Approfondimenti: L’esclusione delle donne dal teatro Kabuki

Il teatro Kabuki è una forma di teatro classico giapponese dalle radici antichissime ma che ruolo avevano le donne nel teatro Kabuki?

teatro kabuki

Photo credits: allabout-japan.com

Nel 2008, l’UNESCO lo ha inserito nel patrimonio culturale immateriale dell’umanità. La sua particolarità consiste nell’utilizzo di costumi stravaganti, trucchi, performance uniche nel suo genere e, pensate un po’, una totale mancanza di bagni femminili nel backstage. Il motivo è semplice: la maggior parte degli attori sono uomini. Naturalmente, l’esclusione non è definita da alcuna legge quanto piuttosto dalla tradizione. Non è corretto, infatti, pensare che questa forma di teatro sia stata fin dalle origini esclusività degli uomini. Questo perché, come vedremo, le donne hanno ricoperto un ruolo importante nella nascita di questa forma di teatro.

Le donne nel teatro Kabuki

donne nel teatro Kabuki

Photo credits: wblog.wiki

Le origini del Kabuki possono essere rintracciate nel XVII secolo e particolarmente importante è la figura di Okuni, una fanciulla del santuario di Izumo. Okuni cominciò ad organizzare piccoli spettacoli di canto e danze (entrambi costituiscono la parola “kabuki”) nel letto asciutto del fiume Kamo a Kyōto. Gli attori che vi partecipavano provenivano soprattutto dalle classi più basse della società, comprese prostitute, mendicanti e altri emarginati dalla società.

Tutti, però, avevano in comune una cosa: erano tutte donne. Le trame delle loro storie riguardavano per lo più eventi storici, amore ed esperienze di vita che le portarono a riscuotere un discreto successo, esibendosi anche nella corte imperiale di Kyōto. Questo, quindi, fece nascere nuove compagnie di sole donne non solo intorno alla vecchia capitale ma anche fuori. Ma la situazione era destinata a cambiare di lì a poco.

Come il Kabuki è diventato una questione maschile

Nel 1629 lo shogunato al potere vietò categoricamente a tutte le donne di eseguire spettacoli Kabuki. Questo perché, secondo loro, il Kabuki stava alterando la morale pubblica. Infatti, molti dei suoi spettacoli erano provocatori ed erotici e, visto che alcune delle sue interpreti erano prostitute, vi erano casi di prestazioni sessuali dietro le sue produzioni. Tuttavia, il governo giapponese non considerava la prostituzione come un male assoluto, anche perché nel 1617 approvò la creazione di un quartiere a luci rosse dentro Tōkyō.

E curiosamente questo quartiere era interessato anche da una vivace attività di Kabuki. Piuttosto, ciò che veramente irritava i funzionari del Kabuki era il fatto che i loro spettacoli avessero in platea gente di ogni estrazione sociale. L’intento, quindi, era di far rimanere ognuno fedele alla propria classe. La loro soluzione fu bandire le donne dal palcoscenico, il che paradossalmente portò alla creazione di una parte molto interessante della storia LGBTQ+ del Giappone.

donne nel teatro Kabuki

Photo credits: wikipedia.org

Gli onnagata

Con l’esclusione delle donne nel teatro Kabuki i ruoli femminili dovevano essere interpretati dagli uomini. Si venne così a creare una categoria specializzata di attori: gli onnagata, ossia donne interpretate da uomini in scena, ma anche fuori. Infatti, nel XVIII secolo gli onnagata più rispettati erano quelli che vivevano a 360° come donne anche quando non si esibivano. Al contrario, quelli che si facevano vedere all’esterno in vestiti maschili o in compagnia della famiglia venivano screditati dalla critica teatrale.

Il divieto governativo fu revocato nel XIX secolo, ma le donne non tornarono comunque sul palco. Le scuse per giustificare tale comportamento riguardavano principalmente la forza fisica femminile, che secondo alcuni non poteva sostenere le pesanti parrucche e costumi del Kabuki. Alcuni, però, preferivano gli onnagata in quanto credevano che la loro prospettiva da outsider riuscisse a catturare la vera essenza femminile.

ninja kabuki

Photo credits: nationalgeographic.co.uk

L’esclusione femminile nel Kabuki e l’immagine dei ninja

Oltre alle donne, lo shogunato vietò anche ai ragazzi di esibirsi sul palco. Anche i ruoli di giovani ragazze dovevano essere interpretati da uomini maturi e questo richiedeva parrucche e costumi più elaborati. Per questo era fondamentale sul palco l’aiuto dei cosiddetti “kurogo” (letteralmente “vestiti neri”) che aiutavano l’attore con i cambi vestiti direttamente in scena. Erano vestiti, quindi, di nero dalla testa ai piedi in modo che il pubblico non si concentrasse su di loro. In questo modo, alcune commedie Kabuki cominciarono ad utilizzare i kurogo, ideali per la loro simbolica “invisibilità”, per interpretare i ruoli di ninja. Alcuni studiosi ritengono che questo fenomeno abbia contribuito a diffondere l’ideale comune dei ninja come assassini vestiti di nero. Tuttavia, i ninja erano principalmente spie che si vestivano come persone normali proprio per non attirare le attenzioni su di sé.

