ODAIBA, NEW YORK A TOKYO

photo credits: livejapan.com

Uno scorcio da cartolina: il ponte di Brooklyn sullo sfondo, i grattacieli Newyorkesi dipinti dal rosso del tramonto, la Statua della Libertà che si erge fiera sull’acqua… E invece siamo a Odaiba, Tokyo!

Il ponte si chiama Rainbow Bridge, i grattacieli sono quelli della capitale giapponese e la Statua della Libertà è una riproduzione in scala ridotta dell’originale. Nel 1988 la Francia, per celebrare l’intensificarsi dei commerci con il Giappone, donò temporaneamente ai giapponesi una replica della statua; La popolarità del regalo fu tale che quando venne rimosso, al suo posto se ne costruì una copia permanente.

L’ISOLA ARTIFICIALE DI TOKYO

Odaiba è uno dei quartieri più conosciuti della capitale nipponica per divertimento, shopping e intrattenimento, costruito su un’isola artificiale della Baia di Tokyo e raggiungibile attraverso il suggestivo Ponte dell’Arcobaleno o a bordo di una rilassante crociera.

Il quartiere nacque sotto lo shogunato Tokugawa come parte di un progetto più ampio mai concluso, ovvero la costruzione di 11 isole artificiali a protezione della baia, ma solo negli anni Novanta del Novecento iniziò a prendere la sua forma attuale. Dopo la pandemia molte attrazioni e centri commerciali presenti sull’isoletta hanno chiuso i battenti, ma Odaiba ha ancora molto da offrire a chi vuole passare una giornata di svago.

E allora sarebbe magnifico se chiudendo gli occhi ci catapultassimo con la fantasia tra le strade di Odaiba, per trascorrere un pomeriggio all’insegna del divertimento. Il nostro viaggio virtuale inizia ora.

ODAIBA SEASIDE PARK

photo credits: odaiba-decks.com

Sta calando la sera: seduti sulla piccola spiaggia erbosa del Lungomare di Odaiba, ammiriamo lo skyline del quartiere di Minato e lo spettacolo mozzafiato del Rainbow Bridge illuminato, che si specchia nell’acqua del mare, mentre ascoltiamo le onde infrangersi sul bagnasciuga. Non c’è sensazione più rasserenante.

Ci stiamo riposando dopo aver trascorso il pomeriggio a divertirci tra i negozi del Decks Tokyo Beach, il grande centro commerciale di fronte alla spiaggia, all’interno del quale si possono visitare LegoLand, Il Museo delle Cere di Madame Tussaud’s e il parco divertimenti Joypolis.

GUNDAM GIGANTE

photo credits: japancitytour.com

Di certo non passa inosservato, con i suoi quasi 20 metri di altezza. Camminando fino al centro commerciale Diver City Tokyo, ci troviamo davanti all’imponente statua di Gundam, il famoso robot della fortunata serie d’animazione tratta dall’omonimo manga. Gli appassionati non possono perdersi le trasformazioni di questa statua semovente, accompagnate da effetti audio-visivi, che si susseguono a intervalli regolari durante tutto l’arco della giornata.

FUJI TV BUILDING

photo credits: italiajapan.net

Durante la nostra veloce visita ad Odaiba, ci siamo imbattuti anche in un edificio futuristico, particolare nella sua struttura, con una grande sfera di metallo al centro. Che cos’è? Non è altro che la sede della Fuji TV, un’importante emittente televisiva privata giapponese che ha mandato in onda numerose produzioni note anche in Occidente, come il pionieristico Astro Boy e l’anime One Piece. Andiamo ad esplorare l’interno e saliamo fino al venticinquesimo piano, così potremo godere di un bellissimo panorama dal punto d’osservazione situato in quella grande sfera di metallo che ci incuriosiva dall’esterno.

Qui si conclude il nostro breve viaggio con la fantasia. Ora non resta che imprimersi nella mente questi luoghi lontani in attesa, chissà, di volare un giorno a Tokyo, e perdersi di persona tra le tante bellezze di Odaiba.

Testo di Martina Condello, martinacondello.cm@gmail.com

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JIDŌHANBAIKI, i distributori automatici per ogni occasione

photo credits: arabnews.jp

Le vending machine sono così popolari e famose in Giappone che persino il protagonista dell’anime “Jidōhanbaiki ni umarekawatta boku wa meikyo wo hokou” ‘Sono rinato come distributore automatico, e ora vago per labirinti’, è rinato come un distributore automatico in un nuovo mondo.

Ma ora tornando al tema principale, come mai le jidōhanbaiki, vending machine in inglese e distributore automatico in italiano, sono così popolari in Giappone?

Chiunque faccia una piccola ricerca prima di un viaggio in Giappone può scoprire che i distributori automatici sono tra le prime comodità che il paese offre, secondi solo ai konbini, convinient store.

