Penne del Sol Levante - Una storia crudele di Natsuo Kirino
Penne del Sol Levante - Natsuo Kirino
Oggi vi diamo il benvenuto in una nuova rubrica del sito, Penne del Sol Levante, dedicata alla letteratura giapponese e agli scrittori del Giappone.
Iniziamo con una storia dalle tinte forti, creata dalla maestra del thriller nipponico, l'autrice Natsuo Kirino. Ormai il suo nome è noto anche ai lettori italiani, sono infatti state tradotte molte delle sue opere e a breve uscirà il suo ultimo lavoro, dal titolo In. La scrittrice, il cui vero nome è Mariko Hashioka, è nata a Kanazawa nel 1951 e ha al suo attivo diversi premi letterari conquistati grazie ai suoi romanzi.
Il libro di cui voglio parlarvi oggi si chiama Una storia crudele ed è l'autobiografia di una scrittrice, Ubukata Keiko, che da piccola era stata rapita da un uomo e tenuta prigioniera nella sua casa per un anno. Una sera, desiderosa di raggiungere il padre in un quartiere notturno, la bimba viene avvicinata da uno sconosciuto che tiene in braccio un gatto; una volta soli in un vicolo, l'uomo la stordisce e se la porta via.
In un fluire infinito di ricordi e considerazioni veniamo a conoscenza della vita di Keiko, divisa tra una madre indifferente e un padre molto amato; incontriamo Abekawa Kenji, il rapitore, un ragazzo di venticinque anni che vive in un mondo tutto suo e che farà di Keiko una sorta di animaletto da compagnia, per soddisfare il suo bisogno di affetto e comprensione.
Quando la scrittrice all'improvviso scompare il marito ritrova il suo ultimo manoscritto, dove lei si libera di tutti i ricordi relativi a quell'episodio, da sempre rimasto segreto. L'analisi introspettiva della donna ci permetterà di comprendere le incoerenti ma efficaci modalità che usa l'essere umano per preservarsi e sopravvivere in situazioni di estremo pericolo e paura.
La scrittura della Kirino è essenziale, descrizioni ben delineate ed efficaci si accompagnano a una attenzione estrema per la psicologia dei personaggi. Forse il suo pregio più grande è proprio la capacità di coinvolgere il lettore e riuscire a trasmettergli le forti sensazioni della protagonista.
Se la storia vi intriga e volete saperne di più potete trovare la recensione completa sul mio blog Penne d'Oriente, dedicato alla letteratura asiatica.
Un giorno a Yokohama
Una tranquilla giornata a Yokohama
Era da un po’ di tempo che avevo in mente di recarmi a Yokohama ma non avevo mai trovato il momento giusto per andarci. Eppure Yokohama non è una meta che passa inosservata: la città, centro della prefettura di Kanagawa, è seconda in Giappone per numero di popolazione, è un fondamentale scalo commerciale per l’area di Tokyo e uno dei porti più importanti del paese.
Con alcuni amici perciò decidiamo di passarci una giornata. Da Tokyo, partendo dalla stazione di Shinjuku, prendiamo la Shonan-Shinjuku Line e in circa 35 minuti arriviamo. È una fresca e bella mattinata e, usciti dalla stazione, una delle prime cose che sentiamo è un piacevole odore di mare, il che ci sorprende visto l’intensa attività portuale della città. Camminando un po’, l’atmosfera non fa che migliorare e ci accorgiamo di quanto poco basti per allontanarsi dalla bella ma frenetica Tokyo: troviamo chi parla sulle panchine, chi passeggia sul lungomare, chi fa jogging e chi porta a spasso il cane. Il tutto con davanti un mare tranquillo.