Quale futuro per le donne nel teatro Kabuki?

Oggi esistono attrici donne all’interno del teatro Kabuki, ma purtroppo sono una piccola minoranza. Come abbiamo visto, il loro ruolo all’interno della storia di questa forma di teatro è stato fondamentale. Si spera, quindi, che un giorno le donne potranno tornare a ricoprire ruoli importanti in una tradizione che hanno loro stesse contribuito a creare.

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Approfondimenti: Hanami, l'ammirare i fiori

Tutti abbiamo sentito parlare di Hanami almeno una volta nella vita.
La primavera è alle porte e assieme al clima sereno e alla natura che torna a rinverdire gli spogli alberi, anche noi torniamo ad essere allegri e sorridenti. L’hanami è una tradizione giapponese che si celebra in questo periodo, e se volete saperne di più venite con noi e continuate a leggere per scoprire tutte le curiosità su questa ricorrenza!

Cos’è l’hanami

hanami sakura

photo credits: wikipedia.org

La celebrazione dell’hanami coincide con l’inizio della fioritura, in un lasso di tempo che va da marzo fino a maggio inoltrato. Il significato della parola ‘hanami’ viene tradotto con ‘guardare i fiori’, dove forse ‘guardare’ può essere sostituito con ‘ammirare’.

Sì, perché quella dell’hanami è una vera e propria usanza atta ad ammirare la bellezza degli alberi in fiore, in particolare dei ciliegi (sakura): i giapponesi amano perdersi a contemplare i bianchi e rosei petali di questa pianta, e spesso accompagnano le loro visite ai parchi con dei picnic all’ombra degli alberi più famosi del Sol Levante.

Ciò che suscita l’interesse del popolo nipponico nei confronti di tale festività e dei sakura, non è solamente lo splendore estetico di questi ultimi, ma anche il significato profondo che c’è dietro tutto ciò. Il ritorno colorato e radioso di madre natura durante la primavera simboleggia un ciclo che ci ricorda che dopo il grigiore e la tristezza dell’inverno segue sempre una stagione più felice e tranquilla. Allo stesso modo, tuttavia, anche quei mesi passeranno, per lasciare nuovamente spazio a tempi più difficili.

L’hanami insegna quindi a riflettere sulla caducità della vita, sulla bellezza passeggera, sulla ciclicità degli eventi di cui facciamo parte. Dobbiamo saper apprezzare quei fugaci momenti di quiete e meraviglia, ritenendoci fortunati.

La storia

hanami

photo credits: wikipedia.org

Quella dell’hanami, tra l’altro, è una tradizione molto antica e legata a doppio filo con gli alberi di ciliegio. Infatti, verso primavera, se c’era stato un buon raccolto, si era soliti piantare un sakura in onore del favore dei kami (le divinità del Giappone) e a testimonianza della fertilità e della ricchezza dei campi. Inoltre, il petalo di ciliegio, nella sua bellezza e nel fatto che prima o poi cade staccandosi dal ramo, è considerato perfetto. Questo lo ha reso protagonista di numerosi emblemi appartenenti a samurai, individui che a loro volta venivano reputati perfetti, in quanto valenti guerrieri che trovavano la propria realizzazione nella morte in battaglia, cadendo, appunto.

Da allora imperatori e gente normale hanno continuato a venerare e a rispettare i sakura, trovando nell’hanami l’apice di questa ammirazione. Oggi tale ricorrenza si celebra persino oltreoceano, e in Giappone il bollettino meteorologico avverte dove e quando avverranno le fioriture più abbondanti e suggestive del Paese.

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Libri Giapponesi: 10 uscite da non perdere nel 2022

Se c’è una cosa che le persone hanno riscoperto in questi anni è il piacere della lettura, quindi oggi condividiamo con voi alcuni libri giapponesi da non perdere in questo 2022.

Il 2022 è già ricco di tante sorprese letterarie e non c’è mai stato miglior momento per dedicarsi alla scoperta e riscoperta di autori giapponesi. Quindi bando alle ciance e buona lettura!

Libri giapponesi consigliati da Giappone in Italia

1. Longing and Other Stories di Junichiro Tanizaki (tradotto da Anthony H. Chambers e Paul McCarthy)

Libri giapponesi

Uno degli autori classici giapponesi, Tanizaki ha ammaliato e affascinato il cuore di moltissimi lettori in tutto il mondo. Questa raccolta presenta alcune delle sue prime opere e si concentra sul concetto di famiglia, in particolare fra madre e figlio. Uno dei libri giapponesi più interessanti per tutti quelli che vogliono approfondire il mondo di Tanizaki.

2. Il mio annientamento di Fuminori Nakamura (tradotto da Sam Bett)

Libri giapponesi

Questo è un libro dedicato a tutti gli amanti del genere dark thriller. Fuminori Nakamura ci regala una narrazione complessa presentate come un diario personale. Un grave crimine è stato commesso e fra resoconti e domande filosofiche e i lettori non potranno che stare sulle spine. Cosa sarà vero o cosa saranno semplicemente i pensieri mostruosi senza filtri di uno psicopatico? Non vi resta che leggere per scoprirlo.

