e la sua evoluzione fantastica, luoghi ponte con mondi diversi.
Il tratto delicato contrasta sinergicamente con i temi, che paiono provenire dai limiti del nostro inconscio, a tratti deliberatamente inquietanti.
https://www.instagram.com/p/CE_LiKMF9Ma/
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Presenze dagli occhi vuoti, che sottilmente manifestano la loro presenza nelle cose, nella natura, fanno scoprire un mondo allo spettatore che – forse – era solo invisibile a chi non sapeva ben osservare.
https://www.instagram.com/p/CHoY61IlUiW/
Aya Takano
Aya Takano, pittrice, illustratrice, mangaka, immagina il suo intricato mondo con la delicatezza di chi conosce il peso di ogni cosa. Soggetti principali delle sue opere sono giovani donne dai corpi esili, dai grandi occhi e dalla sessualità a volte esplicita ma allo stesso tempo velata. I corpi di questi personaggi si intrecciano tra di loro, ma soprattutto con gli ambienti dei disegni della Takano, che spazia da riproduzioni di contesti tradizionali e stampe antiche (ovviamente in chiave rivisitata) e scene metropolitane nella vivacità di Tokyo.
https://www.instagram.com/p/CGkj_12lDLk/
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https://www.instagram.com/p/CJ0PmcrFQen/
Curiosità interessante, la sua passione per i tarocchi: spesso in edizioni limitate, tutti illustrati dall’artista stessa che ne produce versioni con soggetti differenti.
https://www.instagram.com/p/B80IvB_lD-O/
Il mondo artistico di Aya Takano è un universo in continua evoluzione: più lo si guarda e più se ne notano i particolari, e più se ne notano i dettagli più ci si immerge nei mondi inesplorati che la nostra immaginazione tesse, sguardo dopo sguardo.
Emi Kuraya
Emi Kuraya, giovanissima artista alla Kaikai Kiki Gallery, la sua carriera comincia solamente intorno al 2017 e si focalizza maggiormente sulla pittura (spesso a olio), il disegno, l’illustrazione.
La sua produzione ricorda molto i disegni che è possibile trovare in diversi manga e racconti nella cultura pop giapponese contemporanea. Lo stile di Kuraya, però, non si riduce unicamente al racconto, ma piuttosto all’istantanea: i suoi personaggi, prevalentemente femminili, sembrano osservare lo spettatore in un momento ben preciso.
Uno stile quasi impressionista, sia nell’idea dei soggetti che nello stile utilizzato: pulito, ma allo stesso tempo volutamente grezzo, dai tratti netti e bordi sfumati.
Lo sguardo puntato allo spettatore è interrogante, ma allo stesso tempo chiede, domanda, e racconta una storia.
https://www.instagram.com/p/B6uFceCjawO/
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https://www.instagram.com/p/BvtkV1nDyuY/
Otani Workshop
L’artista è principalmente scultore e pittore, lavora con materiali come legno, ferro e ceramica. L’aspetto delle statue appare grezzo, il materiale non levigato. La dolcezza dei visi dei personaggi, spesso animali, ricorda quella di piccoli bambini, con occhi pronti ad esplorare il mondo, curiosi, aperti ad esplorare e comprendere.
https://www.instagram.com/p/COWlU4KF5p9/
https://www.instagram.com/p/CN3k2pzl9_r/
Ob
Ob è prevalentemente pittrice e illustratrice, ci fa osservare il suo mondo attraverso delicati personaggi femminili. L’atmosfera è quella di un mondo di pace, attraversato da filtri che tendono alle tonalità del blu, come a collocare lo spettatore in una boccia d’acqua. L’elemento dell’acqua è fortemente presente, gli spazi sono vaghi e indefiniti mentre l’attenzione è concentrata prevalentemente sugli enormi occhi del soggetto femminile. Il quale ci rivela e nasconde un mondo proprio.
https://www.instagram.com/p/CMrUcxvpy_Y/
https://www.instagram.com/p/CK51wF5JLAb/
Designer, pittore e scultore, Shoko Nakazawa diverte tutte le età con le sue piccole e grandi sculture ritraenti simpatici mostri che, se esistessero davvero, saremmo quasi disposti ad adottare. Dopo un passato prevalentemente come grafico comincia a ideare i suoi proprio personaggi, in particolare un simil-draghetto che prende forma nei colori più disparati nelle sue sculture in vinile. Tutt’altro che spaventoso, da dettagli curati, fluorescente o grezzo, è l’animale domestico che ognuno di noi desidererebbe, uscito direttamente dalle nostre fantasie.
https://www.instagram.com/p/CRSebhLhDCV/
https://www.instagram.com/p/CRhAF2GBD-B/
https://www.instagram.com/p/CPA85ciBLSD/
L’arte contemporanea pop giapponese è ancora un mondo inesplorato, in continua evoluzione e rinnovamento. Il poliedrico Murakami è un magnifico tassello di un mondo da indagare. Se questo è evidentemente un assaggio, il resto da scoprire sta al curioso!
Fonti e link utili:
http://en.gallery-kaikaikiki.com/about/
A cura di Susanna Legnani
Il 22 luglio è il One Piece Day!
Si festeggia oggi, 22 luglio, il One Piece Day: un’intera giornata dedicata alla grande opera di Eichiro Oda.
Ad annunciarlo è stata la Japan Anniversary Association come riconoscimento dell’incredibile lavoro dell’autore che va avanti da più di vent’anni. Un successo, quello di One Piece che non si è mai arrestato.
Il manga di Eichiro Oda ha iniziato il suo percorso sulla rivista Weekly Shōnen Jump di Shūeisha dal 22 luglio 1997 e continua tutt’ora con oltre 490 milioni di copie in circolazione al 2021, accaparrandosi il titolo di manga più venduto al mondo.
