Storia del cinema giapponese: l'influenza americana
L’industria cinematografica giapponese è stata soggetta nel corso degli anni a notevoli trasformazioni, dovute principalmente al confronto con realtà esterne che sin dal principio hanno esercitato sul Paese del Sol Levante un grande fascino. L’interesse per le innovazioni straniere, tuttavia, ha da sempre dovuto scontrarsi con un atteggiamento ricorrente di fronte a qualsiasi tipo di novità: iniziale curiosità ed entusiasmo prima della piena assimilazione dell’idea e del conseguente adattamento ai propri modelli.
Tra le modernità importate, il cinema registrò da subito un’immediata popolarità. Il rapido processo di divulgazione della “settima arte” fu così attuato dalle prime case di produzione, che diedero un contributo essenziale alla nascita del sistema industriale cinematografico, nell’intento di ottenere una repentina espansione all’estero, attraverso l’importazione di nuovi macchinari provenienti dalla Francia.
Il successo riscosso dall’apertura del nuovo circuito di sale Fukuhodo di Tōkyō nel 1909 confermò i buoni propositi nel redditizio settore della produzione: la Fukuhodo fu tre anni dopo accorpata alle altre case in un grande trust plasmato sulla Motion Picture Patent Company americana, la Nikkatsu Corporation.
Dopo la costruzione di un nuovo studio nelle vicinanze di Asakusa, la prima major giapponese si specializzò nella realizzazione di drammi dello shinpa (la “nuova scuola”), arrivando già nel 1914 a produrre 14 film al mese e a possedere nel 1921 più della metà delle 600 sale cinematografiche dell’intero paese. Nel frattempo, con lo scoppio della prima guerra mondiale, gli Stati Uniti iniziarono a estendere il proprio dominio su Francia e Italia, i due paesi esportatori più importanti fino a quel momento.
L’egemonia del cinema americano nel primo dopoguerra e conseguentemente per l’intero decennio successivo fu testimoniata in particolar modo dalla nascita dello "studio system", un efficiente apparato industriale che prevedeva la fusione delle piccole compagnie in aziende maggiori a concentrazione verticale, capaci dunque di controllare produzione, distribuzione e proiezione delle pellicole, tramite l’acquisto o la costruzione delle sale.
Altre novità consistevano nella specializzazione dei ruoli attraverso l’introduzione di una nuova figura accanto a quella del regista, il producer, e nella nascita dello "star system": l’attore principale, spesso legato alla rispettiva casa da contratti a tempo indefinito, rappresentava dunque il mezzo fisico attraverso cui pubblicizzare i film, nonché il cardine di questo nuovo sistema produttivo che avrebbe funto poi da modello per lo sviluppo dell’industria cinematografica giapponese.
All’inizio degli anni Venti, il contributo più rilevante verso una nuova fase di radicale rinnovamento e prosperità provenne dall’intervento di Kido Shirō, direttore dei nuovi studi di Kamata della casa Shōchiku, che incrementò la produzione di opere gendaigeki: queste consistevano in drammi di ambientazione contemporanea, in forte contrapposizione con i film in costume denominati jidaigeki, ai quali era stato prevalentemente rivolto l’interesse del pubblico fino a quel momento.
In particolare, a favorire la proliferazione di opere jidaigeki fu l’imprescindibile influenza del teatro tradizionale sul cinema degli albori. Le prime produzioni cinematografiche, infatti, consistevano in rappresentazioni di geisha danzanti, attori famosi di kabuki e melodrammi popolari shinpa: questa forma teatrale ebbe origine in seguito alla restaurazione Meiji per l’impossibilità del kabuki di presentare commedie d’ambientazione contemporanea. Pur avendo esordito come teatro rivoluzionario e di propaganda della politica liberale e antifeudale, mantenne figure tradizionali come l’oyama (l’attore che interpretava i ruoli femminili, anche denominato onnagata).