La loro fama è motivata da diversi fattori, uno di questi la loro presenza nel territorio. Di fatti i distributori sono presenti su tutto il suolo giapponese, dalle grandi città alle città rurali, una realtà possibile anche al basso tasso di criminalità registrato nello stato. La varietà dei loro prodotti, in pase all’azienda produttrice e al periodo dell’anno, che predilige bevande fresche durante le stagioni più calde e propone bibite calde nel periodo invernale, fa sì che i distributori riescano a soddisfare le esigenze di ogni persona.

Ho introdotto il discorso portando l’esempio delle bibite, poiché queste sono le jidōhanbaiki più comuni che si possono trovare dal 1960, data dall’introduzione massiccia della moneta da 100 yen. Tuttavia, storicamente parlando la prima jidōhanbaiki fu prodotta nel 1888 da Tawaraya Koshichi e vendeva tabacco.  Un’altra sua opera rivoluzionaria uscì nel 1904, un distributore automatico che vendeva francobolli e cartoline, con anche la funzione di buca per le lettere.

 

photo credits:plaza.rakuten.co.jp

Con il passare del tempo e grazie l’introduzione di nuovi metodi di pagamento, le tipologie di distributori e i prodotti che mettono a disposizione sono aumentati.

Partirei dal presentare quei prodotti che sono comuni anche qui nei distributori italiani. Già precedentemente presentati abbiamo i distributori di bibite, che in Italia troviamo solo come prodotti freschi, poi abbiamo i distributori di sigarette o prodotti da tabacchi e i distributori di snacks. Tutti distributori comuni nell’utilizzo quotidiano.

In Giappone però è possibile comprare anche bibite alcoliche tramite una semplice vending machine, come magari una bella birra fresca. Rimanendo sempre su alimenti che possano alleviare il caldo perché non prendere un bel cono gelato?

Se invece preferite un pasto più sostanzioso ci sono sempre distributori che vendono nuddles che siano questi ramen, udon, mazesoba, tsukesoba e tanto altro, ce n’è per tutti i gusti! È possibile comprare anche cibi dal gusto più europeo come una bella pizza o paella oppure darsi a qualcosa di più esotico come il loco moco, un piatto hawaiano composto da riso, hamburger, uovo e salsa gravy. E cos’è un buon pasto senza un dolce, perché oltre al gelato sarà possibile prendere anche un qualcosa di un po’ più sfizioso.

Ma il contenuto dei distributori automatici non si ferma solo a prodotti alimentari, in base al quartiere in qui ci si trova si possono trovare action figures, carte da gioco e libri o manga in quelle più comuni, ma andando a controllare i distributori più nascosti chissà cosa si potrebbe trovare, magari proprio la cravatta che avete dimenticato di indossare per il vostro importante colloquio.

 

photo credits: web-japan.org

Le jidōhanbaiki non vi stupiranno solo per il loro contenuto, ma anche per la loro innovazione tecnologica, dagli schermi touch fino al distributore automatico realizzato in collaborazione con un’azienda di cosmetica che utilizza l’IA, questo analizzando il volto dei clienti proporrà loro il prodotto più indicato per la loro fisionomia e carnagione.

 

Articolo di Elena Ferrario, Stagista presso l’Associazione Giappone in Italia

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Lo Yukata l’abito tradizionale estivo giapponese

photo credits: guidable.co

Lo yukata è una tipologia di vestiario più semplice rispetto a quella del kimono, composta solo da tre elementi: la veste, con il nome di yukata, la cintura, con il nome di obi, e i geta, i sandali di legno tradizionali. Rispetto al kimono possiamo vedere l’assenza del juban (sottoveste, biancheria del kimono) e delle tabi (calze). Questo è dovuto al fatto che in principio lo yukata era nato per essere indossato dai nobili durante bagni di vapore per proteggere la loro pelle e asciugane il sudore.

La funzione si può comprendere osservando l’antica l’etimologia della parola. La parola yukata era composta dal termine yu “湯” (acqua calda) e katabira “帷子” (indumento semplice di seta), che uniti in yukatabira “湯帷子” sono traducibili in italiano con la parola ‘accappatoio’, con la specifica che fosse possibile indossarlo dopo o durante il bagno. Tuttavia, con il passare del tempo la scrittura del termine si è semplificata fino a divenire quella che conosciamo noi oggi, composta da una differente coppia di kanji, quali yu “浴” (bagnarsi) e kata “衣” (indumento), ma mantenendo lo stesso senso di fondo un indumento da bagno.

Inizialmente nati quindi, come indumenti da bagno per nobili gli yukata divennero vestiario comune grazie alla loro produzione in cotone nel periodo Edo (1603-1867) e solo in anni più recenti, alla fine del periodo Showa (1926-1989), divennero gli abiti tradizionali da indossare nel periodo estivo, per far visita ai templi o santuari, per essere indossati durante i festival e la sera.

