Tradizioni inventate – il caso Eugen Herrigel e il maestro di kyūdō Awa Kenzō
Solo di recente, un approccio più scientifico al problema ha permesso di mettere a nudo le approssimazioni e le forzature che i primi interpreti occidentali della cultura giapponese hanno elaborato basandosi su pregiudizi inconsapevoli e informazioni indirette e falsate.
Un caso esemplare riguarda il kyūdō, l’arte del tiro con l’arco, resa popolare in Occidente da Eugen Herrigel (Lo Zen e il tiro con l’arco).
Un recente studio di Yamada Shōji ha permesso di sfatare il mito creato in occidente da Herrigel secondo cui l’arte del tiro con l’arco giapponese sarebbe una pratica di allenamento spirituale.
Il rapporto Zen/kyūdō non ha fondamento storico così come le immagini e i miti che circondano lo Zen, noti grazie alla divulgazione in occidente di D.T. Suzuki, sono stati recentemente riveduti e reinterpretati.Leggere di più
Geisha famose: Mineko Iwasaki
Mineko Iwasaki è una delle Geisha di Gion più famose del secolo scorso. Nata nel 1949 con il nome di Tanaka Masako, è entrata a soli 5 anni nell’Okiya Iwasaki su richiesta della Okasan e con il consenso non solo dei genitori, ma anche della piccola.
Prenderà il nome di Mineko e inizierà giovanissima a prendere parte agli spettacoli delle Geisha nei ruoli marginali adatti ad una bambina. Mostra immediatamente innate doti per questo tipo di arti.
Partecipò agli Zashiki organizzati per le visite ufficiali in Giappone della Regina Elisabetta e del Principe Carlo d’Inghilterra.
È famosa per avere ispirato il libro best seller “Memorie di una Geisha” di Arthur Golden.Leggere di più
Tradizioni inventate: il caso del jūdō di Kanō Jigorō
Secondo Stephen Vlastos, il Giappone moderno è considerato un paese pieno di usanze, valori e relazioni sociali che organicamente collegano le generazioni attuali a quelle del passato. Specialmente dopo il 1945 e la caduta dell’ideologia dello Stato famiglia centrato sulla figura dell’imperatore, i giapponesi hanno cominciato a conoscersi e farsi conoscere attraverso le loro tradizioni culturali. Armonia all’interno del gruppo, avversione per i litigi, pratica diffusa delle arti marziali, paternalismo industriale: questi e altri valori “tradizionali” hanno contribuito all’imparagonabile successo nella modernizzazione del Paese, secondo gli specialisti che partivano dal presupposto che le tradizioni sono un’autentica eredità del passato.
Esaminati dal punto di vista storico gli emblemi della cultura giapponese risultano in realtà invenzioni moderne. Secondo Hobsbawn e Ranger il termine tradizione viene generalmente usato con due significati in parte sovrapponibili, in parte contraddittori: 1) la tradizione come un tempo indefinito che precede la modernità, come una specie di involucro che contiene i vari aspetti di una cultura e ne circoscrive il senso di appartenenza. Individua una dimensione di discontinuità in opposizione alla modernità. 2) La tradizione come la continuità nella trasmissione della cultura: non sistematica ma composta da diversi elementi a diversi livelli, legame fra generazione passata e presente.Leggere di più
Antiquariato giapponese
Sarumawashi
Scuola di Osaka
Periodo Edo, XVIII secolo
Altezza 8,3 cm
L’ammaestratore di scimmie ritratto in piedi e sorridente, con un abito dalle ampie maniche, un largo copricapo, il fagotto legato attorno alle spalle, una canna di bambù nella mano sinistra, il cesto per il cibo dell’animale appeso alla cinta e una piccola scimmia sulla spalla che gioca con in suo cappello.Leggere di più
Il Kabuki nel periodo Edo: le giornate di teatro
Nel periodo Edo, durante i programmi stagionali del kabuki, rappresentazioni di drammi diversi si susseguivano nel corso dell’intera giornata, alternando generi e registri in modo eterogeneo: il gioco della varietà era molto apprezzato dal pubblico. Presentare un programma giornaliero composito non faceva altro che assecondare il gusto per l’alternanza di registri e di generi, per la varietà anche stilistica raccomandata nella messiscena del kabuki: un certo grado di disarmonia avrebbe garantito allo spettacolo profondità e respiro, e rispondeva al canone estetico fondamentale dell’asimmetria che da sempre permea ogni espressione artistica giapponese. Secondo lo studioso Georges Banu, in questi programmi era d’obbligo l’alternanza dei registri: “Ciò che è separato dai generi si trova riunito nella costellazione di una giornata : il tragico e il comico, la danza e il canto. Si individua il percorso di una giornata non secondo le norme di una coerenza, ma, al contrario, secondo quelle di una eterogeneità apparente che deve articolarsi secondo un movimento in cui l’accellerazione è legge. Si riuniscono forme e approcci distinti che si succedono mantenendo la loro autonomia : non si fondono l’un l’altro. Alla fusione preferiscono la contiguità, che è l’ipotesi antica della coesistenza dei contrari.”Leggere di più
Budō come “invenzione moderna”
Dopo la restaurazione Meiji il contenuto delle arti marziali cambia ancora drasticamente. La finalità militare si perde del tutto insieme alle limitazioni di casta. Le arti marziali non sono più appannaggio esclusivo della casta guerriera ma si aprono alla popolazione nel suo insieme. In queste nuove circostanze la parola bujutsu viene abbandonata a favore del termine budō che implica un allenamento fisico guidato da precisi principi ideali.
