Premio Isamu Noguchi

Il Noguchi Museum ha annunciato i vincitori della seconda edizione del Premio Isamu Noguchi che viene attribuito ad artisti che abbiano dimostrato spirito d’innovazione e sensibilità verso temi globali,  nell’ambito di uno scambio tra Giappone e America.
Jasper Morrison e Yoshio Taniguchi, designer il primo e architetto il secondo, ecco i nomi scelti che verranno premiati il 19 maggio 2015 nell’ambito di una cerimonia speciale, inserita in un anno ricco di celebrazioni per il trentesimo anniversario dalla fondazione del Noguchi Museum.

Il carattere e l’abilità. Le idee musicali del Metodo Suzuki.

«Il bambino ha un carattere semplice, si innamora di qualcosa anche in un solo istante, e la fa propria» – mi ha detto una volta Luca Taccardi, il mio maestro di violoncello, a distanza di anni da quando sono uscito dalla Scuola di Musica Suzuki di Milano. Mi ha sorpreso allora ricordarmi quei momenti in cui, da piccolo, suonavo con lui e i miei compagni e scoprire che in essi c’era sempre stato l’aiuto di un’idea, da cui è nato un metodo per insegnare la musica a dei ragazzi così giovani. Fu ideato dal maestro giapponese Shinichi Suzuki (鈴木 鎮一), nel corso degli invidiabili cent’anni in cui fu al mondo.
Nacque a Nagoya, nel 1898, cullato dalle tre corde dello shamisen, il liuto di origine cinese che la madre aveva imparato a suonare e il padre a costruire, prima di appassionarsi allo strumento che ricominciava a circolare dopo il divieto anticristiano dei Tokugawa: il violino! Nella fabbrica di liuteria del padre, il giovane Shinichi strinse amicizia con lo strumento prima con le mani che con l’orecchio, poi ascoltò il tocco di Mischa Elman da un vecchio grammofono e fu amore vero. Andò in Germania come allievo di un ottimo maestro, che a sua volta aveva studiato con Joachim, ma più che la musica, il viaggio nutrì la sua mente. Conobbe Einstein e molti altri intellettuali e artisti, che parlarono al suo animo soprattutto grazie ai principi filosofici e pedagogici che allora vivevano una dinamica diffusione in Europa. Tornato in Giappone, si dedicò perciò sia allo studio della musica che della cultura da cui si era appena separato – portandosi con sé colei che diverrà la compagna di una vita – e intanto lavorava alla fabbrica del padre, finché la guerra le impose di convertirsi alla costruzione di aeroplani, facendola così diventare obiettivo dei bombardamenti americani. La fabbrica venne distrutta e la moglie tedesca fu costretta ad espatriare per breve tempo. In quel periodo concepì gli ideali che promuoverà nella scuola di musica poi aperta a Matsumoto, dando vita al Suzuki Method o, come avrebbe detto lui, suzuki mesōdo (スズキ・メソード).
La prima convinzione di Suzuki, mutuata dallo studio delle teorie della Montessori, era che l’uomo fosse figlio del proprio ambiente, il che si sposava bene con la sensibilità giapponese, esaltatrice del contesto più che delle verità assolute. Di conseguenza, conviene che i ragazzi si avvicinino alla musica sin da molto giovani e che all’inizio si istruiscano anche i genitori, di modo da creare un ambiente musicale familiare. All’interno della scuola poi, il Talent Education Institute, si arriva ad un amalgama culturale più ampia, che include arti come la calligrafia e la poesia haiku, vere e proprie nutrici del talento. Suzuki, infatti, era scettico nei confronti del genio innato. Uno dei suoi migliori biografi, Evelyn Hermann, scriverà: «Suzuki does not believe in genius». Il secondo principio è l’imitazione come via d’apprendimento, così come fu pensata già a suo tempo da Haydn. Suzuki