Per giungere alla nostra prima tappa passiamo vicino alla zona del porto che fu storicamente adibita alla permanenza degli stranieri, conosciuta come Kannai. Yokohama, con l’apertura del Giappone agli altri Stati a seguito della restaurazione Meiji del 1868, è stato il primo porto nel quale agli stranieri fu consentito commerciare. Gli edifici presenti (in gran parte ricostruzioni a seguito di disastri naturali e bombardamenti) sono infatti in linea con lo stile dell’epoca. Passiamo attraverso il bello (ma piccolo) parco Yamashita e arriviamo alla nave-museo Hikawa Maru. Questo transatlantico era stato per molti anni un lussuoso mezzo di trasporto nelle rotte tra Yokohama, Vancouver e Seattle. Nel dopoguerra fu messo in disarmo, attraccato permanentemente, e aperto ai visitatori. La nave è fedelmente conservata come quando era in attività ed esplorando l’interno della nave abbiamo l’impressione di rivivere le esperienze degli ospiti di inizio XX secolo. Molto suggestivo.
Senza accorgercene si fa ora di pranzo e allora cogliamo l’occasione per recarci in uno delle zone che rendono celebre Yokohama, la sua Chinatown. Nonostante sia presente anche in altre città come Nagasaki e Kobe, la Chinatown di Yokohama è la più grande di tutta l’Asia ed ha una popolazione residente stimata tra le 3000 e 4000 persone. Fatti pochi metri ci sembra davvero di essere entrati in una via affollata di Shangai, con ristoranti che fanno a gara per sgargianti decorazioni ed altri negozi che mettono in vendita un po’ di tutto: amuleti, lanterne, incenso, spezie e oggettistica tradizionale cinese. Per una cifra fissa, quasi tutti i ristoranti offrono menu all you can eat e noi, ovviamente, ne approfittiamo passando più di due ore impegnati a provare qualsiasi cosa ci ispiri.
Un po’ appesantiti usciamo dal ristorante e dopo un altro breve giro nel quartiere, ci dirigiamo verso la Yokohama Marine Tower, il più grande faro su terraferma del mondo. All’ingresso prendiamo l’ascensore e dopo una salita a dir poco lunga ci troviamo all’ultimo piano dove è possibile accedere all’osservatorio. La torre infatti, alta 106 metri, offre una vista speciale della città e se il tempo è dalla vostra parte, è possibile vedere anche il monte Fuji. Purtroppo non siamo stati molto fortunati e del monte Fuji abbiamo visto sì e no la sagoma, ma in compenso la vista della città, dato anche che il sole stava tramontando, era davvero notevole. Rimaniamo per un po’ incantati ad ammirare questa città, così viva ma allo stesso tempo tranquilla, e una volta usciti oramai è già buio. La fortuna stavolta è dalla nostra parte perché in periodo autunnale/invernale a Yokohama di norma vengono allestite delle belle illuminazioni nella zona del lungomare, e così tornare a passeggiare da quelle parti diventa la nostra mossa successiva. Oltre alle luci che, unite con la vista e il rumore del mare danno vita a un effetto molto piacevole, nelle strade della baia troviamo anche molte bancarelle, negozi, spettacoli all’aperto e tanta tanta gente.
Quel giorno il tempo è volato, e giusto il tempo di bere qualche birra e mangiare qualcosa che già era ora di tornare verso Tokyo. Tanti erano i posti che ancora volevamo vedere, come per esempio il complesso Cosmoworld con la sua ruota panoramica, il museo del ramen, il grande giardino Sankeien, la fabbrica della birra Kirin e molti altri. Troppi per un solo giorno!
Soddisfatti e, nonostante le attività della giornata, rilassati dalle belle caratteristiche della città, prendiamo il treno con l’intenzione però, prima o poi, di ritornare per finire i nostri itinerari.
Marco Furio Mangani Camilli
Un tanka alla settimana
"Ogni volta che viene
la fine dell'anno,
sempre di più,
fitta cade la neve
e logora si fa la mia vita."