Dal 2015 è, inoltre, nel Guinness dei primati come serie a fumetti disegnata da un singolo autore con il maggior numero di copie pubblicate (oltre 320 milioni).
Le avventure di Monkey D. Rufy, aspirante Re dei Pirati e la sua ciurma, hanno ispirato film, OVA, cortometraggi in 3D, videogiochi e, si sussurra, una serie live-action Netflix.
Una bellissima notizia, quindi, per tutti i fan più sfegatati che oggi potranno godersi il loro manga preferito un po’ di più.
Amanda De Luca
Il Crespi Bonsai Museum compie 30 anni
Un angolo d’Oriente alle porte di Milano, unico al mondo, questo è Crespi Bonsai Museum che quest’anno festeggia il 30esimo anniversario dall’apertura.
L’attività del museo si affianca a quella di Crespi Bonsai, attività commerciale leader nel settore in Italia, fondata nel 1979.
Aperto il 26 maggio 1991, il Crespi Bonsai Museum è stato il primo museo permanente di bonsai al mondo. Nato dalla volontà di Luigi Crespi di offrire a tutti gli appassionati e curiosi la possibilità di ammirare una preziosa collezione di piante secolari, educate dai più famosi maestri giapponesi.
Il museo ospita oltre centomila bonsai da interno ed esterno, a rotazione secondo il momento stagionale. Ogni specie ha, infatti, un momento migliore per essere esposta.
Tutte le piante sono attentamente selezionate e importate dall’Oriente.
Il pezzo più significativo della collezione è senz’altro il millenario Ficus retusa Linn, collocato al centro di una pagoda.
Ma oltre ai bonsai, un posto di rilievo lo occupano la ricostruzione del "toko-no-ma", l’angolo che nella casa giapponese tradizionale viene adibito all’esposizione di oggetti con alto contenuto spirituale e completata da preziosi complementi di arrendo, e il giardino zen creato con materiali originali importati dal Giappone.
Crespi Bonsai è un vero e proprio punto di riferimento per tutti gli appassionati, grazie anche alle molteplici iniziative che propone allo scopo di diffondere l’arte del bonsai, come il Raduno Internazionale del Bonsai & Suiseki e l’Università del Bonsai, di cui responsabile e docente è il maestro Nobuyuki Kajiwara.
Inoltre, dal 2011 il Crespi Bonsai Museum fa parte del prestigioso circuito dei Grandi Giardini Italiani.
Amanda De Luca
I luoghi del Gion matsuri: Yasaka jinja
Il Gion Matsuri
Il Gion Matsuri è un famoso evento religioso che si tiene nella città di Kyoto durante il mese di luglio. Partendo dal santuario di Yasaka, il matsuri comprende diversi tipi di festeggiamenti nel corso del mese. La celebrazione risale a tempi molto antichi: si dice che questi festeggiamenti si ripetano ogni anno da più di 1100 anni, dal primo all’ultimo giorno del mese di luglio. La prime testimonianze risalgono al 869, a meno di un secolo dalla fondazione della nuova capitale, tempi in cui una pestilenza imperversava in tutto il Giappone.
Kyoto, infatti, venne fondata dall’imperatore Kammu nel 794, il quale le diede il nome di “Heian-kyō” “capitale di pace e serenità”. La superficie di questa antica città non corrisponde esattamente a quella dell’attuale Kyoto moderna, molti cambiamenti sopraggiungerso nel tempo, e anche il santuario di Yasaka non fu sempre quello che è possibile vedere ai giorni nostri passeggiando per il quartiere di Gion.
La tradizione scavalca i cambiamenti e attraversa i secoli per arrivare sino ad oggi. Al tempo, si pensò che il disastro della pandemia fu provocato dalla maledizione di Gozu-Tennou: divinità legata alla malattia e guarigione. La città pregò allora il kami di Gion al fine di placarlo. Vennero costruite 66 hokos (un tipo di lancia) a Shinsen-en (un ampio giardino a Heian-kyō), e fu trasportato tra le strade della città un santuario. A quel tempo il Gion matsuri era chiamato “Goryo-e”, celebrazione atta a placare i kami avversi.
Il Gion matsuri diviene un evento annuale circa a partire dal 975. Dura un mese, dal 1 al 31 luglio, inizia con la cerimonia di Kippu-iri e finisce con l’Eki Jinja Nagoshi Matsuri. Durante questo mese si svolgono numerose feste religiosi, parate ed eventi.
La cerimonia di apertura si è tenuta quest'anno il primo di luglio nel santuario di Yasaka a Kyoto, in scala ridotta a causa della diffusione del Covid-19 in Giappone.
Breve storia del santuario
Si pensa che la fondazione del santuario di Yasaka risalga al 656, dunque ancor prima della fondazione della città di Heian-kyō come nuova capitale del Giappone. Con lo sviluppo della città, il culto di questo santuario si diffuse in tutta l’isola, stimando oggi ad avere 3000 santuari satellite in diverse parti del paese.
La struttura originale si data essere stata eretta intorno all’876: questo non deve sorprendere in quanto in origine i santuari shintoisti potevano essere nient’altro che strutture temporanee, costruite in occasione dei riti. La struttura attuale che è possibile vedere a Kyoto data 1654. Il fatto di poter difficilmente ammirare strutture originali è un altro dettaglio comune nella storia dei santuari shinto. Con le loro strutture prevalentemente in legno, spesso i santuari finivano distrutti a causa di devastazioni, terremoti o incendi. Il legno è un materiale naturale ed elastico. A volte resistente alle scosse di terremoto, ma fragile rispetto a incendi o altre calamità.
