Furoshiki: cento usi di un quadrato di stoffa
Volantino ufficiale distribuito dal Ministero per l’Ambiente nel 2006
L’arte giapponese di avvolgere contenere, trasportare oggetti di ogni forma: un’alternativa elegante ed ecologica per preparare originali pacchi dono.
La sensibilità verso l’ambiente cresce e tornano in voga materiali e abitudini antiche, di cui si riscopre la modernità. Dal Giappone si fa strada anche in Europa, tra le altre cose, l’interesse per il FUROSHIKI, l’arte di imballare e trasportare le cose piegando e annodando un telo di stoffa.
Il furoshiki non è altro che un quadrato di stoffa; piegato e annodato in vari modi diventa di volta in volta borsa, imballaggio, contenitore, adattandosi a oggetti di ogni forma e mantenendo sempre stile ed eleganza.
È un oggetto che dimostra la raffinatezza e il gusto estetico così sviluppati della cultura giapponese. Scegliere e annodare un furoshiki è diventata un’arte che si tramanda di generazione in generazione.
Non basta un pezzo di stoffa qualsiasi, è importante scegliere il colore, il disegno e il tessuto secondo l’occasione. Un regalo, ad esempio, richiede un furoshiki di seta, magari decorato con motivi tradizionali.
Dalle dimensioni della tela al disegno che lo impreziosisce, dalla tipologia del tessuto fino alle sfumature del suo colore, ogni dettaglio risponde a un preciso significato: la scelta del furoshiki, insomma, non si può improvvisare.
Originariamente utilizzato come fagotto per trasportare gli abiti puliti al bagno pubblico, esistono traccie storiche dell’esistenza del furoshiki già a partire dal periodo Muromachi (1392-1573) quando i cortigiani erano soliti portarlo con sé al grande edificio termale costruito dal Generale Yoshimitsu Ashikaga. Noto con il termine di hirazutsumi, questo antenato del furoshiki serviva a contenere il cambio di abiti da indossare dopo il bagno.
È nel periodo Edo (1683-1868) però che diffondendosi ormai anche tra i semplici cittadini l’abitudine di frequentare i bagni pubblici, il fagotto per i vestiti assume il nome di furoshiki, combinando appunto la parola furo (bagno) e una forma del verbo shiku che significa stendere. Il grande fazzoletto conserva anche nelle epoche successive la sua funzione principale ma lentamente le sue dimensioni cambiano, adeguandosi alle misure di qualunque oggetto si voglia donare o trasportare in modo pratico. Una curiosa abitudine era anche quella di tenere un furoshiki allestito con articoli di prima necessità sotto al futon, per essere pronti ad una rapida fuga in caso di incendio o terremoto.
Le dimensioni di questo quadrato di stoffa variano dai 50 cm fino a più di due metri, per riporre i futon invernali durante l’estate.
Di solito l’oggetto da avvolgere viene posto al centro del furoshiki, diagonalmente. Se ha una forma allungata, la stoffa che avanza ai lati viene piegata per bene attorno ad esso, prima da una parte e poi dall’altra nella direzione opposta.
C’è una legatura per trasportare bottiglie, una per i libri, gli oggetti tondi come l’anguria, la spesa giornaliera, un regalo e mille altre cose. Il furoshiki può essere di cotone, di seta, di tessuto sintetico. Multicolore o in tinta unita, double face, dipinto a mano, stampato con le fantasie inesauribili della tradizione nipponica. Cucito a mano o a macchina, a buon mercato o costosissimo data la varietà dei tessuti.
Il revival del furoshiki ha anche una dimensione ufficiale, è stato infatti promosso dal Ministro per l’Ambiente giapponese, che ne ha suggerito l’uso quotidiano come alternativa ecologica all’utilizzo delle borse di plastica. L’iniziativa è stata denominata “Mottainai Furoshiki”.
L’espressione “mottainai” significa “non sprecare”; si tratta di un termine ripreso da buddihsmo che fa riferimento all’essenza delle cose: tutte le cose hanno un anima, sono lo spirito (kami) del materiale di cui sono state create; gettarle o sprecarle vuol dire non rispettare la loro anima. Dopo lo sfrenato consumismo dell’epoca moderna, la campagna pubblicitaria della Ministra Yuriko Noike rientra nell’obiettivo di aumentare la consapevolezza contro gli sprechi e promuovere il riciclaggio, rifiutando nei negozi le confezioni in eccesso, riducendo gli sprechi dell’imballaggio con un oggetto riutilizzabile.