3. Questo monaco porta i tacchi: Sii chi sei di Kodo Nishimura

Libri giapponesi

La nostra autenticità è tutto e questo libro di Kodo Nishimura ci fa capire ancora di più quando sia importante essere veri con noi stessi. Un approfondimento sul tema dell’auto-accettazione con consigli e insegnamenti buddisti. Questa guida di vita e spirituale vi incoraggerà ad esprimere il vostro vero io, senza paura e senza vergogna.

4. Di archi e cerchi di Marc Peter Keane

Libri giapponesi

Questa lettura è dedicata a tutti gli architetti appassionati di Giappone. Una lettura per elevare la conoscenza sui giardini, il design e l’estetica del Sol Levante. Keane, architetto statunitense, parla della sua esperienza nel progettare giardini e installazioni artistiche a Kyoto. Un libro che vi trasporterà nel mondo del Giappone dal punto di vista di un professionista del settore.

5. Woman Running in the Mountains di Yuko Tsushima (Tradotto da Geraldine Harcourt)

Essere donna nel mondo di oggi, specialmente in Giappone, non è semplice. Questo è un racconto accattivante di una madre single che sfida le convenzioni sociali, la famiglia crescendo il proprio figlio.

6. Don’t Worry: 48 Lessons on Relieving Anxiety from a Buddhist Monk di Shunmyo Masuno (tradotto da Allison Markin Powell)

Dopo la pandemia, i casi di depressione e ansia sono aumentati e questa è una lettura che potrebbe aiutare alcuni di voi. Le 48 lezioni di Masuno sono una combinazione di consigli amorevoli e detti Zen che vi aiuteranno se non a liberarvi a combattere le vostre ansie. Tutto parte da un semplice pensiero e prima lezione: smetti di paragonarti agli altri e il 90% delle tue ossessioni scomparirà. Uno dei libri giapponesi più consigliati per aiutare a combattere l’ansia e lo stress.

7. Il colore del cielo è la forma del cuore di Chesil (tradotto da Takami Nieda)

Questo è il diario di una diciassettenne, Ginny Park, che sta per essere nuovamente cacciata da scuola. Nei suoi pensieri lei riflette sulla sua vita in Giappone facendo parte di un’etnia coreana e sul motivo per cui se ne è andata da questa terra. Ispirato dai fatti personali dell’autore, questo libro ci regala uno sguardo sulla complessità dell’appartenenza e sul combattere i pregiudizi e l’odio.

8. The Shining Sea di Koji Suzuki

Il rinomato autore della serie Ring ritorna con un racconto da brivido sull’acqua. Una donna ha perso la memoria dopo essere quasi annegata e il suo compagno è in mare aperto. Qualcosa è successo tra loro, ma cosa?

9. Solo Dance di Li Kotomi (Traduzione di Arthur Reiji Morris)

Vincitore del Gunzo New Writers’ Award for Excellence nel 2017, Solo Dance è un’emozionante storia di coming-of-age sul crescere gay a Taiwan e in Giappone. Norie Cho, in superficie, è un’impiegata media di Tokyo. Tuttavia, vive una “vita non convenzionale” almeno per gli standard eteronormativi che la circondano.

10. The Thorn Puller di Hiromi Ito (tradotto da Jeffrey Angles)

Libri giapponesi

Il primo romanzo di Ito tradotto in inglese è un dettaglio umoristico e poetico delle complessità della vita interculturale. Il narratore si destreggia fra le sue due famiglie, separate da un oceano e da differenze culturali che sembrano impossibili da superare creando caos lungo la strada.

credits: Tokyo Weekender

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Approfondimenti: Kaizen, l'arte del cambiamento

Per chi di voi non sa cosa significhi la parola o il concetto di Kaizen, oggi andiamo a vederlo meglio!

Si dice che tra le uniche cose certe, nella vita, ci sia il cambiamento. E prima o poi, tutti noi ci andiamo incontro. Volenti o nolenti, che si tratti di uno stravolgimento del regime alimentare o di inseguire un sogno che avevamo nel cassetto.
Che sia per libera scelta o perché ci ritroviamo spalle al muro, arriva il momento di prendere una decisione e cambiare per il meglio. Ed è esattamente questo il significato della parola ‘kaizen’, in giapponese: un cambiamento buono, migliore.

Tuttavia, la strada che porta a questo traguardo può essere difficile, e se non abbiamo la giusta forma mentis e l’adeguata preparazione, il passo che ci spinge a gettare la spugna è breve. Qual è il segreto, quindi? Semplice, procedere per piccoli passi.

kaizen

photo credits: Wikipedia.org

I concetti fondamentali del Kaizen

Credere di riuscire a dare una svolta decisiva ed efficace alla nostra vita in breve tempo e con effetti immediati è sbagliatissimo. Chi si adopera avendo questo in testa si ritrova a fallire in men che non si dica. Quante volte, ad esempio, ci siamo detti: ‘Va bene, dopo le feste inizia la dieta e mi iscrivo in palestra’? E via ad imporci delle regole severissime da seguire subito e tutte assieme, come svegliarsi presto, fare estenuanti allenamenti, evitare certi tipi di cibo, e così via.