La divinità principale di questo santuario è Susanoo no Mitoko, con la sua sposa e otto bambini. In verità, in origine il kami del luogo era riconosciuto nella divinità sincretica Gozu-Tennou, a metà tra il culto buddhista e shintoista. Durante la restaurazione Meiji le forme religiose sincretiche vennero meno, in favore di una netta divisione tra culto autoctono e importato. Da quel momento in poi, dunque, il kami di Susanoo si sovrappose a quello di Gozu-Tennou, mantenendone alcune caratteristiche. Anche il santuario cambiò il suo nome, che da “Gion-sha” divenne “Yasaka-jinja”.
Struttura del santuario
Yasaka jinja si trova nel quartiere di Gion a Kyoto, zona famosa per il suo antico fascino legato anche alla cultura delle geiko e maiko. Percorrendo la strada di Shijo fino alla fine, ai piedi delle colline di Higashiyama, è possibile incontrare una scalinata con cui accedere alle porte del santuario. Salendo queste scale si può vedere molto bene il quartiere da una posizione rialzata, fino all’altro capo della strada principale. Il santuario è un vero e proprio microcosmo, corredato da molti altari secondari e inserito in un contesto naturale, nonostante la collocazione nel centro della città.
L’entrata dalla strada di Shijo è chiamata nishi-romon (letteralmente "porta ovest"), a due piani e tre campate, di un acceso rosso vermiglio. Seduti ai due lati di questa porta, due guardiani arcieri shintoisti. Nonostante l’imponenza di questa entrata, quella principale è però quella a sud, che si affaccia direttamente sulla struttura dell’honden, vicina a un grosso torii di pietra, posto proprio all'ingresso. L'honden è considerata l'area più sacra del complesso, dove risiede e si manifesta il kami.
Considerata l’origine sincretica dei culti professati a Yasaka jinja (o meglio, Gion-sha al tempo), la struttura e l’honden mantengono caratteristiche dell’architettura buddhista. In particolare, l’honden è costruito nello stile yasaka-zukuri o gion-zukuri: honden e haiden sono combinati in un’unica struttura, al modo da somigliare alla sala principale di un tempio buddhista. Solitamente nei santuari shinto honden e haiden sono due edifici divisi: l’haiden è una struttura di avvicinamento al luogo sacro, il goshintai (oggetto o luogo in cui risiede il kami) è custodito invece nell’honden, struttura impenetrabile. Si pensa che inizialmente fossero divisi e giustapposti anche nel santuario di Yasaka. Tuttavia, probabilmente in seguito a ricostruzioni divennero combinati in una sola struttura, sebbene gli spazi interni rimangano diversi. Gli interni sono in legno, mentre l’esterno è anch’esso dipinto come il romon.
Di fronte all’honden è collocata una struttura molto particolare e appariscente, che spesso cattura l’attenzione anche più dell’altare principale, con tutte le sue lanterne: il palco per le danze shinto e le cerimonie, detto buden. Durante le ore serali, questa è la costruzione che maggiormente colpisce di tutto il complesso: tre file di lanterne di carta splendono nel buio, creando un’atmosfera magica e misteriosa. Come per i torii del Fushimi Inari Taisha, le lanterne portano i nomi dei donatori: questo sistema è molto diffuso nei santuari shinto, ed è un modo sia per il santuario di arricchirsi, sia per le persone che fanno donazioni di onorare i kami.
Il sito di Yasaka jinja è, come capita con strutture di grandi dimensioni, attorniato da moltissimi santuari satellite più piccoli. Soprattutto la notte, c'è un’atmosfera silenziosa e sacra: in un labirinto di strade, tra altari in pietra e legno e elementi naturali, la sensazione è quella si trovarsi immersi nella realtà delle divinità del Giappone, i kami che abitano i luoghi più diversi.
I santuari secondari di questo complesso rappresentano alcuni dei maggiori del Giappone in versione ridotta, come l’Ise Jinju e l’Izumo Taisha.
Curiosando tra gli scorci di questo complesso si può giungere al parco Maruyama. Luogo in cui ogni anno è possibile godersi un bellissimo spettacolo di ciliegi in fiore. Anche nelle altre stagioni è un posto molto tranquillo dove poter sostare. È il più antico parco di Kyoto, copre un’area di 8600 metri quadrati. Contiene anche alcuni stand e luoghi dove mangiare, panchine, un piccolo laghetto con un ponte per esplorare ancor più i dintorni.
Fonti e link utili:
http://www.yasaka-jinja.or.jp/en/
https://kyoto.travel/en/other_attractions/110.html
Guida ai santuari shintoisti: Cali, Joseph; Dougill, John. Shinto Shrines: A Guide to the Sacred Sites of Japan's Ancient Religion
a cura di Susanna Legnani
KIMONO EXPERIENCE PER IL TANABATA, LA FESTA DELLE STELLE
Tanabata, la festa delle stelle, è una delle ricorrenze più note e amate in Giappone. Non manca nulla: un periodo dell'anno ottimale, addobbi riconoscibili... Infine una storia romantica come base mitica da cui partire, anzi forse due: una di origine cinese, una di origine incerta, forse autoctona.
La prima, più nota, ha come protagonisti Orihime, la divina tessitrice figlia dell'Imperatore Celeste, e Hikoboshi, il mandriano.
A causa del feroce amore che li aveva rapiti, trascurarono i loro doveri fino a suscitare le ire del padre di lei. Venne tuttavia loro concesso di rincontrarsi una volta l'anno (anche perché la depressione nel sapersi irrimediabilmente lontani non li faceva comunque lavorare...), il settimo giorno del settimo mese. Per convenzione la data viene fissata il 7 di luglio, ma riferendosi al calendario solunare è in realtà variabile.
