Intervista a Masashi Hirao - Parte I
Alberto Moro, Presidente dell'Associazione Culturale Giappone in Italia, intervista il Maestro di bonsai Masashi Hirao, nominato Ambasciatore Culturale dall'Agenzia degli Affari Culturali del Governo Giapponese. La sua missione? Diffondere la passione per il bonsai.
Maestro Masashi, come si è avvicinato all'arte del bonsai?
Penso che il primo passo sia stato inconsapevole, quando, prima di interessarmi al bonsai, sono rimasto colpito dai giardini dei templi che si potevano ammirare nella zona di Kyoto, dove frequentavo l'università. Solo qualche tempo dopo, a un'esposizione di bonsai, ho pensato che avrei potuto riprodurre e reinterpretare quei bellissimi paesaggi e ho deciso di rivolgermi a un Maestro.
E' così che è avvenuto l'incontro con il suo Maestro, Sabuto Kato?
Un amico mi ha consigliato di parlare con lui per avere qualche indicazione sul mondo del bonsai: non sapevo nulla di lui, della sua fama e neppure della sua arte. Ed è stato proprio questo mio essere un foglio bianco in materia che ha colpito il Maestro Kato, perché gli ha permesso di trasmettermi la sua esperienza senza che io avessi alcuna nozione pregressa.
Secondo lei, qual è il significato del fare bonsai?
ll bonsai comporta una rivalutazione della natura tramite l'arte, e ci tengo a sottolineare che si tratta di curare e osservare la crescita di un albero, e quindi un essere vivente all'interno di un vaso, non di materia passiva o di un oggetto, e ciò costituisce uno dei presupposti principali per avvicinarsi a questa pratica. Per bonsai non si intende solamente la pianta, ma la pianta posizionata nel suo vaso.
Semplificando, il bonsai comporta il prendere una pianta cresciuta in condizioni svantaggiate e portarla a esprimere il suo pieno potenziale tramite la scelta del vaso, il suo posizionamento all'interno di esso e le cure quotidiane ad essa dedicate, in un processo che parte dalla scelta degli strumenti di lavoro e non si conclude mai veramente. Le attenzioni dedicate alla pianta infatti vanno portate avanti quotidianamente, tenendo conto di quali siano la sua personalità e i suoi punti di forza, in modo che tutti gli sforzi siano mirati a farla esprimere al meglio e permetterle così di sopravvivere più a lungo.
Al contempo, il continuo dialogo con essa permette anche al bonsaista di rivelare se stesso e la propria sensibilità. Insomma, proprio questo equilibrio delicato fra la capacità di mettere in risalto le qualità intrinseche della pianta, l'espressione personale del bonsaista e il gusto del futuro acquirente porta questa attività a essere più vicina all'artigianato che all'arte nel senso classico del termine.
Lei si trova in Europa per proseguire l'opera del suo Maestro. Qual è il suo obiettivo?
La parola d'ordine è incuriosire. Voglio diffondere l'arte del bonsai, portarla al di fuori della cerchia ristretta in cui ora è praticata e renderla accessibile al vasto pubblico. E' proprio per questo che sto provando a sperimentare nuove forme di performance, più appetibili a un pubblico giovane e a nuovi ambienti: ad esempio, fare una presentazione in discoteca e riuscire ad attirare anche uno solo dei presenti è un buon risultato, perchè magari quella persona deciderà in futuro di approfondire la sua conoscenza in merito. Ovviamente sono ancora in una fase sperimentale e resto aperto a nuove forme di collaborazioni e di eventi.
Queste forme innovative di performance trovano in Milano un suolo fertile: in quanto capitale della moda e del design. E' senza dubbio una città pronta ad accogliere forme d'arte meno collaudate.
Qual è il processo che la porta a creare un bonsai? Riesce a visualizzare la sua forma finale prima di iniziare a lavorare o modifica progressivamente l'aspetto della pianta?
Come dicevo prima, la mia priorità è identificare le caratteristiche uniche della pianta e farle risaltare: la prima fase è interamente di studio della pianta e dei suoi tratti dominanti.
