L'età delle riviste - Guida al Milano Manga Festival
L'età delle riviste
Dall’installazione che troviamo al centro della mostra “200 anni di storia di arte manga” ci rendiamo conto delle cifre capogiro delle pubblicazioni manga vendute ogni anno. Il Giappone è il primo consumatore di fumetti, ma l’editoria relativa ai manga si è diffusa globalmente contribuendo a costituire una cultura pop senza confini. I fumetti e gli anime sono diventati una sorta di riferimento generazionale. Coloro che soprattutto negli anni ’70 e ’80 sono cresciuti leggendo manga o guardando anime condividono gli stessi ricordi legati all’infanzia, nonostante siano vissuti in nazioni differenti. Ma come potrebbe essere diverso?
La popolarità dei manga è dovuta a vari fattori. A facilitare la loro diffusione è certamente il loro basso costo di produzione ed il fatto di essere pubblicabili in serie. A mio parere il segreto del successo dei manga è dato soprattutto dal fatto che spesso riflettono come uno specchio le paure e i fantasmi della società contemporanea oppure offrono una via di fuga dalle restrizioni sociali quotidiane, mettendo in risalto un mondo di sentimenti e interiorità che altrimenti resterebbe celato.
I disegni e la grafica sono l’aspetto preponderante, mentre i testi sono minimalisti. Sono fatti per essere letti rapidamente, per esempio sui treni del metrò. I messaggi contenuti nei racconti arrivano immediati al lettore. Per un giapponese sono un atto quotidiano: non a caso il successo delle riviste manga è decollato quando per la prima volta furono messi in vendita nei chioschi presso le stazioni. In Giappone, al contrario dei paesi occidentali, sono considerati dei veri e propri mass media che possono veicolare messaggi di ogni genere dalla pubblicità, alla critica sociale fino ad arrivare al dibattito sui benefici dati dal progresso tecnologico.
Le riviste manga sono composte da varie storie a puntate, il cui successo è decretato dal gradimento degli stessi lettori. Se la vicenda piace, la sua pubblicazione continua, altrimenti viene spietatamente eliminata. Sistema forse crudele, ma che garantisce un costante successo delle vendite. La richiesta di nuove storie è sempre pressante. In un giornale giapponese ogni episodio è composto da venticinque tavole, mentre in Europa un disegnatore realizza in media settantadue tavole all’anno, un mangaka giapponese ne deve produrre più di duemilatrecento. Ritmi lavorativi impensabili in occidente. I bambini giapponesi che sanno disegnare bene diventano subito molto popolari a scuola, allo stesso modo i mangaka in Giappone sono delle vere e proprie star, a volte inavvicinabili dai propri fan. La loro capacità di cogliere le tendenze della propria epoca e di tradurle in vicende manga è il segreto del loro successo.
Paola Raverdino
Guida turistica
e-mail: paola@raverdino.it
Per organizzare visite guidate individuali o per gruppi, anche in lingua inglese, è possibile inviare una e-mail all’indirizzo paola@raverdino.it oppure chiamare il numero cell. 347-1502956.
Horagai
Horagai
Tromba da yamabushi
Metà del periodo Edo (1615-1867)
Lunghezza: 45 cm
Come in molte altre culture nel resto del mondo, anche in Giappone fin dal periodo Heian (794 - 1185) le trombe furono ottenute con grandi conchiglie forate cui veniva applicata una imboccatura in metallo o legno. Chiamato anche jinkai in ambiente militare, l'horagai utilizza una grossa conchiglia (Charonia tritonis) come cassa armonica ed è in grado di emettere un suono modulabile e quindi adatto per rituali religiosi e comandi militari.
La tipologia di imboccatura suggerisce che questo horagai sia appartenuto ad uno yamabushi, cui questo strumento è spesso associato nell'immaginario collettivo giapponese. Gli yamabushi (letteralmente: "colui che si trova tra le montagne") erano monaci asceti che vivevano come eremiti tra le montagne e che un'antica tradizione considerava guerrieri invincibili, addirittura dotati di poteri soprannaturali.
Giuseppe Piva Arte Giapponese
via San Damiano, 2
20122 Milano
tel +39 02 3656 4455
info@giuseppepiva.com
www.giuseppepiva.com
Essenza del Giappone, i colori dell'Autunno
Dal 30 Ottobre all'11 Novembre 2013
Essenza del Giappone, i colori dell'Autunno
Viaggio in Giappone Autunno 2013
Organizzato dall'Associazione Sakura di Torino in collaborazione con Akita Tour
Gli itinerari si sviluppano articolandosi lungo un percorso che privilegia la scoperta degli aspetti storico culturali del Giappone.