E così Vega/Orihime e Hikoboshi/Altair, le due stelle innamorate divise dalla Via Lattea, si ricongiungono. Altre versioni, giunte in Giappone sempre dalla Cina, insistono sulla figura della tessitrice e sulla presenza di un fiume, anche senza la dichiarata ambientazione uranica. Tutte sono accomunate da un intreccio lineare e una storia che, come avete visto, a grandi linee, si può riassumere rapidamente, senza che perda senso o fascino. Quindi Tanabata, la festa delle stelle... e non solo!
Completamente diverso è invece il racconto seguente.
Un giorno un grosso serpente si recò da un benestante padre di famiglia, proponendogli uno scambio: la mano delle sue figlie in cambio della vita dei suoi cari. Delle tre sorelle, solo la più giovane superò il terrore e la ripugnanza e acconsentì alle nozze. Giunta sulla riva di un laghetto, il suo novello sposo le chiese di decapitarlo e lei obbedì, usando la lama di un tagliaunghie. Dal collo mozzato del rettile uscì un giovane dall'aspetto superbo e bellissimo, un Re Drago dell'oceano, del quale la fanciulla si innamorò perdutamente.
Seguirono giorni felici nelle più scintillanti ricchezze, fino a che Amewakahiko, questo il nome del dio, dovette partire per affari celesti tra le stelle.
Si raccomandò alla moglie e le indicò uno scrigno cinese, intimandole di non aprirlo o lui non sarebbe più potuto tornare. Qualcuno, come il lettore immagina, effettivamente aprì lo scrigno, ma non la fedele moglie: le sorelle gelose in visita rubando la chiave alla ragazza dischiusero il contenitore.
Disperata, la fanciulla si affidò alle raccomandazioni che il marito le fece prima di partire: si recò nella capitale alla ricerca della donna in possesso della “zucca da una notte”. Grazie ad essa fu in grado di volare fino al cielo, e ivi incontrò diversi e bizzarri personaggi, nessuno in grado di aiutarla a trovare Amewakahiko.
Incontrò la Stella della Sera, la Cometa, le Pleiadi, ed altre stelle ma nessuna sapeva dove trovare il suo innamorato.
Infine le venne indicato un sontuoso palazzo dove finalmente i due poterono riabbracciarsi. Tuttavia un pensiero turbava Amewakahiko: suo padre era un demone, e mai avrebbe dovuto scoprire la presenza della giovane nel castello nel cielo. Ogni volta che veniva in visita, il Re Drago trasformava sua moglie in un oggetto per nasconderla, tuttavia l'odore umano mise in allerta il demone. Ovviamente accadde anche questo.
Un giorno il demone arrivò di soppiatto e colse la ragazza non celata dalla magia del marito.
Amewakahiko spiegò al padre come stavano le cose e quest'ultimo decise per il meglio: dare alla fanciulla compiti impossibili da portare a termine. Il primo fu quello di badare ad una mandria di migliaia di buoi da sola, e ci riuscì grazie alle maniche del kimono del marito. “Maniche di Amewakahiko” e lo sventolare di esse era la formula perchè i buoi obbedissero alla sua volontà.
Il compito successivo fu quello di trasportare tanto riso quanto le stelle nel cielo da un magazzino ad un altro, senza far cadere un singolo chicco.
Vi riuscì grazie a delle formiche invocate con la stessa formula. E sempre grazie ad essa passò indenne la vicinanza di centipiedi e serpenti.
Dunque il demone dovette ricredersi sulla giovane e acconsentì a che si vedessero una volta l'anno (in realtà lui disse una volta al mese, ma sfortuna volle che lei capisse male). Una manciata di riso si trasformò nella Via Lattea, e i due protagonisti nelle stelle Vega e Altair.
Molti lettori penseranno che l'influenza di Amore e Psyche di Apuleio sia evidente, eppure non esistono prove evidenti a conferma di questa tesi.
Questo da un lato potrebbe apparire determinante, nella storia dei reciproci scambi tra il Sol Levante e l'Occidente. Dall'altro, già l'ammettere che due storie tanto simili siano presenti in culture così lontane ci spinge a ricercare un fondo immaginario comune. Ancora più in profondità, quella componente che innerva le diverse storie umane, e che traccia lo scorrere unito di tutte le civiltà.
Con questo rinnovato senso di unità e vicinanza, quantomai appropriato, ci accingiamo a festeggiare Tanabata, la festa delle stelle (e del demone nel cielo).
L'evento Kimono Experience, che avete sicuramente conosciuto tramite i nostri canali social, prolunga la sua durata fino all'11 luglio, in concomitanza con i festeggiamenti da Tenoha Milano.
Vi invitiamo tutti in questa parentesi di Giappone a Milano, per vestire lo yukata e immergervi nella sensazione estiva di questa festa magica, con le granite tradizionali e i tanzaku a cui affidare i vostri desideri.
Se non sapete di cosa si tratti, in questo articolo è presente la descrizione completa dell'evento: Kimono Experience con Giappone in Italia e Milano Kimono
Tanabata è anche il nome di una libreria incentrata sul mondo giapponese, scoprite la convenzione riservata ai soci in < questa pagina >
Beatrice Varriale
Fonti:
Reider, Noriko T. A, Demon in the Sky: The Tale of Amewakahiko, a Japanese Medieval Story. Marvels & Tales, vol. 29, no. 2, 2015, pp. 265–282.
