Vocabolarietto Zen
Dokusan: riunione a quattr'occhi di allievo e Maestro nell'isolamento della stanza del secondo; una componente fondamentale dello Zen Rinzai.
Roshi: un venerabile Maestro, sia esso monaco o laico, donna o uomo.
Mondo: un dialogo sul buddhismo o un problema esistenziale tra Maestri o tra Maestro e allievo.
Inka: un suggello di illuminazione; la conferma ufficiale, da parte di un Maestro, che un allievo ha portato a termine l'addestramento.
L’aikidō – seconda parte
L’energia, ki
Se armonizziamo i nostri movimenti al flusso dei sensi ottenuto mediante gli esercizi di respirazione, la nostra pratica diventa un metodo avanzato del fluire del ki. Ogni individuo è dotato di una particolare fonte di energia, in giapponese ki, che deve poter scorrere liberamente nel corpo, senza incontrare blocchi muscolari che ne impediscano il flusso. Attraverso la pratica dell’aikidō l’individuo impara a utilizzare correttamente questa energia che gli permette di sciogliere i legami di dipendenza con il mondo esteriore per riavvicinarsi alla propria natura interiore.
Bisogna concentrarsi sul centro in cui si sviluppa tale energia, il ventre (hara).
Tramite la respirazione (koky), l’allievo impara a entrare meglio in contatto con i propri desideri più profondi e con le proprie difficoltà interiori. Quando il corpo sarà libero da blocchi, allora il ki ben sviluppato nell’addome potrà diffondersi in tutto il corpo, permettendo la giusta esecuzione delle tecniche. Nell’aikidō. il ki si armonizzerà con quello dell’avversario.Leggere di più
L’aikidō – prima parte
La struttura essenziale della disciplina marziale e spirituale messa a punto da Ueshiba Morihei attraverso un percorso di elaborazione personale che dura decenni, può essere analizzata a partire dal nome stesso: aikidō che in giapponese è composto dai tre ideogrammi: ai che significa unione, ki energia e dō - la via.
L’armonia, ai
Il fondatore dell’aikidō nei suoi ultimi anni comincio ad associare l’ai di aikidō, armonia, all’ai di amore. Dalla pratica di uno deriva l’altro.
L’enfasi sull’armonia dell’aikidō richiama senz’altro la posizione pacifista di Onisaburō.
L’aspetto più importante e che si venga a creare una totale assimilazione (unione) con il partner, piuttosto che proiettarlo o immobilizzarlo. Dal punto di vista tecnico, ciò implica che occorre trattare con cortesia e attenzione le braccia e il corpo del compagno, come se fossero la propria spada o la propria lancia (similmente a ciò che rappresenta il pennello per un pittore o un calligrafo oppure il proprio strumento per un musicista).
Grazie a questo metodo di pratica, che a prima vista si discosta dai metodi delle altre forme di budō, è possibile sviluppare un tipo di allenamento di base che permette di affinare il principio dell’animo che non si confronta, e di effettuare il controllo dei propri sensi. La seguente citazione tratta dai discorsi di Ueshiba Morihei, chiarisce il punto di vista del fondatore:
L’amore non è lotta.
Ai (amore) non è lotta. Nell’amore non ci sono nemici. Colui che pensa di un altro che sia il nemico, colui che sta sempre lottando con qualcuno, e fin dall’inizio lontanodallo spirito/mente dell’Universo. Le persone che non riescono a raggiungere l’unione con lo spirito/mente universale non potranno mai ottenere l’armonia con i movimenti dell’Universo. Se non fosse cosi, lo sforzo marziale di ogni persona non sarebbe il vero bu, ma piuttosto il bu della distruzione. (continua)
Chiara Bottelli, nipponista, si occupa di turismo responsabile e artigianato
Alla radice del tutto: il TAO
TAO, letteralmente significa “VIA”o “CAMMINO” intesa come condotta di vita tracciata dal saggio, dal sovrano, capace di realizzare un ordine totale conforme all’ordine celeste.
Il TAO, è la potenzialità non ancora espressa, la matrice dell’universo.
Quando di parla di TAO, s’intende qualcosa di inesprimibile, è il “caos originario”, l’unità indifferenziata, ma feconda da cui nasce la vita.Leggere di più
Antiquariato giapponese
Armatura in stile Sendai
Kabuto: Firmato Myochin Ujiie saku
e datato agosto 1527
Gusoku: metà del periodo Edo (1615-1867), XVIII secolo
Il kabuto incorpora un coppo (bachi) più antico. Si tratta infatti di un elmo firmato da Myochin Ujiie, indicato dalle genealogie ufficiali della famiglia Myochin come secondo figlio e allievo del celebre Nobuie. Tra le caratteristiche di questo fabbro si evidenziano una larga visiera (mabizashi) e una forma leggermente spiovente.
Il dō costruito secondo lo stile della provincia di Sendai, inventato durante il XVII secolo da un armaiolo di nome Yukinoshita: la corazza realizzata in cinque parti incernierate e legate senza l'utilizzo dei tradizionali nastri di seta, per essere più resistente ai colpi degli archibugi. Questo esemplare, costruito in epoca più tarda e quindi con più attenzione verso i dettami estetici, presenta invece una piastra frontale con la parte superiore (munaita) staccata da quella centrale e legata in kebiki odoshi. Il fronte decorato in lacca con un drago arrotolato, mentre su tutta l'armatura sono presenti applicazioni metalliche (kanamono) di alto livello, realizzate a traforo in oro e shakudo.
Altri elementi costruttivi degni di nota sono i sode di grandi dimensioni sulle spalle e le protezioni per braccia a stinchi (kote e suneate) di tipo tsutsu, a larghe piastre avvolgenti.