Attraverso le varie tappe degli itinerari sarà possibile al visitatore italiano apprezzare le principali testimonianze del processo che ha portato alla formazione dell’identità nipponica attraverso i secoli: dai principali templi e luoghi di culto buddhisti e shintoisti, ai monumenti storici, alle località che attestano il superamento del traguardo della modernità più avveniristica.
Negli splendidi colori autunnali che caratterizzano il Giappone, si visiteranno le città di Tokyo, capitale super tecnologica; Nikko, Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO; Nagoya, città gemellata con Torino; Ise, dove risiede il più importante santuario shinto; Takayama, custode dell'arte tradizionale dell’artigianato, Kyoto, il più grande reliquiario della cultura giapponese; Nara, antica capitale con la gigantesca statua di Buddha.
Questo viaggio vi porterà alla scoperta dei luoghi storici più significativi con uno sguardo costante alle manifestazioni del presente, aspetti diversi che si ricompongono in un’unica immagine completa nel periodo più splendido per il paese di SOL LEVANTE con le foglie colorate di Autunno.
DAL 30/10/2013 AL 11/11/2013
da EURO 2850,00
LA QUOTA COMPRENDE:
• Volo di linea a/r
• Tasse aeroportuali
• Trasferimenti da e per aeroporti
• Treno AV per gli spostamenti da programma
• 10 notti in hotel 3-4 stelle in bb
• 6 pranzi/cene
• Assistente parlante italiano/giapponese
• Assicurazione medico bagaglio
• 6 Visite guidate
LA QUOTA NON COMPRENDE:
• Assicurazione annullamento
• Tutto quanto non menzionato nella quota comprende
Per un programma più dettagliato:
AKITA TOUR – Piazza Cavour, 3 – 10123 Torino
Tel. 011 8128898 - Fax 011 8128889
incoming@akitatour.it – www.piemonteworld.com www.akitatour.it
Il papà di tutti i manga-ka - Guida al Milano Manga Festival
Il papà di tutti i manga-ka
Nei periodi più oscuri della storia del Giappone, i manga hanno fornito racconti che alzassero il morale dei giapponesi e li incoraggiassero nello sforzo per potere affrontare la ricostruzione. Per far fronte alla carenza di carta del primo dopoguerra, il governo stesso finanziò l’apertura di negozi che potremmo paragonare agli odierni video noleggi, dove venivano affittati i fumetti manga da restituire il giorno seguente. Il successo fu tale che la richiesta di storie sempre nuove e avvincenti si faceva pressante. A volte alcuni giovani per arrotondare con qualche soldo in più, si cimentavano realizzando nuovi manga anche solo a livello amatoriale, solo per il piacere di realizzarli. Tra le storie più richieste quelle di Osamu Tezuka (手塚治虫, Tezuka Osamu?) (Toyonaka, 3 novembre 1928 – 9 febbraio 1989) si distinguevano fra tutte per l’introspezione psicologica e la trama più curata e elaborata. E’ così che nasce la carriera del disegnatore più amato e onorato del Giappone. Sorprendentemente laureato in medicina, non esercitò mai la professione medica, ma sviluppò la sua brillante carriera nell’ambito del fumetto.
A lui si deve la realizzazione dei manga così come li conosciamo: da semplici strisce, Osamu Tezuka sviluppa dei veri e propri “story telling”. Vicende che narrano le vicissitudini anche psicologiche di un personaggio, a volte alla stregua di un vero e proprio romanzo per immagini. Infatti tra i tratti più innovativi si rilevano le inquadrature quasi cinematografiche che creano una forte dinamicità delle tavole che possiamo vedere esposte nella terza sezione della mostra “200 anni di storia di arte manga”. La sua fama è stata tale che poco prima della sua morte, avvenuta nel 1989 a causa di un attacco di cuore, alcune rilevanti testate giornalistiche giapponesi cercarono di portare avanti una campagna a favore dell’assegnazione a Osamu Tezuka del premio Nobel per la Letteratura. Nel 1997 il governo giapponese volle dedicargli una serie di francobolli. Si narra che il famoso produttore e regista Stanley Kubrick lo avesse invitato a collaborare alla realizzazione del film “2001: Odissea nello spazio”, ma Osamu Tezuka avrebbe declinato la proposta perché non avrebbe tollerato il carattere spocchioso di Kubrick.
