I racconti di Akiyuki Nosaka
La storia di Seita e della sorellina Setsuko è stata resa famosa in tutto il mondo grazie al film di animazione dello Studio Ghibli Una Tomba per le Lucciole, basato sull’omonimo romanzo semi-autobiografico di Akiyuki Nosaka, oggi sbarcato in Italia grazie alla nuova traduzione per i tipi di Kappalab (www.kappalab.it).
Il romanzo espiazione di Nosaka è ispirato da un triste episodio realmente accaduto durante la sua giovinezza: l’autore perde infatti sia i genitori adottivi che la sorellina per le conseguenze della Guerra Mondiale, e il senso di colpa non lo abbandonerà mai, al punto da essere la fonte primaria di ispirazione per le sue opere. Seita è un giovane alter-ego dello scrittore, che viene sorpreso dalle bombe incendiarie lanciate dai B-29 mentre in casa con la sorella e la madre malata: prendendo in carico la prima cerca di sfuggire agli attacchi americani e da lì inizia la loro lotta contro la sopravvivenza, fatta di scorribande notturne e scarse razioni di cibo anche putrefatto, una vita all’interno di una grotta illuminata dalla luce delle lucciole e la speranza di svegliarsi il giorno dopo, perché si sa che le lucciole al mattino si spengono. Il racconto è crudo, e riporta fedelmente il dramma vissuto da un ragazzino incapace di proteggere la sorella minore; Nosaka si libera però di questo peccato condannando anche Seita allo stesso destino, facendo morire sé stesso poco tempo dopo la piccola Setsuko.
All’interno dello stesso volume è presente anche un secondo racconto dello stesso autore, Le Alghe Americane. Ancora una volta il protagonista Toshio è un alter-ego dello scrittore, questa volta adulto e condannato a vivere al proprio interno quel dualismo tipico di molti giapponesi suoi contemporanei: il binomio di amore e odio nei confronti degli americani. Già perché Toshio ha vissuto la guerra, conserva al suo interno l’umiliazione subita di quando quei soldati dalla stazza enorme lanciavano ai giapponesi chewing-gum come aiuti umanitari sebbene fino a pochi giorni prima li avessero bombardati a più non posso. Chi sono gli americani? Perché da un giorno all’altro sono passati da nemici ad amici? Cosa significa il 15 agosto 1945 per molti giapponesi? … Toshio non conosceva quelle strane alghe date come razione insieme ai chewing-gum. Non avevano né sapore né odore, ma era obbligato a mangiarle a forza nello stesso modo in cui ora deve a forza sopportare la presenza di due americani in casa propria, amici della moglie. È l’occasione giusta per prendersi la sua rivincita …
Anna Specchio
Anna Specchio nasce a Vercelli nel 1985 ed è laureata in Lingue e Culture dell’Asia e dell’Africa e Traduzione (Università di Torino). Si occupa di Relazioni Italia – Giappone e ha lavorato presso il Comune di Minamishimabara come Coordinatrice per le Relazioni Internazionali, partecipando in prima persona alla Heisei Ken-ou Shonen Shisetsu del 2012 e scrivendo per il giornale locale diversi articoli legati alla cultura italiana, dando anche il via a due corsi di Italiano e cultura Italiana a Nishi-Arie. Continua a occuparsi degli scambi interculturali, come quelli dell’Università WIZ di Fukushima e alcuni studenti di Milano, oltre a dedicarsi a corsi di lingua giapponese a Torino, interpretariato, eventi legati al Giappone e Comunicazione Interculturale. Per Kappalab ha tradotto Una Tomba per le Lucciole e sta lavorando alla traduzione di Si Alza il Vento di Hori Tatsuo.
Per contatti: anna_specchio@yahoo.co.jp
Cascata
Nakajima Raishô
(1796-1871)
Cascata
Inchiostro sumi su carta
Firma: " Raishô hitsu" con sigillo dell'artista
Dipinto: 127 x 27,3 cm
Montatura: 205 x 44 cm. Jikusaki in avorio
Doppia scatola firmata dall’autore e iscritta con il titolo “cascata”
Nonostante l’estremo minimalismo dell’opera, la raffigurazione della cascata che scorre a fianco di una roccia è chiarissima. La composizione, completamente sbilanciata verso sinistra, lascia nello spettatore una sensazione di smarrimento di fronte al mistero della natura. L’esecuzione è rapida ed efficace, con il tratto che perde gradualmente forza, ben creando la suggestione dell’acqua che prende velocità. Il tratto, corposo e deciso, rimanda più allo stile calligrafico che non a quello pittorico. Generalmente conosciuto come esponente della scuola Maruyama, Nakajima Raishô dipinse in almeno cinque stili diversi, anche se le sue opere più ricercate sono quelle create per essere esposte durante la cerimonia del tè, spesso raffiguranti soggetti con acqua, quali piogge e cascate.
