Piza toast

piza toast

Il piza toast è Shokupan (un pane giapponese a casetta) tostato mettendo la salsa di pomodoro e ingredienti semplici sul pane come sulla pizza. Il piatto è ispirato alla pizza in stile americano ed è nato in Giappone. È nato come sostituito della pizza, ed è diventato un piatto standard dei Kissaten (caffetterie giapponesi). In Giappone è un piatto popolare per la colazione e gli spuntini perché è una ricetta che si può preparare facilmente, anche in casa. In giapponese pizza si pronuncia “piza”, ma la pizza e il piza toast sono due piatti differenti, per questo si sta utilizzando il nome “piza toast”.

 

La storia della nascita del piza toast

Il piza toast è nato nella storica Kissaten (caffetteria) “Kōhīkan Benishika”, fondata nel 1957, che ancora oggi sembra nostalgicamente una caffetteria tipica del periodo Showa. Intorno al 1964, quando la pizza era ancora un piatto caro, le caffetterie avevano nel menù solo caffè, tè, tramezzini e torte. Il marito e la moglie proprietari del “Kōhīkan Benishika” desideravano ampliare il menu, che aveva solo tramezzini e toast al burro, dunque hanno ideato un toast economico che ricordava la pizza, piatto invece più caro ma che piaceva molto. L’idea geniale era di usare il normale Shokupan che cucinavano in caffetteria al posto dell’impasto della pizza che andava preparato apposta. Hanno immaginato un pane con formaggio sciolto e perciò, dopo tentativi ed errori, sono finalmente arrivati ad una ricetta con forma e gusto come li avevano immaginati. All’inizio alcune persone criticarono la ricetta perchè “Non è una pizza!” ma, nel frattempo, il numero dei fan è gradualmente aumentato e la ricetta è famosa ancora oggi dopo più di 50 anni.

 

Gli ingredienti 

Gli ingredienti da mettere sullo Shokupan variano a seconda del gusto delle persone, come in una vera pizza. In genere su una salsa di pomodoro vengono messi carne, come salame e prosciutto, verdure, come mais, peperoni a fette, cipolle a fette e funghi, e formaggi. Il vantaggio del piza toast è che è facile da realizzare e si può anche improvvisare utilizzando gli ingredienti che si trovano nel frigorifero di casa. Si può anche sostituire la salsa di pomodoro con il ketchup. Inoltre i piza toast vengono spesso venduti nei supermercati già confezionati e pronti, bisogna solo scaldarli in forno. Il piza toast può essere fatto facilmente anche in Italia ma, se andate in Giappone, provatelo in una Kissaten!

 

Fonti :

https://camelia.co.jp/magazine/book/294

https://news.nissyoku.co.jp/restaurant/tanakak20091207021013650

 


Tanka - La notte d’estate,

La notte d’estate,

mentre è ancora sera,

già si schiude all’aurora.

Dove, fra le nubi, 

si è rifugiata la luna?

 

Natsu no yo wa

mada yoi nagara

akenuru o

kumo no izuko ni

tsuki yadoruramu

 

-Kiyohara no Fukayabu


Haiku - Al suo termine, la strada

Al suo termine, la strada

si avvicina al profumo.

Biancospini in fiore.

 

michi taete

ka ni semari saku

ibara kana

 

-Yosa Buson


4 architetture contemporanee pazzesche che non puoi proprio perderti in Giappone

Il Giappone è, forse, terra di contraddizioni conciliate, dove la tradizione e l’iper-moderno convivono senza che lo sguardo ne venga disturbato. O almeno, non eccessivamente. Se alcuni giapponesi rivedono in questo un aspetto caratterizzante il loro territorio, altri rispondono forse che il paesaggio nipponico – soprattutto quello delle grandi metropoli – può risultare un po’ 変  (hen): strano, particolare, curioso, eccentrico, a tratti disordinato. Non sorprende mai trovare sul nostro cammino antichi santuari shintoisti in legno accanto a super moderni grattacieli dalle forme asimmetriche.