Paola Raverdino
Guida turistica
e-mail: paola@raverdino.it
Per organizzare visite guidate individuali o per gruppi, anche in lingua inglese, è possibile inviare una e-mail all’indirizzo paola@raverdino.it oppure chiamare il numero cell. 347-1502956.
La maschera e il corpo. Storia ed estetica del teatro giapponese
Da giovedì 17 ottobre 2013 a giovedì 5 dicembre 2013,
dalle ore 18 alle ore 19.30
presso Associazione Nuova Cultura Oriente Occidente
Centro di Cultura Giapponese
via Lovanio, 8 · Milano (Moscova M2)
La maschera e il corpo. Storia ed estetica del teatro giapponese
Corso introduttivo: 8 lezioni, ogni giovedì dalle ore 18 alle ore 19.30.
Da giovedì 17 ottobre 2013 a giovedì 5 dicembre 2013.
Un’introduzione alla grande tradizione teatrale giapponese, dalle origini nel mito e nel rito alla fioritura dei generi classici (noh, kabuki, bunraku) fino al teatro-danza moderno. Un viaggio affascinante alla scoperta di una tradizione vivente fonte di continuo incanto e meraviglia, in compagnia delle docenti Carmen Covito e Rossella Marangoni.
In collaborazione con l’associazione culturale AsiaTeatro
Per informazioni: Mario 346 8296119 (dalle 14 alle 18) web@asiateatro.it
Sito internet Centro di Cultura Giapponese
Intervista con Kaori Miyayama
Intervista con Kaori Miyayama. La sua mostra, "Scendendo verso il cielo", rimarrà in esposizione presso la galleria 3001Lab presso il Bed&Breakfast RossoSegnale fino al 7 Luglio, dalle 17 alle 19.
Qual è il concetto alla base della mostra?
L'ispirazione per questa mostra è stato il concetto di relazione, che può essere inteso sia fra opere e persone sia fra opere e ambiente. In quest'ottica, tutti gli elementi possono interagire fra loro, al punto che anche il contrasto fra opposti diventa relativo; “sopra” e “sotto” sono dei riferimenti che dipendono dal punto di vista del soggetto e non vanno intesi come assoluti.
E' un tema chiave della tradizione del Buddhismo Zen che permea la cultura giapponese, la quale ci ha abituati a pensare che tutti gli elementi sono parte di un insieme più vasto, dove gli opposti coesistono e non si oppongono.
Partendo da questo presupposto, è molto più facile accettare la pluralità delle prospettive e interiorizzarla, fino a abituarsi ad assumere l'ottica altrui.
Questo cambiamento del punto di vista è consapevole o avviene per caso?
Come dicevo prima, la nostra cultura ci abitua a considerare sempre svariati punti di vista, quindi è uno stato costante che ci accompagna e porta a riflessioni interessanti.
Basti pensare che, dopotutto, la Terra è una sfera inserita nel cielo, il quale dunque non si trova solamente sopra di noi, ma anche al di sotto del nostro pianeta, sotto di noi. Da questo nasce il titolo della mostra, "Scendendo verso il cielo".
E' proprio il principio di "Scendere verso il cielo" che caratterizza la disposizione della mostra: si sviluppa partendo dal cielo, rappresentato al livello del suolo, fino alla terra, le cui opere sono raccolte ai piani più elevati. Ci sono alcuni elementi ricorrenti su vari piani...
Ci sono degli elementi che trovo particolarmente simbolici. Le nuvole rappresentano il mutamento, dal momento che cambiano forma e colore in relazione all'ambiente; i funghi invece sono dei parassiti, che vivono di una relazione che può essere sia positiva che negativa e diventano quindi un tramite fra la terra e il cielo.
Personalmente, mi ha colpito che sia le opere della terra che quelle del cielo utilizzano dei colori molto simili,come il bianco e l'azzurro. Come mai?
Non l'ho pensata in termini di toni ma di densità del materiale: le opere del cielo infatti si basano tonalità azzurro e bianco trasparenti, che entrano in sintonia con lo sfondo e lasciano trasparire la luce. La terra invece è rappresentata dai materiali densi, che si oppongono alla leggerezza dell'aria.
Le opere entrano quindi in sintonia con l'ambiente...
Gran parte delle opere esposte è stata creata apposta per l'ambiente in cui è stata installata, la galleria particolare 3001Lab, partendo dal buco sotterraneo dell’ex auto officina, per arrivare all’esterno, fino al terrazzo e al giardino, passando per le tre camere - tutti gli spazi di RossoSegnale B&B. Entrano quindi in un gioco di relazioni con ciò che le circonda: a seconda della luce, dell'orario etc cambia completamente il modo di percepire l'insieme ed è proprio questo che rende la mostra viva.