La forte influenza del teatro si era manifestata inoltre nella necessità di trovare un personaggio che riuscisse a dare una spiegazione anticipatoria della rappresentazione, a fornire la voce ai vari personaggi, tradurre e commentare le scene in lingua straniera dei film importati e descrivere le tecniche cinematografiche utilizzate durante la proiezione. Questi compiti erano stati affidati al benshi, ruolo svolto principalmente da uomini che si sarebbe poi rivelato decisivo nello sviluppo del cinema giapponese.
Il potere incantatore dei benshi si sposava alla perfezione con le esigenze del pubblico e costituiva uno scoglio notevole per chi tentasse di scardinarlo o, addirittura, proporre nuove tecniche di ripresa; nonostante ciò, verso la fine degli anni Dieci era stato introdotto in Giappone il flashback, in seguito agli esperimenti tecnici di D. W. Griffith. Quest’ultimo aveva svolto un ruolo decisivo nell’applicazione all’interno del cinema americano del director system, che prevedeva la centralità nella figura del regista, e nell’elaborazione dell’innovativo montaggio alternato.
Il Paese, dunque, non era ancora preparato a un intero sconvolgimento del sistema tradizionale: il maggiore ostacolo al processo di “americanizzazione” era ancora rappresentato dalla presenza dei benshi, la cui popolarità aveva raggiunto il picco massimo tra la fine del primo conflitto mondiale e la metà degli anni Venti.
Lorenzo Leva
Lorenzo Leva nasce a Fermo nel 1990 ed è laureato in Lingue, Mercati e Culture dell’Asia (Università di Bologna). Ha approfondito le sue conoscenze riguardanti l'economia, la cultura e la società giapponese durante un periodo di sei mesi presso la Université Paris Diderot-Paris VII di Parigi, con un Master in Asian Studies presso l'Università di Lund e un'esperienza di fieldwork presso la Waseda University a Tokyo.
Coltiva da anni una forte passione per il cinema orientale e giapponese in particolare, di cui ha analizzato l’evoluzione e le caratteristiche.
Contatti:
lorenzo.leva@gmail.com
Setsubun
In Giappone oggi si festeggia il Setsubun per eccellenza, il Risshun, giorno precedente al passaggio dall'inverno alla primavera. E quale modo migliore del mamemaki per celebrare il cambio di stagione?
Benchè non sia riconosciuta come una festa nazionale ufficiale, il 3 Febbraio è una data simbolicamente importante, che segna l'inizio del nuovo anno secondo il calendario lunare, seguito anticamente in Giappone. Proprio per questo si eseguono alcuni riti propiziatori per allontanare la sfortuna e il rischio di malattie, come il lancio dei fagioli della fortuna.
Al grido di Oni wa soto! Fuku wa uchi!, infatti, si scatena il mamemaki, un rito che si propone di allontanare gli spiriti maligni ( Oni wa Soto) tramite il lancio di fagioli, lasciando così libero accesso alla buona sorte (Fuku wa uchi). La tradizione si ripropone nei templi e nei santuari, ma anche nelle case, dove i fuku mame vengono lanciati fuori dalla porta o, in alternativa, contro un membro della famiglia, che interpreta il ruolo di demone nascosto dietro la tradizionale maschera.
Nei templi e nei santuari i festeggiamenti assumono dimensioni imponenti, con lancio di piccoli dolci o regali alla folla in festa, accorsa anche per assistere ai tornei di sumo o per incontrare personalità note invitate per la celebrazione.
Non è l'unica tradizione adottata per festeggiare: sempre per garantirsi una salute di ferro, tutti mangiano un numero di fagioli pari alla propria età, più uno per il nuovo anno. Questo rituale, originario del Kansai, si è presto diffuso all'intera nazione.
Un po' meno praticata è invece la tradizione di mangiare in silenzio un ehomaki tutto intero, guardando nella direzione dettata dallo zodiaco cinese di quell'anno, ovvero la direzione da cui arriva la fortuna.