Giuseppe Piva Arte Giapponese
Via San Damiano, 2 - Milano
http://www.giuseppepiva.com/
Intervista a Masashi Hirao - Parte II
Alberto Moro, Presidente dell'Associazione Culturale Giappone in Italia, intervista il Maestro di bonsai Masashi Hirao, nominato Ambasciatore Culturale dall'Agenzia degli Affari Culturali del Governo Giapponese. La sua missione? Diffondere la passione per il bonsai.
La prima parte dell'intervista è disponibile a questo link.
Qual è la percezione del bonsai in Giappone e come mai è praticato principalmente da uomini?
A livello sociale, il bonsai è considerato un'attività accessibile solo a pochi fortunati, praticata per tradizione, e pertanto non rientra fra le occupazioni più comuni. Questo aspetto inibisce molto i giovani, che percepiscono il bonsai come un'arte incompatibile con il proprio stile di vita. Inoltre, diversamente da altre pratiche, il lavoro del bonsaista non rappresenta uno status symbol, e questo in parte lo rende meno attraente come percorso da intraprendere.
I media non sono interessati a colmare questa distanza dal grande pubblico e contribuiscono a mantenere la sua aura di eccezionalità, trattando il mondo del bonsai solo in riferimento a qualche giardino famoso o per far conoscere l'esistenza di qualche apprendista straniero.
Il livello di chiusura di questo ristretto gruppo di praticanti, storicamente maschile, è tale da tenere le donne al di fuori di esso: infatti, occuparsi di una pianta comporta anche sforzi fisici come sollevare vasi pesanti e non ha nulla della ritualità e del prestigio sociale della cerimonia del tè o dell'ikebana, dove è possibile sfoggiare kimono preziosi od oggetti pregiati.
Vorrei riuscire a infrangere questa barriera: tutte le arti dovrebbero essere passioni in grado di aiutare a essere liberi e a stare bene.
Il legame delle arti con logiche economiche e consumistiche appare sempre più evidente. Questo avviene a scapito della dimensione artistica?
Spesso il bonsai viene maggiormente considerato un hobby piuttosto che una forma culturale o, ancora peggio, come una pratica per anziani; questo avviene anche a causa di un mancato rinnovamento delle forme divulgative.
Non solo: intorno al bonsai si è creato un vero e proprio business che porta a privilegiare la quantità rispetto alla qualità, a scapito dei prezzi. Questa tendenza purtroppo danneggia chi si sostiene grazie alla sua pratica.
Una possibile via d'uscita potrebbe essere innalzare gli standard qualitativi ed elevare la pratica del bonsai ad arte, ma finchè continua a prevalere l'ottica commerciale, noi bonsaisti siamo chiusi in un circolo vizioso.
In alcune arti, come il sumi-e, è possibile realizzare un'opera tecnicamente perfetta ma incapace di comunicare lo spirito dell'artista. Si corre lo stesso rischio con il bonsai?
Per la creazione di un buon bonsai non esistono delle tecniche universalmente valide, ma è piuttosto necessario applicare l'esperienza acquisita: si tratta soprattutto di piccoli gesti quotidiani di cura e attenzione verso un essere vivente e pertanto è difficile cadere in un eccesso di formalità. Un bonsaista calcola automaticamente quali siano i bisogni della pianta in termini di acqua, o di esposizione al sole e in base ad essi cerca di portare la pianta a svilupparsi nella direzione voluta.
Si potrebbe paragonare questo procedimento alla tecnica di Picasso, il quale sapeva disegnare benissimo, ma ha deciso di spezzare la linearità del disegno e andare oltre a esso. Con un processo simile, il bonsaista decide di rompere la norma per dar vita a determinati effetti, che permettono alla pianta di esprimersi al meglio.