Anticamente lo yukata era di differenti colori in base a quando doveva essere indossato. Solitamente in casa si indossavano yukata semplici e dai colori chiari, come il bianco, mentre per uscire si preferiva indossarne di color indaco anche per via dell’odore dalla colorazione, che creava un repellente naturale per insetti. Oltretutto gli yukata venivano usati al massimo delle loro potenzialità, dopo essersi rovinati erano indossati come pigiami, e quando anche questi non erano più in condizioni ottimali, venivano trasformati in fazzolettini ed in fine stracci per la casa.

Oggigiorno indossare lo yukata è diventata anche una questione di stile. Le fantasie più popolari tra le ragazze sono floreali di colori sgargianti, mentre le donne adulte preferiscono indossarne con motivi più semplici, ma sempre dai colori vivaci. Gli yukata indossati dagli uomini tendono a colori scuri, quali il blu e nero, monotono e dalle lavorazioni classiche. Perché sì, nonostante quando si pensa allo yukata si immagina una ragazza vestita con un elegante abito dai colori brillanti, questo è anche un classico indumento maschile.

È possibile non solo per i giapponesi, ma anche per i turisti vivere l’esperienza di indossare e farsi fotografare in uno yukata mentre si camminare per le strade delle città, grazie a tutti i negozi che ti permettono di prenderli in prestito o li vendono. Tuttavia, se doveste recarvi in Giappone durante il periodo autunnale o invernale, mesi un po’ freddi per fare quest’esperienza, non c’è da preoccuparsi, li potrete indossare negli ryoukan, pensioni in stile giapponese. Difatti queste pensioni mettono a disposizione dei loro clienti lo yukata, sia per muoversi all’interno dello stabile che per andare a fare quattro passi grazie all’ausilio di giacche pesanti quali hanten o chabaori.

photo credits: yamanami-online.jp

 

Articolo di Elena Ferrario, Stagista presso l’Associazione Giappone in Italia

https://www.giapponeinitalia.org/wp-content/uploads/2023/05/2023-Evento_CampsiragoResidenza.pdf

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L’Obon, la festa giapponese delle lanterne e non solo

photo credits: zenpop.jp

L’Obon è generalmente conosciuta come la festa delle lanterne. Quest’ultime venendo liberate sulle superfici d’acqua, creano degli scenari molto suggestivi. Tuttavia, di questa festività che viene celebrata in Giappone da più di 500 anni, c’è molto di più che delle lanterne galleggianti!

L’Obon è il nome con cui viene chiamata una delle festività tradizionali nazionali giapponesi più importanti, la quale vuole festeggiare gli spiriti degli antenati. Viene svolta durante il periodo estivo, solitamente intorno al 15 di agosto. Non vi è una data precisa per tutto il territorio giapponese, anzi questa varia da prefettura in prefettura.

Il nome Obon “お盆” ha le sue origini dai termini buddisti Urabone “盂蘭盆会” ed Urabon “盂蘭盆”, i quali possono essere tradotti in italiano con ‘festa delle lanterne’. Per quanto riguarda il termine bon “盆” in italiano è tradotto con la parola ‘vassoio’, parola che può rimandare all’idea di offrire qualcosa a qualcuno.

Ma in cosa consiste effettivamente questa ricorrenza?

A differenza del nostro Giorno dei Morti, il 2 novembre, nel quale si compiangono i nostri cari deceduti, andandoli a visitare al cimitero e portandogli mazzi di fiori, l’Obon vuole celebrare la visita degli antenati e di coloro che abbiamo amato.

Prima dell’inizio delle celebrazioni dell’Obon le famiglie vanno in visita a casa dei loro familiari e da lì danno inizio ai preparativi per l’arrivo degli spiriti. Si parte dalla ohaka-mairi “お墓参り” (visita alla tomba) con la pulizia della tomba di famiglia. Dopodiché bisogna occuparsi delle offerte di dolci e frutta da porre di fronte all’altare di famiglia, che solitamente è presente in ogni casa giapponese.

In aggiunta, in alcune prefetture del Giappone vi è anche la tradizione di disporre lo shoryo-uma “精霊馬” (spirito del cavallo), che consiste nel prendere un cetriolo e una melanzana e infilzarle con quattro stecchini. Il cetriolo diventa la rappresentazione del cavallo che aiuterà gli antenati ad arrivare velocemente verso casa, mentre la melanzana diventa la rappresentazione della mucca che riaccompagnerà con calma gli spiriti nel loro mondo.

photo credits: grapeejapan.com

Con il primo giorno dell’Obon si da il benvenuto agli spiriti degli antenati, accendendo dei piccoli fuochi che prendono il nome di mukaebi “迎え火” (fuochi di benvenuto). Inoltre, vengono accese anche delle lanterne, le chochin “提灯” per guidarli nel loro rientro verso casa.

In queste giornate è comune per le famiglie visitare il tempio o richiedere a dei preti buddisti di eseguire un servizio memorativo davanti all’altare di famiglia.