In base a questo, decido quali lati nascondere e quali sviluppare maggiormente, come disporre i rami...Insomma, raggiungere una determinata forma non è il risultato solo di scelte estetiche, ma anche funzionali.
Più in generale, cerco di visualizzare come si svilupperà la pianta nel tempo e non solo nell'immediato, dal momento che il bonsai è una forma artistica che ha nel mutamento continuo la sua essenza.
Ci tengo a precisare che la scelta di quale approccio adottare è molto personale e varia da bonsaista a bonsaista: io ad esempio preferisco non utilizzare strumenti elettrici o meccanici per non perdere la naturalezza della composizione, mentre altri preferiscono dare alle opere una forma scultorea, a costo di imporre forzature alla struttura iniziale della pianta.
Che rapporto ha con i suoi strumenti di lavoro?
Quando lavoro devo diventare tutt'uno con gli strumenti, quindi non sarebbe sbagliato definirli un'estensione di me stesso. Dal momento che li utilizzo fino a 20 ore al giorno, si sono sagomati in base al mio utilizzo, tanto che riesco sempre a capire se qualcuno li ha usati, quasi sentissi un senso di estraneità, e proprio per questo mi riesce difficile prestarli ad altri.
Per la Forbice d'Oro che mi ha lasciato il mio Maestro vale un discorso diverso. Essa è un simbolo, più che uno strumento, quindi la uso in maniera cerimoniale per il taglio del primo rametto, come atto preliminare all'effettiva lavorazione della pianta. E' una maniera per mostrare al mio Maestro che sto operando in suo nome, portando avanti la missione che mi ha assegnato.
C'è qualche pianta in particolare su cui preferisce lavorare?
No, lavoro bene con qualsiasi pianta tranne le azalee, che in Giappone sono considerate una categoria di bonsai a parte.
Dopo che ha creato la pianta, che rapporto ha con essa? Le capita di tenere i bonsai che ha creato?
Purtroppo il nostro lavoro è sempre destinato a terzi, ai giardini privati o ai vivai delle famiglie di bonsaisti che si tramandano la proprietà di padre in figlio. Una volta creato, il bonsai acquisisce un certo valore ed è tramite la sua vendita che l'artigiano si mantiene.
Arciere mongolo
Arciere mongolo
XVIII secolo
Netsuke in avorio
Altezza: 7, 9 cm
Netsuke in avorio raffigurante un arciere mongolo in piedi, con la parte superiore del corpo ruotata verso destra. I capelli sono raccolti sotto un piccolo copricapo e sul dorso porta un ampio cappello circolare. Il braccio destro, su cui poggia l’arco in tutta la sua lunghezza, è disteso, mentree la mano sinistra tiene una freccia.
Numerosi sono i netsuke creati nel XVIII secolo con soggetto simile. Si tratta probabilmente di dattanjin, stranieri provenienti da Orankai e Dattan, territorio della Cina popolato da mongoli e tartari. Loro rappresentazioni sono dunque frequenti, sebbene non sia stata data particolare importanza alla loro resa realistica.
Jiro e l'arte del sushi
Feltrinelli Real Cinema è lieta di presentare
JIRO E L’ARTE DEL SUSHI
Dal 27 novembre al cinema il film su Jiro Ono, il più grande chef di sushi di Tokyo.
Per l’occasione“sushi show” con degustazione nelle Librerie Feltrinelli
Il 27 novembre arriva nelle sale, distribuito da Feltrinelli Real Cinema con proiezioni-evento nelle principali città, il film JIRO E L’ARTE DEL SUSHI di David Gelb: un documentario che racconta la vita di Jiro Ono, il più famoso chef di sushi di Tokyo. Per gran parte dei suoi 85 anni Jiro ha perfezionato l'arte di preparare il sushi. Lavora dall’alba a dopo il tramonto, assaggia, istruisce meticolosamente i suoi dipendenti, modella e raffina l’impeccabile presentazione di ogni creazione di sushi. L'eccezionale etica lavorativa di Jiro è la forza trainante del documentario, ma il cuore del film si trova altrove, nell'influenza che questa ambizione ha avuto sulle vite dei suoi figli. Il figlio più grande Yoshikazu è l'erede legittimo dell'impero del sushi, ma Jiro non è pronto per ritirarsi o per rinunciare alle proprie responsabilità. Con un padre così famoso, che guida e critica ogni decisione, Yoshikazu non riesce a raggiungere il suo pieno potenziale. Ciononostante è fiero di imparare da un autentico maestro del sushi.