"Aratama no
toshi no owari ni
naru goto ni
yuki mo wa ga mi mo
furi masaritsutsu"
あらたまの
年の終りに
なるごとに
雪もわが身も
ふりまさりつつ
Ariwara no Motokata
2018, l'Anno del Cane
Secondo la tradizione cinese, il 16 febbraio inizierà il nuovo anno, che corrisponderà al segno zodiacale del Cane. I festeggiamenti, in realtà, non si esauriranno in una singola giornata ma proseguiranno fino al successivo 21 febbraio per 5 giorni di allegria e divertimento. L'anno del cane si concluderà poi il 4 febbraio 2019.
Come i più attenti tra voi avranno notato, l'anno cinese (da cui deriva il calendario giapponese tradizionale) non coincide esattamente con il nostro anno solare, iniziando circa un mese dopo rispetto al nostro. Per questo motivo, un bambino nato nel 2018 non sarebbe automaticamente del segno del cane. Se nasce prima del 16 febbraio, infatti, sarà del segno dell'anno precedente, in questo caso del Gallo (dal 28 gennaio 2017 al 15 febbraio 2018).
Sono del segno del cane i nati negli anni:
1922 (dal 28 gennaio 1922 al 15 febbraio 1923)
1934 (dal 14 febbraio 1934 al 3 febbraio 1935)
1946 (dal 2 febbraio 1946 al 21 gennaio 1947)
1958 (dal 18 febbraio 1958 al 7 febbraio 1959)
1970 (dal 6 febbraio 1970 al 26 gennaio 1971)
1982 (dal 25 gennaio 1982 al 12 febbraio 1983)
1994 (dal 12 febbraio 1994 al 30 gennaio 1995)
2006 (dal 29 gennaio 2006 al 17 febbraio 2007)
Il cane, così come altri animali dello zodiaco cinese tra cui il gallo, la capra o il bue, deriva direttamente dalla tradizione contadina. A fianco di animali domestici e della vita di tutti i giorni, troviamo invece animali più inusuali (scimmia o tigre) o addirittura creature leggendarie (come il drago) che simboleggiano invece buona fortuna e felicità.
L'elemento associato al 2018 sarà la terra.
Le caratteristiche del segno del Cane
Le caratteristiche principali delle persone del segno del Cane sono, secondo la tradizione, la lealtà, l'onestà e l'intelligenza. La tradizione vuole che il Cane sia un partner solido, sincero e affidabile. Tra le sue caratteristiche negative, invece, troviamo l'eccentricità e talvolta l'egoismo.
Esiste, ovviamente, anche una supposta tabella di compatibilità sentimentale del Cane con altri segni. In particolare, il feeling maggiore si dica esista con i nati nel segno del Coniglio, seguito da Topo, Tigre, Scimmia e Maiale.
Suo segno antagonista per eccellenza è il Drago.
Un tanka alla settimana
"Sotto la coltre di neve
un sentiero ove nessuno passa
è, forse, il cuore umano?
Senza lasciare orma
si dileguano i fuochi del sentimento."
"Yuki furite
hito mo kayowanu
michi nare ya
atohaka mo naku
momoi kiyuramu"
ゆきふりて
人も通はぬ
道なれや
跡はかもなく
思ひきゆらむ
Oshikoshi no Mitsune
Kokeshi: le bambole in legno giapponesi
Le kokeshi sono bambole giapponesi, realizzate in legno, molto colorate. La loro origine, e il loro significato del loro nome sono avvolti dal mistero.
Le kokeshi sono piccole bambole in legno, colorate, della tradizione giapponese, prodotte prevalentemente nella regione di Tohoku. Le bambole sono realizzate a mano da artigiani. Queste creazioni, formate a partire da un blocco di legno, sono molto stilizzate, prive di arti, formate dalla sfera del viso.