Keller Kimbrough, Haruo Shirane (a cura di), Monsters, Animals, and Other Worlds: A Collection of Short Medieval Japanese Tales. Translations from the Asian Classics . Columbia University Press, 2018
Culture Gate to Japan: l’arte negli aeroporti
Culture Gate to Japan: Connect people and culture through art
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L’Agenzia degli Affari Culturali del Giappone lancia un progetto di promozione culturale chiamato “Culture Gate to Japan”, collocato negli aeroporti del paese e in altre strutture. L’intento è quello di diffondere l’arte contemporanea del Giappone, nella rappresentazione delle sue diverse varietà territoriali. Gli artisti interpellati rientrano nel campo delle Media Arts (arti, intrattenimento, animazione, manga), che attraverso opere moderne esplorano anche aspetti della cultura tradizionale dell’isola.
I luoghi prescelti, prevalentemente aeroporti, sono proprio spazi di passaggio e connessione tra paesi e culture: ogni parte del Giappone ha un diverso panorama culturale da esplorare, che in questo progetto viene presentato in mostre temporanee a tema.
Ovviamente, a causa della pandemia è impensabile credere che un progetto simile possa veramente sortire gli effetti desiderati, per cui il sito web si è tramutato esso stesso in una mostra online di tutte le installazioni presenti nelle diverse strutture in giro per il Giappone. L’augurio è quello di non rinunciare a interagire con altre culture, tramite le persone e anche l’arte, ma di conservare la meraviglia e la curiosità per il giorno in cui si tornerà a incontrarsi come prima. Nel frattempo, https://culture-gate.jp ci offre la possibilità di fare un salto tra le opere pensate proprio per alimentare l’interesse verso la cultura e arte giapponese.
Il nome “Culture Gate to Japan” è dunque più che azzeccato che mai: un portale online dedicato alla promozione della cultura nipponica, allo stesso tempo collocato in luoghi di passaggio e incontro di persone e culture dove, dunque, il “gate” è proprio quello dell’aeroporto.
L'arte delle nuove tecnologie
Le strutture coinvolte sono sei aeroporti e un terminal crociere: l’aeroporto di Shin-Chitose, l’aeroporto Internazionale di Chūbu-Centrair, l’aeroporto di Fukuoka, di Naha, di Haneda e Narita, l’aeroporto internazionale del Kansai e il Terminal crociere internazionale di Tokyo.
Ogni luogo identifica un tema legato alla cultura tradizionale del Giappone, che viene presentato attraverso forme d’arte contemporanea.
Shin-Chitose
L’aeroporto di Shin-Chitose, nella regione di Hokkaido, si concentra sulla cultura Ainu (nativi di quel territorio). Il tema è “INVISIBLE”: l’azienda creativa NAKED, INC. proietta questi temi in uno spazio interattivo. L’installazione si chiama “Imagine Ainu” (イマジンアイヌ) e si focalizza sulla tradizione orale e musicale di questo popolo.
https://www.youtube.com/watch?v=7RSkzjduP64&list=TLGG27A9ObchUP0zMDA2MjAyMQ
Chūbu-Centrair
L’aeroporto Internazionale di Chūbu-Centrair prende in considerazione la tradizione di samurai e ninja, il cui tema è “MOTION”. La zona fu teatro di battaglie, tra cui quella di Sekigahara, e ospita numerosi castelli e strutture legate al periodo degli Stati Combattenti.
Il gruppo creativo EUPHRATES si occupa della cultura dei ninja, con un’installazione di luci in movimento nel buio: visione e nascondimento. L’artista Shigeta Yusuke invece propone un’installazione-video che ricorda i paraventi pieghevoli tradizionali che ritrae la battaglia di Sekigahara in movimento.
https://www.youtube.com/watch?v=ElLNTJ8n8Tw&list=TLGG3MYYlDY5PoczMDA2MjAyMQ
Fukuoka
A Fukuoka si celebra l’artigianato del Kyushu, il cui tema è “PATTERN”. L’artista Mizue Mirai propone l’animazione di motivi trovati su prodotti di artigianato locale.
https://www.youtube.com/watch?v=y5OzhExRQh0&list=TLGGwggv7glFhWEzMDA2MjAyMQ
Naha
L’aeroporto di Naha, nella zona di Okianawa, ospita la narrazione della storia regno delle isole Ryukyu, a tema “Memory”. Higa Satoru realizza una video-installazione in cui è possibile riscoprire il castello di Shurijo, simbolo di quel regno, bruciato ormai nel 2019.
https://www.youtube.com/watch?v=RtzWLIg8umM&list=TLGGUoeXuHfiHkczMDA2MjAyMQ
Haneda e Narita
I famosi aeroporti di Haneda e Narita a Tokyo ospitano un’installazione sonora (di Suzuki Yuri e Hosoi Miyu) e una serie di video, da cui il tema “VISION GATE”. L’idea quella di catapultare il visitatore nell’eclettica cultura nipponica, ancora prima di approdare in Giappone, dove tutto sembra molto diverso da casa e meno familiare. Sei video di sei artisti accompagnano il viaggiatore dal gate alle uscite e a vari luoghi dei terminal.
https://www.youtube.com/watch?v=CJOR4nftwOo&list=TLGGUVm0YYxGe2UzMDA2MjAyMQ
Kansai
L’aeroporto Internazionale del Kansai si concentra sul tema della coesistenza con la natura, tipico della cultura del Giappone tradizionale. Il tema è “LIFE”, ed è articolato in pannelli di disegni/manga realizzati da otto artisti per otto aree diverse del Kansai.
Back TOKYO Forth
Infine, il terminale internazionale crociere di Tokyo ospita la mostra “Back TOKYO Forth”. Le protagoniste sono sempre le “Media Arts”, attraverso le quali si vuole rappresentare le dinamiche di una Tokyo “in the middle” tra passato (back) e futuro (forth). Le opere sono disponibili alla visione sul sito web dedicato.