Nonostante il prolungato periodo di chiusure, il Giappone non manca di stupire a proposito di grandi opere: l’estetica del nuovo-antico esplode in progetti architettonici che non dovreste proprio perdervi. 

 

  • Louis Vuitton Ginza Namiki, Tokyo

 

Dall’opera sinergica di Jun Aoki e Peter Marino, che già nel 2020 avevano stupito gli abitanti di Osaka con un edificio per lo stesso brand ispirato a un battello, nasce la struttura per il nuovo negozio di Louis Vuitton a Ginza, Tokyo. L’edificio sembra letteralmente uscito dalle profondità marine, in vetro riflette tutto ciò che lo circonda come uno specchio d’acqua. La rivista Domus paragona le vibrazioni provocate da questo edificio al Vaporwave, concetto estetico applicato a diversi generi di prodotti (musica, fotografia, abbigliamento etc.) che rimanda a una dolce e calma distorsione del mondo di cui facciamo esperienza. Un guardare la realtà con occhiali particolari, che rilassano lo spettatore. 

Quest’edificio, composto da un solo blocco principale, appare allo stesso tempo resistente e fluido, pronto a trasportare chi vi passa accanto in un mondo altro.

 

  • Cartier a Shinsaibashi, Osaka

Klein Dytham architecture, studio di architettura conosciuto a livello internazionale, specializzato anche in design d’interni, interventi urbanistici e installazioni ha sede ìa Tokyo. Ha fornito un aspetto tutto particolare alle vetrine di Cartier di Osaka. Il negozio si trova nel quartiere commerciale di Shinsaibashi, all’incrocio con diversi negozi dall’aspetto moderno e materiali metallici. Lo studio mette in evidenza come, al contrario, la facciata in legno conferisca un’atmosfera diversa al luogo. 

La tradizionale attenzione per i materiali del luogo tipica giapponese, come l’uso del legno (legno hinoki), è corredata dal tipico uso degli incastri per le costruzioni: una reinterpretazione tutta in chiave contemporanea di una precisione eccelsa. 

I blocchi, nella notte, creano uno spettacolo tutto particolare, essendo corredati da luci LED. 

 

L’edificio è, dunque, come dichiarato dallo studio, insieme un omaggio alla tradizione dell’artigianato giapponese, insieme a quella del marchio Cartier. 

 

  • Four Leaves Villa, Karuizawa

KIAS studio (Kentaro Ishida Architects Studio) realizza una spettacolare residenza nella foresta di Karuizawa, fuori dalla caotica metropoli di Tokyo. L’edificio, pensato per una committenza specifica, è una struttura che identifica la linea sottile che corre tra l’antico e il nuovo Giappone. 

La residenza non è fatta per distinguersi tra le fronde degli alberi, ma anzi per entrare a far parte del paesaggio circostante. 

È composta da tre volumi principali, il materiale dominante è ovviamente il legno. Il tetto, ricurvo in più installazioni, non ha un andamento verticale ma piuttosto si adagia sui volumi delle mura, adattandosi all’orientamento orizzontale del terreno, come una capanna che protegge dagli imprevisti della foresta. La conformazione del tetto fa sì che gli interni abbiano altezze variabili, a enfatizzare la dinamicità degli spazi. 

Questa residenza, nonostante le linee decisamente moderne, è in linea con la tradizionale giapponese di equilibrio con il contesto naturale. La casa, è anch’essa parte della foresta, elemento naturale come gli stessi alberi. 

 

  • Shiroya Inn, l’hotel di Maebashi

L’Hotel Shiroya Inn, rinnovato da Sou Fujimoto, è una ventata di fresco tra le strade di Maebashi. Azione avvenuta nel senso della riqualifica, si avvale, oltre che a Fujimoto stesso, di un team di artisti d’eccellenza, tra cui Jasper Morrison, Michele Lucchi, Leandro Erlich e anche Tatsuo Miyajima. 

L’albergo era un luogo storico di Maebashi, chiuso nel 2008, ha riaperto con un nuovo aspetto tutto particolare. 