I segreti dell'arte giapponese
I segreti dell'arte giapponese: intervista a Giuseppe Piva
Intervista a cura di MM One Group.
Giuseppe Piva Arte Giapponese è una delle più prestigiose gallerie di oggetti di valore dell'antiquariato nipponico allestite in Italia. Le opere esposte sono il frutto di un accurato lavoro di ricerca e selezione, riscontrabile nello stato di conservazione e nel grado di rarità della maggior parte dei manufatti.
Fra i pezzi più interessanti della Galleria un ampio assortimento di armature da samurai complete di kabuto (elmi) e di menpô (maschere), nonchè di accessori legati alle attività marziali come i foderi per armi in asta (Yarisaia) realizzati in legno, lacca e crine, alcune Nihonto (spade e katana del XVI secolo) e dodici Yanone, punte di freccia di varie forme e dimensioni risalenti al periodo Edo (1615-1867).
Oltre agli articoli a carattere militare, la Galleria dispone anche di numerosi Netsuke e le opere esposte comprendono diversi esempi di arte giapponese: dipinti ad inchiostro sumi su seta o su carta accompagnati da poesie e sigilli, stampe erotiche o decorative, una tromba da Yamabushi (monaco asceta) ricavata da una conchiglia di 45 cm, sculture in legno raffiguranti le divinità del buddismo esoterico ed appartenenti a diverse epoche, dal XIV al XVIII secolo, e una selezione di paraventi e kimono. Abbiamo intervistato Giuseppe Piva, il direttore dell'omonima Galleria.
Domanda: Signor Piva, quando nasce la sua passione per l'antiquariato e per l'arte giapponese?
Risposta: È una passione nata fin da bambino e che mi ha sempre accompagnato.
D: Qual è il profilo del vostro cliente tipo?
R: Il nostro cliente medio è un collezionista, e sicuramente stiamo parlando di un collezionista molto appassionato: oltre alla competenza in materia, deve essere attratto da un tipo di estetica sostanzialmente differente da quella tradizionale europea o americana.
D: Qual è l'oggetto che desidererebbe avere nella sua Galleria?
R: Non si tratta di una particolare tipologia di articolo. La Galleria, come ha potuto vedere dal nostro sito, ha un vasto assortimento di oggetti di diverse epoche e tipologie. Il discorso potrebbe semmai riguardare quel livello di qualità che si può identificare nelle opere dei migliori musei del mondo; potrei farle l'esempio di un paravento del Cinquecento o di altri oggetti rari...
D: Che criteri utilizza per selezionare e verificare le caratteristiche delle opere che espone?
R:La selezione deve essere rigorosa: di base l'attenzione va posta sull'autenticità dell'opera o del manufatto, oltre che ovviamente sul suo stato di conservazione (un aspetto fondamentale) e sulla qualità complessiva che possiede. E poi la scelta è guidata anche dal gusto e dalla passione per un determinato stile. Personalmente, quando si tratta di valutare ed acquistare un'opera, cerco di ragionare come un collezionista.
La preparazione e l'esperienza vanno sempre arricchite, poter visitare di frequente il Giappone aiuta, e un utile punto di riferimento sono sicuramente i più importanti musei d'arte giapponese (anche quelli americani ed europei) e le mostre internazionali.
D: Come si arriva ad acquisire una scultura del periodo Nanbokucho (1336-1392, n.d.r.) o un'armatura da samurai completa di elmo ed accessori? Immagino non sia semplice.
R: Come per ogni oggetto d'arte di livello è indispensabile avere un canale di conoscenze consolidate. Nel mondo giapponese questo aspetto è ancora più importante che in quello europeo. Nella loro cultura conta molto il fatto di essere presentati da persone stimate ed affidabili: i nostri referenti vogliono sapere chi hanno di fronte, preferiscono conoscere i professionisti con cui stanno avendo una transazione e capire se sono in grado di riconoscere il valore e la qualità di un oggetto d'arte. In un certo senso sono interessati ad instaurare un rapporto quasi di natura personale, e in genere anche con le opere hanno un legame che va al di là del puro valore economico.
