Penne del Sol Levante - Una perfetta stanza di ospedale di Yoko Ogawa
Buon fine settimana affezionati lettori della rubrica Penne del Sol Levante! Oggi vi propongo una breve raccolta di racconti dell’autrice Yoko Ogawa. Come forse già saprete è la mia scrittrice preferita e ho ritrovato in questa magnifica antologia il suo stile caratteristico e i temi a lei più cari.
Il libro comprende due racconti brevi: Una perfetta stanza di ospedale e Quando la farfalla si sbriciolò. Nel primo, una donna si riavvicina al fratello malato, passando con lui tutto il suo tempo libero, nella stanza dell’ospedale universitario dov’é ricoverato. I due sono molto legati fin da bambini e hanno avuto un’infanzia difficile a causa dei problemi mentali della madre, ormai defunta. La protagonista ammira la perfezione della camera in cui il fratello giace a letto e mangia uva, l’unico alimento che il suo corpo ormai accetta. Pare quasi che tanto la stanza appare intonsa, lucente, pulita e perfetta, tanto più il ragazzo si consumi velocemente, ammalandosi sempre di più. Quasi che nella mente della donna, per sopravvivere a quel profondo dolore, lei debba veicolare la perfezione verso un oggetto inanimato e non più vederla nel corpo del fratello. Le ossessioni della donna risalgono alla sua adolescenza, al disordine e allo spreco di cibo che regnavano nella sua casa, da quando la madre si era ammalata. Sono queste stesse fobie a incanalare la sua visione della vita e del mondo, distorcendola.
Il secondo racconto narra la vicenda di Nanako, che si trova costretta a portare sua nonna Sae in un ospizio. La donna è ormai immobile nel letto, non si alza più e non vuole mangiare, per questo motivo, in cerca d’aiuto, la ragazza decide di affidarla a una casa di riposo. Quando ritorna a casa, però, l’assenza è straziante e lei si sente svuotata di tutto, confusa e incapace di distinguere quella nuova realtà solitaria dalla pazzia.
La scrittura di Yoko Ogawa ci dona due scorci di donne incredibili. Le descrizioni minuziose, accattivanti, morbose rendono questa raccolta simbolica dell’intera produzione letteraria dell’autrice. Se volete saperne di più su di lei, vi lascio alla recensione su Penne d’Oriente. Buona lettura!
Lo Shintō - La religione autoctona del Giappone
Le origini dello Shintō
Considerata la religione nativa del Giappone, le origini dello Shintō si sono perse nel tempo. Sviluppatosi parallelamente al Buddhismo, una netta divisione tra i due fu data solo in epoca Meiji (1868), quando fu dichiarato religione di stato.
Lo Shintō ha un ruolo chiave all’interno dell’istituzione imperiale, come anche confermato dai classici della letteratura giapponese Kojiki (712) e Nihon Shoki (720), i quali identificano Jinmu (discendente della dea del sole Amaterasu) come il primo imperatore della nazione.
I santuari (jinja) sono i luoghi-simbolo dello Shintō e condividono caratteristiche comuni, quali avere dei portali (torii) al suo ingresso e delle corde (shimenawa) adiacenti al luogo di culto, quest’ultimo spesso circondato da un recinto di legno. Spesso i santuari si trovano al centro di ambienti naturali, come anche ai piedi o sulla cima di un monte, vicino a foreste o a cascate: questi infatti sono ritenuti essere la dimora naturale dei kami, le divinità.
In Giappone esistono circa 100,000 santuari, la maggior parte appartenenti al Jinja Honchō, un’organizzazione caritatevole con base a Tōkyō, mentre il resto sono dedicati a Inari, dio del riso, e fanno capo al santuario Fushimi Inari di Kyoto. Data la sua lunga storia, in Giappone è possibile trovare costruzioni shintoiste di epoche molte diverse tra loro: antiche come quelle di Ise e Izumo, o moderne come i santuari Meiji e Yasukuni di Tōkyō. I sacerdoti shintoisti si riconoscono per il caratteristico copricapo nero (eboshi), per gli abiti di seta bianca e per lo shaku, uno strumento in legno usato nelle cerimonie.