Nella maggior parte dei casi questa routine e queste rigide imposizioni non fanno altro che affaticarci più del necessario e scoraggiarci, perché non siamo in grado di sopportarne il peso tutto in una volta.

La chiave del kaizen è avanzare un piccolo trionfo dopo l’altro, senza fretta. Conviene quindi dividere il percorso che conduce al proprio obiettivo in piccole tappe, partendo dalle cose più semplici per poi arrivare in maniera naturale a quelle più complesse. Questo è tipico anche della filosofia shintoista, la quale sostiene che la vera energia di tutti gli esseri viventi è al culmine quando parte dal basso, dalle radici, fluendo gradualmente verso l’alto.

kaizen

photo credits: nationalday.com

I Benefici

Tenendo bene a mente che il processo di miglioramento di noi stessi è costante e non finisce mai, dobbiamo impegnarci ogni giorno ad essere sempre meglio, anche quando il nostro goal iniziale è stato superato.

I benefici del kaizen si faranno sentire tanto nel privato (con l’appagamento e la realizzazione personale, utile a combattere lo stress) quanto nell’ambito professionale. Questo tipo di pensiero si è diffuso in Giappone subito dopo il termine del secondo conflitto mondiale, portando marchi come Toyota a fiorire e a trovare un posto rilevante nel mercato. Alla base del successo dell’azienda, infatti, c’è stato l’aver seguito il kaizen, risolvendo i problemi analizzandoli a fondo e cercando di trovare una soluzione consona e non forzata dalle logiche aggressive della produzione di massa attuate dalla concorrenza, la quale non dialogava con i propri clienti e non riusciva a capirne le vere esigenze.
Solamente attraverso un’umile e attenta analisi introspettiva Toyota è riuscita a creare un metodo di lavoro personale e vincente e ad instaurare con i suoi stessi dipendenti un rapporto fatto di dialogo, comprensione e crescente capacità di problem solving. Un ambiente lavorativo sereno, ordinato e senza barriere gerarchiche ha portato colossi come Google, al giorno d’oggi, ad essere tra le più rinomate compagnie per via della sua mentalità aperta e del suo approccio creativo.

Questo a dimostrazione di come il cambiare mentalità anche nelle aziende porti ad enormi benefici, oltre che ad un benessere fisico e mentale.

photo credits: motto-jp.com

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Eventi del Mese


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Approfondimenti: La storia di Domokomo

Domokomo e la sua origine

 

credits:yokai.fandom.com/wiki

Domokomo è una figura del folclore giapponese, conosciuta soprattutto nel distretto di Enuma, Ishikawa, e in quello di Chiisagata, a Nagano. Il nome proviene dalla frase giapponese “domokomo naranai” ovvero nè questo nè quello. Questo yōkai ha l’aspetto di una figura con due teste e la sua prima rappresentazione risale all’opera Hyakki yagyo emaki (Matsui-Bunko).

Esiste una vicenda molto famosa che fa proprio riferimento a questa creatura!

La leggenda

Molto tempo fa c’erano due medici che si chiamavano rispettivamente Domo e Komo. Entrambi andavano in giro vantandosi di essere il miglior luminare del Giappone in quanto tutti e due possedevano un’abilità medica straordinaria grazie alla quale avevano guarito i casi medici più disperati. 

Un giorno i due decisero di sfidarsi: entrambi si fecero ferire ad un braccio promettendo che lo avrebbero ricucito in maniera così perfetta da non far vedere la cicatrice. La contesa si risolse brillantemente per entrambi, possiamo dire un pareggio. 

La sfida successiva riguardava il fatto di cucire una ferita alla testa. Nel giorno prestabilito un sacco di gente incuriosita si radunò intorno ai due sfidanti. I due medici si ferirono alla testa con incredibile sangue freddo davanti alle persone sbigottite da ciò che stava accadendo. In men che non si dica entrambi i medici riuscirono a curare le ferite in modo perfetto. La loro bravura impediva di fatto che la sfida si risolvesse. 

Fu allora che ebbero l’ennesima idea. Convennero che medicarsi a turno non era affatto stimolante e giunsero alla conclusione che avrebbero potuto strapparsi la testa nello stesso momento per poi vedere chi riusciva a riattacarsela meglio. Fu così che nel giro di qualche istante caddero entrambe le teste dei medici. Tuttavia sia l’uno che l’altro si trovarono in una situazione aberrante e ciò impedì di trovare qualcuno in grado di riattaccare le due teste. Non essendoci più nulla da fare, morirono entrambi. 

Pare proprio che la figura dello yokai Domokomo nacque proprio così! 

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Kanto Vs Kansai: Food Edition

Come in Italia, anche in Giappone esistono le rivalità fra i vari paesi e regioni, oggi vi parliamo di quella più famosa: Kanto vs Kansai.
Queste infatti sono due delle maggiori regioni del Sol Levante, corrisponderebbe al nostro nord e sud italia per intenderci. Proprio come qui da noi, ci sono delle “simpatiche rivalità” interne perché alla fine tutto il mondo è paese. Questo rapporto antagonistico non si limita solo ai vari accenti, architettura e cultura, ma sfocia anche nei vari cibi.