Date uno sguardo a tutte queste opere su https://culture-gate.jp, per immergervi nella cultura tradizionale e regionale del Giappone, ma anche per conoscere nuovi artisti che attraverso moderne tecnologiche rendono vivi anche oggi i costumi di un tempo.
a cura di Susanna Legnani
INVISIBILE: Chiharu Shiota e Memory of Water
Il sesto e ultimo articolo della serie “La percezione dello spazio nella visione degli artisti giapponesi contemporanei” prende in considerazione un’installazione molto suggestiva: Memory of Water di Chiharu Shiota.
Memory of Water è un’installazione permanente per il Towada Art Center, ad Aomori in Giappone. L’opera è stata resa visibile al pubblico in aprile 2021, in occasione del decimo anniversario del progetto “Arts Towada”. Questa è un'iniziativa legata al contesto urbano circostante, si snoda per la città attraverso differenti proposte artistiche.
Chiharu Shiota è un’artista che sviluppa la sua carriera tra oriente e occidente, nata ad Osaka ha lavorato per molti anni nel contesto berlinese. Le sue opere spaziano da installazioni e performances a sculture e disegno. Esposte ormai in tutto il mondo, i temi prevalenti sono quelli della memoria, il corpo, l’identità, la vita e la morte, le relazioni e il ricordo. Un’indagine dell’esistenza umana che passa da semplici oggetti e dalle loro relazioni con gli spazi. Nel 2019 il Mori Art Museum of Tokyo ospita anche una retrospettiva dei 25 anni della sua ricerca artistica “Chiharu Shiota: The Soul Trembles”, in cui sono presenti sei famose installazioni con fili intrecciati.
In particolare, le installazioni di Chiharu Shiota sono costituite da scenari immersivi. Tra questi, vecchi oggetti di uso comune che attraverso intrecci di fili si relazionano con lo spazio, creando una fitta trama narrativa. Entrare a contatto con queste opere è un’esperienza che trascina lo spettatore nell’invisibile della vita di ogni giorno. Migliaia e migliaia di fili toccano e intersecano gli oggetti scelti, diramandosi per tutta la stanza. In questo modo, è come se lo stesso oggetto potesse silenziosamente parlare e raccontare una storia, estrinsecare il suo mondo. Un mondo presente, ma anche passato, fatto di memoria e ricordo.
Vecchie sedie, tavoli, pianoforti, ma anche letti d’ospedale, indumenti, barche, chiavi. Oggetti che raccontano l’esperienza della vita, ma anche la malattia e la morte, la memoria di momenti passati. I fili sono l’intersecarsi sempre più sottile e complesso di tutto quel mondo che le cose raccontano ma noi non vediamo, l’invisibile reso sottilmente visibile.
L’invisibile visibile
Memory of water è un’installazione che Chiharu Shiota pensa per un sito specifico, il Towada Art Center. L’ispirazione le deriva dal lago della città: il lago Towada. La tradizione narra che esso venne a formarsi 220.000 anni fa da attività vulcaniche, e nel tempo i dintorni furono costruiti bonificando la zona. Ciò, anche attraverso il sistema di canali ricavato dalla fonte d’acqua. L’opera, il cui oggetto centrale è quello della barca, intrattiene una relazione forte con la storia di questa città, ne racconta la storia e ne mette in evidenza il suo rapporto con l’elemento del lago. La barca stessa fu ritrovata sulle sue rive, oggetto che riesce dunque a rappresentare un passato, una memoria. Il filo rosso che avvolge l’imbarcazione e permea la stanza è la narrazione di questo ricordo, nei suoi diversi intrecci e relazioni, si allunga nello spazio e raggiunge lo spettatore.
Le barche nelle installazioni di Chiharu Shiota sono mezzi che possono condurre a luoghi noti o sconosciuti, creano collegamenti, portano con loro storie di viaggi, suscitano emozioni diverse. Il tema ricorrente di vita e morte nelle opere dell’artista suggerisce che queste imbarcazioni possano essere ponte tra mondo della vita e della morte. Il filo rosso è un estrinsecarsi di significati da questi oggetti, allo stesso tempo ne rappresenta i legami.
I fili delle opere di Shiota si intrecciano in modo indistinguibile, sottili e numerosi, il loro percorso diviene invisibile. Denotano allora uno spazio ambiguo, un agglomerato dai confini vaghi, che si estende nello spazio e la cui trama non è chiara e distinta ai nostri occhi. Se si volesse seguire con lo sguardo le tracce di questi fili, si percepirebbe da subito l’impossibilità di individuare una via. È una storia la cui trama ci sfugge, nelle sue mille sfaccettature e deviazioni non è completamente chiara al nostro sguardo. Le installazioni di Chiharu Shiota mostrano, attraverso gli intrecci delle trame, la storia invisibile di oggetti di vita quotidiana. Raccontano ciò che la cosa non mostra, ma di cui riempie l’atmosfera. È come se l’aria si facesse più densa, come se lo spazio si riempisse di ciò che non si vede: questo torna alla vista attraverso i fili rossi.
Link utili e fonti:
https://towadaartcenter.com/en/collection/memory-of-water/
https://pen-online.com/arts/chiharu-shiota-red-threads-connecting-the-here-and-there/?scrolled=3
https://www.chiharu-shiota.com/memory-of-water
Susanna Legnani
INVISIBILE: Chiharu Shiota e Memory of Water
Il sesto e ultimo articolo della serie “La percezione dello spazio nella visione degli artisti giapponesi contemporanei” prende in considerazione un’installazione molto suggestiva: Memory of Water di Chiharu Shiota.
Memory of Water è un’installazione permanente per il Towada Art Center, ad Aomori in Giappone. L’opera è stata resa visibile al pubblico in aprile 2021, in occasione del decimo anniversario del progetto “Arts Towada”. Questa è un'iniziativa legata al contesto urbano circostante, si snoda per la città attraverso differenti proposte artistiche.