Jiro e l'arte del sushi racconta la passione necessaria per gestire e mantenere un leggendario sushi-restaurant, e il viaggio di un figlio verso la possibilità di prendere il posto di suo padre alla guida della dinastia culinaria.
In occasione dell’uscita del film, le Librerie Feltrinelli delle principali città italiane ospiteranno dei “sushi-show” con degustazioni a cura di AIRG (Associazione Italiana Ristoratori Giapponesi).
Tra i primi appuntamenti, quello a Milano, giovedì 28 novembre, alle ore 18.30 presso la LibreriaFeltrinelli di corso Buenos Aires, dove il presidente dell’AIRG, lo chef Hirazawa Minoru, detto SHIRO, del ristorante Poporoya, affiancato dalla giornalista Stefania Viti, racconterà al pubblico i segreti del sushi.
A seguire, alle ore 20.30, proiezione del film + box assaggio specialità di SHIRO al cinema Arcobaleno Film Center (viale Tunisia, 11).
Biglietto APERIFILM € 10
Prevendite aperte qui: link
IL TOUR DI JIRO
ECCO LE SALE GIA’ CONFERMATE
CINEMA LUMIERE – BOLOGNA
CINEMA ALFIERI – FIRENZE
CINEMA CENTRALE – TORINO
CINEMA EDISON – PARMA
CINEMA ARISTON – TRIESTE
CASA DEL CINEMA – VENEZIA
Gusti e sapori del Giappone
Da Venerdì 8 a Domenica 10 Novembre 2013
presso il Palazzo Giureconsulti
Piazza Mercanti, 2 - Milano
e presso Ristorante Osaka
Gusti e sapori del Giappone
Umami: un gusto fondamentale del cibo giapponese è una parola intraducibile nella nostra lingua. E' il quinto gusto percepito dalle papille gustative.
E proprio la cucina giapponese è il tema della manifestazione Gusti e sapori del Giappone, promossa dal MAFF - Ministry of Agriculture, Forestry and Fisheries. Le iniziative si distribuiscono su tre fronti: il programma di mostre e degustazioni presso il Palazzo Giureconsulti, le lezioni di cucina presso il ristorante Osaka (clicca qui per maggiori informazioni) e aperitivi con assaggi giapponesi presso numerosi ristoranti del centro di Milano.
Presso palazzo Giureconsulti, infatti, Sabato 9 e Domenica 10 dalle 11 alle 17 verranno presentati assaggi di menù facilmente riproducibili a casa, a base di ingredienti reperibili anche in Italia, accompagnati da un assaggio di sakè.
Programma di Palazzo Giureconsulti:
- Venerdì 8 Novembre, dalle 16 alle 17
Tavola rotonda: La ricerca della qualità del cibo, le abitudini e la cultura alimentari
Paolo di Croce, Segretario Generale di Slow Food, insieme al Prof. Hiromasa Enogashira, studioso di colture vegetali tradizionali, e alla sakè-stylist Makiko Tejima si confronteranno sul tema.
- Sabato 9 Novembre
11.30 Assaggi a base di kanikama
13.30 Assaggi a base di kamaboko
15 Degustazione di Sakè
- Domenica 10 Novembre
11.30 Assaggi a base di kamaboko
13.30 Degustazione di Sakè e cachi secchi con formaggio
Mostra espositiva:
Il Giappone e le quattro stagioni
Gli ingredienti che vogliamo far conoscere al mondo
L'orgoglio del Giappone: i servizi per la tavola - porcellane in stile Arita dello showroom Fukagawa Seiji
Ingresso libero
Evento promosso dal MAFF, Ministero giapponese dell'Agricoltura, delle Foreste e della Pesca
Intervista a Seiko Katagiri
Dopo il successo della mostra “Rispecchia e viene rispecchiata – osmosi tra il colore e il tempo” presso la sede di ArteGiappone, Seiko Katagiri ci racconta la filosofia alla base delle sue opere.
