Kataoka Risa
Kataoka Risa insegna all'Accademia musicale di Osaka, dove ha conseguito una laurea con specializzazione in koto.
Da giovanissima inizia gli studi di koto e shamisen e nel corso degli anni vince diversi premi nazionali come performer.
Nel 2000 vince il premio come miglior musicista giapponese al Festival Internazionale degli Studenti di Kyoto e l'anno dopo ottiene il primo premio nella sezione Nuovi Talenti al Festival delle Arti organizzato dal Ministero degli Affari Culturali Giapponese.
Ha studiato canto sia in stile tradizionale (jiuta) sia belcanto.
Tra i suoi concerti più importanti ricordiamo il tour in Asia e Pacifico organizzato dalla Japan Foundation, e la serie di concerti prodotta per la Kansai Opera Company.
Ha inciso un cd, già molto apprezzato, dal titolo "Kaguya".
Per maggiori informazioni potete visitare il sito personale di Risa Kataoka www.risakoto.com.
Su Youtube potrete inoltre ascoltare una sua reinterpretazione del famosissimo brano "Amazing Grace": http://bit.ly/1CHZiaU
Il Koto
Il koto è uno strumento cordofono appartenente alla famiglia della cetra, derivato dal guzheng cinese e introdotto in Giappone durante il periodo Nara.
San Valentino in Giappone
In Giappone la festa di San Valentino viene celebrata seguendo un preciso rituale: il 14 febbraio le ragazze offrono del cioccolato (industriale o fatto a mano, solitamente scuro) al ragazzo che amano come strumento di comunicazione non verbale. Se costui accetta l'amore della ragazza, può ricambiare con un altro gesto non verbale che consiste nel consegnare a sua volta un dono alla ragazza il 14 marzo, il White Day.
Solitamente il dono che viene consegnato per il White Day consiste in un pacchetto di cioccolato bianco (ma anche biscotti, dolci in genere o anche peluche, gioielli e biancheria intima, l'importante è che sia di colore bianco o chiaro), ed è più costoso di quello di San Valentino.
Anche se in Giappone San Valentino è considerata festa degli innamorati, le ragazze non regalano il cioccolato unicamente ai propri fidanzati ma anche a uomini con cui hanno semplice rapporto affettivo ad esempio agli amici, ai colleghi o al loro capo.
In genere i cioccolatini che vengono regalati all'innamorato o a un ragazzo a cui si vuole fare una dichiarazione ("Honmei choco") hanno una bella confezione e talvolta vengono anche realizzati a mano o comprati a caro prezzo.
Esistono poi i "Giri choco": questo tipo di cioccolatini sono legati a sentimenti meno intensi e vengono regalati ai colleghi, agli amici o al capo ufficio perché è considerato piacevole per gli uomini ricevere anche questo tipo di cioccolato. Anche in questo caso è tradizione che il White Day gli uomini ricambino, offrendo un regalo alle le donne da cui hanno ricevuto la cioccolato.
Fonti: Wikipedia, www.sulgiappone.it
Gotokuji, il tempio dei gatti giapponesi
È il luogo dedicato ai Maneki Neko, letteralmente “gatto che dà il benvenuto” o “gatto della fortuna”.
Chi non ha mai visto quelle simpatiche statuine a forma di gatto, con la zampina alzata e un specie di sorriso? Ristoranti e negozi a gestione giapponese e cinese abbondano di questi particolari oggetti. In vendita ce ne sono di diverse grandezze e di svariati colori. Quello originale, però, è bianco. Sono i Maneki Neko, letteralmente “gatto che dà il benvenuto” o “gatto della fortuna”.
Origini
Le origini di questo gattino, vero mito della cultura giapponese, sono da ricercarsi nel passato, anche se la datazione è ancora molto incerta. Potrebbe trattarsi della fine del cosiddetto Periodo Edo, fra l’inizio del 1600 e la fine del 1800. Secondo la leggenda, un giorno, durante un gran temporale, un feudatario trovò riparo sotto un albero, davanti al tempio Gotokuji, a Tokio. Poco dopo passò di lì un gatto bianco che fece cenno all’uomo di alzarsi e seguirlo, proprio con la sua zampa. Il feudatario si alzò, in un gesto di grande rispetto e al tempo stesso di immensa fiducia. Qualche istante dopo, l’albero dove riposava venne colpito da un fulmine. Il gatto bianco aveva salvato la vita del feudatario e da quel giorno viene giustamente venerato e considerato di buon auspicio.
Altre ipotesi
Altre fonti, meno accreditate, farebbero risalire l’origine del sacro micio nella leggenda di una prostituta di nome Usugumo. Al suo adorato gatto venne tagliata la testa ritenendolo stregato. Uno dei clienti della prostituta le regalò una statuetta a forma di gatto, molto simile al suo, per consolarla. Un’altra leggenda ancora narra di un’anziana signora che fu costretta a vendere il suo micio per povertà e poco dopo si mise a fare delle statuette con le sue sembianze. La signora poi inizio a venderle e da lì, la fortuna del micio con la zampetta alzata.