Avvicinarsi alla filosofia del furoshiki, inoltre, non è solo un vantaggio per l’impatto ambientale ma significa anche ritrovare la bellezza nei gesti semplici e quotidiani con fantasia e creatività.
Così il furoshiki non è soltanto un pratico accessorio eco friendly, ma può diventare un’alternativa elegante e originale anche alle classiche borse di pelle.
La Libreria Azalai di Milano propone già da un anno serate-laboratorio dedicate a imparare le principali piegature e legature del furoshiki secondo la tecnica tradizionale giapponese.
Iscrizioni e informazioni presso:
Libreria Azalai, Via G.G. Mora, 15, 20121 Milano, tel. 02 58101310
I metodi base di avvolgere gli oggetti con il furoshiki sono tre:
Hirazutsumi (avvolgere) è il modo più elegante, indicato per fare pacchetti-regalo;
Hitotsumusubi (con un nodo);
Futatsumusubi (con 2 nodi).
questi metodi base prevedono numerose variazioni
Otsukaizutsumi , per oggetti quadrati.
Binzutsumi , per le bottiglie.
Makizutsumi , per oggetti cilindrici, come rotoli.
Honzutsumi , per libri.
Suikazutsumi , per avvolgere oggetti tondeggianti, come le angurie.
Vestire con arte o arte del vestire?
Un itinerario storico, sociale e culturale attraverso il mondo del kimono, per capire e approfondire alcuni aspetti della civiltà giapponese, attraverso uno dei suoi simboli più emblematici. L’abbigliamento, in genere, costituisce un’interessante questione culturale e benché la sua funzione primaria sia quella di ricoprire il corpo, ciò che è più importante è che definisce la nostra persona e rappresenta uno dei più ricchi aspetti della cultura materiale. Il kimono racchiude in sé molte informazioni riguardanti la struttura sociale, la mentalità e la sensibilità estetica del Giappone.
Susanna Marino
La Professoressa Susanna Marino terrà domani sabato 1 dicembre alle ore 21.00 nella Sala Conferenze del Palazzo delle Paure a Lecco una conferenza dal titolo: "Un viaggio virtuale nel mondo del Kimono".
Antiquariato giapponese
Scuola Rimpa
Fine del periodo Edo (1615-1867)
Albero di ginko e crisantemi
Paravento a due ante
Inchiostro, pigmenti e gofun moriage su fondo oro e argento
158,8 x 154,8 cm
Dipinto senza contorni e con l’utilizzo di colori molto diluiti in certe zone del dipinto, questo stile viene definito “senza ossa” (mokkotsu). La delicatezza e la raffinatezza di questo modo di dipingere si identifica certamente con il carattere elegante dei committenti, contrapposto al vigore del monocromatismo ordinato e alle forme dure e virili della scuola Kano, scelta come rappresentativa della classe militare.
La stilizzazione molto spinta delle forme è una delle principali caratteristiche degli artisti Rinpa: il fiume sullo sfondo, individuabile dalle eleganti onde che sembrano ripetere un morbido motivo geometrico, ricorda in realtà anche una nuvola e funge più da motivo di sottofondo che da elemento realistico del paesaggio.
Il termine “Rinpa” deriva dal carattere “pa” (scuola) e dalla seconda sillaba del nome “Korin”: Ogata Korin (1658-1716) non fu in effetti il creatore di questo stile, che deve la sua origine invece a Honami Koetsu (1558-1637) e Tawaraya Sotatsu (?-1640), ma ne fu il maggiore diffusore. Sebbene non si possa parlare di “scuola” in senso stretto, i modelli estetici di Ogata Korin influenzarono intere generazioni di artisti fino all’epoca moderna.
I ritmi dello Zen Shiatsu
Il ritmi biologici caratterizzano e scandiscono i nostri tempi durante la giornata e durante lo ore del riposo. Se le nostre energie sono globalmente equilibrate, i nostri ritmi si snoderanno in maniera armonica durante l’arco delle 24 e si adatteranno anche ai movimenti più lenti o veloci che la vita ci richiedere di variare in base agli accadimenti.
Anche nel trattamento zen shiatsu l’aspetto del ritmo è fondamentale. Mantenerlo nel trattamento ricalca l’espressione primaria dei ritmi vitali.
Ogni meridiano esprime la sua pulsazione, il suo scorrere energetico, mostrandosi nella sua natura del momento.