Perchè i Maestri del bonsai sono ancorati al Giappone, quando molte arti tradizionali orientali hanno visto la diffusione in Occidente come garanzia per la loro sopravvivenza?
In effetti, i Maestri di bonsai si spostano in altri Paesi solo se invitati. La situazione sta migliorando con l'istituzione dell'Associazione Mondiale del Bonsai, ma spesso i Maestri di bonsai giapponesi sono troppo legati alla propria tradizione, e così fanno fatica a scendere a compromessi con altre culture e altri linguaggi.
Spesso in Giappone siamo talmente concentrati a guardare la bellezza degli altri Paesi che riscopriamo il valore della nostra tradizione solo quando viene riflessa dall'ammirazione dell'Occidente. Spero dunque che, portando in Europa l'arte del bonsai, essa possa essere rivalutata anche nel mio Paese.
La tradizione del bonsai nasce in Cina: che rapporto ha con questa nazione?
In effetti, il bonsai è nato dal bonkei cinese, utilizzato un tempo per ricreare dei piccoli paesaggi naturali su vassoio, così da mostrare la progettazione di un territorio.
Si parla di un'arte sviluppatasi in più di 1200 anni, con origini anche precedenti a giudicare dai 2000 anni d'età del più vecchio bonsai conosciuto. Esistono anche testimonianze scritte risalenti a 1300 anni fa che raccontano dell'abitudine di trasportare alberi mignon in vasi. Tuttavia, non si sa a quel tempo che valore gli venisse attribuito, se venisse considerata una pratica artistica o meno.
A causa del boom economico, i cinesi hanno ricominciato a comprare i bonsai, anche se hanno un modo diverso di approcciarsi a essi: i giapponesi infatti sono attenti ai piccoli dettagli che possono cambiare l'atmosfera, mentre in Cina hanno una sensibilità diversa, che li spinge a preferire un primo impatto più scenografico.
Che impressione ha avuto della pratica del bonsai in Italia?
Il bonsai si è diffuso anche in Italia da moltissimo tempo, ormai.
Quello che mi ha colpito positivamente dei bonsaisti italiani è la capacità di divertirsi mentre lavorano. Il mio progetto consiste nel dimostrare a tutti quanto sia divertente fare bonsai, ma spesso sono talmente concentrato su quello che sto facendo che non riesco a far trasparire quanto sia per me piacevole come attività. Negli italiani invece la gioia derivante dalla pratica è palese, riescono a chiacchierare e ridere mentre lavorano senza perdere la concentrazione.
Quali zone consiglia di visitare in Giappone agli appassionati di bonsai italiani?
Senz'altro consiglio The Omiya Bonsai Art Museum e la regione di Omiya nel suo complesso. Si tratta di una zona storica ricca di giardini e particolarmente accessibile anche ad appassionati di altri Paesi, visto che le guide sono abituate all'afflusso di stranieri. I bonsai del luogo sono riconosciuti a livello nazionale, al punto che l'unione bonsaisti giapponese ha creato apposta un marchio di qualità per identificarli.
Qui a Milano ha scelto di esibirsi in performance molto originali, che abbinano quasi sempre il bonsai alla musica dal vivo. Esiste un genere di musica che meglio si adatta al suo lavoro?
Preferisco musiche ben ritmate, che mi diano la carica necessaria per terminare una performance in un paio di ore e che permettano di tenere viva l'attenzione del pubblico. Quindi propendo per la musica dance e rock piuttosto che per il jazz.
Tuttavia, è essenziale che in queste performance il bonsai e la musica abbiano lo stesso valore. Mi piace creare un lavoro di squadra, dove il gruppo che mi accompagna sia parte integrante del progetto. In questo modo divento membro della band stessa, lavorando in perfetta sintonia con loro.
C'è stato qualche episodio che l'ha colpita particolarmente durante la sua permanenza in Italia?
E' sempre entusiasmante quando dei bambini passano davanti ai miei bonsai e urlano 'Che bello!' C'è sempre una tale naturalezza nel loro modo di esprimersi che sono veramente gratificato dal fatto che trovino davvero belle le mie creazioni.
Intervista a cura di Alberto Moro
Testi a cura di Silvia Pagano
Si ringraziano Emma Akiko Mercante,Raffaella Nobili e Basilio Sileno per il preziosissimo contributo.