Se l’azione principale e più evidente è stata quella di aggiungere all’edificio principale una grossa collina erbosa con alcune piccole cabine, ciò che è spettacolare dell’albergo continua all’interno. Interno quasi labirintico, prevalentemente in cemento - in contrasto con gli esterni ma fedele al suo antico aspetto – l’elemento vegetale vi si insinua con naturalezza. Su questa collina sono presenti piccole stanze, ma anche spazi comuni come saune. 

Ogni artista si occupa di un aspetto particolare dell’albergo, come installazioni e opere d’arte pensare ad hoc, inoltre sono presenti all’interno stanze rinnovate appositamente dal singolo artista, nel loro stile particolare. 

L’enorme atrio interno è corredato da un’installazione luminosa pensata da Erlich, ispirata al romanzo di Italo Calvino “Le città invisibili”: in una delle storie esiste un edificio invisibile, ma di cui si vedono tubi e condotti elettrici. 

 

 

Fonti e link utili:

http://www.klein-dytham.com

https://www.domusweb.it/it/architettura/gallery/2021/03/25/il-nuovo-negozio-louis-vuitton-ginza-namiki-a-tokyo--un-edificio-vaporwave.html

https://www.kias.co.jp/four-leaves-villa

http://www.sou-fujimoto.net

https://www.dezeen.com/2021/04/12/sou-fujimoto-shiroiya-hotel-renovation-japan/

 

a cura di Susanna Legnani

 


PERIODO YAYOI – IL SEME DEL GIAPPONE E' PIANTATO

Circa nel IV a.C. il Periodo Yayoi vede il proprio inizio, il seme del Giappone è piantato. Letteralmente.

In un veloce passo indietro all'articolo precente di questa serie, troviamo il Periodo Jōmon e una società di cacciatori - raccoglitori seminomadi ormai in declino. Dopo millenni di incontrastato dominio sull'arcipelago, la difficoltà di reperire risorse naturali ed adattarsi ai mutamenti ambientali li ha indeboliti sempre di più. Quand'ecco che in una provvidenziale migrazione dal continente, videro arrivare delle nuve popolazioni, con nuove tecniche e soluzioni per trasformare le terre di quei luoghi.

Secondo la maggioranza degli storici, la convivenza durò quanto bastava perchè gli Jōmon fossero assimilati nella società dei nuovi arrivati, senza particolari scontri. I segni inequivocabili di questo cambiamento vennero ritrovati nel quartieri Yayoi di Tokyo. Furono, senza molte sorprese, un nuovo tipo di ceramica, meno elaborata ma di qualità e durevolezza maggiori. Per quanto inferiore in termini temporali, questa Era vide una rapida evoluzione verso un Giappone maggiormente definito, e gettarono le basi per i suoi aspetti più significativi.

Primo fra tutti, per importanza e processione causale, la risicoltura.

Il popolo Yayoi portò in Giappone la risicoltura, insieme ad un'agricoltura complessa e organizzata. La divisione delle zone coltivabili portò alla separazione dei territori, mentre la diversificazione del lavoro portò alla formazione delle classi sociali. Il piccolo chicco di riso, che portò la prosperità economica e al conseguente boom demografico, aveva ironicamente condotto anche la violenza delle battaglie. I reperti archeologici comprendono palizzate, fossati e torri di guardia, e molti scheletri inumati presentano ferite mortali. Se il periodo precedente non aveva visto morti violente, il Periodo Yayoi fu un Sengoku ante litteram, con una costellazione di piccoli paesi, cento stando alle cronache cinesi, in costante lotta fra loro.

