Dogu - Oggetti per il chanoyu
Dogu è il termine che indica gli utensili per la preparazione del tè. Mio marito ride di me e li chiama giocattoli per il tè. In effetti, tutto quello di cui si ha bisogno per il chanoyu è chawan (tazza del tè), chasen (frustino per il tè), chakin (panno per asciugare), fukusa (panno per la purificazione), chaki (contenitore del tè) e chashaku (cucchiaio per il tè). Con questi sei utensili, si può praticare il chanoyu dappertutto.
Quando iniziai a studiare il chado, non c’erano molti utensili giapponesi disponibili. Anche se potevo permettermeli, non mi erano accessibili. Incominciai a guardare degli oggetti prontamente disponibili che potessero essere utilizzati per il tè. Ho ancora molti di questi utensili improvvisati: una tazza di ceramica per il kensui, un contenitore dei biscotti come contenitore dell’acqua fredda, contenitori di varie dimensioni e forme per i dolci per il tè.Leggere di più
Il senso della bellezza giapponese e l'architettura sukiya (1)
Nella sua opera Fūdō, il filosofo Watsuji Tetsurō (1889-1960) scrive che “la cultura e il senso estetico di un paese sono radicati nelle sue caratteristiche naturali e nel clima”. Va avanti affermando che il Giappone, situato all’interno della cintura dei monsoni, è un paese umido, caratterizzato da mutamenti stagionali definiti con chiarezza. Di volta in volta, la generosità naturale di umidità rovina sulle persone nella forma di piogge torrenziali, tempeste di vento, inondazioni e addirittura siccità. A fronte della furia della natura, le persone hanno poca scelta se non abbandonare tutte le resistenze e sottomettersi.Leggere di più
Bambole Kokeshi
Sono bambole tradizionali giapponesi, la loro prima comparsa risale all'epoca Edo (1600-1868). Originariamente venivano regalate ai turisti che visitavano i luoghi termali.
Secondo la tradizione antica nipponica, possedere una bambola Kokeshi porta armonia nella casa e allontana la cattiva sorte.
Le bambole Kokeshi sono realizzate in legno stagionato, interamente decorate a mano da artisti locali.
Guardando queste bambole siamo subito colpiti dai loro colori e dalla ricchezza di dettagli che la decorano. Il busto riproduce il tradizionale kimono giapponese, finemente decorato con temi floreali che raffigurano le quattro stagioni.
Le Kokeshi sono un'ottima scelta per un regalo orginale per ogni ricorrenza e occasione. Arricchiscono le nostre case coni loro colori, ci affascinano con la loro delicatezza e ci regalano un sorriso con le loro simpatiche faccine.
Sara Morelli
Se siete interessati alle mie bambole Kokeshi originali, provenienti dalla Prefettura di Kyoto, scrivetemi a questo indirizzo email:
japan.primavera@gmail.com
Antiquariato giapponese
Scuola di Kyoto, XIX secolo
Breve storia del teatro Rakugo
Il termine Rakugo (“parole lasciate cadere”) è attestato per la prima volta nel 1787, ma si è diffuso soltanto durante l’epoca Meiji (1867-1912) ed è divenuto di uso comune nel XX secolo in epoca Shôwa (1926-1989).
Non si sa esattamente quando il teatro Rakugo sia nato, mentre è accertato che ha avuto origine pressoi daimyo (feudatari) che ospitavano alla loro corte attori che li intrattenessero raccontando storie divertenti.
Il teatro Rakugo si è sviluppato in vari stili: shibaibanashi (“storie teatrali”), ongyokubanashi (“storie musicali”), kaidanbanashi (“storie di fantasmi”) e ninjôbanashi (“storie sentimentali”). In alcune di queste forme manca la battuta finale ochi, caratteristica del Rakugo originale.
Nell’epoca di Edo (1603-1867) i commercianti più ricchi (chonin) hanno iniziato ad apprezzare questa forma di teatro che così si è diffusa anche fra i non nobili ed è diventata sempre più popolare. Nel XVII secolo gli attori erano chiamati hanashika (“narratore di storie”), termine che corrisponde all’odierno rakugoka ( “persona che lascia cadere le parole”). L’usanza di concludere il monologo con una battuta forse deriva dai kobanashi, brevi racconti comici con battuta finale (ochi) molto amati fra XVII e XIX secolo, con personaggi del popolo come protagonisti.Leggere di più
Pulire è purezza
Sono brava a pulire. Non lo ero. Prima di studiare il chado, ero sciatta. La mia stanza era un caos, la mia scrivania al lavoro era un caos, in effetti la mia vita era un caos. Una delle prime cose che ho imparato nel tè è stato come pulire.
Così ho pulito. Spesso ero la prima al keiko ed era mio compito pulire i tatami prima della lezione. Pulivo la stanza del tè, quindi pulivo la stanza della preparazione (mizuya). Rimanevo dopo la lezione e pulivo la stanza del tè, mettevo a posto gli utensili e pulivo la mizuya. Quando studiavo in Giappone, uno dei miei compiti era pulire la stanza di 100 tatami. Ciò significa stare in appoggio sulle mani e le ginocchia e spolverare a mano ciascun tatami (3 piedi per 6 piedi), tutti e 100, ogni sera dopo la lezione.Leggere di più
Giardini giapponesi: l'arte di migliorare la natura (4)
Contributo del buddismo Zen
Oltre all’influenza della geomanzia cinese, che detta regole e tabù speciali che riguardano il posizionamento delle pietre, degli alberi e dei ruscelli in relazione alle direzioni, l’influenza della tradizione giapponese indigena dello shintoismo ha chiaramente a che fare con i principi di design contenuti nel Sakutei Ki. Il principio fondamentale dello shintoismo è l’attribuzione di qualità spirituali a tutti gli oggetti naturali, rendendo la natura degna del nostro rispetto e apprezzamento. La celebrazione di questo mondo da parte dello shintoismo ha aiutato i giapponesi a coltivare un’acuta sensibilità verso la bellezza. Di conseguenza, il design dei giardini giapponesi è fermamente radicato nell’osservazione della realtà empirica. Ciò dà origine al principio del design del “seguire la richiesta”.