Ha vissuto a cavallo fra Giappone e Italia per anni ormai. C'è stato un elemento culturale particolarmente influente nella sua espressione artistica?
Il tema parincipale della mia ricerca è l’esplorazione dello spazio che risiede fra le cose, lo spazio vuoto che io chiamo “frammezzo”. Questo elemento è molto rappresentativo della differenza culturale.
Per esempio, la distanza è un valore molto legato alla cultura di un Paese, basti pensare che la relazione fra due persone in Italia è dimostrata anche dalla vicinanza fisica fra di esse, mentre in Giappone non è necessaria la prossimità dei corpi. Basti pensare alla cerimonia del té: è assolutamente priva di contatto fisico ma è carattarizzata da un clima di ospitalità, apertura e accoglienza quasi palpabile che sono il presupposto fondamentale della cerimonia.
Dal punto di vista artistico, questo si traduce in una riflessione sul cambiamento di percezione di un'opera a seconda della posizione dello spettatore rispetto ad essa, sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista intellettuale. E' un aspetto molto interessante, tanto che è stata oggetto della mia mostra precedente.
Come vive il cambiamento culturale?
Quando ci si immerge in un ambiente culturale diverso aumenta la comprensione e la valorizzazione della propria cultura di partenza, perchè vivere in un contesto regolato da norme nuove rende più consapevoli di abitudini che passano inosservate finchè si rimane nel proprio Paese natale. Da questo da un lato deriva un senso di spaesamento, dall'altra ti costringe ad assumere punti di vista nuovi e più flessibili.
Immagino la cultura giapponese e quella italiana come due uomini schiena contro schiena, vicinissimi fra loro ma con lo sguardo rivolto in due direzioni opposte.
In questo senso il mio soggiorno in Italia è servito molto a allargare l’orizzonte della vita.
Silvia Pagano
Giganti e giocattoli. Il cinema di Yasuzô Masumura
Beniamino Biondi
“Giganti e giocattoli. Il cinema di Yasuzô Masumura”
Edizioni Aracne
Pag. 100 – € 8,00
Nella storia del cinema giapponese Yasuzô Masumura è colui il quale ha compreso quei processi di frantumazione soggettiva e di polverizzazione sociale sorti nella gioventù postbellica, e li ha trasferiti in immagini facendo uso di un’estetica che ha tenuto in conto tanto il rigore delle strutture formali quanto le concezioni moderniste dei nuovi bisogni culturali. Di ciò si rese conto Ōshima che in un suo famoso saggio del 1958 dal titolo “Si sta forse aprendo una breccia?” definisce Masumura come il cineasta “che possiede una più profonda coscienza sociale” rifiutando l’immobilismo ereditario del Giappone. Contro il senso della rassegnazione e l’enfasi tipicamente melodrammatica del vecchio cinema, Masumura rovescia i principi del neorealismo – che pure sono a fondamento del suo percorso – per una rappresentazione esasperata e irriflessiva della gioventù all’interno di un immaginario individualistico e liberatorio. Siamo di fronte al primo manifesto coscientemente strutturato del Nuovo Cinema Giapponese in cui la rappresentazione della realtà sensibile rifiuta l’individuo come puro spirito sovrasensibile per portarlo a processo in termini di relazione sociale. La follia dei personaggi di Masumura, con la loro irragionevolezza disordinata, non è altro che l’esito di una spaventosa conformità sociale che ha prodotto l’anarchia consumistica del capitalismo e i demoni privati di una sessualità mercificante e reificata; contro questo paesaggio desolato, la lotta solitaria degli individui a tutela della loro integrità morale. Dal 1957 Masumura si è speso con intensità realizzando numerose pellicole, che, pure altalenando nel tono e nella qualità tra cinema d’autore e ammiccamenti al genere di consumo, rappresentano la disperata vitalità di un autore che ha saputo di fatto consentire l’emancipazione estetica dei cineasti della generazione successiva. All’interno di un cinema alimentare e generico come il pinku eiga e lo yakuza eiga, sui cui paradossi si sostanziarono poi alcuni dei cineasti più radicali, Masumura ha costruito il suo discorso eludendo il canone classico e sfruttando entro i limiti concessi, e talvolta molto oltre gli stessi limiti, lo svolgimento di un’espressività ambiguamente libera. Come per tutto il nuovo cinema degli anni ’60 si è trattato di aggredire la produzione industriale sino a rovesciarne la resistenza tradizionale in favore di una sensibilità atta a costringerne una capitolazione non in termini economici ma di nuova cultura, adoperando le sue medesime strategie per quel necessario dissolvimento verso i paesaggi frastagliati e terribili della modernità.