La letteratura cinese di questo periodo è la nostra unica fonte scritta della società Yayoi, le prime autoctone compariranno in Giappone soltanto con il buddhismo. Due sono i testi che ci danno maggior materiale a riguardo, soprattutto della fitta rete di rapporti commerciali tra i due popoli: le Memorie degli Han posteriori e gli Annali del regno di Wei. Il primo fu redatto nel v secolo, il secondo alla fine del III. Le diverse spedizioni diplomatiche che dal paese di Wa (il Giappone) ragginsero la Cina portavano doni in onore dell'imperatore chiedendo il riconoscimento della loro autorità governante come loro vassalli. A prova di questo rapporto, venivano offerti simboli di potere ai re Yayoi, come specchi di bronzo e sigilli. Uno di questi, il Sigillo d'Oro del Re di Na, scoperto nel 1784 da un contadino nell'isola di Shiga, è considerato uno dei Tesori Nazionali del Giappone.

 

Questo tipo di subordinazione era in una forma di legittimazione decisiva tra i diversi regni del Periodo Yayoi.

Insieme al territorio più fertile e adatto alla crescita del riso, il clan dominante era quello che più facilmente intratteneva contatti con la corte cinese. Per questo le principali coalizioni e spinte unificatrici giunsero dal Kansai e dallo Yamato. Non Yamato invece, ma Yamatai è protagonista della più significativa esperienza di accentramento del potere Yayoi: negli Annali del regno di Wei compare il primo nome di un individuo Giapponese, la regina Himiko. A capo di un grande numero di tribù, la regina del Yamatai si fece riconoscere dall'imperatore cinese come autorità dominante in tutto Wa.

Circondata unicamente da figure femminili, ne vengono numerate mille, e protetta da un esercito di uomini, la regina seguiva una vita spirituale totalizzante come sacerdotessa del kami protettore degli Yamatai, mentre suo fratello era messaggero del suo potere all'esterno. Fu una sua parente, Iyo, che a tredici anni le succedette come ultima regnate storicamente nota, eppure sulla sua eredità si passa dalla storia al mito.

Un dibattito vede infatti la regina Himiko, il cui nome secondo una tradizione significherebbe “figlia del sole”, antenata del clan Yamato, discendenti a loro volta secondo la leggenda da Amaterasu, il kami del sole. Che a Yamatai il sole fosse oggetto di un culto particolare è comprovato dalla presenza di numerosi specchi di bronzo. Tuttavia la storiografia principale non collocherebbe questo regno nelle future zone di Nara, bensì a Fukuoka, mettendo in dubbio di fatto questa ipotesi.

Nel Periodo Yayoi i kami discesero dal cielo, emersero dalla terra e affiorarono dalle acque. Il chicco di riso portò in Giappone il seme dello shintō.

La religione shintō è infatti, legata indissolubilmente all'agricoltura. La trascendentalità dei kami, tradotti più correttamente con il termine spiriti che con il termine divinità, è un parto della trasformazione culturale avvenuta nel Periodo Yayoi, attraverso l'intensificarsi della sedentarietà dei popoli. Il territorio nel quale una famiglia dominante si insedia, le montagne e i fiumi di cui “prende possesso” sono kami presenti nel luogo. Ogni famiglia ha un suo kami protettore, e le battaglie che comportavano la conquista di altri clan si riflettevano nella costruzione di una piramide spirituale. Yamatai portò ad esempio alla diffusione e all'innalzamento del kami del sole ad un'importanza primaria.

Questo tipo di rapporto con il mondo spirituale era talmente intrinseco con l'organizzazione sociale che il re era soprattutto la guida sacerdotale della comunità. I rituali sempre più elaborati portarono gli abitanti del Periodo Yayoi a migliorare notevolmente la fusione dei metalli. Il bronzo è l'indiscusso protagonista di questa fase della storia del Giappone : abbiamo già parlato degli specchi, tanto inutili per la toeletta quanto pregni di valore simbolico, ma altrettanto importanti furono le dōtaku. Si tratta di campane di bronzo di diverse dimensioni, spesso decorate con scene legate all'agricoltura o varie attività umane, prive di batacchio. Secondo alcune fonti si usavano anche per scopi militari, sulle torrette di vedetta per avvertire di un imminente attacco.

Periodo Yayoi

Il bronzo portò chiaramente anche alla creazione delle armi, di cui ricchissimo corredo si adornano i siti archeologici Yayoi.