non dimentica però ciò che diceva sempre la Montessori sulla libertà come condizione in cui i bambini imparano le prime nozioni. Imitare un modello, allora – come per noi violoncellisti poteva essere, ai suoi occhi, Pau Casals – passa attraverso la sincerità con se stessi. Egli non scordò mai, infatti, quella frase letta in un romanzo di Tolstòj, secondo cui «ingannare se stessi è peggio che ingannare gli altri». Imitare non è copiare, dunque, ma avviene così come per il linguaggio: lo si impara ripetendo gli altri, poi ce ne si serve a piacimento. Qui, per Suzuki, fu preziosa la lezione di Piaget secondo cui il linguaggio media dall’autismo iniziale alla ricerca di socialità. Nel linguaggio materno, il maestro giapponese comincia allora a vedere la chiave di tutto lo sviluppo ontogenetico, equiparandolo alla musica, come efficace modalità di comunicazione. Perciò è utile apprenderla sin dall’infanzia. «Music is a language that goes beyond speech and letters» (Kendall, 1966), era solito dire Suzuki, aggiungendo che la sua forma più alta è allora l’orchestra, in cui portava anche i giovanissimi. Se ben gestita, è in essa che si confronteranno, evolvendosi, i rapporti umani nel segno dell’amore. I suoi amici e colleghi ricordano sempre, ad esempio, l’episodio in cui Suzuki – che aveva svolto profonde pratiche Zen sugli stati di salute e malattia – riuscì a guarire il grande violinista Leonid Kogan in tempo per la sua esibizione. Un vero atto d’amore.
Suzuki era così, riusciva a far combaciare il carattere europeo, da cui la musica ha avuto origine, con l’abilità orientale, coltivata con la tipica cura per la disciplina. Ma si potrebbe anche parlare del carattere giapponese, così marcato anche in lui, unito a quella tecnica occidentale che ha portato alle vette della musica moderna e contemporanea. Suzuki riesce quindi a prestare questo suo carattere alla rivisitazione della nostra musica, rivalutando brani ed autori considerati minori – come il Concerto No. 5 di F. Seitz o la Sonata in C Major di Breval – e allo stesso tempo venir considerato un artista pienamente giapponese, tanto da meritarsi il Ningen Kokuhō, il titolo di “Tesoro Nazionale Vivente” tributato solo a pochi maestri. Evidentemente, come amava ripetere, il carattere viene prima dell’abilità, cosa di cui è stato sempre convinto anche Luca, il mio maestro. In più, secondo lui, ci possono anche essere bambini più o meno dotati, ma la realtà è che, nel precoce amore per la musica, si può solo dire che «ci sono caratteri che amano semplicemente e ci sono caratteri che amano passando per strade più tortuose, ma alla fin fine, si ama a prescindere dal carattere che si possiede». Io ero uno di quelli tortuosi. A volte l’ho fatto disperare!
Ricordo però quei giorni d’estate trascorsi a Cuceglio, nella campagna piemontese, assieme ai miei compagni di musica, durante i ritiri di fine anno. Ridevo, mi distraevo, non accorgendomi neppure che, nel frattempo, il pomeriggio lo passavo attorno al mio piccolo violoncello che io, piccolo come lui, già impugnavo, circondato a mia volta dal bosco in cui i maestri ci portavano a provare. Avveniva lo stesso quando guardavo la partitura: non sapevo cosa volesse dire “leggere” le note, ma lo spartito mi suggeriva il da farsi, senza consapevolezza. E ora, quando riascolto l’inizio del Concerto in G minore per due violoncelli di Vivaldi, sento il primo violoncello dare il carattere, escogitando la melodia, mentre il secondo, che riesce subito ad imitarlo creando il duetto, imprimere l’abilità. Ringrazio per questo il mio maestro e il Metodo Suzuki.