Chiharu Shiota è un’artista che sviluppa la sua carriera tra oriente e occidente, nata ad Osaka ha lavorato per molti anni nel contesto berlinese. Le sue opere spaziano da installazioni e performances a sculture e disegno. Esposte ormai in tutto il mondo, i temi prevalenti sono quelli della memoria, il corpo, l’identità, la vita e la morte, le relazioni e il ricordo. Un’indagine dell’esistenza umana che passa da semplici oggetti e dalle loro relazioni con gli spazi. Nel 2019 il Mori Art Museum of Tokyo ospita anche una retrospettiva dei 25 anni della sua ricerca artistica “Chiharu Shiota: The Soul Trembles”, in cui sono presenti sei famose installazioni con fili intrecciati.
In particolare, le installazioni di Chiharu Shiota sono costituite da scenari immersivi. Tra questi, vecchi oggetti di uso comune che attraverso intrecci di fili si relazionano con lo spazio, creando una fitta trama narrativa. Entrare a contatto con queste opere è un’esperienza che trascina lo spettatore nell’invisibile della vita di ogni giorno. Migliaia e migliaia di fili toccano e intersecano gli oggetti scelti, diramandosi per tutta la stanza. In questo modo, è come se lo stesso oggetto potesse silenziosamente parlare e raccontare una storia, estrinsecare il suo mondo. Un mondo presente, ma anche passato, fatto di memoria e ricordo.
Vecchie sedie, tavoli, pianoforti, ma anche letti d’ospedale, indumenti, barche, chiavi. Oggetti che raccontano l’esperienza della vita, ma anche la malattia e la morte, la memoria di momenti passati. I fili sono l’intersecarsi sempre più sottile e complesso di tutto quel mondo che le cose raccontano ma noi non vediamo, l’invisibile reso sottilmente visibile.
L’invisibile visibile
Memory of water è un’installazione che Chiharu Shiota pensa per un sito specifico, il Towada Art Center. L’ispirazione le deriva dal lago della città: il lago Towada. La tradizione narra che esso venne a formarsi 220.000 anni fa da attività vulcaniche, e nel tempo i dintorni furono costruiti bonificando la zona. Ciò, anche attraverso il sistema di canali ricavato dalla fonte d’acqua. L’opera, il cui oggetto centrale è quello della barca, intrattiene una relazione forte con la storia di questa città, ne racconta la storia e ne mette in evidenza il suo rapporto con l’elemento del lago. La barca stessa fu ritrovata sulle sue rive, oggetto che riesce dunque a rappresentare un passato, una memoria. Il filo rosso che avvolge l’imbarcazione e permea la stanza è la narrazione di questo ricordo, nei suoi diversi intrecci e relazioni, si allunga nello spazio e raggiunge lo spettatore.
Le barche nelle installazioni di Chiharu Shiota sono mezzi che possono condurre a luoghi noti o sconosciuti, creano collegamenti, portano con loro storie di viaggi, suscitano emozioni diverse. Il tema ricorrente di vita e morte nelle opere dell’artista suggerisce che queste imbarcazioni possano essere ponte tra mondo della vita e della morte. Il filo rosso è un estrinsecarsi di significati da questi oggetti, allo stesso tempo ne rappresenta i legami.
I fili delle opere di Shiota si intrecciano in modo indistinguibile, sottili e numerosi, il loro percorso diviene invisibile. Denotano allora uno spazio ambiguo, un agglomerato dai confini vaghi, che si estende nello spazio e la cui trama non è chiara e distinta ai nostri occhi. Se si volesse seguire con lo sguardo le tracce di questi fili, si percepirebbe da subito l’impossibilità di individuare una via. È una storia la cui trama ci sfugge, nelle sue mille sfaccettature e deviazioni non è completamente chiara al nostro sguardo. Le installazioni di Chiharu Shiota mostrano, attraverso gli intrecci delle trame, la storia invisibile di oggetti di vita quotidiana. Raccontano ciò che la cosa non mostra, ma di cui riempie l’atmosfera. È come se l’aria si facesse più densa, come se lo spazio si riempisse di ciò che non si vede: questo torna alla vista attraverso i fili rossi.
Link utili e fonti:
https://towadaartcenter.com/en/collection/memory-of-water/
https://pen-online.com/arts/chiharu-shiota-red-threads-connecting-the-here-and-there/?scrolled=3
https://www.chiharu-shiota.com/memory-of-water
Susanna Legnani
“Un Anno a Tokyo” - un libro di Marzio Broda
“Un Anno a Tokyo – Diario sentimentale di viaggio”, edito da scritturapura.it, è un libro di Marzio Broda, uno scrittore che si è scoperto scrittore proprio grazie a questa esperienza che si chiama Giappone.
Marzio è un ingegnere che per lavoro viaggia molto, quelli che fa sono viaggi professionali e veloci quindi non ha modo di abituarsi alle realtà straniere che lo circondano, ma riesce comunque a viverli con il fascino di chi ha lo spirito di avventura.
É sempre il lavoro che per un anno lo manda in missione a Tokyo, da solo senza la sua famiglia, che rimane in Italia, e senza i suoi colleghi.
“E adesso cosa farai, dipingerai anche a Tokyo?”, il libro comincia con questa domanda, perchè Marzio è anche un artista, così riflette sul fatto che probabilmente non ci sarà molto spazio ne tempo per dedicarsi alla sua passione. Ma durante la sua permanenza a Tokyo si accorge che può esprimere la sua sensibilità artistica tramite la fotografia e la scrittura. Una scrittura che scopre nel piacere di raccontare mentre messaggia su Whatsapp con i suoi amici e familiari.