Un mito
Al di là delle ipotesi, più o meno verosimili, questo oggetto è diventato un vero e proprio simbolo in Giappone. Anche se da diversi anni il Maneki neko è uscito dai confini giapponesi per andare a scuotere la sua zampetta in molte altre parti del mondo, il suo regno rimane sempre il tempio da cui, probabilmente, è partito, quello di Gotokuji. All’ingresso se ne trovano centinaia, bianchi ma di varie misure, dai più grandi ai più piccini. E’ anche possibile comprare uno o più Maneki Neko al negozio di souvenir, per poi adagiare il proprio acquisto in compagnia degli altri gattini porta fortuna e lasciare così una traccia di sé nella culla di una cultura leggendaria.
Fonte: La Zampa.it
Marco Milone - Storia del Go
Ecco una breve introduzione al libro "Storia del Go" di Marco Milone (Youcanprint, 2014, 172 p.):
"Le origini del gioco sono incerte, e le leggende fanno risalire il gioco al leggendario imperatore cinese Yao (2337-2258 a.C.), che, secondo la versione principale, lo fece inventare dal suo consigliere Shun allo scopo di insegnare a suo figlio Danzhu la disciplina e la concentrazione, oltre che l'equilibrio interiore. Esistono tante teorie, tra le quali pure che il materiale del gioco del go fosse inizialmente utilizzato per predire il futuro. La prima testimonianza scritta del gioco è ritenuta quella presente negli annali intitolati Zuo Zhuan, risalenti probabilmente al IV secolo a.C. Il gioco viene menzionato anche nel libro XVII dei "Dialoghi di Confucio", risalente al III secolo a.C. circa, e in due dei libri di Mencio (III secolo a.C.). Essendo un gioco aristocratico non godette probabilmente di un articolato impianto teorico sin dagli albori: bisognerà attendere sino al 1050 per una maggiore popolarizzazione del gioco e vedere il primo trattato completo sul Go".
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Kawari kabuto tosei gusoku - Armatura per samurai
Kawari kabuto tosei gusoku
Armatura per samurai, XVIII secolo
Metà del Periodo Edo (1615-1867)
Il raro elmo “di forma straordinaria” è realizzato con un coppo in ferro e una sovrastruttura in harikake, un impasto di lacca e cartapesta leggero e al contempo resistente agli urti. La sagoma ricorda il rostro di un rapace ed sui lati sono applicati due straordinari wakidate a forma di ali di uccello.
La corazza a due valve (ni-mai dō) presenta due tipi diversi di piastre e di legature ed è ornata con bordi dorati e incisi. Sul petto sono riportati il mon principale e, al centro, un ura-kamon molto raro: si tratta probabilmente del simbolo di una branca minore del clan Date, cui è riferibile il mon a tre barre verticali presente su tutta l’armatura. Il mon è presente anche traforato, molto grande, tra le maglie in ferro dei kote (protezione delle braccia) e dello haidate (protezione delle cosce).
Sotto la corazza è incluso un manchira, ovvero una protezione aggiuntiva per il torso: si tratta di un corpetto “armato”, trapuntato con inserti esagonali in ferro.
Dietro le piastre centrali dello yodarekake (protezione del grembo) è stata ricavata una tasca in pelle.
Fonte: Piva Arte Giapponese
La buona sorte con il lancio dei fagioli 'fukumame' al Setsubun Festival
La data del 3 febbraio marca il giorno di Setsubun, durante il quale i giapponesi, per allontanare gli spiriti maligni, gettano una varietà di fagioli di soia chiamata 'fukumame' al grido: ‘Oni wa Soto, Fuku wa Uchi’ (Escano i mali ed entri la fortuna)’. Molti templi e santuari a Tokyo e Osaka celebrano Setsubun e il lancio dei fagioli durante festival articolati, in cui animatori, lottatori di sumo e perfino Hello Kitty invitano alla giornata della fortuna. Ovviamente la corsa ad accaparrarsi un sacchetto di ‘fukumame’ è a dir poco agguerrita.
Inoltre, è usanza di cibarsi di questa varietà di fagioli di soia in questi giorni, accompagnando il pasto con lunghe preghiere di augurio per una lunga vita in salute. Nella regione del Kansai l’usanza di legare il cibo a buoni auspici è ancora più particolare: sempre in occasione di Setsubun infatti, c’è la famosa tradizione di ‘eho-maki’, che consiste nel gustare un lungo rotolo di sushi di vari ingredienti rivolgendosi silenziosamente verso una precisa direzione considerata di buon augurio.
I fagioli ‘fukumame’ e gli eho-maki sono facilmente reperibili a buon prezzo in tutti i supermercati, perché tutti possano fare esperienza diretta della cultura giapponese.
Cosa aspettate a garantirvi un futuro prospero e in salute dunque?
