Armature - Spada giapponese - Kendo

Sabato 5 febbraio, ore 16.00 - 19.00

Presso Il Ciani

Viale Cattaneo 5

Conferenza sulla spada giapponese: Token Conferenza sulle armature: Yoroi e Tosei Gusoku. Storia ed evoluzione Dimostrazione di Kendo

Conferenza sulle armature: Yoroi e Tosei Gusoku. Storia ed evoluzione

Giuseppe Piva

Per sette secoli il Giappone è stato governato da una casta militare - i bushi ovvero la classe dei samurai – che ha lasciato di fatto all’imperatore una sovranità di tipo sacerdotale. L’abbigliamento da guerra dei samurai è quindi sempre stato considerato, anche in periodo di pace, come un importante segno di comando e di condizione sociale. La necessità di distinzione della casta di potere ha talvolta, a seconda dei periodi storici, prevalso sulla funzione protettiva dell’armatura, portando alla realizzazione di armature dalla bellezza stupefacente, impreziosite da ornamenti di pregevole fattura.

La ô-yoroi (letteralmente “grande armatura”) è l'equipaggiamento del periodo medioevale utilizzato esclusivamente a cavallo: bellissima ed estremamente complessa, rappresenta il modello di eleganza anche per i periodi successivi, quando cadrà in disuso. Con l’arrivo della tosei gusoku, l’armatura “moderna”, non si ha infatti una completa progettazione ex novo delle parti bensì una modifica dei modelli che erano stati concepiti nei secoli precedenti. Più agevole in battaglia, ma anche più resistente e confortevole, questo nuovo equipaggiamento venne sviluppato nel XVI secolo, quando in Giappone vennero  introdotte le armi da fuoco, cannoni ed archibugi, ad opera dei portoghesi; non più archi e spade, quindi, ma pallottole di piombo che rivoluzionarono sia il combattimento sul campo di battaglia che le strategie militari di più largo respiro. Concepita per far fronte a una situazione di guerra civile, paradossalmente l’armatura moderna rimase in voga anche per il successivo periodo di pace, diventando un importante simbolo di status sociale e non più un mezzo di difesa. Lo sfarzo di lacche e legature colorate, l’impiego di bordure e ornamenti cesellati e dorati e la continua ricerca di decori insoliti sono la principale caratteristica delle armature tosei gusoku del periodo Edo (1615-1867), con un progressivo riavvicinamento ai motivi decorativi delle o-yoroi medievali.Leggere di più


L’aikidō – terza parte

La via, .

Il concetto che i giapponesi esprimono con i termini dō o michi, la via, si basa sul concetto del Dao arrivato in Giappone dalla Cina. Il significato originario cinese, andò modificandosi sia a contatto con le credenze autoctone giapponesi, sia per esigenze sociali e politiche della classe egemone, che sintetizzò dagli elementi cinesi un modello di pensiero compatibile con la società feudale giapponese.

Accanto all’essenza filosofica ed etica del dō, si possono trovare elementi religiosi, sebbene il d. non costituisca di per sé una religione.

Il Dao, come dō fu inteso dai giapponesi come “la via” o “la strada” da seguire nella vita. Questa via e infinita e profonda. È lunga, ripida, e piena di numerose difficoltà. Deve quindi essere percorsa come un mezzo di auto-educazione che porterà alla fine all’auto-perfezione.

Il concetto di dō è versatile. Prende la forma di una gran varietà di discipline pratiche, strettamente associate alla vita giapponese. Tutte queste discipline sono sfide finalizzate al raggiungimento di un migliore modo di vita, e sono basate sulla convinzione che un uomo non sia un essere completo se non ha fatto sufficiente esperienza di dō.Leggere di più


Vocabolarietto Zen

Dokusan: riunione a quattr'occhi di allievo e Maestro nell'isolamento della stanza del secondo; una componente fondamentale dello Zen Rinzai.

Roshi: un venerabile Maestro, sia esso monaco o laico, donna o uomo.

Mondo: un dialogo sul buddhismo o un problema esistenziale tra Maestri o tra Maestro e allievo.

Inka: un suggello di illuminazione; la conferma ufficiale, da parte di un Maestro, che un allievo ha portato a termine l'addestramento.