Sappiamo già che il Giappone, proprio come l’Italia, è un paese con una profonda cultura culinaria. A questo proposito, le due grandi regioni si sfidano a volte anche sulla stessa tipologia di piatti. Andiamo a scoprire quali!

Kanto vs Kansai: Il Brodo

Kanto vs Kansai soba Kanto vs Kansai udon

Photo credits: nytimes.com ; japancentre.com

Se dovessimo mangiare i famosi noodles nella regione di Kanto avremo molte più possibilità di trovare un brodo molto scuro. È una combinazione di katsuo-dashi (brodo fatto con scaglie di pesce bonito) e koikuchi (salsa di soia scura).
Al contrario, nel Kansai il brodo è più leggero e chiaro. Un liquido quasi dorato fatto con kombu-dashi (brodo a base di alghe) e utsukuchi (salsa di soia leggera).

Tuttavia, questa differenza non ha solo un fondamento estetico ma anche culinario. Infatti, il brodo scuro si sposa meglio con gli spaghetti soba, popolari nella regione di Kanto. Al contrario invece, quello chiaro del Kansai è perfetto per gli Udon, comuni in questa regione.

Tempura di pesce vs Tempura di verdura

Kanto vs Kansai tempura

Photo credits: wikipedia.org ; nhk.or.jp

Qualsiasi sia la nostra preferita, sempre di tempura si tratta.
Tuttavia, la tempura di Kanto è tradizionalmente fatta con il pesce, in quanto Tokyo si trova proprio su una baia. Fritta in olio di sesamo e servita con salsa dashi e salsa di soia scura, questa tempura è tipica della regione orientale del Giappone.
Se ci spostiamo a ovest invece, la tempura è tradizionalmente fatta con verdura cotto in olio vegetale. Spesso nel Kansai viene anche servita solo con il sale, proprio per non andare a coprire i sapori delicati delle verdure.

Voi quale preferite?

Onigiri triangolari vs Onigiri rotondi

Kanto vs Kansai onigiri

Photo credits: japancentre.com ;

Arriviamo agli Onigiri, una delle pietanze più conosciuti del Giappone. Le troviamo preparate in tutti i modi e spesso sono disponibili nei kombini che offrono diverse scelte. Ma lo snack preferito dai giapponesi in passato cambiava forma a seconda delle regioni.
Infatti, nella regione di Kanto la tipica forma era triangolare (lo è tuttora). Si dice che questa forma derivi dal fatto che per i Samurai fosse più facile trasportarlo.
Nel Kansai invece, dove l’attività feudale era inferiore, si optò per una forma più rotonda. Qui infatti andare a teatro era l’attività preferita del popolo che, nei bento, portava proprio questi onigiri rotondi.

Sushi: Nigiri vs versione quadrata

Kanto vs Kansai sushi Kanto vs Kansai

Photo credits: Flickr ; techprincess.it

Eccoci arrivati ad uno dei dibattiti che sicuramente ancora oggi scatena gli animi: Il sushi.
Forse non sapevate che il nigiri sushi è anche chiamato sushi edomae. Il vecchio nome di Tokyo era Edo, e “mae” significa “di fronte”, ora vi spieghiamo a cosa serve questa nozione.

Quando Tokyo divenne la nuova capitale del Giappone, la città cominciò ad ospitare un grosso flusso di lavoratori. Questo portò allo sviluppo dei primi fast food e ai tempi il riso condito con i frutti di mare freschi presi direttamente dalla baia era la soluzione perfetta.

Al contrario, nel Kansai si era solito portare il sushi a casa più che mangiarlo fuori. Tuttavia all’epoca non esistevano frigoriferi. Quindi per conservare meglio la pietanza durante il trasporto, il riso e i condimenti venivano pressati insieme in una scatola. Il sushi in stile Kansai è chiamato oshizushi (sushi pressato).

Kanto vs Kansai: Unagi di pancia o di schiena

Kanto vs Kansai unagi

Photo credits: japantimes.co.jp

Unagi è l’anguilla ed è molto popolare in tutto il Giappone. Tuttavia le due regioni hanno modo diversi di prepararla.

Gli chef del Kansai tagliano l’anguilla lungo lo stomaco, la aprono piatta e la grligliano.
Invece nel Kanto, l’unagi viene tagliata lungo la schiena. Questo succede sempre perchè in passato la regione di Kanto è stata segnata da molte battaglie dell’era feudale. Il taglio lungo lo stomaco ricorda infatti il rito del seppuku, il suicidio rituale praticato dai samurai.

Monjayaki vs Okonomiyaki

Kanto vs Kansai monjayaki Kanto vs Kansai okonomiyaki

Photo credits: gettyimages.iti ; tripadvisor.it

Conosciamo tutti l’ormai famoso okonomiyaki ma forse il suo corrispettivo del Kanto detiene ancora un po’ di mistero. Entrambe sono molto simili in linea di principio, ma queste frittelle di farina e cavolo cotte su una piastra in ghisa hanno piccole differenze.
Il più famoso, l’okonomiyaki del Kansai, ha una forma solita, condita con salsa barbecue in stile giapponese, maionese e scaglie di pesce bonito.
Il suo cugino del Kanto invece, il monjayaki, ha una pastella liquida e quindi rimane molto più morbido.