Oltre alle visite al tempio e le cerimonie commemorative, è usanza andare ai festival tenuti dalle città, dove è possibile vedere eseguita la bonodori “盆踊り” (danza dell’Obon), visitare delle bancarelle e mangiare street food.

photo credits: otakusjournal.it

Il terzo giorno, alla conclusione dell’Obon, verranno di nuovo accesi dei fuochi che prendono il nome di okuribi “送り火” (fuochi di saluto), per illuminare la strada e rendere la partenza degli spiriti più sicura.

L’Obon è una festività che è variata e mutata nelle sue tradizioni durante il tempo, ma il suo spirito è rimasto sempre lo stesso, celebrare e ricordare con affetto i nostri antenati e le persone che sono state a noi care.

 

Articolo di Elena Ferrario, Stagista presso l’Associazione Giappone in Italia

 

https://www.giapponeinitalia.org/wp-content/uploads/2023/05/2023-Evento_CampsiragoResidenza.pdf

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Japanese art experience a Campsirago Residenza

Giappone in Italia è felice di presentare e patrocinare un bellissimo evento legato alla cultura giapponese: Japanese art experience

Da venerdì 19 a domenica 21 maggio Campsirago Residenza ospita artisti e artigiani da Ukiha per una tre giorni di workshop, incontri, laboratori dedicati alla cultura, all’arte, alla tradizione, alla musica giapponese. La Japanese art experience, organizzata da Campsirago Residenza e Omnicent Ukiha in collaborazione con The International Academy for Natural Art, è un’occasione unica per conoscere e immergersi nella cultura giapponese, nel suo pensiero e nella sua profonda relazione con il paesaggio, gli elementi e la natura. Una tre giorni che sarà anche momento di scambio e incontro tra pubblico e artisti, tra musicisti italiani e giapponesi, tra l’arte culinaria del paese dell’Asia orientale e i prodotti locali del nostro territorio, tra antiche tradizioni e modernità.

Il batterista e ingegnere acustico Nori Tanaka terrà tre workshop di tecnica del suono. L’incontro con il maestro Hiro Shinohara introdurrà il pubblico all’arte dell’intreccio del bambù e all’allestimento degli spazi che saranno utilizzati per la cerimonia del tè che sarà officiata da Ryoko Baba, direttrice della residenza artistica di Ukiha. La chef Mamiko Ishii terrà due workshop di cucina giapponese e preparerà cene e pranzi. Venerdì 19 maggio l’artista italiana Krista cura un workshop di kintsugi tradizionale.

Sabato e domenica anche attività dedicate ai più piccoli con i laboratori artistici a cura di Claudia Saracchi e Rossana Maggi ispirati alla corrente della Mail Art, all’artista Yayoi Kusama, all’immaginario poetico della cultura giapponese e alla preziosa arte del kintsugi.

La Japanese art experience è realizzata in Partenariato Speciale Pubblico Privato con il Comune di Colle Brianza. È finanziata dall’Unione europea – NextGenerationEU. Ha il patrocinio della Provincia di Lecco, del Consolato Generale del Giappone a Milano e dell’Associazione Culturale Giappone in Italia.

https://www.giapponeinitalia.org/wp-content/uploads/2023/05/2023-Evento_CampsiragoResidenza.pdf

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Il peso delle aspettative sociali sui giovani nella società giapponese: analisi libro "La ragazza del convenience store"

“La ragazza del convenience store” di Murata Sayaka è un libro che ha riscosso un discreto successo in Giappone nel 2016. Ciò che ha attratto i lettori è stata soprattutto la capacità di Sayaka di rappresentare perfettamente la società giapponese contemporanea come ancora troppo legata a solide aspettative sociali che sembrano pesare ancora molto sui giovani nella transizione all’età adulta. Vediamo, quindi, quali sono queste aspettative attraverso l’analisi dei protagonisti del libro.

photo credits: theguardian.com

La società giapponese è stata interessata da numerosi cambiamenti socioeconomici a partire dal dopoguerra. Il Giappone in quel periodo, infatti, era una nazione in grande crescita economica, costruita su tre pilastri in particolare: famiglia, azienda e scuola. Questo sistema prevedeva una precisa divisione dei ruoli, in cui solamente agli uomini spettava mantenere economicamente la famiglia, mentre le donne dovevano occuparsi delle faccende di casa e dell’educazione dei bambini. Questi ultimi, anche a quell’età, erano comunque spinti ad ottenere ottimi risultati a scuola, poiché dovevano diventare poi i lavoratori del domani. Questo, quindi, era il modello di vita che la maggior parte delle persone seguiva, stimolati anche dalle favorevoli condizioni economiche.
Tuttavia, la situazione cambiò radicalmente con lo scoppio della bolla avvenuto nei primi anni ’90. Prima di tutto, in ambito lavorativo si passò da un tipo di lavoro stabile e duraturo a uno più incerto e flessibile. Le compagnie, infatti, furono costrette a ridurre il personale e assumere a tempo determinato con la politica economica adottata in quel periodo. Se negli anni precedenti, quindi, i giovani potevano legarsi quasi a vita ad una compagnia, ora invece si manifestava un preoccupante senso di precarietà. Tutto ciò ebbe, naturalmente, conseguenze importanti anche all’interno della società.