Sebbene quello giapponese sia un popolo che difficilmente può essere considerato “religioso” come noi intendiamo, la maggioranza di esso partecipa regolarmente agli eventi dei santuari. La credenza fondamentale è che il kami, richiamato per mezzo della corretta procedura, possa garantire i suoi favori al praticante a prescindere dalla particolare identità o provenienza di quest’ultimo. Le richieste alle divinità spaziano dall’aver successo negli esami, alla guarigione da malattie, alla longevità, alla prosperità di un’attività commerciale, ad un felice matrimonio ecc.
Ogni santuario ha i suoi giorni di festa (matsuri) ma certi eventi, a cui ogni anno moltissimi giapponesi prendono parte, accomunano il calendario rituale shintoista: l’inizio del nuovo anno; la festa delle bambole (hinomatsuri) il 5 Marzo; il giorno dei bambini (tango no sekku) il 5 Maggio; le feste Tanabata e Bon a Luglio e il festival del raccolto autunnale. Allo stesso modo, la venuta al mondo di un neonato, le speciali cerimonie di Novembre per i bambini di tre, cinque e sette anni, come anche la festa per la maggiore età (seijin no hi) e i matrimoni, offrono altre occasioni per praticare lo Shinto.
Nell’entrare in un santuario shintoista ci si attiene a un certo rituale di purificazione psico-fisica che comincia dal padiglione dell’acqua (temizuya). Simbolicamente, ci si lavano le mani e la bocca prima di accedere all’altare. Quì ci si inchina, si battono le mani e si prega, dopodiché si procede col fare un’offerta e suonare la campana (suzu) per richiamare su di sé l’attenzione della divinità.
Un tanka alla settimana
"Quando i tuoi ricordi
m'inondano di struggente anelito,
come le prime oche selvatiche,
lamentoso erro nei tuoi paraggi;
ma, ahimè, tu lo sai?"
"Omoiidete
koishiki toki wa
hatsukari no
nakite wataru to
hito shirurame ya"
思ひでて
恋しき時は
初雁の
なきてわたると
人知るらめや
Ōtomo no Kuronushi
Penne del Sol Levante - Sei Quattro di Hideo Yokoyama
Buon weekend lettori, bentornati alla nostra rubrica letteraria. Oggi vi parlo di un giallo poliziesco molto particolare, uscito in Italia l’anno scorso, Sei Quattro di Hideo Yokoyama.
Tutto ruota intorno alla figura del poliziotto Mikami, assegnato alla sezione dedicata ai rapporti con i giornalisti. Proveniente dal reparto investigativo veste malamente i panni di addetto stampa, si sente declassato e sogna di poter ritornare al suo vecchio incarico. Nel frattempo, ad esacerbare la situazione, si creano situazioni spiacevoli con i giornalisti e Mikami viene coinvolto, suo malgrado, in un caso del tutto particolare.
Il capo della Polizia, infatti, sta organizzando una visita in città per incontrare Amamiya Yoshio, testimone di un vecchio caso risalente a quattordici anni prima. Il rapimento di sua figlia, una bambina di sette anni di nome Shoko, rimasto insoluto dopo che il rapitore era riuscito a prelevare il riscatto. Il cadavere della bimba era stato ritrovato poche ore più tardi e la polizia non possedeva alcun indizio per individuare il colpevole. Per la famiglia era stato un colpo senza ritorno.
Quando Mikami si reca dall’uomo per organizzare l’incontro con il capo della Polizia, Amamiya Yoshio gli dice che non c’è alcun bisogno di farlo. Si evince chiaramente che è successo qualcosa ai tempi del rapimento finito male, cosa si nasconde nei rapporti dei poliziotti della squadra mobile che si occupavano del caso? Qualcuno sta nascondendo qualcosa, ma cosa? Chi ne è responsabile? E perché sembra ci sia un altro poliziotto che indaga e precede il protagonista presso tutti i testimoni?
A questa situazione d’incertezza e confusione si aggiunge la scomparsa improvvisa della figlia di Mikami, Ayumi, un’adolescente problematica sparita nel nulla senza lasciare traccia. I poliziotti di tutto il Giappone la stanno cercando senza sosta, senza successo. Le telefonate mute che ricevono i coniugi Mikami turbano le loro nottate e condizionano ogni azione alla luce del sole. E' Ayumi che chiama? Perché non parla? Dove si trova?