Tuttavia, entrambe i piatti hanno una cosa in comune: sono perfetti gustati con una birra ghiacciata e in compagnia!

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Imparare il giapponese con i manga!

Il giapponese è una lingua molto interessante e oggi vi svegliamo una tecnica per imparare il giapponese con l’utilizzo dei manga!

Tanti di noi vorrebbero imparare a parlare il giapponese alla perfezione, ma a volte non è così semplice. Riuscire ad ottenere capacità di conversazioni base però è forse più semplice di quanto pensiamo. Guardare film in lingua originale aiuta tantissimo, ma anche leggere manga non è da meno! Infatti, ai principianti viene spesso consigliato di iniziare a imparare il giapponese con i manga più semplici, quelli dedicati ai bambini per esempio. Qui infatti il testo è spesso scritto in hiragana, i caratteri più semplici. Ma non vi scoraggiate, ogni manga ha un suo genere quindi ci sarà per tutti la possibilità di imparare secondo i propri gusti.

Imparare il giapponese con i manga, scopriamoli tutti!

Quindi senza ulteriori indugi, ecco qualche consiglio per aiutarvi nello studio!

Doraemon

Un classico della letteratura e cultura otaku giapponese, di certo non poteva mancare l’iconico gatto robot! Classico creato da Fujiko F Fujio negli anni ’60, questo manga per principianti racconta la storia di Nobita, studente un po’ pestifero, e un gatto robot chiamato Doraemon, inviato dal futuro per aiutarlo!

Le avventure di Nobita diventano sempre più divertente anche grazie alle infinite eccentriche invenzioni che Doraemon tira fuori dalla sua tasca senza fondo!

Insomma, un connubio tra simpatia e semplicità per tutti coloro che decidono di approcciarsi allo studio della lingua giapponese.

Detective Conan

imparare il giapponese con i manga

Uno studente liceale di alto livello che nel tempo libero si trasforma in un moderno Sherlock Holmes. Questo è Shinichi Kudo, protagonista del manga Detective Conan. Eccezionalmente intelligente e astuto nel risolvere i crimini della città, il protagonista viene avvelenato da un sindacato del crimine chiamato Organizzazione Nera.
Tuttavia, invece che uccidere Kudo, la sostanza lo trasforma in un bambino delle elementari, pur mantenendo inalterate la sua memoria e i riflessi.

Questa serie è ottima sia per bambini ma anche per tutti i fan dello stile mistery.

imparare il giapponese con i manga: Shirokuma Cafe

imparare il giapponese con i manga

Un café che serve sia umani che animali? Si tutto è possibile in Shirokuma Cafe grazie ad un simpaticissimo orso polare! Assieme ad un panda maldestro e un pinguino cinico, questo manga racconta di spaccati di vita quotidiana.
Grazie ai testi semplici e brevi, questo è un manga adatto ai lettori che non solo si approcciano alla lingua ma anche a questo genere di letture per la prima volta.

Death Note

imparare il giapponese

Rivelazione del genere thriller, Death Note ha ridefinito i canoni di questi temi in versione manga. Scrivendo un nome sulle pagine del quaderno, il proprietario ha la capacità di controllare esattamente quando e come una persona morirà.
Tradotto in tutte le lingue, il susseguirsi di avventure e storie emozionanti vi terrà incollati alle pagine e vi aiuterà a imparare il giapponese a velocità record!

Kiyo a Kyoto

imparare il giapponese

Se come tanti siete appassionati non solo di manga ma anche della cultura tradizionale, questa è la lettura che fa per voi. Scritto e illustrato da Aiko Koyama, questo manga vi darà la possibilità di comprendere meglio il mondo delle geisha e maiko moderne.

La storia parla di Kiyo, un’adolescente che si è trasferita a Kyoto per lavorare come cuoca. Quando si imbatte nella sua amica d’infanzia Sumire, la protagonista scopre che l’amica si sta allenando per diventare una maiko. Mentre le due ragazze approfondiscono il loro mestiere, i lettori acquisiscono una comprensione più profonda della cultura di Kyoto.

Quale di questi manga leggereste?

Ispirazione: timeout.com

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Approfondimenti: la leggenda di Hanako san

La storia di Hanako san

Hanako san è un personaggio del folclore giapponese nonché leggenda molto popolare tra i bambini e gli adolescenti. Quest’ultima narra di una bambina di nome Hanako il cui fantasma dimora nelle toilette delle scuole giapponesi. Il suo soprannome è infatti toire no Hanako san, ovvero, Hanako san della toilette. Ci sono diverse versioni di questa leggenda. Secondo quella più diffusa, Hanako apparirebbe nei gabinetti femminili delle scuole, di solito nella terza cabina e per questo le sue vittime sarebbero le studentesse che si recano nel bagno da sole. Pare sia anche possibile interagire con lei bussando alla porta chiusa del gabinetto deserto. Se le si chiede:” Hanako san, ci sei?” dall’altra parte è possibile udire la sua voce mentre risponde di sì. Una volta evocata, Hanako tenterà di trascinare la vittima in bagno, portandola con sé all’inferno. Tuttavia, non tutte le versioni della leggenda vedono Hanako come demone di cui avere timore. Secondo altre leggende è paragonata ad una sorta di mascotte soprannaturale della scuola.