photo credits: scmp.com

Precarietà e aspettative sociali nei giovani

Con un tipo di lavoro per lo più precario risultava molto difficile impegnarsi in un matrimonio e nella creazione di una famiglia. Ciononostante, entrambi erano e sono tutt’oggi spesso considerati importanti per la transizione all’età adulta dei giovani. Ma cosa significa diventare adulti in Giappone? In generale, una persona per essere considerata pienamente matura dovrebbe conformarsi alle aspettative sociali, che risultano essere differenti in base al genere. Per quanto riguarda le donne, infatti, diverse indagini hanno dimostrato come la maggior parte di loro abbiano intenzione di sposarsi e avere bambini. Tuttavia, a partire dagli anni ’90 sempre più donne hanno deciso di rifiutare il matrimonio per dedicarsi totalmente alla propria carriera. Questa scelta, però, non viene spesso accolta con piacere e, soprattutto nei media, accade che vengano etichettate con termini dispregiativi, quali “parassiti”.

La maturità maschile e l’idea di “mascolinità”, invece, sembrano essere più legati alla figura del salaryman. Un uomo, infatti, secondo l’ideale deve essere diligente, responsabile e dedito al lavoro per mantenere la propria famiglia economicamente. Come vediamo, quindi, le aspettative hanno ancora un peso importante per i giovani, ma occorre comunque notare come negli ultimi anni siano aumentati stili di vita differenti. Si stima, infatti, che tra il 1995 e il 2010, la percentuale di donne ancora single sotto i 34 anni sia passata dal 19,7% al 26,6%. Gli uomini, invece, nella stessa fascia di età dal 37,3% al 42,9%. Tuttavia, coloro i quali non si adattano al “normale” stile di vita vengono spesso allontanati dalla presunta “normalità” e incolpati per la precarietà del Giappone. Come vedremo, esattamente ciò che accade ai due protagonisti del romanzo di Murata Sayaka.

photo credits: amazon.it

“La ragazza del convenience store”

Konbini Ningen è un romanzo scritto da Murata Sayaka nel 2016 e vincitrice nello stesso anno del prestigioso premio Akutagawa. L’autrice ha affermato in un’intervista al Japan Times che per la sua scrittura si è ispirata alla sua esperienza personale come commessa in un konbini. Il romanzo è uscito in Italia nel 2018 con il titolo “La ragazza del convenience store”, tradotto da Gianluca Coci. La protagonista è Keiko, una ragazza di 36 anni considerata “strana” dalle persone intorno a lei per la sua situazione lavorativa e sentimentale. Molto simile a lei è Shiraha, un anno più piccolo di Keiko, che, come vedremo, ricoprirà all’interno del romanzo un ruolo altrettanto importante.

photo credits: wikipedia.org

Il ruolo del konbini

Il konbini, o convenience store, ricopre un ruolo importante all’interno del romanzo. È, infatti, di norma un ambiente regolato da precise direttive, rituali e ripetizioni che tutti i commessi devono seguire. Per Keiko, il konbini rappresenta però un luogo in cui finalmente sente di essere “normale”, proprio grazie al fatto che queste regole sono scritte nero su bianco su un manuale. Al di fuori, invece, la situazione è ben diversa, poiché nella vita quotidiana non esiste alcun manuale che possa spiegarle come vivere in modo “normale”. Il konbini, quindi, diventa per Keiko il rifugio perfetto in cui ogni problema sparisce e si può sentire finalmente una persona come tutte le altre.
Inoltre, il konbini sembra avere un altro punto in comune con la società giapponese. Entrambi, infatti, si basano su di un equilibrio che, se alterato, richiede l’espulsione dell’elemento disturbatore. Esattamente come Keiko viene spesso esclusa quando si trova al di fuori del suo negozio, così anche nel konbini in più episodi coloro che alterano questo equilibrio vengono esclusi. Questo accade prima con un attaccabrighe e poi con Shiraha, come vedremo il secondo personaggio più importante del romanzo.

Le figure di Keiko e Shiraha

Keiko, la protagonista, è stata considerata una ragazza “strana” fin da piccola a causa del suo comportamento fuori dagli schemi. La ragazza si impegnerà a cambiare soprattutto per non far soffrire i propri genitori, ma il suo mutismo finirà per farli preoccupare ugualmente. Una volta finita l’università, Keiko andrà a vivere da sola e continuerà il suo lavoro part-time al konbini trovato qualche anno prima. Keiko, quindi, rappresenta quel cambiamento avvenuto dopo lo scoppio della bolla che ha portato al consolidamento di una nuova forma di individualizzazione. Da quel momento, infatti, sempre più giovani hanno preferito non sposarsi e vivere da soli, sebbene ciò non sia ben visto all’interno della società. Per quanto riguarda l’ambito lavorativo, invece, secondo i dati raccolti dal ministero del lavoro giapponese nel 2011 il 40% delle aziende non valuta positivamente esperienze da freeter, un termine per indicare giovani che non si impegnano in modo volontario in lavori stabili.