Per quanto riguarda la loro origine, e il significato del loro nome, è tutto avvolto nel mistero. La loro produzione iniziò alla fine del periodo Edo (1600-1868). Furono create per essere vendute ai turisti della zona, tuttavia il vero successo iniziò nel XIX secolo, tanto che ispirarono la famosa matriosca russa.
Per il termine kokeshi esistevano diverse grafie, e diversi dialetti, ed è qui che ha origine il disaccordo riguardante il significato. Secondo alcuni il termine significa "piccoli papaveri", per altri "bambole di legno" o "piccole bambole". Con il Convegno Nazionale Kokeshi del 1939 fu decisa la scrittura convenzionale.
Attorno a una storia poco chiara possono crearsi ulteriori episodi carichi di fantasia, come quello di Alan Booth, causato da un errore nella scrittura. Secondo lo scrittore inglese, che visse in Giappone per un lungo periodo, il termine vuol dire "eliminazione del bambino". Per Alan, questi oggetti, erano dedicati dalle madri ai propri figli uccisi dopo la nascita, tuttavia non c'è nessuna testimonianza che questa interpretazione sia veritiera. Più probabilmente le bambole erano degli amuleti a protezione dei bambini e della casa, o dei portafortuna.
Le bambole si dividono in due gruppi. Le kokeshi tradizionali hanno un busto più lungo e testa piccola, sono decorate in nero, rosso e giallo. Le kokeshi "creative" invece, si caratterizzano per un busto più corto e arrotondato, e i colori sono utilizzati in modo più libero. Per quanto riguarda la lavorazione, il legno viene tagliato nella forma desiderata, levigato e infine colorato. Le decorazioni presentano volti femminili, motivi floreali e i tradizionali kimono.
Marianna Scardeoni
Una ricetta di vita - Kabocha no Nimono
Zucche e...Limoni!
All'arrivo di dicembre, in Italia, ci siamo ormai abituati al freddo pungente della stagione invernale. Non è così? In Giappone è lo stesso, in questo periodo fa davvero molto molto freddo. Ogni anno prima di Natale, intorno al 22 dicembre, ricorre il Solstizio d'Inverno. È il giorno con il periodo di sole più breve e la notte più lunga. In questa giornata, la tradizione giapponese prevede che si mangi la zucca bollita (kabocha no nimono) e, dopo pranzo, ci si immerga in un bagno di acqua calda e yuzu, un tipo di agrume giapponese, simile al limone.
Fin dai tempi antichi, è abitudine consumare in inverno le zucche coltivate e maturate durante l'estate. Si dice che le vitamine di cui è ricco il vegetale, consentano di superare l'inverno senza ammalarsi. Naturalmente, quando si parla di zucca, una delle ricette a cui si pensa subito è proprio il kabocha no nimono, che vi presentiamo oggi.
Oltre a mangiare la zucca, l'altra usanza giapponese tipica del Solstizio Invernale è il yuzuyu, cioè il bagno con i yuzu. Come è noto, la maggior parte dei giapponesi ogni giorno non fa solo la doccia, ma si immerge anche nell'ofuro (una specie di vasca da bagno), pieno fino all'orlo. In questa giornata, appena gli agrumi noti come yuzu vengono fatti galleggiare in acqua, i giapponesi non vedono l'ora di immergersi. Gli yuzu sono frutti tipici invernali. Hanno un profumo fresco e molto caratteristico, a metà strada tra i limoni e le arance.
Si dice che il forte odore tenga lontani gli influssi negativi. Inoltre, è molto diffusa la credenza che se gli yuzu, dopo essere stati utilizzati per il bagno, vengono utilizzati come ingredienti in qualche ricetta, riscaldano il corpo e aiutano a far passare i malanni.
Kabocha no Nimono - Preparazione:
In Italia, potremmo definire il kabocha no nimono un contorno di verdure.
- Tagliare la zucca a cubetti. Non devono essere né troppo grandi né troppo piccoli, ma della misura in cui possano essere un facile boccone. Smussa gli angoli, affinché il cubetto non si sfaldi durante la cottura.