E’ opportuno sintonizzarsi in maniera appropriata sul meridiano, rispondendo all’ascolto con opportune pressioni, in maniera duttile e flessibile, adattandosi al ritmo che sentirà sotto le mani. Ogni pressione portata sarà quindi variabile e adattata in base alle risonanze energetiche.
Ecco perché durante il trattamento, pur essendo in una condizione globalmente rilassante, saranno avvertite pressioni che varieranno nella modalità d’ingresso e di uscita, nella profondità o superficialità del contatto.
Bilanciare l’energia nel corpo, segue il principio giapponese Ho –Sha, rinforzare il Kyo (vuoto) e disperdere il Jitsu (pieno).
Non basta sapersi destreggiare con le tecniche, è importante l’atteggiamento del riequilibrio che deve esserci non per quello che faccio, ma attraverso quello che faccio! Con questo atteggiamento si promuoverà l’aspetto della resilienza del ricevente: disponibilità al cambiamento per auto correggersi, per ritrovare in maniera naturale la capacità di bilanciare le forze nel proprio corpo.
In giapponese il concetto corrispondente è Kibun-o-kaete, la cui traduzione è “cambiare il ki” inteso come cambiamento di atteggiamento o “dirigere il Ki” inteso come cambiare attenzione.
Attraverso l’espressione delle mani, che è l’espressione dell’energia del cuore, aiuteremo il ricevente a spostare l’attenzione dalla preoccupazione verso una direzione nuova, verso nuovi spazi, aiutandolo ad abbandonare vecchie preoccupazioni, trasformandole in nuove, sane e fresche energie da spendere nel vivere.
Joshin Galani
KAILA
Tsuji You, dove l'anima classica incontra l'immagine
Photo by Eiji Kikuchi
Compositore tra i più apprezzati dalla critica cinematografica e sicuramente tra i più amati dal pubblico giapponese, oggi Tsuji You è sicuramente una delle figure di riferimento nel panorama della composizione sia per il cinema che per l’animazione, nonostante i lavori per quest’ultima produzione, si limitino ad alcuni esempi tra i più musicalmente significativi della produzione Anime degli ultimi anni.
Leggi tutto l'articolo su Tsuji Yo
Edmondo Filippini
Antiquariato giapponese
Kanshiro Nishigaki
(1613-1693)
Sukashi tsuba in ferro, scuola Higo
Decorata a traforo a motivo di “gru danzante”
Inizio del periodo Edo (1615-1867), XVII secolo
Mumei, 80 x 76 x 5 mm
西垣 勘四郎
La tsuba raffigura una elegante gru stilizzata, rappresentata con le ali aperte in una sorta di danza. La finitura morbida e accurata esemplifica i livelli più alti raggiunti dalle else giapponesi: il lavoro a traforo (sukashi) è superbo e ben bilanciato, con ogni piuma definita da linee sottili contrapposte a quelle più marcate delle altre parti del disegno. La patina è eccellente e il ferro di ottima qualità; il dinamismo della composizione e la bellezza del materiale concorrono a produrre una sensazione molto ricca ed elegante.
Il disegno della gru danzante è noto: una tsuba di Hayashi Matashichi (1613-1699) conservata al museo Eisei-Bunko mostra lo stesso motivo, con l’unica differenza del diverso trattamento del ferro.
Esistevano quattro principali scuole nella regione di Higo: Hirata, Hayashi, Nishigaki e Shimizu; ogni fabbro di queste quattro scuole lavorava sotto la supervisione del raffinato lord Hosokawa Sansai e produsse raffinate tsuba e kodogu. Kanshiro, il primo maestro della scuola Nishigaki, fu primo allievo di Hirata Hikozo, che era alle dirette dipendenze deldaimyô.
Nishigaki Kanshiro aveva una speciale passione per il ferro, considerato nella sua semplicità e naturalezza come materiale di uso quotidiano. Profondo conoscitore delle tecniche di lavorazione, produsse lavori di estrema eleganza e bellezze: il suo ferro, più morbido e rilassato di quello prodotto da Hayashi, è la chiave per capire le differenze tra questa tsuba e quella del museo Eisei-Bunko.
Giuseppe Piva
www.giuseppepiva.com
Per non dimenticare: viaggio a Hiroshima e Nagasaki
I nomi di Hiroshima e Nagasaki riportano alla mente uno dei capitoli più cruenti della storia mondiale e di solito sono delle mete ambite non tanto per il puro gusto del turismo, ma piuttosto per un senso di dovere intellettuale.