Keiko tenterà, quindi, di diventare “normale” con l’aiuto di Shiraha, un uomo di 35 anni non molto diverso da lei. Anche lui, infatti, alla sua età non ha un lavoro stabile e vive da solo, ma è possibile notare alcune differenze con Keiko. Shiraha, infatti, al contrario di Keiko conosce bene le regole che governano la società esterna, ma volontariamente sceglie di non seguirle. È stanco, inoltre, di essere trattato come “anormale” e ciò fa riversare la sua rabbia sulle persone intorno a lui. Ciononostante, si dimostrerà ben lontano da quell’ideale di “uomo mascolino” visto in precedenza. Infatti, il suo comportamento non sarà diligente e responsabile, quanto piuttosto da parassita, come lui stesso affermerà durante una conversazione con Keiko. Tuttavia, alla fine, il piano per cambiare la sua situazione dovrà fare i conti con la scelta di Keiko, che lo spingerà a cercare un’altra soluzione.

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Festeggia il Natale con Giappone in Italia

Dopo il successo dei nostri workshop, Giappone in Italia vi invita a partecipare al nostro esclusivo aperitivo di Natale!

Vieni a festeggiare le feste con noi!

Un aperitivo esclusivo riservato ai nostri soci in collaborazione con TENOHA Milano, per assaggiare il vero happy hour alla giapponese!

SCOPRI I DETTAGLI

Un occasione più unica che rara con un menu riservato per i nostri associati!

1 Drink a scelta
Piatto con Karaage, Edamame, salatini giapponesi
Patatine al Teriyaki, Patatine al Wasabi

Costo: 20€

Ulteriori ordinazioni saranno a carico dei partecipanti

Informazioni

Dove: TENOHA Milano, Via Vigevano 18 – Milano
Quando: 22 dicembre 2022
Ora: Dalle 18:30 alle 20:30

Posti Disponibili: 20

ANCORA POCHI POSTI DISPONIBILI, PRENOTA ORA!!
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Tutti i nostri incontri sono riservati per gli associati di Giappone in Italia.

Non sei ancora iscritto? Fallo ora! La tua tessera sarà valida fino al 31 dicembre 2023 e avrai la possibilità di partecipare ai nostri corsi e tanti altri eventi esclusivi!

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Arrivano i Workshop di Giappone in Italia

Arrivano finalmente i workshop di Giappone in Italia riservati a tutti i nostri associati! Vieni a scoprire con noi la cultura del Giappone e ad approfondire ancora di più ciò che sapete sul paese del Sol Levante!

Introduzione alla Lingua Giapponese

Come funziona la grammatica giapponese? Una lezione introduttiva aperta a tutti assieme alla nostra insegnante madrelingua.

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Lingua Giapponese
Livello 1

Un pacchetto di tre lezioni per iniziare lo studio della lingua giapponese e imparare come comunicare nella terra del Sol Levante.

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Introduzione al disegno manga

Una lezione dedicata a tutti gli artisti! Se amate disegnare ma non avete mai avuto l'occasione di imparare la tecnica specifica per i Manga, Giappone in Italia vi offre la possibilità di scoprire di più e muovere i primi passi con carta e matita ed immergevi nel mondo dei fumetti giapponesi!

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Shodō

Lo shodō è l'arte giapponese della calligrafia che ha influenzato altre forme d'arte giapponesi. Assieme alla nostra insegnante giapponese, vi porteremo nel profondo di quest'arte per capire ancora meglio la cultura giapponese e imparare a scrivere con i pennelli e l'inchiostro tradizionale.

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News & Curiosità dal Giappone: Kanazawa, un giro per la città

Kanazawa è il capoluogo della prefettura di Ishikawa, nonché una delle principali mete turistiche del Giappone. Nella città è possibile ammirare arte e architettura sia moderna che tradizionale, in un suggestivo ambiente che difficilmente dimenticherete. Quali sono quindi i principali punti di interesse della città? Venite a scoprirlo insieme a noi!

Kanazawa

Photo credits: giappone.it

Secondo una leggenda, un giorno un contadino di nome Imohori Togoro trovò alcune pepite d’oro mentre stava scavando la terra per coltivare alcune patate. Questa scoperta portò nella città molti curiosi che la ribattezzarono “Kanazawa”, ossia “palude d’oro”. Durante il periodo Edo (1603-1867) poi la città passò in mano al clan Maeda, uno dei più importanti del Giappone. Inoltre, sempre in questo periodo la città attrasse una grande varietà di artisti che si stabilirono qui, dando vita ad una cultura unica nel suo genere. A partire dalla restaurazione Meiji, invece, si aprì un periodo in cui lo sviluppo industriale della città passò in secondo piano rispetto alle più grandi Tōkyō e Ōsaka. Questo in realtà fu un bene per Kanazawa, perché venne risparmiata dai successivi bombardamenti della Seconda guerra mondiale.