Ci troviamo di fronte a un romanzo giallo-poliziesco sui generis, dalla trama fitta e intimistica. Sono le riflessioni personali del protagonista ad accompagnarci per tutta la storia, piuttosto che le classiche indagini poliziesche. Se volete saperne di più venite a leggere la recensione completa su Penne d’Oriente. Buona lettura!
Un tanka alla settimana
"Se a me aneli,
serba in te i sospiri;
non li rivelare appariscenti
come il color porpora della veste
tinta con radice di migliasole, mai."
"Koishiku wa
shita ni o omoe
murasaki no
nezuri no koromo
iro ni izu na yume"
恋しくは
したにをおもへ
紫の
根摺の衣
色に出づなゆめ
Anonimo
Penne del Sol Levante - L'uomo che voleva uccidermi di Yoshida Shuichi
Benvenuti all’appuntamento settimanale con gli scrittori nipponici, oggi parliamo di un romanzo uscito appena l’anno scorso, un giallo davvero particolare, L’uomo che voleva uccidermi di Yoshida Shuichi.
È un romanzo corale, dove varie voci si intersecano e sovrappongono allontanandoci sempre di più dalla verità finale. Ci ritroviamo così a rincorrere il colpevole senza sosta, sempre più confusi.
Sulla statale 263 che collega Fukuoka a Saga, nel sud-ovest del Giappone, all’altezza del valico di Mitsuse, viene ritrovato il cadavere della giovane Ishibashi Yoshino, impiegata in un agenzia assicurativa di Fukuoka. La ragazza aveva passato la serata con le amiche, confidando loro di avere un appuntamento al parco cittadino con il suo fidanzato Masuo. Qualche capitolo più tardi scopriamo che in realtà l’incontro era con qualcun altro, un tale conosciuto su un sito di appuntamenti, Shimizu Yuichi. Ma è andata davvero così? Qual è la verità? Chi ha incontrato davvero Yoshino? E chi l’ha portata fino al valico per ucciderla a sangue freddo? Perché sia Masuo che Yuichi continuano a scappare? Chi è la donna sconosciuta che accompagna quest’ultimo nella sua fuga disperata?
Tutti gli indagati paiono nascondersi e l’indagine si ferma a un punto morto. Uno dopo l’altro conosciamo tutte le persone coinvolte e nessuna pare dirci la verità fino in fondo, ogni personaggio ci racconta la sua versione dei fatti, apparentemente in contrasto con quella di tutti gli altri. Si dipana così una storia difficile da comprendere e dal finale inaspettato.
Nel panorama della letteratura nipponica contemporanea sono ben pochi i romanzi crime che vengono tradotti per noi, purtroppo, e questo si inserisce in questa cerchia ristretta. La trama è interessante e lo svolgimento per nulla banale, il tutto avvolto da una solida struttura narrativa e uno stile di scrittura semplice e rapido, direi disincantato e parco di lunghe descrizioni.
Se il libro vi incuriosisce venite a leggere la recensione completa su Penne d’Oriente! Vi auguro un buon fine settimana.
Un tanka alla settimana
"Nel cielo immenso
il chiaro di luna
era gelido e diafano,
e perciò l'acqua che lo mirò
si ghiacciò per prima"
"Ōzora no
tsuki no bikari shi
kiyokereba
kage mishi mizu zo
mazu kōrikeru"
大空の
月のひかりし
清ければ
影見し水ぞ
まづこほりける
Anonimo
Penne del Sol Levante - La voce delle onde di Yukio Mishima
Bentornati alla rubrica Penne del Sol levante, oggi vi parlo di un mostro sacro della letteratura nipponica, Yukio Mishima e del suo romanzo La voce delle onde.
Forse non uno dei più famosi tra tutti quelli che ha composto, ma sicuramente il mio preferito fino ad ora.
È la storia di due giovani pescatori, Shinji e Hatsue, che vivono a Uta-jima, anche chiamata Isola del canto dai suoi pochi abitanti. I due ragazzi conducono esistenze semplici, dipendenti dal mare e dai suoi capricci. Lui, Shinji, ha appena diciotto anni e vive con la madre e il fratellino; lavora ogni giorno su un’imbarcazione da pesca a motore, alla ricerca di pesci e molluschi. Lei fa la pescatrice di perle ed è la figlia dell’uomo più ricco dell’isola. La loro storia si consumerà al santuario di Yashiro, dedicato al dio del mare, che sovrasta l’isola dal crinale più alto.