Beniamino Biondi è nato e risiede ad Agrigento. Poeta e saggista, si occupa di teatro e cinema. Collabora con riviste di letteratura e critica cinematografica, cura rassegne di cinema d’autore e svolge attività di drammaturgo e regista teatrale. Come relatore partecipa inoltre a numerosi convegni e giornate di studio. Ha curato l’edizione delle poesie complete del filosofo Aldo Braibanti ed ha pubblicato numerosi volumi di scrittura creativa e critica. Svolge opera di consulenza per Enti, Associazioni e Facoltà Universitarie. E’ tra i maggiori critici del cinema giapponese della nouvelle vague.
Contatti:
www.beniaminobiondi.it
Inside Out
Inside Out
Inside Out è un progetto di arte partecipatoria ispirato alle opere JR, anonimo creativo francese specializzato in enormi poster incollati sui muri delle città di tutto il mondo, espressione di una forma d'arte accessibile a tutti. Questi immensi ritratti hanno dunque dato il via alla creazione di una piattaforma su cui chiunque può condividere la propria immagine e utilizzarla come mezzo di rivendicazione sociale.
In particolare, nel Giappone post tsunami era possibile trovare in tour il camioncino dell'iniziativa, all'interno del quale è stata collocata una cabina fotografica e una stampante professionale a dimensione di poster: i bambini, gli anziani, i pescatori, i proprietari di negozi distrutti - tutte le vittime del terremoto hanno avuto la possibilità di farsi fotografare e trasmettere un messaggio di ricostruzione tramite questa forma d'arte collettiva. Per l'artista era indispensabile che fosse la popolazione stessa a organizzare il camioncino ed effettuare le forografie, in modo da renderlo un progetto realizzato da giapponesi per i giapponesi.
Ed è proprio il Giappone, più precisamente il Watari Museum of Contemporary Art di Tokyo, che ha visto la prima esposizione di JR, conculsasi il 2 Giugno. Una mostra nata dalla selezione di 400 volti della popolazione del Tohoku, affissi sul muro del Museo per esprimere il dolore dello tsunami e la lenta ma determinata ricostruzione.
Oltre al progetto fotografico del Tohoku, il museo sta presentando numerosi progetti passati di “Inside Out” di JR; c'è persino un'area chiamata “L'arte può cambiare il mondo”, dove i visitatori possono effettuare degli scatti a sè stessi e diventare a loro volta parte dell'esposizione.
I WISH FOR YOU TO STAND UP FOR WHAT YOU CARE ABOUT BY PARTICIPATING IN A GLOBAL ART PROJECT, AND TOGETHER WE'LL TURN THE WORLD... INSIDE OUT. - JR
Per maggiori informazioni: http://www.jr-art.net/news/jr-at-the-watari-museum-in-tokyo
Dall’adulto al bambino - Guida al Milano Manga Festival
Dall’adulto al bambino
Alla fine dell’Ottocento il Giappone venne in contatto con le pubblicazioni anglosassoni. Spesso i disegnatori giapponesi venivano assunti nelle redazioni che avevano aperto la propria sede o filiale in Giappone e, grazie alle loro capacità e qualità grafiche, venivano incaricati di illustrare le copertine delle riviste o dei quotidiani destinati principalmente ai lettori occidentali stabilitosi nel Sol Levante oppure per confezionare vignette che servivano da riempitivo quando la lunghezza degli articoli era scarsa.
E’ in quest’ambito che inevitabilmente avvenne un importante scambio culturale: gli artisti nipponici appresero dai redattori occidentali l’arte della satira. E’ questo il caso esemplare di Yasuji Kitazawa (北澤 保次, 20 luglio 1876 – 25 agosto 1955) che nel 1895 iniziò la propria carriera unendosi alla rivista Box of Curios.
Iniziò a disegnare fumetti sotto l’artista satirico australiano Frank Arthur Nankivell (1869–1959), che in seguito si trasferì negli Stati Uniti, impiegato presso per l’americana Puck. Così nel 1905 Rakuten, forse influenzato da Nankivell, fondò la prima rivista satirica a colori giapponese: Tokyo Puck, di cui possiamo ammirare una copia nella seconda sezione della mostra “200 anni di storia di arte manga”. La pubblicazione fu tradotta sia in inglese che in cinese e la sua diffusione comprese Paesi quali la Corea, la Cina e Taiwan.