Intervista a Masashi Hirao - Parte I
Alberto Moro, Presidente dell'Associazione Culturale Giappone in Italia, intervista il Maestro di bonsai Masashi Hirao, nominato Ambasciatore Culturale dall'Agenzia degli Affari Culturali del Governo Giapponese. La sua missione? Diffondere la passione per il bonsai.
Maestro Masashi, come si è avvicinato all'arte del bonsai?
Penso che il primo passo sia stato inconsapevole, quando, prima di interessarmi al bonsai, sono rimasto colpito dai giardini dei templi che si potevano ammirare nella zona di Kyoto, dove frequentavo l'università. Solo qualche tempo dopo, a un'esposizione di bonsai, ho pensato che avrei potuto riprodurre e reinterpretare quei bellissimi paesaggi e ho deciso di rivolgermi a un Maestro.
E' così che è avvenuto l'incontro con il suo Maestro, Sabuto Kato?
Un amico mi ha consigliato di parlare con lui per avere qualche indicazione sul mondo del bonsai: non sapevo nulla di lui, della sua fama e neppure della sua arte. Ed è stato proprio questo mio essere un foglio bianco in materia che ha colpito il Maestro Kato, perché gli ha permesso di trasmettermi la sua esperienza senza che io avessi alcuna nozione pregressa.
Secondo lei, qual è il significato del fare bonsai?
ll bonsai comporta una rivalutazione della natura tramite l'arte, e ci tengo a sottolineare che si tratta di curare e osservare la crescita di un albero, e quindi un essere vivente all'interno di un vaso, non di materia passiva o di un oggetto, e ciò costituisce uno dei presupposti principali per avvicinarsi a questa pratica. Per bonsai non si intende solamente la pianta, ma la pianta posizionata nel suo vaso.
Semplificando, il bonsai comporta il prendere una pianta cresciuta in condizioni svantaggiate e portarla a esprimere il suo pieno potenziale tramite la scelta del vaso, il suo posizionamento all'interno di esso e le cure quotidiane ad essa dedicate, in un processo che parte dalla scelta degli strumenti di lavoro e non si conclude mai veramente. Le attenzioni dedicate alla pianta infatti vanno portate avanti quotidianamente, tenendo conto di quali siano la sua personalità e i suoi punti di forza, in modo che tutti gli sforzi siano mirati a farla esprimere al meglio e permetterle così di sopravvivere più a lungo.
Al contempo, il continuo dialogo con essa permette anche al bonsaista di rivelare se stesso e la propria sensibilità. Insomma, proprio questo equilibrio delicato fra la capacità di mettere in risalto le qualità intrinseche della pianta, l'espressione personale del bonsaista e il gusto del futuro acquirente porta questa attività a essere più vicina all'artigianato che all'arte nel senso classico del termine.
Lei si trova in Europa per proseguire l'opera del suo Maestro. Qual è il suo obiettivo?
La parola d'ordine è incuriosire. Voglio diffondere l'arte del bonsai, portarla al di fuori della cerchia ristretta in cui ora è praticata e renderla accessibile al vasto pubblico. E' proprio per questo che sto provando a sperimentare nuove forme di performance, più appetibili a un pubblico giovane e a nuovi ambienti: ad esempio, fare una presentazione in discoteca e riuscire ad attirare anche uno solo dei presenti è un buon risultato, perchè magari quella persona deciderà in futuro di approfondire la sua conoscenza in merito. Ovviamente sono ancora in una fase sperimentale e resto aperto a nuove forme di collaborazioni e di eventi.
Queste forme innovative di performance trovano in Milano un suolo fertile: in quanto capitale della moda e del design. E' senza dubbio una città pronta ad accogliere forme d'arte meno collaudate.
Qual è il processo che la porta a creare un bonsai? Riesce a visualizzare la sua forma finale prima di iniziare a lavorare o modifica progressivamente l'aspetto della pianta?
Come dicevo prima, la mia priorità è identificare le caratteristiche uniche della pianta e farle risaltare: la prima fase è interamente di studio della pianta e dei suoi tratti dominanti.
In base a questo, decido quali lati nascondere e quali sviluppare maggiormente, come disporre i rami...Insomma, raggiungere una determinata forma non è il risultato solo di scelte estetiche, ma anche funzionali.
Più in generale, cerco di visualizzare come si svilupperà la pianta nel tempo e non solo nell'immediato, dal momento che il bonsai è una forma artistica che ha nel mutamento continuo la sua essenza.