credits: gegegenokitaro.fandom.com

Le origini

Anche l’origine della leggenda ha diverse versioni. Secondo la maggior parte di esse, Hanako sarebbe il fantasma di una bambina morta a scuola in seguito ad un suicidio perché vittima di bullismo. Un’altra versione racconta che Hanako è morta nelle toilette della scuola dove si era nascosta a causa di un bombardamento durante la Seconda Guerra Mondiale.
Una possibile spiegazione psicologia dietro questa leggenda potrebbe risiedere nello stress e nella pressione che subiscono gli studenti giapponesi durante il periodo scolastico, personificati dalla figura inquietante di Hanako. A questa figura sarebbero inoltre legati episodi importanti e traumatici che le ragazzine sperimentano come il periodo della pubertà e l’arrivo del primo ciclo mestruale.

Significato degli spazi

Hanako san non è l’unica leggenda ambientata nelle toilette. Secondo le credenze popolari giapponesi, gli spiriti e i fantasmi sono soliti abitare nella stanza più piccola dell’edificio. Il bagno infatti in Giappone, inteso come stanza dove si trova il gabinetto, è situato distaccato dalle altre stanze in un angolo più nascosto della casa. Inoltre, lo scarico della toilette è accostato alla figura del pozzo.  Si tratta della materializzazione di quel luogo tramite cui i morti si mettono in contatto con i vivi. Anche le scuole sono spesso il teatro di spettrali leggende di yōkai. L’ambiente scolastico funziona come una piccola comunità, dove la leggenda viene passata da studente a studente e da generazione a generazione. Spesso è infatti il senpai, lo studente più grande, a tramandare la storia al kōhai, lo studente più piccolo. La storia può essere quindi reinterpretata e ricreata in base ai bisogni e le ansie del gruppo. Questo è il motivo per cui esistono diverse versioni della storia di Hanako, tanto famosa da diventare protagonista di un manga e di due film.

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Approfondimenti: in cucina con lo studio Ghibli, l'okayu della Principessa Mononoke

L’okayu è una sorta di porridge di riso che i giapponesi danno soprattutto ai bambini o a chi è malato, in quanto ritenuto alimento curativo e facile da digerire (per maggiori info sul riso vi invitiamo a leggere il nostro articolo dedicato).

Nel film d’animazione La Principessa Mononoke, il protagonista Ashitaka è prigioniero di una maledizione lanciatagli da un demone. Consultata la sciamana del villaggio, Ashitaka apprende che il maleficio lo porterà alla morte perciò decide di lasciare la terra natale alla ricerca di una possibile cura. Durante il suo viaggio incontra Jiko, un monaco errante che confida al protagonista di essere un Dio della foresta, chiamato in giapponese shishigami.
I due condividono insieme un pasto in mezzo ai resti di un villaggio devastato dagli spiriti e il monaco serve al ragazzo proprio l’okayu.

credits: dubsub.blogspot.com

La ricetta: gli ingredienti

4 Uova
Dado granulare di pollo (basta un cucchiaio)
Pasta di miso (un cucchiaio)
60g di riso
Gambi di coriandolo (da 1 a 3)
1 pizzico di pepe
1 pizzico di cipolla fritta in scaglie

La ricetta: cucinare il piatto

Fate bollire 1 litri d’acqua in una pentola. Nel frattempo preparate una frittata con un uovo e fatela cuocere 2-3 minuti a fiamma alta.  Toglietela dal fuoco e tagliatela a listarelle.

Quando l’acqua bolle aggiungete il dado granulare di pollo, la maizena diluita, 3 uova sbattute e la pasta di soia a pezzetti in modo che si sciolga più facilmente.

In un’altra pentola piena d’acqua bollente fate cuocere il riso per 15 minuti. Una volta pronto scolatelo, versatelo nel brodo e proseguite la cottura a fuoco lento finché non sarà diventato una sorta di porridge.

Versate la zuppa in una scodella. Infine guarnite con le listarelle di frittata e spolverate con coriandolo, pepe, cipolla fritta in scaglie.

Ecco che otterrete così una variante molto gustosa di okayu! Provatela e condividete sui vostri social con @giapponeintalia le vostre varianti! Non vediamo l’ora di vedere cosa avete cucinato!

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Tradizioni di Natale in Giappone - Luminarie di Kobe

Nonostante il Giappone non sia una popolazione interamente cristiana, il Natale è comunque una festa molto sentita dai giapponesi.

Natale
Photo credits: jrailpass.com

Mercatini, luminarie e tradizioni uniche che si possono trovare solo in Giappone… diamo uno sguardo a come i giapponesi festeggiano questi giorni!

Qui in Italia esiste il detto “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi” beh, in Giappone non è esattamente così. Il Natale è il momento da trascorrere con gli amici, tra feste e divertimenti con svariati cibi e bevande! La Vigilia di Natale è, addirittura, definito il giorno più romantico dell’anno, siamo davanti alla versione giapponese di San Valentino. Cene romantiche, regali, il sentimento di coppia arriva prima di tutto e nel caso tu non avessi un partner, è meglio stare a casa e non farsi vedere in giro da solo.