D: Parliamo dei Netsuke. Che origine hanno? Hanno semplicemente una funzione decorativa?
R: I Netsuke hanno in origine una funzione pratica: nel XVIII secolo questi oggetti di piccole dimensioni, generalmente realizzati in avorio e legno, venivano usati come contrappeso per appendere borsette o piccole scatole alla cintola del kimono, che come sappiamo è un indumento privo di tasche. Gli esemplari di questo periodo mostrano spesso lievi segni dell'usura derivante dal fatto di essere stati maneggiati.
Nell'epoca d'oro del 1800, i Netsuke avevano invece già acquisito lo staus di un oggetto da collezione e nei pezzi più belli si riconoscono particolari scultorei sempre più dettagliati.
D: Una domanda profana. Indicativamente quanto può arrivare a costare un'oggetto di antiquariato giapponese, come ad esempio un'armatura completa (e ovviamente originale)?
R: In realtà il valore non dipende dalla tipologia dell'articolo. Nemmeno l'epoca di appartenenza è così determinante. I fattori decisivi sono sostanzialmente la qualità dell'opera e il valore artistico del suo autore. Antico non significa per forza "di valore" e, come per i contemporanei, anche gli artisti di un tempo avevano diversi livelli di qualità. Detto questo, il range può essere larghissimo: il prezzo di un "semplice" Netsuke può andare da circa 300 euro agli oltre 100 mila.
Per maggiori informazioni: sito Galleria Piva
Kawari kabuto
Kawari kabuto
Elmo a sei piastre in ferro naturale.
Inizio del periodo Edo (1615 - 1867)
XVII secolo
La forma di questo kabuto è praticamente unica. Esistono infatti elmi sagomati in maniera simile e che sono classificati come "a forma di unghia di falco", ma in questo caso la punta rimane probabilmente troppo poco aguzza per ricordare un artiglio. Potrebbe quindi darsi che l'armaiolo si sia ispirato ad un corno di bufalo, ma è anche possibile che la forma, con una linea così semplice e rigorosa, sia di derivazione occidentale. In questo caso, che sarebbe coerente con l'uso del ferro per la realizzazione del tehen no kanamono, saremmo quindi in presenza di una sorta di nanban kabuto, molto di moda nel Giappone del XVI e XVII secolo.
Ci sono due tsunomoto, uno frontale per una decorazione anteriore (maedate) e uno doppio sul retro per un ushirodate.
I fukigaeshi sono decorati con un kamon di tipo yumiya che rappresenta otto frecce.
Per questo pezzo e molti altri:
www.giuseppepiva.com/
Un giapponese in Rossonero
Settsu è una città di quasi 85 000 abitanti, nella prefettura di Osaka, ed è proprio da questa cittadina del Kansai che proviene Keisuke Honda, classe 1986 e nuovo acquisto del Milan.
Honda ha iniziato a giocare a calcio con il club locale del Settsu FC per approdare ai grandi club come il PFK CSKA Mosca e il VVV-Venlo olandese, dove è stato soprannominato "imperatore Keisuke" grazie ai suoi 16 gol in 36 presenze.
Honda non sarà di sangue imperiale, ma ancora studente ha partecipato al "The Emperor's Cup All-Japan Soccer Championship Tournament" con il Nagoya Grampus Eight. La Coppa dell'Imperatore, come è comunemente conosciuta, è il più antico torneo calcistico giapponese, creato nel 1921. Si tratta di una competizione ad eliminazione diretta, che mira a designare la migliore squadra calcistica del Giappone e, pertanto, è aperta anche a squadre amatoriali.