Federico Filippo Fagotto


Scoperte lettere sconosciute di Tanizaki

Secondo quanto riportato dallo yomiuri shimbun japanese newspaper sarebbero state trovate 288 lettere sconosciute tra lo scrittore Tanizaki (una delle maggiori figure della letteratura giapponese moderna), sua moglie Matsuko e la sorella Shigeko (la quale sembra essere l'ispiratrice del personaggio principale del capolavoro "Sasameyuki").
All'inizio dell'era Showa (1926-1989) Tanizaki scrisse due lettere come promessa di matrimonio a Matsuko. Contengono frasi come "ti servirò con lealtà" e mostrano la forte ammirazione che provava per lei.
Le espressioni utilizzate nelle lettere offrono intuizioni della drammatica storia d'amore che lo scrittore stava avendo con Matsuko.
Le lettere recentemente trovate sono da ritenersi documenti storici di prima classe, sia in termini di quantità sia di qualità, sulla base delle quali l'essenza letteraria dell'autore può essere esplorata.
La corrispondenza è stata scambiata per 36 anni dal 1927, con 180 lettere scritte da Tanizaki, 95 da Matsuko e 13 da Shigeko.
Tanizaki conobbe Matsuko, all'epoca moglie di un ricco mercante di Osaka, il 2 Marzo 1927.
Nonostante anche Tanizaki fosse sposato e avesse un bambino, decise di divorziare dalla moglie nel 1930, dopo una serie di scandali che coinvolsero lo scrittore Haruo Sato.
Tanizaki sposò un'altra donna, Tomiko, anche se lui provava ancora dei sentimenti verso Matsuko. Divorziò anche dalla seconda moglie.
Matsuko scrisse allo scrittore, in una lettera datata 3 dicembre 1928: "Continuavo a vederti nei miei sogni fino al risveglio all'alba".
La prima delle lettere di recente scoperta scritta da Tanizaki fu scritta il 14 Agosto del 1932, più o meno durante la stesura di “Shunkinsho”, uno dei suoi romanzi più rappresentativi, che narra la relazione tra una donna cieca che ha imparato a suonare lo shamisen e il suo servo. Tanizaki rivela la sua adorazione per Matsuko nella sua lettera riferendosi a sé stesso come un servo, anche se il suo lavoro creativo era il riflesso del vero amore della sua vita.
Nel Dicembre dello stesso anno, scrisse il suo impegno di matrimonio a Matsuko, dicendo che si era separato da Tomiko con il suo consenso.
Nel Maggio del 1933, quando divorziò formalmente dalla seconda moglie, si impegnò a servire Matsuko come un servo fedele, senza dimenticare la sua grande benevolenza.
Lo scrittore si dedicò interamente a lei, scrivendo: " Ogni cosa che mi appartiene- la mia vita, il mio corpo, la mia famiglia, mio fratello e il mio reddito- vi appartiene".
All'età di 48 anni, Tanizaki sposò la trentunenne Matsuko in una cerimonia di matrimonio, e rimasero insieme per il resto della sua vita.
Il Professor Shunji Chiba della Waseda University, specializzato in letteratura giapponese moderna, ha detto: "Posso dire che il suo impegno per le sue storie d'amore, il quale va oltre ogni immaginazione, ha avuto un impatto sulle sue opere letterarie. Ora dovremmo rivisitare quelle opere. "

 

 


Anniversario Yukio Mishima (25/11/1970-25/11/2014)

Il 25 Novembre del 1970 Yukio Mishima occupò, insieme ad altro quattro persone, l'ufficio del generale Mashita dell'esercito di autodifesa e dal balcone, di fronte a un migliaio di uomini del reggimento di fanteria, oltre che a giornali e televisioni, tenne il suo ultimo discorso: l'esaltazione dello spirito del Giappone, identificato con l'Imperatore, e la condanna della costituzione del 1947 e del trattato di San Francisco, che hanno subordinato, secondo Mishima, alla democrazia e all'occidentalizzazione il sentimento nazionale giapponese.
Al termine del discorso, dopo aver inneggiato all'Imperatore, si tolse la vita tramite seppuku, il suicidio rituale dei samurai
, trafiggendosi al ventre e facendosi poi decapitare. Aveva quarantacinque anni.