Tradizioni natalizie giapponesi

Il cibo a Natale
Come dicevamo, il Natale in Giappone è conosciuto non come una tradizione religiosa, bensì come un momento per diffondere la felicità e per farlo ci sono cibi deliziosi come la torta di Natale giapponese o “kurisumasu keki”. Venduta praticamente ovunque da Hokkaido a Kyushu, questo dolce è leggero e spugnoso con un ripieno di panna montata e glassa, sormontato da fragole rosse perfettamente tagliate. Questo delizioso dolcetto natalizio è anche visto come un simbolo di prosperità da quando il Giappone è risorto dalle rovine dopo la seconda guerra mondiale.

Natale
Photo credits: jrailpass.com

Ma il più grande pasto natalizio del Giappone si trova da KFC.
Ogni Natale, sembra che ben 3,6 milioni di famiglie giapponesi ricevano il loro pasto natalizio da Kentucky Fried Chicken. La domanda è così alta che la gente inizia a fare gli ordini per il menu speciale di Natale con sei settimane di anticipo!

Illuminazioni natalizie

L’intero paese impazzisce per le luminarie! Centri commerciali, ristoranti e aree pubbliche hanno le più incredibili esposizioni di luci che si possano immaginare e che portano l’atmosfera natalizia a tutti i presenti e stiamo parlando sia di piccole luminarie che di spettacolari proiezioni audiovisive.

Natale
Photo credits: jrailpass.com

I punti di riferimento più famosi e popolari con le loro illuminazioni festive uniche, sono per esempio la stazione di Tokyo, l’acquario Kaiyukan a Osaka, l’onsen vicino a Nagashima, Nabana no Sato e la città di Kobe.

Kobe Luminarie light festival

Natale
Photo credits: therealjapan.com

Kobe Luminarie è un festival annuale che si tiene a Kobe, ogni dicembre dal 1995 come commemorazione del grande terremoto Hanshin di quell’anno. Il festival Kobe Luminarie vuole assicurarsi che le vittime del Grande terremoto non siano dimenticate, raccogliendo anche fondi per beneficenza e offrendo uno spettacolo incredibile diverso ogni anno. Le luminarie di Kobe sono nate come segno di speranza: il terremoto del 1995 ha distrutto la rete elettrica di Kobe, facendo precipitare la città nell’oscurità. Le prime luminarie sono state progettate per illuminare la città ancora una volta, dando speranza agli abitanti di Kobe.

Questo stupefacente festival attira milioni di visitatori a Kobe nel mese di dicembre ed è un must-see dell’ inverno giapponese!
Le strade principali, chiuse al traffico per permettere ai visitatori di vedere le luci nel modo migliore possibile, sono fiancheggiate da alberi adornati con luci bianche mentre sistemi di altoparlanti pubblici diffondono musica. Sembra di entrare in un mondo magico, uno di quelli delle favole.

Natale
Photo credits: therealjapan.com

Cominciamo il nostro viaggio, per ora virtuale, immersi nelle luminarie di Kobe!

Parco Higashi Yuenchi
L’iconico tunnel di luci, corre per diversi isolati verso il Parco Higashi Yuenchi al culmine del Festival. Come tutte le esposizioni, varia ogni anno, ma è sempre uno spettacolo degno di nota. Immergetevi nei festeggiamenti! Giovani coppie che scattano selfie, famiglie in posa per le foto, bambini che non riescono a controllare la loro felicità.

Natale
Photo credits: therealjapan.com

Natale
Photo credits: therealjapan.com

Mercatini di Natale giapponesi

A Natale, il Giappone mostra i tipici mercatini dall’inizio alla fine della stagione invernale. Visitando il Giappone in questo periodo, potrai trovare di tutto, dai delicati ornamenti per l’albero al vin brulé. Un mercatino di Natale molto importante e significativo è quello di Tokyo e anche quello di Sapporo.

Un altro posto molto interessante a Natale è Tokyo Disneyland, in cui sia gli ospiti internazionali che quelli locali potranno godersi l’evento speciale “Christmas Fantasy”, che ha come tema “libri di storia pieni di divertimento natalizio dei Disney Friends”.
Questo evento offre agli ospiti un felice e fantastico Natale in stile Disney, con fuochi d’artificio, merchandising speciale, caramelle e uno speciale e delizioso menu di Natale.

Shopping natalizio in Giappone

Come abbiamo detto all’inizio, lo scambio di regali alla vigilia di Natale è cominciata come tradizione tra le coppie fino ad estendersi oltre è diventato una tradizione tra coppie! Il Giappone ha il suo proprio giorno in cui si scambiano i regali a dicembre, una sorta di Babbo Natale segreto giapponese.

Insomma, a fine articolo possiamo confermare che il Natale anche per il Giappone è un momento di festa sfrenata, magari poco religioso, ma sicuramente molto improntato sull’aggregazione. Noi di Giappone in Italia stiamo aspettando di poter godere questo momento nuovamente, venite con noi?

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