Come sopradetto, il miglioramento della vita ha avuto uno scotto da pagare, ciò nondimeno, accanto ad esso il progresso è evidente. Troviamo un sistema di imposte, fiere e mercati di ampio respiro, economia e istruzione sviluppata dovuta ad un comprovato scambio di corrispondenze con il continente. Sembrerebbero pure presenti indizi dell'utilizzo di ideogrammi cinesi nel Giappone dell'epoca.

Queste ultime righe presentano in sintesi la società così come nuovo punto di partenza per tutto il prossimo periodo, il Periodo Kofun, o delle tombe a tumulo. Saranno espressione della società uji-kabane, dove le grandi famiglie aumenteranno la loro cerchia di influenza fino alla supremazia di una su tutte: quella imperiale.

 

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Tanka - La foglia di loto,

La foglia di loto,

che l’anima serba pura

nell’acqua torbida,

perché ci induce a confondere

la rugiada con le gemme?

 

Hachisuba no 

nigori ni shimanu 

kokoro mote

nani ka wa tsuyu o 

tama to azamuku

 

-Henjou


Haiku - Una lumaca 

Una lumaca 

è strisciata

sugli stuzzichini del sake.

 

katatsuburi

sake no sakana ni

hawasekeri

 

-Takarai Kikaku


Tutti i titoli giapponesi su Netflix

Per tutti coloro appassionati di cultura giapponese o che semplicemente hanno voglia di spezzare la noia estiva, abbiamo creato una nuova rubrica in cui vi proporremo i titoli giapponesi più interessanti presenti sulle diverse piattaforme di streaming.

 

Rorouni Kenshin

Partiamo oggi dal catalogo Netflix: se siete appassionati di saghe cinematografiche hollywoodiane, c’è un titolo tutto giapponese che potrebbe fare al caso vostro, stiamo parlando di Rorouni Kenshin.

Si tratta di una serie di live action adattati dal manga Kenshin - Samurai vagabondo di Nobuhiro Watsuki e dal relativo anime.

La saga conta ad oggi ben 5 film, di cui il primo è uscito nel 2012 e l’ultimo, recentemente, nel 2021.

Ambientato nell’epoca Meiji, il film racconta la storia di Kenshin Himura, interpretato da Takeru Satou, un giovane ex-samurai reduce delle rivolte che dieci anni prima segnarono l'inizio della nuova epoca moderna.

Conosciuto per la sua straordinaria forza e ferocia con il nome di Battousai, è ora uno spadaccino errante che ha vietato a se stesso di uccidere ancora. Come promemoria del suo voto, porta con sé una katana a lama invertita, con cui difende i propri compagni dai nemici e dagli oppressori che di volta in volta si troverà ad affrontare.

La prima pellicola ripropone una storia alternativa dei primi capitoli del manga. La seconda e la terza sono uscite a distanza di qualche mese nel 2014 e narrano la saga di Kyoto. La quarta e la quinta sono uscite entrambe nel 2021. La prima rappresenta l’arco finale della saga, mentre la seconda è un prequel che parla del passato del protagonista.

L’uscita di ogni film è accompagnata da una nuova canzone degli One Ok Rock, una band giapponese molto famosa anche in Occidente, ormai titolare di tutte le ending. Per questo scopo sono infatti uscite canzoni che probabilmente conoscerete come The Beginning, Mighty long Fall, Heartache, Renegades e Broken Heart of Gold.

 

Yasuke

Il secondo titolo che vi consigliamo è un anime storico.  Si chiama Yasuke e si tratta di una serie giappo-americana che rilasciata su Netflix nel 2021. Creata da LeSean Thomas e animata dallo studio MAPPA (un nome una garanzia) e basata sulla figura di Yasuke, un guerriero africano che servì il daimyo Oda Nobunaga nel XVI secolo in Giappone.

In aggiunta alle clamorose animazioni, possiede una notevole colonna sonora composta da Flying Lotus, musicista e rapper statunitense che ha raggruppato elementi hip-hip con percussioni giapponesi e africane.