Si accorge che tramite i messaggini si sta creando una narrazione, un racconto, un diario di viaggio.
Tokyo con la sua atmosfera magica, sospesa tra tecnologia e tradizione, e le sue persone gli rivela ogni giorno sempre di più un mondo straordinario e totalmente diverso da quello che Marzio è abituato a conoscere.
Ecco che così nasce un libro che è un diario, ma che è anche una guida pratica e spirituale, dedicato a chiunque voglia andare in Giappone e che voglia non solo scoprirlo ma anche farne un po' parte.
Intervista all'autore
D. Perchè hai scelto il kanji del cuore come copertina per il tuo libro e cosa significa per te?
R. La copertina, è stata una proposta dell'editore.
Quando me l'hanno proposto non ne conoscevo il significato ma mi piaceva molto graficamente.
Poi ho parlato con il mio amico giapponese e gli ho chiesto cosa ne pensasse di quel kanji e lui mi ha detto che letteralmente significava cuore , ma il significato più esteso è quello di “spirito giapponese”.
Così ho pensato che ben si adattava a questo “diario sentimentale di viaggio”
Poi per un po' di tempo ho iniziato ad avere qualche dubbio su quello che mi aveva detto il mio amico giapponese, perchè lui è un ragazzo molto spiritoso, così ho pensato: “magari in realtà significa che Marzio è un pollo”, ma per fortuna non era così! (ride)
D. Come hai vissuto la città di Tokyo e la cultura giapponese?
R. Ho avuto l'opportunità di vivere la città di Tokyo non come turista ma come cittadino.
Ho condiviso i lunghi orari in ufficio con i colleghi e dopo il lavoro insieme a loro e ai responsabili andavamo tutti in qualche locale a passare la serata. I giapponesi chiamano questo momento “nomikai”, un momento di relax e di svago dopo una lunga giornata di lavoro.
Ovviamente ho sfruttato l'occasione anche per viverla da turista, musei, parchi, zone ecc,
Nel periodo primaverile ho avuto l'occasione di andare a vedere con gli amici giapponesi i ciliegi in fiore, i “Sakura”, e di apprezzarne la bellezza.
Posso dire che più che il jogging nei bellissimi parchi ho apprezzato tantissimo la cucina giapponese, che mi manca veramente moltissimo!
Ho potuto apprezzare dei giapponesi il loro profondo rispetto delle regole, la programmazione di ogni loro attività e la loro organizzazione.
Ma soprattutto mi è piaciuto molto il grande senso di appartenenza di quanto è pubblico, perchè ciò che è pubblico appartiene a tutti e quindi va rispettato. Una cosa fondamentale che manca in Italia, perchè la percezione che si ha da noi è che ciò che è pubblico non appartiene a nessuno e quindi può anche essere trattato male.
D. Perchè hai deciso di scrivere questo libro?
R. Ho iniziato a scrivere questo libro innanzi tutto per me, per tracciare... per non dimenticare.
Volevo registrare le cose che vedevo per non perderle una volta che sarei poi tornato in Italia
Devo dire che ho avuto la fortuna di viaggiare molto per lavoro in giro per il mondo, però sono sempre stati viaggi mordi e fuggi, nel senso vai per una riunione rimani poco e torni presto. Diciamo, viaggi grazie ai quali riesci a sentirti cittadino del mondo ma non sufficienti per capirci qualcosa.
Invece a Tokyo ci sono stato un anno e quindi ho avuto modo di viverla e di avere un'esperienza vera.
Poi devo aggiungere che il Giappone è davvero molto diverso dalla nostra Europa.
È diverso per regole sociali, cultura, gastronomia, tradizioni, quindi c'erano gli elementi per scrivere un libro. Diciamo che scrivere “un anno a Cilavegna” sarebbe stato più difficile! (ridiamo perchè poco prima avevo raccontato all'autore di essere di questo piccolo paesino che sia chiama Cilavegna)
D. Che consiglio vuoi dare ai tuoi lettori?
R. Mi sento di dare tre consigli ai lettori!
Il primo è che un viaggio in Giappone è un'esperienza che dovrebbero fare tutti nella propria vita, perchè è un mondo così diverso che bisogna vederlo con i propri occhi per capire.
Come secondo consiglio è che non bisogna organizzare questo viaggio come semplice vacanza estiva, anche perchè da giugno ad agosto il clima è molto umido e piove spesso, dunque non è piacevole girare per la città.
Mentre raccomando di programmare il viaggio nei mesi invernali, oltretutto Tokyo da dicembre fino a metà febbraio è tutta illuminata da miliardi di luci, lampadine led avvolgono le chiome degli alberi, tronchi e monumenti , è uno spettacolo nello spettacolo, poi l'aria è più frizzante e fresca e il cielo è blu, quasi greco direi.
Il terzo è che il viaggio in Giappone non deve essere un mordi e fuggi, ma qualcosa a cui dedichiamo del tempo. Una settimana a Tokyo, che è quello che generalmente riusciamo a fare, non basta per coglierne lo spirito e la bellezza.
Innanzi tutto ci sono otto ore di fuso orario che pesano molto e se non ci si è abituati è facile sentirsi frastornati, anche da tutta la differenza che la città impone.
Dunque l'ideale sarebbe un viaggio lento che dia modo di entrare dentro la modalità giapponese e che possa far apprezzare queste differenze.
Io la prima volta che sono stato a Tokyo, appunto solo per una settimana, non mi era piaciuta. Ero rimasto frastornato da tutta quella diversità, ma il diverso non è brutto è solo diverso e Tokyo è una città bellissima tutta da scoprire!
Cristina Solano
Un Anno a Tokyo - sito web: unannoatokyo.it
Instagram: @un.anno.a.tokyo
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