Il titolo della mostra è Rispecchia e viene rispecchiata: il soggetto è dunque il riflesso?
Non il riflesso, ma l'oggetto che rispecchia: acqua, vetro, specchi sono presenti in quasi tutte le opere qui esposte e sono elementi fondamentali per la pianificazione del quadro, il quale viene diviso fra zone in luce e in ombra, zone reali e rispecchiate.
Tuttavia, pur nascendo da un soggetto realistico, il metodo applicato è astratto, al punto che il dipinto non è più un mero ritratto dell'oggetto ma quest'ultimo viene filtrato attraverso la mia prospettiva, fino a diventare ciò che vedo attraverso la mia memoria.
Quindi non è l'oggetto in sè che vuole mostrare, ma ciò che esso rappresenta?
Sì, vorrei mostrare agli altri la felicità che mi provocano questi oggetti, una piccola felicità quotidiana. Con il tempo, i ricordi si accumulano su ciò che ci circonda, che viene irrimediabilmente legato alle memorie più preziose. Queste si sovrappongono al panorama attuale e le due dimensioni diventano tutt'una, deformando e colorando ciò che vediamo, con un effetto che ricorda quello della luna riflessa sull'acqua.
Nelle sue opere prevalgono le immagini domestiche: la cucina, il bagno, il panorama visto dall'interno della casa...A cosa è dovuto ciò?
Molte persone insistono nel voler viaggiare e vedere posti diversi rispetto alla propria routine; io al contrario ho sempre desiderato una casa sul mare perchè fosse il paesaggio a cambiare per me. E' un punto di vista sulla vita completamente diverso.
Vorrei mostrare a tutti quantà felicità ci sia nella vita quotidiana: alcuni artisti prendono spunto da luoghi ed esperienze insolite, mentre io preferisco approfondire le scene più familiari e renderle uniche attraverso la mia interiorità.
E poi, dipingere paesaggi da una prospettiva interna alla casa ha un altro vantaggio: posso usare porte e finestre come cornici nel quadro, con un effetto che sottolinea meglio il panorama.
Non si sente restia a mostrare la propria interiorità?
Al contrario, voglio aver modo di esprimere queste piccole gioie semplici senza ostacoli, che siano la rappresentazione diretta della mia interiorità senza nemmeno l'oggettività che il realismo comporta: un oggetto realistico è neutro, quindi non rispecchia per nulla ciò che una persona vede in esso.
Inoltre, provengo da una cultura che non dispone di muri dietro cui nascondersi; le case erano fatte di pannelli, carta, legno e non di mattoni come quelle occidentali, quindi c'era sempre una reciprocità nel mostrarsi all'interno della comunità, soprattutto durante la mia adolescenza.
Com'è cambiata la sua percezione da allora?
Quando ero ancora nubile, dipingevo la realtà che conoscevo allora, soprattutto donne e gatti. Da sposata, ho iniziato a ritrarre anche altri soggetti, introducendo uomini e bambini nelle mie opere. Sicuramente è rimasto il forte legame fra le mie opere e la mia vita, e il senso di compenetrazione fra passato e realtà attuale.
Si è ispirata a qualche forma pittorica del passato?
Per quanto riguarda la tradizione italiana, sono affascinata dai pittori anonimi del XIII/XIV secolo, quando nell'arte figurativa era ancora forte il senso religioso e la pittura era principalmente bidimensionale; mi ricordano alcuni stili più tipicamente orientali, come la tecnica Rinpa o gli Emakimono, i rotoli di narrazione che alternavano pittura e testo. Mi piace quel tipo di prospettiva dall'alto e la molteplicità di punti di vista che queste opere racchiudono.
D'altra parte, amo molto anche autori noti come Giotto con le sue innumerevoli tonalità di bianco e sono davvero affascinata dalle opere di Piero della Francesca.
Fra le sue opere esposte qui, presso ArteGiappone, qual'è la sua preferita?