Nonostante la carriera internazionale, Keisuge Honda mantiene un forte legame con la sua cultura d'origine. Quando stuzzicato in merito al suo "spirito samurai" dai giornalisti, sorride: "Non so se sia vero, ma credo che i giapponesi non si arrendano mai. Abbiamo una forte mentalità, siamo determinati, seguiamo una rigorosa disciplina. Penso di avere queste caratteristiche e voglio dimostrare che questo sarà lo spirito che avrò sul campo".
E proprio per le sue origini, già fioccano i paragoni fra i suoi goal ad effetto e quelli dell'anime Capitan Tsubasa (Holly e Benji), a cui vengono assimilati in particolare la rete contro la Danimarca nella World Cup del 2010 e quella alle Olimpiadi di Pechino contro Hong Kong.
Qual è la fonte del suo talento? Fra i tifosi giapponesi, si scherza dicendo che la squadra nazionale, il Nihon Daihyou, ha iniziato a farsi valere solo da quando hanno assunto uno chef giapponese capace di preparare loro il komeshoku, pasto a base di riso. Chissà se il segreto del successo di Honda è un buon gohan, magari preparato dalla moglie Misako.
Secondo la tradizione giapponese, infatti, Honda si è sposato giovanissimo, a 22 anni, e attualmente ha un figlio con la sua compagna. Benchè la tendenza degli ultimi anni veda un numero sempre maggiori di single oltre i 30 anni, storicamente i giovani giapponesi si sposavano poco anni dopo aver terminato gli studi - un aspetto in più che lega questo straordinario giocatore alla sua terra d'origine.
L'imperatore Keisuke è l'ottavo giocatore giapponese ad approdare in serie A; e se il precursore Kazuyoshi Miura non ha lasciato il segno, Hidetoshi Nakata e Shunsuke Nakamura hanno sicuramente tenuto alto il nome del Sol Levante e della propria squadra.
Ganbatte ne, Keisukesan!
I Kodo al Teatro dell'Arte della Triennale di Milano
Sono finalmente in vendita i biglietti per lo spettacolo del gruppo taiko Kodo al Teatro dell'Arte.
Tre gli appuntamenti previsti: Venerdì 31 Gennaio ore 20.30 , Sabato 1 Febbraio ore 19.30 e Domenica 2 Febbraio ore 16.00, per uno spettacolo della durata di 120 minuti, intervallo compreso.
Il gruppo Kodo debutta nel 1981 a Berlino sulla base dell’esperienza dei Sado no Kuni Ondekoza e da allora cercano di diffondere fra i loro fan gli stessi principi che li guidano: vivere, imparare e creare. Sono diventati un gruppo di riferimento per tutti gli amanti del taiko, grazie alla loro incredibile abilità e alla loro capacità di arricchire e reinterpretare quest'arte tradizionale, curando sia la tecnica che gli aspetti scenici.
E' possibile visualizzare tutte le date del tour europeo "Kodo One Earth Tour 2014: Legend" sul sito ufficiale del gruppo, a questa pagina.
Per maggiori informazioni, ecco il link alla pagina a loro dedicata sul sito della Triennale.
Nengajō
In Giappone, una delle tradizioni per inaugurare il nuovo anno è scrivere e inviare a tutti i propri amici e famigliari i Nengajō, cartoline di auguri.
Si tratta di un'ottima occasione per mantenere i contatti con le persone lontane; la tradizione ha proprio origine dalla necessità di aggiornare i propri cari sulle novità e, perchè no, su eventuali cambi di recapito.
Le poste giapponesi raccolgono e conservano i Nengajō consegnati entro le scadenze previste, per poi recapitare tutte le cartoline contemporaneamente il primo Gennaio. In questo modo tutte le famiglie giapponesi ricevono contemporaneamente piccoli plichi di decine o centinaia di cartoline ben auguranti.