                         " La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre"

(Biglietto d'addio trovato quello stesso giorno a casa di Mishima)


"Washi", la carta giapponese sarà Patrimonio Unesco

Il Giappone è il paese della carta, la raffinata "washi" che dovrebbe diventare a dicembre 2014 "Patrimonio culturale immateriale dell'Umanità" dell'Unesco.
E' una produzione delicata e complessa, a cui si dedicano ormai solo pochi e anziani artigiani, alcuni dei quali sono nominati "tesori nazionali viventi".

"Oggi la carta è diventata come l'aria: la usiamo dalla mattina alla sera. Ma nell'antichità era un bene prezioso" ha raccontato il maestro Nobushige Akiyama, un artista contemporaneo le cui opere sono esposte al Museo nazionale di Arte Orientale di Roma, fino all'11 gennaio 2015, che ha fornito una dimostrazione della laboriosa produzione tradizionale della "washi".
"Durante il periodo Edo (1603-1868) ogni provincia aveva la sua produzione specifica di carta e quella di qualità migliore, scelta da funzionari appositi, veniva inviata allo Shogun con la massima cura", ha raccontato ancora Akiyama, precisando che la perdita o il deterioramento della preziosa merce poteva costare la vita a chi si occupava del trasporto.

 


Addio a Ken Takakura, grande attore giapponese

Il 10 novembre è deceduto, a 83 anni, l'attore Ken Takakura all'ospedale di Tokyo, ma la notizia è stata diffusa solo oggi.
E' apparso in 205 film nella sua carriera ed è stato, con Toshiro Mifune, l'attore nipponico più famoso in occidente.
Ha recitato in film come "Yakuza" di Sidney Pollack, "Black Rain" di Ridley Scott, "Campione...per forza" di Fred Schepisi. Ha inoltre recitato per Takeshi Kitano e Zhang Yimou, Juzo Itami.
Nel 2013 è stato insignito dell'Ordine della Cultura dall'imperatore Akihito.

 


Tomoko Takeda

Tomoko Takeda è un'artista giapponese di "letteratura in 3D".
Che cosa significa? Semplice, la letteratura non più scritta e stampata su carta, ma scolpita.
I romanzi diventano arte perché lei è in grado di trasformarli in oggetti da ammirare.
Sono intagliati nella carta, modellati attraverso gli strati sovrapposti delle pagine del libro.
L'artista cerca, con grande successo, di estrarre dall'opera la sintesi tridimensionale e tangibile del contenuto narrativo.
Come scrive lei stessa sul suo profilo Behance, “i libri di questi capolavori non sono lì per la lettura, ma per essere guardati ed ammirati”.
Lei fa libri di cui si possa godere solo guardandoli.
Alcune opere si riconoscono subito, altre sono decisamente più difficili da individuare, se non si è pratici di letteratura giapponese.
L'opera in fotografia è "Io sono un gatto" di Soseki Natsume.

 


Novità nella nostra Associazione

L'Associazione Culturale Giappone in Italia desidera ringraziare le tantissime persone che hanno visitato la mostra dell'artista giapponese Kunihiko Murata presso lo Swiss Corner di Milano. Da oggi la nostra Associazione potrà contare su numerosi nuovi soci sostenitori che attraverso il loro generoso contributo ci aiuteranno nella nostra attività di promozione della cultura giapponese in Italia.

Siamo inoltre lieti di annunciare che il Signor Kunihiko Murata ha accettato con piacere di diventare nostro Socio Onorario. Questa decisione nasce dal reciproco desiderio di consolidare una duratura collaborazione tesa a promuovere sempre di più gli scambi culturali tra Giappone e Italia e a dare un importante supporto ai giovani artisti che desiderano affermarsi al di fuori del proprio paese di origine.


Kunihiko Murata - Works 2014 in Milano - donazione all'Associazione

Siamo onorati che il Signor Murata abbia scelto la nostra Associazione per appoggiare l’evento e per collaborare con lui.