Penso che quelle più interessanti siano Morning e Night, che ritraggono lo stesso luogo in due orari differenti. In particolare, Night è il risultato di una tecnica diversa, che ho adottato per la prima volta: in precedenza costruivo il quadro con il presupposto che dove c'è luce dev'esserci necessariamente anche l'ombra. Invece questa immagine nasce dal mio tentativo di liberarmi dalla legge della natura che obbliga i due elementi a coesistere e penso che in futuro continuerò a sperimentare in questa direzione.
Kill la Kill
KILL LA KILL: combattimenti, batticuori e tanta fantasia!
Kill La Kill è un nuovissimo anime prodotto dall’amato Studio Trigger, uno studio televisivo relativamente nuovo nel panorama dei cartoni animati made in Japan. In genere uno studio di fondazione recente e che produce solo anime per la televisione non fa notizia con nuove serie in uscita… ma la cosa cambia quando tra i fondatori ci sono membri provenienti dagli studio Gainax e Studio 4°C, e il direttore di produzione e il direttore della sezione character designer hanno già lavorato insieme nel riuscitissimo anime Tengen Toppa Gurren Lagann (con la celebre opening "Sorairo Days", spesso cantata live da ERIKO dei K-ble Jungle).
La sigla di inizio è la bellissima "Sirius" di Eir Aoi mentre in chiusura di ogni episodio trovate "Gomen ne, Iiko ja Irarenai." cantata da Miku Sawai.
In origine il manga era concepito come una storia d’azione basata su combattimenti e battaglie, mentre durante la produzione il focus si è spostato sulla caratterizzazione dei personaggi (ma non preoccupatevi, le scene di lotta e i duelli sono ancora notevoli e ben presenti). La storia è incentrata su Ryuuko Matoi, una ragazza con una singola lama rossa, parte di una spada a forbice, alla ricerca dell’assassino del padre che è in possesso dell’altra metà della spada. Nei suoi pellegrinaggi finisce per arrivare alla Honnoji Academy, una scuola dove il potente Satsuki Kiryuuin comanda con spietata freddezza, aiutato dal potente consiglio studentesco. Gli studenti più meritevoli ricevono straordinari poteri grazie ad uniformi, che useranno senza ritegno. Ryuuko unirà le proprie forse a quelle di una speciale uniforme, un abito da studentessa dotato di propria volontà ed intelligenza, dal nome Senketsu. Questi la aiuterà a costringere Satsuki a darle delle risposte sull’assassinio del padre, e a salvare la Honnoji Academy.
La serie è online da ottobre 2013, in contemporanea mondiale alla TV giapponese sul sito www.daisuki.net e sottotitolata anche in italiano, visibile gratuitamente e legalmente grazie agli accordi tra le singole case che detengono i diritti della serie, in Giappone ed in Italia. La promozione a livello europeo conta su una serie di partnership, tra cui quella con l’associazione Italia Giappone Ochacaffè. E’ la prima volta che un anime viene messo a disposizione in contemporanea mondiale gratuitamente, grazie alla Aniplex e a diverse piattaforme.
Per visionare la serie non avete che da visitare il sito daisuki.net e godervi lo spettacolo!
Batô Kannon
Batô Kannon
馬頭観音
Scuola di Kyoto, inizio del periodo Edo (1615-1867)
XVII secolo
Legno intagliato e dorato; occhi in cristallo
Altezza totale: 66 cm
Altezza della figura: 30 cm
Il “Kannon con la testa equina” è considerato protettore degli animali. Unica manifestazione di Kannon che mostri collera, è anche conosciuto come Batō Myō-ō, una delle divinità bellicose ed iraconde del pantheon del buddhismo esoterico giapponese.