Setsubun-e (Toyokawa Inari Tokyo Betsuin, Tokyo / Tomioka Hachiman Shrine)
http://www.gotokyo.org/it/tourists/topics_event/topics/130121/topics.html (Italiano)
Come mangiare l’’eho-maki’
http://www.alc.co.jp/speaking/article/kihon/10.html
Fonte: JNTO
L'arte del Washi diventa patrimonio Unesco
Nel novembre 2014 l'UNESCO ha dichiarato l'arte giapponese della lavorazione della carta patrimonio culturale immateriale dell’umanità.
La lavorazione artigianale della carta, detta "washi", è praticata in tre comunità del Giappone: nel quartiere di Misumi della città di Hamada, Prefettura di Shimane; nella città di Mino, Prefettura di Gifu; nel villaggio di Higashi-Chichibu e nella città di Ogawa, Prefettura di Saitama.
La carta viene prodotta immergendo delle fibre del gelso da carta in acqua di fiume. Le fibre vengono poi addensate e filtrate attraverso uno schermo di bambù.
Il washi viene utilizzato non solo per scrivere lettere e libri, ma anche in ambienti domestici per fare ad esempio schermi di carta, divisori e porte scorrevoli.
La maggior parte degli abitanti delle tre comunità svolgono un ruolo importante nel mantenere vitale questa arte: dalla coltivazione del gelso al raffinamento delle tecniche di lavorazione, fino alla creazione di nuovi prodotti per promuovere il washi nazionale all'estero. L'arte del washi è trasmessa su tre livelli: di generazione in generazione, all'interno delle famiglie di artigiani; attraverso apposite associazioni di preservazione; dalle municipalità locali.
Le famiglie e i loro dipendenti apprendono il lavoro dai maestri del washi, i quali hanno ereditato le tecniche dai loro genitori. Tutti membri delle comunità sopra menzionate sono orgogliosi della loro tradizione e la considerano il simbolo della loro identità culturale.
La lavorazione del washi promuove anche la coesione sociale, poiché ogni comunità comprende persone direttamente o indirettamente impegnate in questa pratica.
Fonte: UNESCO
Love & Peace, il nuovo film di Sono Sion
Nato come poeta, filmmaker sperimentale e autore di nicchia nel cinema giapponese degli anni novanta, Sono Sion sta ricalcando, pur con le sostanziali differenze che li contraddistinguono, il percorso professionale fatto da Miike Takashi. Dopo il passaggio a certo cinema horror, soprattutto con Suicide Club, film che lo rivelò ad un pubblico più vasto ed internazionale, e le sue vette artistiche raggiunte forse con Love Exposure e Noriko Dinner Table, in questi ultimi anni Sono si è votato sempre di più verso un cinema di più largo consumo, ma non per questo meno interessante.
Dopo il passaggio al Festival di Venezia nel 2013 con il metafilmico e delirante Why Don’t You Play in Hell e la sortita nel mondo hip-pop nipponico con Tokyo Tribe, film troppo sottovalutato, il suo nuovo lavoro uscirà in Giappone in estate. Intitolato Love & Peace è il film diretto da Sono con il più alto budget a disposizione per il regista giapponese, proprio nella giornata di oggi sono state diffuse le prime immagini ed il teaser trailer:
Il film racconta la storia Ryoichi il suo sogno da giovane di diventare un musicista punk ed il suo amore per una ragazza, il sogno ben presto però si infrange sulla monotona realtà quotidiana, ora Ryoichi è un semplice impiegato in un negozio di strumenti musicali. Tutto cambia quando un giorno incontra una tartaruga che chiama Pikadon ma che vergognandosi di fronte ai suoi colleghi finiscise per gettare nel bagno, questa, passata attraverso le fogne, incontra un anziano che lì vive e le cose cominciano a cambiare. Secondo lo stesso Sono questo lavoro è una sorta di summa di tutta la sua attività di questi ultimi anni, una sorta di kaiju eiga sui generis, e non potrebbe essere altrimenti, un film in cui il regista giapponese crede molto, una sorta di Love Exposure in salsa kaiju quindi, almeno questa è la nostra speranza.
Fonte: ScreenWeek
Chocolate texture: la nuova collezione di Nendo
Il brand "Nendo", fondato nel 2002 dal giovane designer giapponese Oki Sato, ha presentato sul suo sito web la nuova e originalissima collezione. Si tratta di "Chocolate Texture": 9 tipi di cioccolatini della stessa misura (26x26x26mm) ma lavorati in differenti trame.
Ogni cioccolatino prende il nome di una diversa espressione onomatopeica giapponese.
1. “tubu-tubu” tocco di gocce di cioccolato.
2. “sube-sube” angolature lisce e levigate.
3. “zara-zara” granulare, come un casellario.
4. “toge-toge” cime appuntite.
5. “goro-goro” quattordici cubetti connessi tra loro.
6. “fuwa-fuwa” morbido e leggero con tanti piccoli fori.
7. “poki-poki” cornice di cubo fatta di bastoncini di cioccolato.
8. “suka-suka” cubo vuoto con mura sottili.
9. “zaku-zaku” bacchette sottili di cioccolato posizionate alternativamente a formare un cubo.
Un buon modo per coniugare arte e gusto.
Per saperne di più: Nendo