Ci tengo a precisare che la scelta di quale approccio adottare è molto personale e varia da bonsaista a bonsaista: io ad esempio preferisco non utilizzare strumenti elettrici o meccanici per non perdere la naturalezza della composizione, mentre altri preferiscono dare alle opere una forma scultorea, a costo di imporre forzature alla struttura iniziale della pianta.
Che rapporto ha con i suoi strumenti di lavoro?
Quando lavoro devo diventare tutt'uno con gli strumenti, quindi non sarebbe sbagliato definirli un'estensione di me stesso. Dal momento che li utilizzo fino a 20 ore al giorno, si sono sagomati in base al mio utilizzo, tanto che riesco sempre a capire se qualcuno li ha usati, quasi sentissi un senso di estraneità, e proprio per questo mi riesce difficile prestarli ad altri.
Per la Forbice d'Oro che mi ha lasciato il mio Maestro vale un discorso diverso. Essa è un simbolo, più che uno strumento, quindi la uso in maniera cerimoniale per il taglio del primo rametto, come atto preliminare all'effettiva lavorazione della pianta. E' una maniera per mostrare al mio Maestro che sto operando in suo nome, portando avanti la missione che mi ha assegnato.
C'è qualche pianta in particolare su cui preferisce lavorare?
No, lavoro bene con qualsiasi pianta tranne le azalee, che in Giappone sono considerate una categoria di bonsai a parte.
Dopo che ha creato la pianta, che rapporto ha con essa? Le capita di tenere i bonsai che ha creato?
Purtroppo il nostro lavoro è sempre destinato a terzi, ai giardini privati o ai vivai delle famiglie di bonsaisti che si tramandano la proprietà di padre in figlio. Una volta creato, il bonsai acquisisce un certo valore ed è tramite la sua vendita che l'artigiano si mantiene.
Arciere mongolo
Arciere mongolo
XVIII secolo
Netsuke in avorio
Altezza: 7, 9 cm
Netsuke in avorio raffigurante un arciere mongolo in piedi, con la parte superiore del corpo ruotata verso destra. I capelli sono raccolti sotto un piccolo copricapo e sul dorso porta un ampio cappello circolare. Il braccio destro, su cui poggia l’arco in tutta la sua lunghezza, è disteso, mentree la mano sinistra tiene una freccia.
Numerosi sono i netsuke creati nel XVIII secolo con soggetto simile. Si tratta probabilmente di dattanjin, stranieri provenienti da Orankai e Dattan, territorio della Cina popolato da mongoli e tartari. Loro rappresentazioni sono dunque frequenti, sebbene non sia stata data particolare importanza alla loro resa realistica.
Jiro e l'arte del sushi
Feltrinelli Real Cinema è lieta di presentare
JIRO E L’ARTE DEL SUSHI
Dal 27 novembre al cinema il film su Jiro Ono, il più grande chef di sushi di Tokyo.
Per l’occasione“sushi show” con degustazione nelle Librerie Feltrinelli
Il 27 novembre arriva nelle sale, distribuito da Feltrinelli Real Cinema con proiezioni-evento nelle principali città, il film JIRO E L’ARTE DEL SUSHI di David Gelb: un documentario che racconta la vita di Jiro Ono, il più famoso chef di sushi di Tokyo. Per gran parte dei suoi 85 anni Jiro ha perfezionato l'arte di preparare il sushi. Lavora dall’alba a dopo il tramonto, assaggia, istruisce meticolosamente i suoi dipendenti, modella e raffina l’impeccabile presentazione di ogni creazione di sushi. L'eccezionale etica lavorativa di Jiro è la forza trainante del documentario, ma il cuore del film si trova altrove, nell'influenza che questa ambizione ha avuto sulle vite dei suoi figli. Il figlio più grande Yoshikazu è l'erede legittimo dell'impero del sushi, ma Jiro non è pronto per ritirarsi o per rinunciare alle proprie responsabilità. Con un padre così famoso, che guida e critica ogni decisione, Yoshikazu non riesce a raggiungere il suo pieno potenziale. Ciononostante è fiero di imparare da un autentico maestro del sushi.
Jiro e l'arte del sushi racconta la passione necessaria per gestire e mantenere un leggendario sushi-restaurant, e il viaggio di un figlio verso la possibilità di prendere il posto di suo padre alla guida della dinastia culinaria.