Come da tradizione, Batō Kannon viene qui raffigurato coronato da una testa di cavallo e da capelli infuocati, con tre occhi, tre teste e otto braccia. Gli occhi spalancati e la bocca aperta sono evidenti segnali di ira. Le mani frontali intrecciano le dita nel mudra bakô-in (“mudra della bocca di cavallo”), posizione peculiare di questa manifestazione di Kannon che vede i palmi uniti al centro, con indice e anulare ripiegati e le altre dita stese. Nelle altre mani la divinità regge una ruota sacra ed un rosario, mentre probabilmente mancano un bastone, un fiore di loto e una spada o un’ascia. Diversamente dalla raffigurazione tradizionale, le gambe sono incrociate nella posizione del loto anziché nella più comune anraku-za (posizione rilassata). Il piedistallo a forma di fiore di loto è di ottima qualità, con i petali intagliati singolarmente; montato su una base elaborata, incorpora una mandorla tonda decorata a motivi di nuvole.
Durante il periodo Edo Batō era venerato come protettore dei cavalli in virtù della sua tradizione iconografica e del suo antico ruolo di difensore del regno animale. Statue in pietra raffiguranti Batō venivano spesso collocate ai bordi delle strade per proteggere i viandanti e i loro cavalli da incidenti di viaggio.
Tra le sculture in legno risalenti al periodo Kamakura sono da ricordare quelle conservate a Kanzeonji, a Joururiji e a Nakayamaji. Le somiglianze della nostra statua con questi famosi esemplari suggerisce che essa sia stata prodotta nell’area di Kyoto.
Per maggiori informazioni: http://www.giuseppepiva.com/
Intervista a Kyoko Dufaux
Intervista a Kyoko Dufaux, illustratrice; le sue opere sono in esposizione presso l'Associazione Culturale Arte Giappone fino al 3 Ottobre per la mostra "Il cielo di Parigi".
Ha scelto di rappresentare Parigi da una prospettiva diversa: perchè dipingere proprio i tetti e il cielo della città?
Il vero protagonista di questa mostra è il cielo: è il soggetto che volevo rappresentare, dal momento che è una parte essenziale della nostra vita, uno spazio che ci permette di respirare e vivere.
E in un secondo momento ci si accorge degli animali disposti sui tetti e sui balconi...
Sì, gli animali sono venuti in un secondo momento, quando il paesaggio era già stato dipinto. E' sulla base dell'ambiente rappresentato che ho deciso quale animale potesse inserirsi bene nell'immagine e dove collocarlo.
Al contrario, non ci sono esseri umani.
Preferisco dipingere animali, perchè sono più semplici; penso che sia davvero difficile riuscire a rendere la complessità umana. Questo non vuol dire che io non sia interessata a ritrarre le persone, anzi, mi è già capitato in passato, ma trovo più spontaneo utilizzare gli animali come soggetto.
Scorrendo le immagini delle sue opere passate mi hanno colpito quelle di ambientazione africana. Che rapporto ha con quel continente?
Ho vissuto diversi anni in Costa d'Avorio: la visione della natura e dei paesaggi di quei luoghi mi ha profondamente colpita.
Dall'esterno sembrerebbe che la cultura giapponese e quella africana siano agli opposti. Com'è possibile farle coesistere?
A dire il vero, la cultura africana ha più legami con la cultura giapponese di quanti non ne abbia quella occidentale. Penso che un aspetto in comune molto influente sul nostro modo di pensare sia il panteismo, percepire la divinità in tutte le cose: da questo punto di vista, spesso avevo la sensazione di essere connessa alle popolazioni locali al punto di riuscire a comunicare con loro anche senza parole.
Asia, Europa, Africa - ha vissuto per molti anni all'estero. Questo la rende una vera e propria artista internazionale...
Vivere in Paesi diversi mi ha permesso di raccogliere nuovi spunti; invece di seguire fedelmente le strade tracciate dai Maestri giapponesi, ho cercato di cogliere aspetti nuovi derivanti dal viaggiare e ricevere stimoli insoliti, che ora sono parte integrante delle mie opere.
Vorrebbe dire qualcosa alle persone che leggeranno questa intervista?
Vi aspetto! La mostra "Il cielo di Parigi" è aperta a tutti e mi fa piacere ricevere quanti più commenti e reazioni differenti possibili, siete tutti i benvenuti!