Yasuji Kitazawa raggiunse alte vette di notorietà non soltanto in Giappone ma anche in Occidente, tanto che nel 1929 a Parigi fu insignito della Legione d’onore. Inizialmente la sua satira era aspra nei confronti del governo, ma in seguito sposò posizioni conservatrici, tanto che divenne presidente della Nihon Manga Hoko Kai, una società di vignettisti sostenuta dal governo stesso a favore dello sforzo bellico. Durante e dopo le due grandi guerre il governo nipponico incoraggiò il boom delle nascite, a seguito del quale si creò l’esigenza di un genere di fumetto dedicato all’infanzia. Nelle teche della seconda sezione della mostra compaiono personaggi estremamente amati dai bambini come la storia di Nero, cane di leva (のらくろ, Norakuro), che in seguito è diventato un cartone animato tuttora trasmesso. Un altro personaggio estremamente amato è Tankuro di Gajo Sakamoto, pubblicato tra il 1934 e il 1935, che si può considerare il papà di tutta la dinastia di robottoni che popolano gli attuali manga.
Paola Raverdino
Guida turistica
e-mail: paola@raverdino.it
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DNA Manga - Guida al Milano Manga Festival
DNA Manga - Guida al Milano Manga Festival
Prima parte
Nella prima sezione della mostra “200 anni di storia di arte manga” è una vera sorpresa per il visitatore apprendere che la cultura pop del Giappone odierno - che ha invaso le nostre emittenti televisive sotto forma di cartoni animati, soprattutto dalla metà degli anni ’70 fino all’apogeo degli anni ’80 - ha origine da schizzi di artisti di alto valore tra i quali il più noto è Katsushika Hokusai (葛飾北斎; Edo, 23 settembre 1760 – Edo, 10 maggio 1849). Dragon Ball ha quindi nobili origini, con solide radici nella cultura giapponese di inizio Ottocento.
Si può ben dire che gli artisti presenti nella prima sezione della mostra hanno lasciato una traccia indelebile nel fumetto giapponese odierno. Le fresche immagini in sequenza dei danzatori o dei lottatori di sumo ricordano dei fotogrammi e anticipano il modo in cui i personaggi manga sono raffigurati ancora oggi; si possono paragonare a veri e propri filmati su carta. Oltre che dal celebre Hokusai, la curiosità del visitatore è spesso attratta dalle opere di Utagawa Kuniyoshi 歌川 国芳 ( 歌川 国芳) (1 gennaio 1798 – Edo, 14 aprile 1861), noto come l'Arcimboldo giapponese per la sua capacità di comporre figure più grandi assemblando uomini minuscoli uniti in varie pose in una sorta di collage, basti pensare a “Hito katamatte hito ni naru”. Pittore e disegnatore, Utagawa Kuniyoshi si distingue nello stile ukiyo-e per il ricco uso di colori vivaci e per i temi estremamente popolari, attinti da storie e leggende del passato e, come molti altri autori del tempo, illustrò libri di genere kokkeibon e hanashibon. Nelle sue stampe compaiono soprattutto eroi, guerrieri, fantasmi e personaggi fantastici dotati di poteri sovrannaturali. La sua sterminata produzione va a toccare temi storici ma anche fantasiosi, popolari, divulgativi, satirici e grotteschi.
Tra il 1841 e il 1843 in seguito a delle riforme politiche approvate per far fronte a una severa crisi economica che aveva colpito il Giappone, vennero messe al bando le illustrazioni che ponevano in risalto l’opulenza e le abitudini delle classi più abbienti e venne inoltre vietato ritrarre gli artisti del teatro kabuki. Per eludere la censura, Utagawa Kuniyoshi cominciò a produrre opere con personaggi antropomorfi, in cui, al posto del volto degli attori e delle cortigiane, comparvero i volti dei suoi beneamati gatti. Ne aveva almeno dodici, ma curiosamente non li ritrasse mai come animali. Nascono così i primi personaggi antropomorfi che tuttora popolano numerose serie di manga, soprattutto quelli destinati all’infanzia. Da qui nasce anche il più grosso fraintendimento sui manga: rappresentazioni intese per un pubblico adulto sembrano destinate a un pubblico infantile.
Paola Raverdino
Guida turistica
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