Due città accomunate da un unico destino, però ben distinte nel loro modo di vivere e di presentarsi agli stranieri: Nagasaki è una piccola perla del Kyūshū dove si avverte la forte presenza degli europei, tantoché lungo le strade dei portici non sembra neanche di trovarsi in Giappone. A Hiroshima, invece, sembra che il tempo si sia fermato a quella mattina del 1945 e, né un limpido cielo azzurro né la presenza di giovani scolari alla ricerca di gaijin ai quali poter rivolgere delle domande in inglese contribuiscono a dare alla città un’immagine serena. Il ricordo di quel 6 agosto è tuttora vivo e fortemente impresso in ogni angolo del Memoriale della Pace: si percepisce nei coloratissimi origami a forma di gru, nella fiamma della pace accanto al cenotafio e nel museo alla vista dell’orologio le cui lancette segnano 8:15 (l’ora in cui è stata lanciata la bomba). Il silenzio e la “tranquillità” di quel luogo sono tali da far perdere la concezione del tempo e pur volendo andare a esplorare più a fondo la città ci si rende conto che non vi è più rimasto nulla da visitare: al di fuori del parco della pace Hiroshima sprofonda nella monotonia della normale vita quotidiana.
Nagasaki, al contrario, è come un labirinto di luoghi nascosti: dai piccoli dettagli architettonici europei al Sōfuku-ji (un tempio zen che spicca per la sua imponente entrata di colore rosso), dal profumo della kasutera, ovvero un delizioso dolce di pan di spagna, alle immense sculture del Parco della Pace. Nagasaki può essere visitata senza mappa, lasciandosi trasportare dalle piccole stradine che portano inaspettatamente ai luoghi più interessanti, i quali spesso non vengono neanche menzionati. E se per caso uno si dovesse perdere, ci si può sempre affidare alla gentilezza di un anziano che, vedendo tre straniere in difficoltà, non esita ad avvicinarsi con un enorme sorriso, dal quale emerge la gioia di poter condividere con delle gaijin delle informazioni sulla sua cara città.
Giulia Bianco
Università del Bonsai 2013
Il bonsai è un vero e proprio universo da scoprire. Conoscerne i segreti è un processo lungo, ma estremamente affascinante: un modo per avvicinarsi alla natura, alla filosofia, all’arte e anche al mondo orientale.
Partendo dal presupposto che non esistono due alberi uguali, addirittura piante appartenenti alla stessa famiglia possono presentare differenze radicali, l’Università del Bonsai ha messo a punto un programma didattico completo, capace
di soddisfare le esigenze di qualsiasi amatore e professionista. Nata dal desiderio di andare ben oltre il semplice nozionismo didattico, l’Università del Bonsai di Parabiago (Mi) rappresenta il massimo in materia di tecnica e bonsai.
L’accurata selezione del corpo docenti, la particolare impostazione didattica, l’ottimizzazione dei tempi di apprendimento affiancata dall’esperienza altamente professionale della Crespi Bonsai che si avvale della collaborazione di un grande maestro giapponese, Nobuyuki Kajiwara, fanno di questa scuola una realtà unica nel panorama didattico bonsaistico.
Il corso completo, che prevede una durata triennale, affronta tutte le tematiche, tecniche ed estetiche, che abbracciano l’arte bonsai, passando per la botanica e la fitopatologia.
Scarica il Depliant_Università del BONSAI 2013
Il Maestro Shizuto Masunaga
Nasce nel Giugno del 1925 a Kurè.
Nel 1930 la famiglia Masunaga lascia la provincia di Hiroshima per trasferirsi a Tokyo.
Nella formazione di Masunaga legata allo shiatsu, hanno grande rilievo i genitori, che intrattenevano rapporti con i Maestri Shiatsu dell’epoca; in particolar modo la madre, shiatsuka, con la quale Masunaga acquisisce tecniche nei diversi corsi di shiatsu.
Si laurea nel 1949 in psicologia, presso la Facoltà di lettere di Tokyo. Segue il suo percorso professionale di shiatsu, proseguendo negli studi dei testi antichi.
Studia con il Maestro Namikoshi e nel 1959 entra come insegnante nella facoltà di Psicologia Clinica alla scuola Shiatsu di Namikoshi, ruolo che ricoprirà per una decina d’anni.
Continua la sua incessante ricerca, con un lavoro su testi ma fondamentalmente con un lavoro sulla percezione; la sua sensibilità non comune lo porterà a dare una direzione netta alla sua ricerca, portando un forte spirito di cambiamento a quello che era stato lo shiatsu sino a quel momento.