- Immergere la zucca nel brodo (dashi) a base di alga conbu o a base di alga conbu e katsuobushi (fiocchi di tonno essiccato)
- Aggiungere mirin (saké dolce per uso culinario), salsa di soia e sale. Far bollire finché la zucca non diventa tenera.
Il kabocha no nimono - all'interno dei piatti bolliti - è forse il più comune. Si mangia al Solstizio d'Inverno, ma in Giappone si mangia abitualmente durante tutto l'anno, caldo appena tolto dal fuoco, lasciandolo riposare a temperatura ambiente o anche freddo, in estate.
Keiko Irimajiri
Per imparare a cucinare questa e altre ricette, segui i nostri corsi di cucina K's Kitchen .
Un tanka alla settimana
"A causa tua, su di me
la diceria, fiorente
s'è estesa ovunque,
come la foschia primaverile
che avvolge e i campi e i monti."
"Kimi ni yori
wa ga na wa hana ni
harukasumi
no ni mo yama ni mo
tachimichinikeri"
きみにより
わが名は花に
春霞
野にも山にも
たち満ちにけり
Anonimo
Fureai Sekibutsu no Sato: il parco abbandonato del Giappone
Lo spettrale parco in Giappone, voluto da Mutsuo Furukawa come luogo turistico. Oggi si è trasformato in un luogo spettrale, in cui le statue sembrano fissarti.
"Fureai Sekibutsu no Sato" significa letteralmente "il villaggio dove si possono incontrare statue buddiste". Il parco fu realizzato da Mutsuo Furukawa, imprenditore giapponese, che pagò una cifra altissima, corrispondente a 6 miliari di Yen.
Il parco, nella mente dell'imprenditore, sarebbe dovuto diventare un'attrazione turistica, una zona di riposo per chiunque avesse voluto rilassarsi nella zona. Le sculture, che sono più di 800, furono realizzate nel 1989. Le statue, nella fisionomia, ricordano divinità buddiste, gente comune o persone vicine a Mutsuo Furukawa, in modo da preservarne la memoria e renderli immortali attraverso l'arte. All'epoca erano stati messi a disposizione autobus gratuiti per collegarlo al centro della città più vicina.
Fino agli anni 2000 il parco è stato utilizzato e visitato da molto persone, oggi purtroppo è abbandonato, lasciato in balia delle erbe infestanti e degli agenti atmosferici. Le foto appartengono a Ken Ohki, fotografo giapponese, che mentre stava viaggiando nella prefettura di Toyama, si è imbattuto in quest'opera che appare surreale. Suo pane quotidiano visto che gira per il mondo proprio alla ricerca di quello.
Mi sono sentito come fossi accidentalmente inciampato in qualche zona proibita. Incredibile essere in realtà arrivato in un parco con oltre 800 diverse statue di pietra scolpite a somiglianza di divinità buddiste e persone vicine al fondatore del parco Mutsuo Furukawa. La sua idea era di rendere questo parco una popolare destinazione turistica, dove la gente sarebbe venuta a rilassarsi. Bella idea, certo. Ma, con il passare del tempo le statue hanno fatto svanire l'atmosfera di relax rendendo il parco più raccapricciante.
Questi personaggi in pietra, sembrano fuoriuscire improvvisamente dall'erba. Se all'inizio questi dovevano dare una sorta di sacralità al parco, oggi, lo rendono un luogo spettrale, sembrando un'opera di Medusa.
Marianna Scardeoni
Un tanka alla settimana
"Solo alla fine dell'anno,
quando la neve stende
la bianca coltre,
risalta agli occhi
il verde perenne del pino"
"Yuki furite
toshi no kurenuru
toki ni koso
tsuini momijinu
matsu mo miekere"
雪ふりて
年の暮れぬる
時にこそ
つひにもみぢぬ
松も見えけれ
Anonimo