Comunque, di gran lunga la più importante base filosofica che ha sostenuto e ulteriormente sviluppato questo principio di “seguire la richiesta” è stato il buddismo Zen, introdotto in Giappone verso la fine del dodicesimo secolo, un secolo dopo la pubblicazione del Sakutei Ki. L’influenza del buddismo Zen sulla realizzazione dei giardini giapponesi è estesa e profonda. I templi Zen erano sempre accompagnati dai giardini per facilitare la meditazione. Inoltre, anche i giardini non associati ai templi Zen erano costruiti di frequente dai monaci Zen o da quei laici, come i maestri del tè, che avevano ricevuto una formazione nel buddismo Zen. Comunque, l’influsso della filosofia Zen sulla realizzazione dei giardini giapponesi è quello che ci interessa in questa sede.Leggere di più
Una corretta informazione sul tè giapponese
Che succede nel mondo del tè? Qualche settimana fa è stata rilevata una anomalia nei livelli di cesio di un carico di tè verde giapponese destinato alla Francia e per questo sono precauzionalmente state completamente bloccate le esportazioni di tè dal Giappone riferite al raccolto di quest'anno.
La notizia ha scatenato una ridda di commenti scomposti e molti fraintendimenti, che l'Associazione Italiana Ristoratori Giapponesi ha piacere di chiarire grazie anche al supporto del prof. Marco Bertona, presidente dell'Associazione Italiana Degustatori e Maestri di Tè.
Smentite documentate a una certa forma di bieco terrorismo mediatico sono già state ampiamente prodotte e rimandiamo i lettori interessati ai dettagli a questo esauriente articolo specializzato.
Senza dunque entrare in merito a questioni tecniche tipo il reale livello di cesio presente in quella particolare partita di tè, di poco superiore allo standard, o alle gigantesche quantità di bevanda che si dovrebbero consumare prima che un essere umano possa in qualche modo realmente risentirne, AIRG preferisce rivolgersi a degli esperti che possano fornire dei reali spunti per una pacata riflessione in merito.Leggere di più
Giardini giapponesi: l'arte di migliorare la natura (3)
Il principio di “Seguire la richiesta”
Quando è allora possibile creare un’illusione tale di casualità e naturalezza mentre si distilla selettivamente e si rappresenta l’atmosfera caratteristica di una scena particolare? Come può essere conseguita “una bellezza artificiale” che è “calcolata per apparire quanto più naturale è possibile”?
La risposta può essere trovata nel principio di design più importante e intrigante dei giardini giapponesi, kowan ni shitagau (seguire la richiesta), proposto per primo nel Sakutei Ki e a cui si è aderiti fedelmente da quel momento. Originariamente proposto come un metodo di disporre le pietre, questo principio richiede che il designer selezioni la pietra principale osservando da vicino le sue caratteristiche native e di scegliere e disporre le altre pietre per fare da complemento alla pietra principale. Secondo il Sakutei Ki, il giardiniere “dovrebbe inizialmente installare una pietra principale, e quindi posizionare le altre pietre, in numeri necessari, in moto tale da soddisfare l’umore che la pietra principale richiede.” L’unità dell’intero arrangiamento si consegue con la selezione e la disposizione che accentuano le caratteristiche di ciascuna pietra attraverso il contrasto piuttosto che la ripetizione. Ad esempio, il Sakutei Ki suggerisce che le pietre “che corrono via” dovrebbero essere accompagnate da pietre “che rincorrono”, una pietra che si appoggia da una pietra che sostiene, una pietra “che calpesta” da una pietra “che è calpestata”, una pietra “che guarda in alto” da una pietra “che guarda in basso” e una pietra eretta da una pietra sdraiata. Analogamente le Illustrazioni raccomandano il posizionamento verticale della “pietra che non invecchia mai” (pietra appuntita con una grana netta e definita) che sarà completato dal posizionamento orizzontale della “pietra dei diecimila eoni” (una pietra relativamente liscia con una gentile superficie superiore simile a un cuscino).Leggere di più
Design con una mente giapponese – una conversazione con Takeshi Wakabayashi
Mi chiamo Takeshi Wakabayashi. Devo molto alla natura di Kyoto. Quando ho bisogno di stare solo, faccio spesso una passeggiata a Tadasu no Mori, “la foresta della verità”. Sono felice e in pace con me stesso in questa foresta. È naturale, non potata né piantata dagli esseri umani. Mi piace anche la brezza del tardo pomeriggio in primavera. Un tipo di brezza è esattamente quello che descriveva l’eccentrico monaco e poeta buddista Zen Ikky Sojun (1394-1481): “Aprite a forza un ciliegio e non ci sono fiori ma la brezza primaverile trasporta miriadi di fioriture”. La brezza porta via i torti del mio giorno e mi mette a mio agio.
Dai tempi antichi fino al presente, i giapponesi hanno celebrato la bellezza della natura e la pregnanza del ritmo stagionale della luna, delle fioriture di ciliegio, dei fiumi e della foresta. Ispirati dagli impulsi naturali, hanno creato meditazioni sulle fuggevoli stagioni della vita e, attraverso di esse, espresso verità essenziali sulla natura dell’esperienza umana.Leggere di più