Inoltre, si tratta di uno dei pochi anime, non basato su un manga, ma da cui è nato un adattamento a fumetti, pubblicato su Monthly Big Comic Spirits a partire da Luglio del 2021.

 

Alice in Borderland

Con il terzo titolo, andiamo invece nell’epoca moderna, anzi distopica.

Parliamo, infatti, di Alice in Borderland, una serie televisiva di genere fantascientifico e drammatico basata sull’omonimo di Haro Aso.

Arisu, il protagonista, interpretato da Kento Yamazaki, è un giovane disoccupato che passa le sue giornate a giocare ai videogiochi con i suoi migliori amici, con cui un giorno si ritrova in una Tokyo abbandonata.

Quando iniziano la loro ricerca di civiltà, il trio scopre di essere intrappolato in una città in cui sono costretti a partecipare a dei game molto pericolosi per sopravvivere.

Dopo aver lanciato la prima stagione nel 2020, la serie è stata subito rinnovata per una seconda che dovrebbe arrivare a dicembre del 2021, covid permettendo.

La colonna sonora è stata composta interamente da Yutaka Yamada, che aveva precedentemente lavorato nei live action di Bleach del 2018 e Kingdom del 2019.

 

 

Amanda De Luca


Le stampe giapponesi di Obon

Una delle festività più importanti e sentite durante l’anno in Giappone è sicuramente quella dell’Obon (お盆), che si svolge dal 13 al 16 agosto in tutta una serie di diversi festeggiamenti. Molte antiche stampe giapponesi ritraggono questo insieme di riti, e possono dunque trasportarci direttamente nelle celebrazioni, proprio com’erano alle origini.

I riti sono di origine buddhista, ma non si può certo dire che questa festa sia di sola origine importata: elementi del buddhismo si uniscono a elementi di shintoismo e confucianesimo, nel sincretismo tipico dei culti giapponesi.

Obon viene celebrato per accogliere le anime dei defunti che in questo periodo di tempo tornano a riunirsi ai propri cari, i quali di solito ritornano nei luoghi natii a visitare le tombe degli antenati.

I defunti provengono da luoghi lontani, impenetrabili per l’uomo, e quando giungono alle case dei propri parenti vengono accolti, celebrati, per poi essere ricondotti verso quel mondo lontano, questa volta via mare. Questo viene chiamato rito del Tōrōnagashi: per ogni spirito viene accesa una lanterna che poi si lascia andare in corsi d’acqua, e la si vede allontanarsi di nuovo, verso quel mondo inaccessibile.

Altari sono allestiti nelle case, decorate e preparate per la visita degli antenati. Altari speciali sono anche preparati per persone decedute di recente (in questo caso, la cerimonia è particolare e viene chiamata Hatsubon 初盆).

 

I preparativi

In questa stampa del periodo Edo (1615-1868) firmata da Shibata Zeshin una donna si accinge ad appendere una lanterna in occasione della festa. La lanterna viene appositamente costruita e accesa per accogliere gli spiriti dei defunti. Queste di solito vengono collocate davanti alle case, per aiutare gli spiriti a ritrovare la via corretta per riconciliarsi con i propri cari. Saranno poi le lanterne che verranno lasciate andare nei corsi d’acqua, così che gli antenati possano fare ritorno nell’aldilà.

Nella stampa emerge il contrasto tra il delicato ma cupo yukata della donna e il suo cane e il colore chiaro utilizzato per la lanterna. Il tutto è agitato da una brezza estiva, che muove il vestito della donna e anche la lanterna, sentore che questa preparazione sarà anticipatoria dell’arrivo di qualcuno, che anche il vento porta.

 

https://collections.mfa.org/objects/231757

Questa seconda stampa risale ancora al periodo Edo, firmata da Katsukawa Shunshou. I primi giorni di Obon, tra il 13 e 14 agosto, le case vengono messe in ordine, decorate, pulite e adornate con piante, frutta e oggetti sacri. Sono ritratte due donne e un ragazzo che comprano e raccolgono fiori per la festività, per accogliere i defunti in maniera adeguata. Lo scenario è notturno, e ancora l’attenzione è posta sugli elementi in luce: le persone che portano doni, i sentieri che gli spiriti attraverseranno, le case dove verranno ospitati.