Silvia Pagano
Gunbai in ferro
Gunbai in ferro
Ventaglio da guerra
Mei: Iga no kami Minamoto Kanemichi
Settsu (Osaka), periodo Kanbun (1661-1672)
XVII secolo
Ferro laccato, 46 x 21 cm
Esposizioni:
Tenshukaku del Castello di Okayama, 1980
Raro gunbai uchiwa in ferro forgiato da uno spadaio, laccato su entrambi i lati con un solo nascente rosso su fondo oro.
Utilizzato dai comandanti per impartire gli ordini sul campo di battaglia, il gunbai rimase anche durante il periodo Edo un simbolo di potere ed elevato status sociale. La forma e il tipo di costruzione si trovano analoghi in alcuni altri esemplari, tra i quali quello conservato al castello di Osaka, che mostra una tsuka virtualmente identica a questa.
Le montature sull'impugnatura sono in shakudo, i menuki realizzati a forma di pezzi di shogi - gli scacchi giapponesi - con iscrizioni in honzogan di oro.
Kanimichi è un fabbro spadaio classificato come chu saku e fu probabilmente allievo di Kaneyasu, autore del gunbai di Osaka. E' probabile ci siano state due generazioni di fabbri che firmavano Kaneminchi, ma solo la prima firmava antemponendo al nome il titolo "Minamoto".
Il gunbai è conservato in una antica scatola di legno con l'iscrizione "On uchiwa, hitonigiri" ed è accompagnato da una lettera di ringraziamento del sindaco di Okayama City per il prestito all'esposizione del 1980.
Per maggiori informazioni: http://www.giuseppepiva.com/
Neko Cafè
Se vi trovate in Giappone e amate i gatti, tappa obbligatoria è senz'altro un Neko Cafè, ovvero il bar dei gatti. Un'esperienza sicuramente diversa dal solito che permette di stare a contatto per qualche ora con i nostri piccoli amici a quattro zampe, sorseggiando un drink o leggendo un manga.
Un neko cafè può ospitare anche una cinquantina di gatti, tutti in completa libertà. Si tratta di locali a pagamento (circa 1000 Yen all'ora) a prima vista normali, dotati di divanetti, angolo bar scaffali con manga e libri che si possono leggere liberamente e tv con annesse consolle di videogames. Tutto l'ambiente è strutturato ad hoc per i felini: ceste, giochi dei più svariati, torrette di paglia per farsi le unghie, scatole. Pagato l'ingresso, il cliente dovrà mettere al collo un cartellino con l'orario di visita prefissato, togliersi le scarpe e lavarsi le mani, imbattendosi probabilmente in un micio che beve dal lavandino. Fatto ciò potrà tranquillamente coccolare i gatti, nel rispetto del regolamento che vieta di infastidirli o strapazzarli troppo. In Giappone i neko cafè sono circa un centinaio, di cui la metà si trova a Tokyo; i ritmi frenetici della metropoli non consentono a tutti di poter accudire un gatto, perciò molti giapponesi della capitale ripiegano sulla scelta di dedicare il loro poco tempo ai mici del Neko Cafè, comprando loro del cibo o facendo anche dei piccoli regali acquistabili al momento nel locale.
Quella dei Neko Cafè è una moda relativamente recente; infatti il primo locale, il Neko no Mise, è stato inaugurato a Machida circa otto anni fa. Da allora c'è stato un vero e proprio boom dei Neko Cafè, accompagnato anche alla nascita di blog con tanto di profili personali di alcuni gatti e foto annesse. Moda che sembra in espansione: i Neko Cafè in tempi recentissimi sono stati oggetto di interesse anche da parte di alcuni Paesi europei che hanno voluto riproporre il binomio bar-gatti. Nel 2012, dopo tre anni di trattative, ha aperto il primo Neko Cafè in Europa, a Vienna, di proprietà di un giapponese. Quest'anno ne sono stati inaugurati altri 5 in Ungheria, Germania e Inghilterra e di recente anche Parigi ha visto la nascita di un Neko Cafè all'ombra della Tour Eiffel. Per quanto riguarda l'Italia, ci sono dei progetti in corso ma si dovrà aspettare ancora; il successo sarebbe assicurato.
Non rimane che farci un salto. E se siete allergici ai gatti, non disperate: si può sempre optare per un izakaya.
Alice Santinello