L’aikidō – seconda parte

L’energia, ki

Se armonizziamo i nostri movimenti al flusso dei sensi ottenuto mediante gli esercizi di respirazione, la nostra pratica diventa un metodo avanzato del fluire del ki. Ogni individuo è dotato di una particolare fonte di energia, in giapponese ki, che deve poter scorrere liberamente nel corpo, senza incontrare blocchi muscolari che ne impediscano il flusso. Attraverso la pratica dell’aikidō l’individuo impara a utilizzare correttamente questa energia che gli permette di sciogliere i legami di dipendenza con il mondo esteriore per riavvicinarsi alla propria natura interiore.

Bisogna concentrarsi sul centro in cui si sviluppa tale energia, il ventre (hara).

Tramite la respirazione (koky), l’allievo impara a entrare meglio in contatto con i propri desideri più profondi e con le proprie difficoltà interiori. Quando il corpo sarà libero da blocchi, allora il ki ben sviluppato nell’addome potrà diffondersi in tutto il corpo, permettendo la giusta esecuzione delle tecniche. Nell’aikidō. il ki si armonizzerà con quello dell’avversario.Leggere di più


L’aikidō – prima parte

La struttura essenziale della disciplina marziale e spirituale messa a punto da Ueshiba Morihei attraverso un percorso di elaborazione personale che dura decenni, può essere analizzata a partire dal nome stesso: aikidō che in giapponese è composto dai tre ideogrammi: ai che significa unione, ki  energia e - la via.

L’armonia, ai

Il fondatore dell’aikidō nei suoi ultimi anni comincio ad associare l’ai di aikidō, armonia, all’ai di amore. Dalla pratica di uno deriva l’altro.

L’enfasi sull’armonia dell’aikidō richiama senz’altro la posizione pacifista di Onisaburō.

L’aspetto più importante e che si venga a creare una totale assimilazione (unione) con il partner, piuttosto che proiettarlo o immobilizzarlo. Dal punto di vista tecnico, ciò implica che occorre trattare con cortesia e attenzione le braccia e il corpo del compagno, come se fossero la propria spada o la propria lancia (similmente a ciò che rappresenta il pennello per un pittore o un calligrafo oppure il proprio strumento per un musicista).

Grazie a questo metodo di pratica, che a prima vista si discosta dai metodi delle altre forme di budō, è possibile sviluppare un tipo di allenamento di base che permette di affinare il principio dell’animo che non si confronta, e di effettuare il controllo dei propri sensi. La seguente citazione tratta dai discorsi di Ueshiba Morihei, chiarisce il punto di vista del fondatore:

L’amore non è lotta.

Ai (amore) non è lotta. Nell’amore non ci sono nemici. Colui che pensa di un altro che sia il nemico, colui che sta sempre lottando con qualcuno, e fin dall’inizio lontanodallo spirito/mente dell’Universo. Le persone che non riescono a raggiungere l’unione con lo spirito/mente universale non potranno mai ottenere l’armonia con i movimenti dell’Universo. Se non fosse cosi, lo sforzo marziale di ogni persona non sarebbe il vero bu, ma piuttosto il bu della distruzione. (continua)

Chiara Bottelli, nipponista, si occupa di turismo responsabile e artigianato


Alla radice del tutto: il TAO

TAO, letteralmente significa “VIA”o “CAMMINO” intesa come condotta di vita tracciata dal saggio, dal sovrano, capace di realizzare un ordine totale conforme all’ordine celeste.

Il TAO, è la potenzialità non ancora espressa, la matrice dell’universo.

Quando di parla di TAO, s’intende qualcosa di inesprimibile, è il “caos originario”, l’unità indifferenziata, ma feconda da cui nasce la vita.Leggere di più


Antiquariato giapponese

Yukinoshita tosei gusoku

Armatura in stile Sendai

Kabuto: Firmato Myochin Ujiie saku

e datato agosto 1527

Gusoku: metà del periodo Edo (1615-1867), XVIII secolo

Il kabuto incorpora un coppo (bachi) più antico. Si tratta infatti di un elmo firmato da Myochin Ujiie, indicato dalle genealogie ufficiali della famiglia Myochin come secondo figlio e allievo del celebre Nobuie. Tra le caratteristiche di questo fabbro si evidenziano una larga visiera (mabizashi) e una forma leggermente spiovente.