In occasione dell’uscita del film, le Librerie Feltrinelli delle principali città italiane ospiteranno dei “sushi-show” con degustazioni a cura di AIRG (Associazione Italiana Ristoratori Giapponesi).
Tra i primi appuntamenti, quello a Milano, giovedì 28 novembre, alle ore 18.30 presso la LibreriaFeltrinelli di corso Buenos Aires, dove il presidente dell’AIRG, lo chef Hirazawa Minoru, detto SHIRO, del ristorante Poporoya, affiancato dalla giornalista Stefania Viti, racconterà al pubblico i segreti del sushi.
A seguire, alle ore 20.30, proiezione del film + box assaggio specialità di SHIRO al cinema Arcobaleno Film Center (viale Tunisia, 11).
Biglietto APERIFILM € 10
Prevendite aperte qui: link
IL TOUR DI JIRO
ECCO LE SALE GIA’ CONFERMATE
CINEMA LUMIERE – BOLOGNA
CINEMA ALFIERI – FIRENZE
CINEMA CENTRALE – TORINO
CINEMA EDISON – PARMA
CINEMA ARISTON – TRIESTE
CASA DEL CINEMA – VENEZIA
Gusti e sapori del Giappone
Da Venerdì 8 a Domenica 10 Novembre 2013
presso il Palazzo Giureconsulti
Piazza Mercanti, 2 - Milano
e presso Ristorante Osaka
Gusti e sapori del Giappone
Umami: un gusto fondamentale del cibo giapponese è una parola intraducibile nella nostra lingua. E' il quinto gusto percepito dalle papille gustative.
E proprio la cucina giapponese è il tema della manifestazione Gusti e sapori del Giappone, promossa dal MAFF - Ministry of Agriculture, Forestry and Fisheries. Le iniziative si distribuiscono su tre fronti: il programma di mostre e degustazioni presso il Palazzo Giureconsulti, le lezioni di cucina presso il ristorante Osaka (clicca qui per maggiori informazioni) e aperitivi con assaggi giapponesi presso numerosi ristoranti del centro di Milano.
Presso palazzo Giureconsulti, infatti, Sabato 9 e Domenica 10 dalle 11 alle 17 verranno presentati assaggi di menù facilmente riproducibili a casa, a base di ingredienti reperibili anche in Italia, accompagnati da un assaggio di sakè.
Programma di Palazzo Giureconsulti:
- Venerdì 8 Novembre, dalle 16 alle 17
Tavola rotonda: La ricerca della qualità del cibo, le abitudini e la cultura alimentari
Paolo di Croce, Segretario Generale di Slow Food, insieme al Prof. Hiromasa Enogashira, studioso di colture vegetali tradizionali, e alla sakè-stylist Makiko Tejima si confronteranno sul tema.
- Sabato 9 Novembre
11.30 Assaggi a base di kanikama
13.30 Assaggi a base di kamaboko
15 Degustazione di Sakè
- Domenica 10 Novembre
11.30 Assaggi a base di kamaboko
13.30 Degustazione di Sakè e cachi secchi con formaggio
Mostra espositiva:
Il Giappone e le quattro stagioni
Gli ingredienti che vogliamo far conoscere al mondo
L'orgoglio del Giappone: i servizi per la tavola - porcellane in stile Arita dello showroom Fukagawa Seiji
Ingresso libero
Evento promosso dal MAFF, Ministero giapponese dell'Agricoltura, delle Foreste e della Pesca
Intervista a Seiko Katagiri
Dopo il successo della mostra “Rispecchia e viene rispecchiata – osmosi tra il colore e il tempo” presso la sede di ArteGiappone, Seiko Katagiri ci racconta la filosofia alla base delle sue opere.
Il titolo della mostra è Rispecchia e viene rispecchiata: il soggetto è dunque il riflesso?
Non il riflesso, ma l'oggetto che rispecchia: acqua, vetro, specchi sono presenti in quasi tutte le opere qui esposte e sono elementi fondamentali per la pianificazione del quadro, il quale viene diviso fra zone in luce e in ombra, zone reali e rispecchiate.
Tuttavia, pur nascendo da un soggetto realistico, il metodo applicato è astratto, al punto che il dipinto non è più un mero ritratto dell'oggetto ma quest'ultimo viene filtrato attraverso la mia prospettiva, fino a diventare ciò che vedo attraverso la mia memoria.