Durante la mostra, a ingresso gratuito, i visitatori potranno associarsi e, tramite una donazione, acquistare le opere esposte. Il ricavato sarà a favore dell’Associazione Culturale Giappone in Italia, e verrà impiegato per nuove iniziative di promozione della conoscenza della cultura del Sol Levante nel nostro Paese. «È per me una grande soddisfazione – afferma Murata - notare il profondo interesse che Italia e Giappone nutrono nello scambio delle reciproche culture, e mi auguro che questa donazione possa contribuire a incentivare il legame tra i nostri due grandi Paesi».


"Amici" di Yumoto Kazumi

Yumoto Kazumi

AMICI

Inizialmente, si potrebbe pensare che Amici sia la storia dei tre ragazzi protagonisti. Ma, come il racconto si sviluppa, un quarto amico emerge.Lui è un uomo anziano, spiato di continuo dai ragazzi: Kiyama, lo spilungone; Kawabe, il pazzo occhialuto; Yamashita, il grassone. I tre vogliono imparare a conoscere la morte: cosa significa, come appare, ciò che accade. Il vecchio sembra un buon candidato. Mentre osservano l’uomo, cominciano a interessarsi alla sua vita. Quando il vecchio si accorge di essere spiato, si infuria e forse ha un po’ di paura, in un primo momento, ma sceglie di diventare amico dei tre giovani per trascorrere del tempo insieme dopo l’orario di scuola. Il vecchio è un esempio per i ragazzi, ma non nel modo in cui lo immaginavano in origine. Lui diventa un amico, un amico adulto che insegna loro la vita semplicemente stando insieme e continuando a essere se stesso. Kiyama, Kawabe e Yamashita sono una sorta di disadattati, vittime di bullismo da parte di alcuni compagni di scuola. Diventano così un trio inseparabile, sempre pronti a lottare per crescere.
Anche se il romanzo è ambientato in Giappone, riguarda i problemi degli adolescenti di tutto il mondo. Tutti i ragazzi condividono la preoccupazione di non essere vittime di episodi di bullismo. La maggior parte di loro è curiosa tanto della vita quanto della morte, indipendentemente dall’eventuale condivisione dei sentimenti con un adulto.
Amici racconta una storia che riesce a trasmettere una prospettiva culturale e un tema universale. Il tema della vita e della morte è molto delicato, ma Yumoto Kazumi è riuscita ugualmente a creare un libro assai godibile che al contempo aiuta i ragazzi a riflettere. In definitiva, è una storia per conoscere se stessi e gli altri e il potere taumaturgico dell’amicizia.

«Una storia di eloquente iniziazione che prima tocca e poi trafigge il cuore». Publishers Weekly

Yumoto Kazumi (1959) è nata a Tokyo e si è laureata al Tokyo College of Music (Tōkyō ongaku daigaku). Ha iniziato la sua carriera realizzando script radiofonici e televisivi, poi ha esordito come autrice di libri per ragazzi nel 1992 con il romanzo Natsu no niwa (Amici). Il lavoro ha vinto il JAWC New Talent Award e il Japan Juvenile Writers Association Prize, è stato adattato per il cinema da Sōmai Shinji nel 1996, così come tradotto e pubblicato in oltre una dozzina di paesi in tutto il mondo; l’edizione inglese ha ottenuto il Boston Globe - Horn Book Award e il Mildred L. Batchelder Award. Il suo Nishibi no machi è diventato uno dei finalisti del premio Akutagawa nel 2002, e Kishibe no tabi (in uscita nel 2015 una versione cinematografica di Kurosawa Kiyoshi) è stato finalista al premio Oda Sakunosuke nel 2010.

Traduzione dal giapponese di Daniela Guarino
collana Biblioteca dei ragazzi
Asiasphere (diretta da Gianluca Coci)
IN LIBRERIA E SUI WEB-STORE