I due s’incontrano per caso un tardo pomeriggio, lui è appena sbarcato dalla nave dopo una lunga giornata lontano dalla terraferma. Intravede un volto nuovo vicino a una catasta di attrezzi, è la giovane che si riposa ascoltando il rumore delle onde. Dall’incontro si dipanerà una vicenda d’amore, tragica e dolce; altri personaggi entreranno a far parte della storia, modificandone le sorti nel bene e nel male.
Yukio Mishima è ormai considerato uno degli scrittori classici della letteratura giapponese, ma a mio parere la sua volontà di indagare nell’animo umano, le azioni e i comportamenti dei suoi personaggi, la sua capacità di scavare nell’inconscio e mettere a nudo l’aspetto psicologico dei protagonisti dei suoi romanzi, lo avvicinano ad alcuni degli autori contemporanei di maggiore successo. Questo è ciò che caratterizza il suo stile e ciò che più mi colpisce, ogni volta, quando leggo i suoi scritti. Questo romanzo in particolare non fa eccezione e l’autore focalizza la sua bravura nell’esporci le conseguenze più intime di questo incontro fortuito tra Shinji e Hatsue.
Sperando di avervi incuriosito, vi lascio alla recensione completa su Penne d’Oriente.
Buona lettura!
Un tanka alla settimana
"Se frequenti la dimora
di quella persona scomparsa,
o cuculo,
porta il messaggio
che sempre io piango al ricordo di lei."
"Naki hito no
yado ni kayowaba
hototogisu
kakete na ni nomi
naku to tsugenamu."
なき人の
宿に通はば
郭公
かけてねにのみ
なくと告げなむ
Anonimo
Penne del Sol Levante - La Casa della luce di Yoko Ogawa
Buon venerdì lettori! Oggi voglio parlarvi della mia scrittrice prediletta, Yoko Ogawa e della sua breve raccolta di racconti intitolata La Casa della Luce.
Si tratta di tre storie narrateci in prima persona da due ragazze e una donna. In queste vicende il tema fondamentale è l’adolescenza, l’estraniamento dalla realtà, la ricerca di un posto nel mondo che possa essere definito proprio. Siamo di fronte alla scrittura tipica della Ogawa, cruda, diretta, alla ricerca costante del piccolo neo, del difetto comune, in una situazione apparentemente idilliaca. Come nel caso del primo scritto, in cui una ragazza ci racconta la gravidanza della sorella maggiore. Vivono tutti e tre, con il cognato, in un piccolo appartamento; l’occhio della ragazza è indiscreto e reagisce ai cambiamenti fisici e comportamentali della sorella, dovuti alla gravidanza, con sguardo stonato, disincantato, morboso.
Nel secondo racconto una donna, in attesa che il marito le scriva di raggiungerlo in Svezia dove si è recato per lavoro, aiuta il giovane cugino a trovare un pensionato studentesco. L’edificio, però, pare avvolto da superstizioni e leggende. Tanto che quando lei ritornerà per incontrarlo scoprirà che il ragazzo è scomparso nel nulla, come se il dormitorio stesso l’avesse inglobato.
L’ultima storia del libro di Yoko Ogawa, che dà il titolo alla vicenda, ci viene narrata da Aya. La ragazza è figlia dei gestori di una casa d’accoglienza per bambini e ragazzi senza famiglia. Diventando i suoi genitori padri e madri di tutti gli ospiti della Casa della luce, Aya si sente quella meno amata. L’unica persona con cui vuole e desidera costruire un rapporto, creare un contatto sincero e umano, è Jun. Il ragazzo è ospite della Casa e un abile nuotatore, lei infatti passa i suoi pomeriggi a guardarlo mentre si allena in piscina.
In questa raccolta Yoko Ogawa ci pone di fronte a delle macchie nere su un foglio immacolato, sbagli, sbavature che non dovrebbero esserci ma che ci sono. La scrittrice ama molto sottolineare le piccole manie, le pericolose morbosità insite nella natura umana, nella persona più comune di tutte. Questa è la vera forza del suo stile e la particolarità che la contraddistingue rispetto agli altri autori.
Sperando che questo articolo vi abbia incuriosito, vi rimando come sempre alla recensione completa su Penne d'Oriente. Buona lettura!