Giuseppe Piva
www.giuseppepiva.com
Maiko Ichimame
Nel 2008, ai tempi della mia tesi, Ichimame era una Maiko di Kamishichiken che da un paio d’anni curava un blog dove annotava gioie e dolori della vita all’interno del mondo fluttuante. Raccontava di estenuanti prove per gli spettacoli primaverili ma anche la soddisfazione per gli spettacolo ben riusciti, e poi particolari sulle ricorrenze, usi e costumi di questo mondo riservato a pochi. È riuscita a far entrare un pizzico di modernità in una realtà completamente anacronistica come quella delle case da tè. Inizialmente il blog era solo in giapponese ma data la grande richiesta di utenti di internet occidentali, ha deciso di farlo tradurre in inglese.
Oggi è ormai una Geiko affermata del quartiere di Kamichichiken. Da qualche mese prima del suo Erikae (cambio del collare e passaggio da Maiko a Geiko) nella primavera del 2009, ha smesso di aggiornare il blog per dedicarsi a tempo pieno alla sua preparazione per questo importante obiettivo.
Per qualche tempo il blog è passato ad Ichimomo, un'altra Maiko dell'okiya "Ichi" di Kamishichiken. http://www.ichi-kyoto.jp/index.php?catid=3 , ma da qualche mese è fermo, probabilmente per i molti impegni che sia Ichimomo che Ichimame hanno quotidianamente.
Francesca Gambera
Il fondatore dell’Aikidō: Ueshiba Morihei (1883-1969)
Ueshiba Morihei nacque il 14 dicembre 1883 a Tanabe nella regione di Kii, da una famiglia di facoltosi agricoltori. Tanabe si trova nell’attuale prefettura di Wakayama, nel famoso distretto di Kumano, un’area associata alle più antiche tradizioni del misticismo giapponese e che si diceva fosse la porta verso il divino: i santuari di queste montagne erano considerati come i luoghi più sacri del Paese.
Numerosi jinja sparsi nella campagna custodivano la grande divinità della montagna di Kumano; nel corso dei secoli centinaia di asceti (hijiri) si erano purificati sotto le sacre cascate di Nachi, casa degli onnipotenti Re Dragoni; la mitologica figura di En no Gyoja, patriarca degli asceti della montagna (yamabushi), praticava in quei luoghi; inoltre si credeva che Kōbō Daishi, maestro del buddhismo tantrico e fondatore della scuola Shingon fosse ancora vivo e predicasse sul picco del mandala del Monte Kōya, aspettando l’alba di una nuova era con l’arrivo del Buddha Miroku, il Buddha Illuminato del futuro. Morihei fu cosi immerso fin dalla nascita in un’atmosfera nella quale il soprannaturale, il misterioso,il divino erano presenti e palpabili.Leggere di più
Geisha: Peter MacIntosh
Peter MacIntosh è canadese e da anni vive a Kyoto. È un grande appassionato del mondo fluttuante e grazie al suo blog, è possibile recuperare preziose informazioni, oltre che foto e video interessanti.
Possiede il bar Hanagumo dove è possibile essere serviti dalle Geisha e Maiko di Gion.
Inoltre da molti anni organizza tramite il sito www.kyotosightsandnights.com degli Zashiki per turisti, non eccessivamente costosi.
Peter MacIntosh cerca di far avvicinare la cultura delle Geisha ai turisti che non hanno la possibilità economica o le giuste conoscenze per potervi accedere autonomamente.
Francesca Gambera
Antiquariato giapponese
Netsuke in avorio
Larghezza: 3,7 cm
Firma: Ikkyu entro riserva ovale
XIX secolo
Una salamandra gigante tiene in bocca un pesce, mentre con la coda e le zampe ne blocca altri quattro assieme ad una conchiglia. Sebbene scolpiti con espressioni “umanizzate”, sono riconoscibili un pesce palla (fugu), una razza (skate) e un pagello (tai).
Lo stile di Ikkyu può suggerire l’appartenenza alla scuola di Bazan, ma l’origine di questo bizzarro netsukeshi resta in realtà ignota. Poche sono infatti le opere da lui firmate e i soggetti sono così originali che non è possibile tentare dei confronti basati sulle scelte dei modelli rappresentati. Ikkyu si ispira spesso alla natura, con animali raffigurati al contempo in maniera realistica e straordinariamente originale, dalle espressioni bizzarre sapientemente scolpite. In questi termini la scuola che più si avvicina è probabilmente quella di Nagoya. L’uso dell’avorio è difatti abbastanza raro tra le opere conosciute dell’artista, mentre sono tipici gli dettagli in corno e madreperla che qui troviamo intarsiati negli occhi degli animali.Leggere di più
Masunaga e la teoria dell’ameba
Il maestro Masunaga, per spiegare le spinte vitali dell’uomo, ha utilizzato quella che viene definita “teoria dell’ameba”.
Ogni movimento energetico, rappresentato dall’antica teoria dei cinque elementi, è presente nel movimento dell’ameba, pur essendo un organismo monocellulare.
Masunaga sceglie una forma semplice, una metafora di vita per simboleggiare il ciclo energetico di ogni essere umano, nonostante l’uomo abbia forme e sistemi più complessi; riconosce quindi il principio vitale con i suoi movimenti, in maniera identica in tutte le forme di vita, dalla più semplice a quella più articolata.
L’ameba cambia forma a seconda della necessità, la sua traduzione dal greco è infatti “mutamento”; in ogni suo cambiamento di forma rappresenta un movimento energetico delle coppie di meridiani e le relative funzioni vitali.Leggere di più