I Nengajō sono contraddistinti dal resto della posta tramite la scritta nenga apposta subito sotto al francobollo e possono essere creati personalmente o, in alternativa, sono acquistabili in forma prestampata. Spesso si inviano Nenjagō illustrati: in particolare, i più comuni presentano il segno del calendario cinese corrispondente al nuovo anno, che per il 2014 è il cavallo.
All'immagine si accompagna un messaggio personale, insieme a frasi di augurio come kinga shinnen, akemashite omedetō gozaimasu oppure kotoshi mo yoroshiku onegai shimasu.
Unica eccezione all'invio delle cartoline di buon augurio sono coloro che hanno subito un lutto, come forma di rispetto per i defunti: in questo caso, la famiglia invia con un po' di anticipo rispetto ai Nengajō dei semplici biglietti in bianco e nero, i mochū hagaki, per avvertire della perdita subita.
Fonte Immagine: cliccare qui
Omamori
Per iniziare il nuovo anno sotto i migliori auspici, presso i templi e santuari giapponesi è possibile comprare gli omamori, amuleti di tradizione buddhista e scintoista che garantiscono protezione a chi li tiene con sè. Si tratta infatti di manifestazioni della divinità, resi sacri da rituali che li rendono busshin (discendenti spirituali) o kesshin (manifestationi).
All'interno di un rivestimento di stoffa è contenuta una preghiera scritta su carta o legno che sia di buon auspicio per un ambito preciso, dalla salute, al viaggio, allo studio. Il campo di efficacia è indicato anche all'esterno, sul primo lato, mentre sull'altro è possibile leggere quale sia il santuario o tempio di provenienza. L'omamori non deve mai essere aperto, pena la perdita di efficacia.
Il talismano va conservato per un anno, dopo il quale perde la sua validità; all'inizio dell'anno successivo è necessario riconsegnare l'omamori presso il tempio o santuario dove è stato creato perchè venga bruciato secondo il rituale. Gettarlo nella spazzatura è un grave segno di mancanza di rispetto per la divinità; al contrario, il rito di purificazione eseguito dagli adepti permette che esso venga purificato dai mali che ha assorbito per proteggere il proprietario, prima di tornare alla divinità.
Hatsuyume
Il termine Hatsuyume indica il primo sogno dell'anno nuovo che, secondo la tradizione giapponese, permette di predire un anno fortunato.
Secondo il detto "Ichi-fuji, ni-taka, san-nasubi.", se compaiono il Monte Fuji, un falco o una pianta di melanzana, colui che li ha sognati avrà un anno ricco di successi. Il Monte Fuji è infatti la montagna più alta del Giappone, il falco è simbolo di forza e intelligenza mentre la melanzana, nasu o nasubi, suggerisce foneticamente il raggiungere qualcosa di grande, il verbo nasu.
Tradizionalmente, la notte del 31 non si dorme; il detto fa riferimento al sogno del 1 Gennaio, motivo per cui secondo il calendario tradizionale giapponese è il 2 Gennaio ad essere chiamato Hatsuyume.
Compleanno imperatore Akihito
Giappone: imperatore Akihito compie 80 anni
(ASCA) - Roma, 23 dic - Migliaia di persone si sono riunite oggi al Palazzo Imperiale di Tokyo per celebrare l'80esimo compleanno dell'imperatore giapponese Akihito, che per l'occasione ha voluto rendere omaggio a sua moglie. ''Essere imperatore puo' portare alla solitudine, ma la presenza al mio fianco dell'imperatrice mi ha portato conforto e gioia. Mi ha sempre rispettato e sostenuto'', ha detto il monarca , che sali' al trono nel 1989 dopo la morte del padre Hirohito, entrando cosi' a far parte del Supremo Ordine del Crisantemo, il piu' alto ordine cavalleresco nipponico. La folla ha accolto oggi la sua apparizione con il grido ''Banzai!'' (lunga vita). Al suo fianco, c'era proprio l'imperatrice Michiko. (fonte AFP).
Immagine: www.liberoquotidiano.it