Quindi non è l'oggetto in sè che vuole mostrare, ma ciò che esso rappresenta?
Sì, vorrei mostrare agli altri la felicità che mi provocano questi oggetti, una piccola felicità quotidiana. Con il tempo, i ricordi si accumulano su ciò che ci circonda, che viene irrimediabilmente legato alle memorie più preziose. Queste si sovrappongono al panorama attuale e le due dimensioni diventano tutt'una, deformando e colorando ciò che vediamo, con un effetto che ricorda quello della luna riflessa sull'acqua.
Nelle sue opere prevalgono le immagini domestiche: la cucina, il bagno, il panorama visto dall'interno della casa...A cosa è dovuto ciò?
Molte persone insistono nel voler viaggiare e vedere posti diversi rispetto alla propria routine; io al contrario ho sempre desiderato una casa sul mare perchè fosse il paesaggio a cambiare per me. E' un punto di vista sulla vita completamente diverso.
Vorrei mostrare a tutti quantà felicità ci sia nella vita quotidiana: alcuni artisti prendono spunto da luoghi ed esperienze insolite, mentre io preferisco approfondire le scene più familiari e renderle uniche attraverso la mia interiorità.
E poi, dipingere paesaggi da una prospettiva interna alla casa ha un altro vantaggio: posso usare porte e finestre come cornici nel quadro, con un effetto che sottolinea meglio il panorama.
Non si sente restia a mostrare la propria interiorità?
Al contrario, voglio aver modo di esprimere queste piccole gioie semplici senza ostacoli, che siano la rappresentazione diretta della mia interiorità senza nemmeno l'oggettività che il realismo comporta: un oggetto realistico è neutro, quindi non rispecchia per nulla ciò che una persona vede in esso.
Inoltre, provengo da una cultura che non dispone di muri dietro cui nascondersi; le case erano fatte di pannelli, carta, legno e non di mattoni come quelle occidentali, quindi c'era sempre una reciprocità nel mostrarsi all'interno della comunità, soprattutto durante la mia adolescenza.
Com'è cambiata la sua percezione da allora?
Quando ero ancora nubile, dipingevo la realtà che conoscevo allora, soprattutto donne e gatti. Da sposata, ho iniziato a ritrarre anche altri soggetti, introducendo uomini e bambini nelle mie opere. Sicuramente è rimasto il forte legame fra le mie opere e la mia vita, e il senso di compenetrazione fra passato e realtà attuale.
Si è ispirata a qualche forma pittorica del passato?
Per quanto riguarda la tradizione italiana, sono affascinata dai pittori anonimi del XIII/XIV secolo, quando nell'arte figurativa era ancora forte il senso religioso e la pittura era principalmente bidimensionale; mi ricordano alcuni stili più tipicamente orientali, come la tecnica Rinpa o gli Emakimono, i rotoli di narrazione che alternavano pittura e testo. Mi piace quel tipo di prospettiva dall'alto e la molteplicità di punti di vista che queste opere racchiudono.
D'altra parte, amo molto anche autori noti come Giotto con le sue innumerevoli tonalità di bianco e sono davvero affascinata dalle opere di Piero della Francesca.
Fra le sue opere esposte qui, presso ArteGiappone, qual'è la sua preferita?
Penso che quelle più interessanti siano Morning e Night, che ritraggono lo stesso luogo in due orari differenti. In particolare, Night è il risultato di una tecnica diversa, che ho adottato per la prima volta: in precedenza costruivo il quadro con il presupposto che dove c'è luce dev'esserci necessariamente anche l'ombra. Invece questa immagine nasce dal mio tentativo di liberarmi dalla legge della natura che obbliga i due elementi a coesistere e penso che in futuro continuerò a sperimentare in questa direzione.
Kill la Kill
KILL LA KILL: combattimenti, batticuori e tanta fantasia!
Kill La Kill è un nuovissimo anime prodotto dall’amato Studio Trigger, uno studio televisivo relativamente nuovo nel panorama dei cartoni animati made in Japan. In genere uno studio di fondazione recente e che produce solo anime per la televisione non fa notizia con nuove serie in uscita… ma la cosa cambia quando tra i fondatori ci sono membri provenienti dagli studio Gainax e Studio 4°C, e il direttore di produzione e il direttore della sezione character designer hanno già lavorato insieme nel riuscitissimo anime Tengen Toppa Gurren Lagann (con la celebre opening "Sorairo Days", spesso cantata live da ERIKO dei K-ble Jungle).