Le arti del combattimento si avviano a diventare discipline sportive. Il periodo storico considerato vede anche l’opera di altri riformatori che sistematizzano l’insieme delle tecniche apprese nella propria specifica arte, recuperando e valorizzando gli aspetti più sportivi della tradizione. Il kenjutsu diventa kendō ad opera di Nakayama Hakudo (1873-1958), il jūjutsu, jūdō grazie al maestro Kanō Jigorō (1860-1938); il tiro con l’arco kyūjutsu, muta in kyūdō. Anche il karate, arte marziale originaria di Okinawa, viene assimilato alla tradizione giapponese e diventa karate dō, sotto la guida di Gichin Funakoshi (1869-1957) negli anni Venti e Trenta.
Chiara Bottelli, nipponista, si occupa di turismo responsabile e artigianato
Le stagioni nel Kabuki. Il cartellone annuale a Edo.
Tradizionalmente, l’anno del kabuki seguiva la scansione stagionale perchè “solo tale periodizzazione ha il carattere cerimoniale dei riti annuali”, secondo quanto afferma lo studioso di teatro Kawatake Toshio.
Essendo prassi comune che l’ingaggio degli attori e delle compagnie presso i vari teatri avesse la durata di un anno, il primo appuntamento della stagione era dato da un programma di presentazione delle compagnie al pubblico, il cosiddetto kaomise, in cui appunto gli attori “mostravano il volto” al pubblico e ne chiedevano la cortese benevolenza. Il programma del kaomise si teneva agli inizi dell’undicesimo mese del calendario lunare (mese che andava dal 20 novembre al 20 dicembre secondo il calendario gregoriano) e costituiva l’inizio della stagione , oltre che un vero e proprio evento cittadino caratterizzato da un clima di fervida attesa in tutti gli appassionati. Leggere di più
Geisha famose: Sadayakko Kawakami
Nel 1899 partirono per un tour mondiale, lei accompagnava la troupe come moglie del regista in quanto gli spettacoli sarebbero stati interpretati da Onnagata. In Occidente però spettacoli con uomini che interpretano ruoli femminili non avrebbero mai funzionato.Leggere di più
Hotarubi no chakai
Uno dei più memorabili chakai a cui ho assistito quando vivevo a Kyoto è stato l’Hotarubi no chakai al santuario Shimogamo. La cerimonia del tè che si tiene a giugno fra il luccichio delle lucciole al santuario Shimogamo di Kyoto (conosciuto anche come Santuario Kamomiya). “Hotaru” significa “lucciola”; “bi” significa fuoco o scintillio. Una delle sue finalità è la preservazione del Tadasu no Mori, “La Foresta della Giustizia”, che circonda il Santuario Shimogamo. Circa 600 lucciole sono liberate al di sopra di un fiume chiamato Mitarashigawa mentre gli invitati alla cerimonia godono del loro tè. Lo Shimogamo è uno dei più antichi santuari del Giappone ed è sito esattamente a nord della confluenza fra i fiumi Kamo e Takase nella parte centrosettentrionale di Kyoto. La storia di questo santuario risale ai periodi preistorici. Il primo riferimento al santuario è la riparazione di una staccionata nel II secolo a.C., cosa che suggerisce che il santuario era esistito anche prima di quella data. Leggere di più
Kabuki, spazio di trasgressione e teatro totale: un’introduzione
Della peculiare cultura urbana del Giappone del periodo Edo, il kabuki è uno degli elementi più rappresentativi: uno spazio di libertà e trasgressione al pari dei quartieri del piacere e, analogamente a quelli, un luogo di annullamento delle differenze sociali. Proprio per questo, il kabuki ha un pubblico variegato ed esigente, costituito in massima parte dai chōnin ma può contare anche sulle visite frequenti di bushi (en travesti, camuffati con ampi copricapi per sfuggire alla proibizione di frequentare i teatri) e persino sulla protezione di qualche daimyō.
Così il kabuki diventa luogo privilegiato di incontro di gusti e mentalità diverse, che sta alla bravura di autori, attori e produttori cercare di conciliare e soddisfare.Leggere di più