Il  costruito secondo lo stile della provincia di Sendai, inventato durante il XVII secolo da un armaiolo di nome Yukinoshita: la corazza  realizzata in cinque parti incernierate e legate senza l'utilizzo dei tradizionali nastri di seta, per essere più resistente ai colpi degli archibugi. Questo esemplare, costruito in epoca più tarda e quindi con più attenzione verso i dettami estetici, presenta invece una piastra frontale con la parte superiore (munaita) staccata da quella centrale e legata in kebiki odoshi. Il fronte  decorato in lacca con un drago arrotolato, mentre su tutta l'armatura sono presenti applicazioni metalliche (kanamono) di alto livello, realizzate a traforo  in oro e shakudo.

Altri elementi costruttivi degni di nota sono i sode di grandi dimensioni sulle spalle e le protezioni per braccia a stinchi (kote e suneate) di tipo tsutsu, a larghe piastre avvolgenti.

Giuseppe Piva

www.giuseppepiva.com


Maiko Ichimame

Nel 2008, ai tempi della mia tesi, Ichimame era  una Maiko di Kamishichiken che da un paio d’anni curava un blog dove annotava gioie e dolori della vita all’interno del mondo fluttuante. Raccontava di estenuanti prove per gli spettacoli primaverili ma anche la soddisfazione per gli spettacolo ben riusciti, e poi particolari sulle ricorrenze, usi e costumi di questo mondo riservato a pochi. È riuscita a far entrare un pizzico di modernità in una realtà completamente anacronistica come quella delle case da tè. Inizialmente il blog era solo in giapponese ma data la grande richiesta di utenti di internet occidentali, ha deciso di farlo tradurre in inglese.

Oggi è ormai una Geiko affermata del quartiere di Kamichichiken. Da qualche mese prima del suo Erikae (cambio del collare e passaggio da Maiko a Geiko) nella primavera del 2009, ha smesso di aggiornare il blog per dedicarsi a tempo pieno alla sua preparazione per questo importante obiettivo.
Per qualche tempo il blog è passato ad Ichimomo, un'altra Maiko dell'okiya "Ichi" di Kamishichiken. http://www.ichi-kyoto.jp/index.php?catid=3 , ma da qualche mese è fermo, probabilmente per i molti impegni che sia Ichimomo che Ichimame hanno quotidianamente.

Francesca Gambera


Il fondatore dell’Aikidō: Ueshiba Morihei (1883-1969)

Ueshiba Morihei nacque il 14 dicembre 1883 a Tanabe nella regione di Kii, da una famiglia di facoltosi agricoltori. Tanabe si trova nell’attuale prefettura di Wakayama, nel famoso distretto di Kumano, un’area associata alle più antiche tradizioni del misticismo giapponese e che si diceva fosse la porta verso il divino: i santuari di queste montagne erano considerati come i luoghi più sacri del Paese.

Numerosi jinja sparsi nella campagna custodivano la grande divinità della montagna di Kumano; nel corso dei secoli centinaia di asceti (hijiri) si erano purificati sotto le sacre cascate di Nachi, casa degli onnipotenti Re Dragoni; la mitologica figura di En no Gyoja, patriarca degli asceti della montagna (yamabushi), praticava in quei luoghi; inoltre si credeva che Kōbō Daishi, maestro del buddhismo tantrico e fondatore della scuola Shingon fosse ancora vivo e predicasse sul picco del mandala del Monte Kōya, aspettando l’alba di una nuova era con l’arrivo del Buddha Miroku, il Buddha Illuminato del futuro. Morihei fu cosi immerso fin dalla nascita in un’atmosfera nella quale il soprannaturale, il misterioso,il divino erano presenti e palpabili.Leggere di più


Geisha: Peter MacIntosh

Peter MacIntosh è canadese e da anni vive a Kyoto. È un grande appassionato del mondo fluttuante e grazie al suo blog, è possibile recuperare preziose informazioni, oltre che foto e video interessanti.

Possiede il bar Hanagumo dove è possibile essere serviti dalle Geisha e Maiko di Gion.

Inoltre da molti anni organizza tramite il sito www.kyotosightsandnights.com degli Zashiki per turisti, non eccessivamente costosi.

Peter MacIntosh cerca di far avvicinare la cultura delle Geisha ai turisti che non hanno la possibilità economica o le giuste conoscenze per potervi accedere autonomamente.

Francesca Gambera