 

 

Le preghiere per i defunti e il Bon Odori

Il giorno 15 di agosto è quello in cui avvengono le vere e proprie preghiere per i defunti, onorati nei loro luoghi di sepoltura e davanti agli altari casalinghi, anche attraverso tutti i doni che erano stati preparati precedentemente.

Questa giornata è dedicata a delle danze speciali, chiamate Bon odori 盆踊り, sempre a celebrazione degli antenati accolti di nuovo nella vita terrena.

I festeggiamenti continuano sino allo spuntar della luna, al ritmo di tamburi, spesso accompagnati da fuochi d’artificio. La stampa risale all’era Showa (1926-1989), di Takahashi Hiroaki. Un gruppo di persone nell’oscurità, illuminate da un lieve chiaro di luna, ballano e festeggiano il ritorno tra i vivi di chi li aveva lasciati tempo fa. La celebrazione del ritorno dei defunti è momento di gioia e festa, le danze si protraggono a ritmi sempre più incalzanti.

 

 

Il momento dell’arrivederci

Il giorno 16 agosto, ultimo delle celebrazioni, è quello del commiato. Un arrivederci a quelle anime che sono rimaste con i vivi per qualche tempo, a ricordare la loro presenza.

La cerimonia del Tōrōnagashi è molto suggestiva e conciliante: le lanterne vengono riposte lungo corsi d’acqua per riaccompagnare dolcemente gli antenati nell’aldilà. È uno scenario di conforto: gli spiriti dei cari perduti, dopo essere stati presenti nelle case dei propri parenti, ritornano nel luogo a cui appartengono, cullati dalle acque, per poi fare ritorno l’anno successivo.

La stampa, di Yumeji Takehisa, rappresenta una donna in yukata blu, accompagnata dal suo bambino vestito di giallo. Entrambi guardano le lanterne scivolare via, sempre più in lontananza, nel pensiero futuro del ritorno.

Una versione molto particolare della celebrazione dell’ultima giornata di Obon avviene proprio nell’antica capitale, a Kyoto. Questa viene chiamata Gozan no Okuribi o Daimonji. Falò, che possono essere visti direttamente dalla città, vengono accesi sulle montagne. Rappresentando sempre un simbolo di commiato per i defunti. Come le acque sono luoghi impervi e inaccessibili all’uomo, anche le sommità delle montagne si riconoscono allo stesso modo, e indicano agli spiriti ancora una volta la strada da seguire.

La stampa risale all’era Meiji (1868-1912), di Hasegawa Sadanobu I. L’atmosfera è sempre notturna, illuminata in questo caso dal chiaro di luna e dai fuochi della montagna. Tutto il resto è in ombra. Gli sguardi dei passanti sono rivolti al monte, luogo a cui gli antenati faranno ritorno, guidati dalla luce.

I falò che vengono accesi a Kyoto sono solitamente cinque, in questa stampa viene ritratto il più famoso sulla montagna principale, nel quartiere di Higashiyama.

 

 

 

 

Fonti:

 

https://www.metmuseum.org/art/collection/search/45265

 

https://collections.mfa.org/objects/231757

 

https://collections.mfa.org/objects/255815

 

https://collections.mfa.org/objects/234663

 

https://jp.japanese-finearts.com/item/list2/A1-86-052/Takehisa-Yumeji---Toronagashi-(Lantern-float)-

 

https://collections.mfa.org/objects/234663

 

https://www.japan.travel/it/spot/76/

 

 

a cura di Susanna Legnani

 


Tanka - Ma come, a mia insaputa,

Ma come, a mia insaputa,

è giunto il pieno dell’estate?

Ecco, ora il cuculo, volato dalla montagna,

innalza il suo canto.

 

Itsu no ma ni

satsuki kinuramu

ashihiki no

yama hototogisu

ima zo nakunaru

 

-Anonimo