Immaginiamo allora di atterrare a Tōkyō e prendere uno shinkansen (anche conosciuto come “treno proiettile”) che ci porti in due ore e mezza circa nella città. Questo, comunque, non è l’unico modo per raggiungere la città, poiché sono disponibili vari autobus notturni, nonché aerei per il vicino aeroporto di Komatsu.

La moderna stazione

Kanazawa stazione

Photo credits: visitkanazawa.jp

Appena arrivati alla stazione di Kanazawa ci accoglie una meravigliosa struttura di vetro e acciaio, chiamata “Motenashi Dome”. La prima parola “Motenashi” (もてなし) deriva dal verso “motenasu” che significa letteralmente “accogliere cordialmente”. Mentre la seconda è una parola inglese che significa “cupola”. Con l’utilizzo di più di 3000 pannelli in vetro la cupola è stata progettata per assomigliare ad un ombrello sotto il quale chiunque può trovare riparo dalle piogge frequenti che colpiscono la città. Dopodiché, usciti da questa struttura si erge il portare stile shintoista “Tsuzumi mon”, realizzato con legno di cipresso locale. Anche in questo caso la forma non è casuale, poiché i due pilastri principali sono stati realizzati con la forma dei tradizionali tamburi “tsuzumi” del teatro Nō.

Nei pressi della stazione è possibile trovare una grande varietà di negozi, pronti a soddisfare ogni tipo di esigenza. Naturalmente non possono mancare i konbini, con la catena 7 Eleven che possiede all’interno della stazione ben due punti vendita. Entrambi sono situati all’interno dell’enorme centro commerciale posto dentro la stazione che si sviluppa su due piani. Usciti dalla stazione, invece, troviamo un altro centro commerciale chiamato “Forus” in cui sono presenti vari negozi, tra cui profumerie, negozi di abbigliamento e ristoranti.

Da Omicho Market a Korinbo

Korinbo

Photo credits: touristinjapan.com

Continuiamo il nostro cammino verso il centro della città e in pochi minuti ci troviamo di fronte al mercato Omicho. Il mercato ospita circa 185 negozi, per lo più pescherie e ristoranti in cui è possibile trovare dell’ottimo pesce fresco ad un prezzo accessibile. Kanazawa, infatti, è particolarmente famosa per il suo pescato e i turisti, nonché i cittadini locali, amano pranzare in questi ristoranti. In ogni caso, al suo interno sono presenti anche negozi di casalinghi e abbigliamento, rendendolo un mercato essenziale per la città.
Usciti dal mercato è possibile trovare dopo pochi passi il santuario shintoista Oyama, costruito per la prima volta nel 1599 sebbene in un posto differente. Il santuario, infatti, era dedicato al capo del clan Maeda ed era stato realizzato sopra il monte Utatsu. Soltanto in seguito venne spostato e fu deciso di costruire un inusuale portale d’ingresso. Come vediamo, si trova dietro il classico portale shintoista e venne progettato da un architetto olandese che utilizzò elementi religiosi sia europei che asiatici. Superato, quindi, anche il santuario ci troviamo subito nel quartiere di Korinbo, caratterizzato da modernità e dinamicità. Il quartiere, infatti, è un’importante zona commerciale che permette di rilassarsi facendo un giro nei centri commerciali o mangiando in un ristorante.

Kenrokuen e il castello di Kanazawa

Sempre in questa zona è possibile trovare due destinazioni fondamentali per Kanazawa: il giardino Kenrokuen e il castello. Il Kenrokuen è considerato uno dei tre giardini più importanti di tutto il Giappone e la sua realizzazione risale al XVII, sempre per merito del clan Maeda. Il nome, inoltre, significa letteralmente “giardino dei sei attributi” che, secondo il poeta cinese Li Gefei, definiscono un giardino perfetto, ossia spazio, tranquillità, artificiosità, antichità, corsi d’acqua e ampie vedute. In quella che è la più famosa veduta del giardino vediamo la lanterna Kotojitoro, famosa per la sua forma con due gambe anziché una.

Il castello, invece, era naturalmente la residenza ufficiale del clan Maeda, che ordinò la sua costruzione nel 1583. Sfortunatamente, però, fu interessato nel corso dei secoli da numerosi incendi che ne resero necessaria la ricostruzione. Inoltre, fino al 1989 ospitava al suo interno anche la sede dell’università di Kanazawa, che fu poi spostata in periferia. Ora invece è possibile visitare il suo museo all’interno che racconta la storia del castello e del clan Maeda.

Il quartiere delle geisha a Kanazawa: Higashi Chaya

Higashi Chaya

Photo credits: ishikawatravel.jp

Spostandoci più a nord rispetto al castello troviamo il quartiere di Higashi Chaya, anche chiamato quartiere delle geisha, poiché le “chaya” sono le case da tè dove le geisha intrattengono appunto i loro clienti. In quel periodo, in particolare, la parte centrale di Kanazawa era piena di queste chaya. Nel 1820, infatti, le chaya furono trasferite in tre quartieri distanti del centro e quello di Higashi Chaya era il più grande di quelli. Oggi si trovano molte case e strutture aperte al pubblico dove si può ammirare l’interno delle case Chaya, costruite quasi 200 anni fa. Inoltre, molti di questi edifici sono stati rinnovati e ospitano ristoranti e negozi di souvenir.