Nel 1960 fonda associazione Iokai.
Nel 1965 pubblica “Zen Shiatsu”, successivamente “Zen per immagini”.
Nel 1968 si stacca da Namikoshi e fonda l’istituto Iokai Shiatsu Kenkiusho, portando l’insegnamento non solo nella sua sede ma oltre i confini del Giappone: Europa, Stati Uniti, Canada, Corea, Hawai, Hong Kong.
Nel 1980 viene eletto Consigliere alla Società Giapponese di medicina Orientale.
Nel 1981 muore all’età di 57 anni.
Nel 2007 viene pubblicato, postumo “Manuale di Sesshin”.
In base alle caratteristiche fondamentali del lavoro di Masunaga, credo che si possa parlare dello suo shiatsu come “arricchimento” “evoluzione e “rivoluzione” .
- Masunaga diede allo shiatsu una connotazione fortemente legata alle tradizioni orientali, da un punto di vista culturale, filosofico, in particolar modo alla tradizione Zen. Contribuì, con elementi di psicologia moderna, a rendere il suo shiatsu, unico ed originale, trovando relazioni tra il sistema dei meridiani e gli aspetti mentali. Masunaga, proponeva, come nella tradizione del modello giapponese, la considerazione dell’individuo nella sua interezza, superando la visione dell’essere unicamente in relazione al suo disturbo o alla sua malattia ma in relazione alla sua totalità di struttura energetica, fisica, psichica, legata al movimento del ki.
- Non mancò di considerare anche l’elemento spirituale dell’operatore, la sua crescita e trasformazione; vivere lo zen shiatsu come percorso di una via, mettendo attenzione all’atteggiamento mentale, il modo di porsi, favorendo un processo di cambiamento interiore. Coltivare se stessi, mettersi nella disposizione del “vuoto” per entrare in contatto profondo con l’energia del ricevente. “Lo Zen si propone fondamentalmente il raggiungimento dell’illuminazione totale attraverso la scoperta del proprio Sé. … la comprensione può essere raggiunta attraverso la meditazione, però indipendentemente dal pensiero. La stessa cosa vale per lo shiatsu. Inizia con la pressione digitale, però è difficile spiegare perché la pressione del punto curi la malattia. Sia nello Zen che nello shiatsu abbiamo a che fare con fenomeni che non possono essere spiegati razionalmente, ma dei quali l’organismo vivo si rende conto in modo diretto”. “Lo shiatsu può rappresentare un mezzo per stabilire rapporti umani migliori, che sono essenziali per la buona salute”
- il “sistema dei meridiani” (ossia l’estensione dei canali energetici) segnalato nella sua mappa dei meridiani, pubblicata nel 1970, (con versione definitiva nel 1977) all’epoca suscitò non poche perplessità perché i meridiani di riferimento fin ad allora erano quelli degli agopuntori; Masunaga estende ogni percorso del singolo meridiano su tutto il corpo: “Ho riscontrato la presenza di 12 meridiani negli arti inferiori e altrettanti negli arti superiori. Il trattamento di questi meridiani ha fornito risultati migliori di quelli registrati in passato”
Joshin Galani
Dal Manga all'Anime trasformazione e movimento
Durarara!!
La maggior parte di coloro non abituati al mondo dell'animazione hanno solitamente in mente un punto di riferimento da cui partire nel momento in cui visionano un prodotto dell’animazione, il manga. Opinione diffusa è infatti che ad ogni anime corrisponde più o meno un manga, quindi una versione cartacea da cui partire da cui poi attraverso un processo produttivo legato alla logica del successo si arriva alla serie animata. In linea di massima la deduzione è corretta ma non tiene in debito conto le decine di varianti cui la produzione giapponese è legata e come ogni regola standard che si rispetti il numero di eccezioni sorpassa di gran lunga la sua applicazione, soprattutto nell'ultimo decennio che ha visto fiorire commercialmente nuovi media legati al mondo non solo del videogame, di cui saranno spiegate in seguito le diverse tipologie legate all'animazione, ma anche letteratura, Light Novel (che come vedremo di letteratura non si tratta), film, gadjet e molto altro ancora. Il tutto coinvolto in un processo di continua trasformazione di un'opera in un'altra e che in Giappone permette la fruizione di un singolo titolo nei più diversi media.
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Articolo di Edmondo Filippini