La sigla di inizio è la bellissima "Sirius" di Eir Aoi mentre in chiusura di ogni episodio trovate "Gomen ne, Iiko ja Irarenai." cantata da Miku Sawai.
In origine il manga era concepito come una storia d’azione basata su combattimenti e battaglie, mentre durante la produzione il focus si è spostato sulla caratterizzazione dei personaggi (ma non preoccupatevi, le scene di lotta e i duelli sono ancora notevoli e ben presenti). La storia è incentrata su Ryuuko Matoi, una ragazza con una singola lama rossa, parte di una spada a forbice, alla ricerca dell’assassino del padre che è in possesso dell’altra metà della spada. Nei suoi pellegrinaggi finisce per arrivare alla Honnoji Academy, una scuola dove il potente Satsuki Kiryuuin comanda con spietata freddezza, aiutato dal potente consiglio studentesco. Gli studenti più meritevoli ricevono straordinari poteri grazie ad uniformi, che useranno senza ritegno. Ryuuko unirà le proprie forse a quelle di una speciale uniforme, un abito da studentessa dotato di propria volontà ed intelligenza, dal nome Senketsu. Questi la aiuterà a costringere Satsuki a darle delle risposte sull’assassinio del padre, e a salvare la Honnoji Academy.
La serie è online da ottobre 2013, in contemporanea mondiale alla TV giapponese sul sito www.daisuki.net e sottotitolata anche in italiano, visibile gratuitamente e legalmente grazie agli accordi tra le singole case che detengono i diritti della serie, in Giappone ed in Italia. La promozione a livello europeo conta su una serie di partnership, tra cui quella con l’associazione Italia Giappone Ochacaffè. E’ la prima volta che un anime viene messo a disposizione in contemporanea mondiale gratuitamente, grazie alla Aniplex e a diverse piattaforme.
Per visionare la serie non avete che da visitare il sito daisuki.net e godervi lo spettacolo!
Batô Kannon
Batô Kannon
馬頭観音
Scuola di Kyoto, inizio del periodo Edo (1615-1867)
XVII secolo
Legno intagliato e dorato; occhi in cristallo
Altezza totale: 66 cm
Altezza della figura: 30 cm
Il “Kannon con la testa equina” è considerato protettore degli animali. Unica manifestazione di Kannon che mostri collera, è anche conosciuto come Batō Myō-ō, una delle divinità bellicose ed iraconde del pantheon del buddhismo esoterico giapponese.
Come da tradizione, Batō Kannon viene qui raffigurato coronato da una testa di cavallo e da capelli infuocati, con tre occhi, tre teste e otto braccia. Gli occhi spalancati e la bocca aperta sono evidenti segnali di ira. Le mani frontali intrecciano le dita nel mudra bakô-in (“mudra della bocca di cavallo”), posizione peculiare di questa manifestazione di Kannon che vede i palmi uniti al centro, con indice e anulare ripiegati e le altre dita stese. Nelle altre mani la divinità regge una ruota sacra ed un rosario, mentre probabilmente mancano un bastone, un fiore di loto e una spada o un’ascia. Diversamente dalla raffigurazione tradizionale, le gambe sono incrociate nella posizione del loto anziché nella più comune anraku-za (posizione rilassata). Il piedistallo a forma di fiore di loto è di ottima qualità, con i petali intagliati singolarmente; montato su una base elaborata, incorpora una mandorla tonda decorata a motivi di nuvole.
Durante il periodo Edo Batō era venerato come protettore dei cavalli in virtù della sua tradizione iconografica e del suo antico ruolo di difensore del regno animale. Statue in pietra raffiguranti Batō venivano spesso collocate ai bordi delle strade per proteggere i viandanti e i loro cavalli da incidenti di viaggio.
Tra le sculture in legno risalenti al periodo Kamakura sono da ricordare quelle conservate a Kanzeonji, a Joururiji e a Nakayamaji. Le somiglianze della nostra statua con questi famosi esemplari suggerisce che essa sia stata prodotta nell’area di Kyoto.
Per maggiori informazioni: http://www.giuseppepiva.com/