Uchinada

Uchinada kanazawa

Photo credits: ishikawatravel.jp

Per gli amanti del mare, Kanazawa offre la possibilità anche di farsi un bagno nei periodi più caldi. Dalla stazione della città, infatti, è possibile prendere un treno il cui capolinea si trova nella cittadina di Uchinada. Dopo pochi minuti di passeggiata, ci troviamo di fronte una grandissima spiaggia su cui infatti i giapponesi sono soliti andare con la macchina. Qui è possibile rilassarsi e farsi un bagno nelle acque del mar del Giappone.

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Approfondimenti: L’Ambasciata Tenshō

Il 2015 è stato il 530° anniversario dell’arrivo in Italia dell’Ambasciata Tenshō, in giapponese 天正遣欧少年使節 Tenshō ken’ō shōnen shisetsu (letteralmente “Missione in Europa dei ragazzi dell’era Tenshō”): il primo marzo del 1585 i giovani partecipanti all’Ambasciata sbarcarono infatti a Livorno, proseguendo poi il loro viaggio verso altre città della penisola fino ad arrivare a Roma, dove incontrarono il Papa.

Le origini dell’Ambasciata

Con l’arrivo di Francesco Saverio nel 1549 il cristianesimo iniziò a diffondersi e sempre più missionari si recarono in Giappone. Per questo motivo il daimyō Oda Nobunaga, che all’epoca aveva conquistato la maggior parte del Paese, concesse la costruzione di numerosi seminari cristiani per la diffusione della religione, e così molti giapponesi diventarono credenti. Proprio da uno di questi seminari vennero scelti i quattro ragazzi che avrebbero partecipato alla Missione Tenshō, in un viaggio che dal Giappone avrebbe portato loro alla volta dell’Europa.

I partecipanti

I quattro ragazzi facenti parte dell’Ambasciata vennero scelti personalmente da Alessandro Valignano, gesuita italiano impegnato in attività missionarie, nonché ideatore dell’Ambasciata stessa: fu così che furono selezionati Itō Mancio, Michele Chijiwa, Giuliano Nakaura e Martino Hara, tutti dell’età di circa 13 anni e studenti presso un seminario nel Kyūshū, l’isola a Sud del Giappone.
Il loro viaggio aveva un duplice scopo: da una parte far avvicinare il Giappone all’Occidente, dando occasione agli europei di entrare in contatto con gli orientali; dall’altro ottenere dal Papa aiuti finanziari e la conferma del monopolio per la Compagnia di Gesù sulle missioni nel Paese.

Ambasciata Tenshō

photo credits: wikipedia.org

Il viaggio

La nave dell’Ambasciata partì il 20 febbraio del 1582 dal porto di Nagasaki, sotto il comando del capitano Ignacio de Lima. Dopo essere sbarcati a Macao il 9 marzo, i quattro giovani dovettero aspettare fino alla fine dell’anno per ottenere i mezzi che permettessero loro di raggiungere l’Europa, dove giunsero l’11 agosto del 1584, al termine di un viaggio lungo e faticoso. Da Lisbona, dove l’Ambasciata venne presentata all’arcivescovo della città e al famoso autore Fray Luis de granada, si recarono poi a Toledo e a Madrid, in cui visitarono numerose chiese e cattedrali, oltre a essere ricevuti da Filippo II.

L’anno successivo arrivarono in Italia, dove parteciparono a un banchetto indetto dal Duca e dalla Duchessa della Toscana, per poi recarsi a Pisa e infine a Roma, nel 22 marzo del 1985, dove incontrarono Papa Gregorio e il suo successore, Papa Sisto V. Il 3 giugno, alla fine di numerose cerimonie e un intenso scambio di doni e conoscenze, l’Ambasciata partì da Roma per tornare in Giappone: durante il viaggio passarono anche per Venezia, in cui erano in atto le celebrazioni per il patrono della città, San Marco, e per Milano, in cui i quattro giovani vennero ritratti da Urbano Monte, e questi disegni sono l’unica prova rimasta ad oggi che ci mostri il loro aspetto.

Nel 1587 Toyotomi Hideyoshi aveva ordinato l’espulsione di tutti i missionari cristiani dal Giappone e non fu perciò facile per i membri dell’Ambasciata fare ritorno in Giappone: dopo lunghi negoziati Valignano e i ragazzi riuscirono a sbarcare a Nagasaki il 21 luglio del 1590, otto anni e mezzo dopo la loro partenza, e vennero successivamente ricevuti da Hideyoshi stesso con un grande banchetto in cui i giovani raccontarono del loro viaggio e delle loro impressioni sull’Europa.

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