Switch On Your Creativity 5th edition – Design | Milano

Il 10 Dicembre, a partire dalle ore 16.30, presso lo straordinario spazio messo a disposizione dal Novotel di Ca’ Granda, si svolgerà una serata di premiazioni e attività teatrali a tema Oriente. Switch on Your Creativity (5th Edition) - Awards and Performing Night si ripropone, come ogni anno, quale momento conclusivo dell’intensa attività svolta dall'Associazione Asian Studies Group, in cui vengono mostrate e spiegate tutte le manifestazioni e gli eventi che hanno contribuito a consolidare le relazioni culturali e diplomatiche tra Italia e Oriente e di cui ASG è autrice. Questo è il primo di tre appuntamenti che vogliamo proporvi per scoprire, assieme a noi, ciò che potremo aspettarci da SOYC - Awards and Performing Night alla quale noi di Giappone in Italia sicuramente parteciperemo. Vista l’importanza che attribuiamo a questo evento, i tesserati di Giappone in Italia avranno l’opportunità di parteciparvi con uno sconto sulla donazione richiesta all’ingresso per sostenere Piattaforma CAI – Fondo per l’Arte, la Creatività e l’Innovazione.

La serata prende il nome dall'acceleratore creativo denominato Switch on Your Creativity che da cinque anni cerca di valorizzare, con sempre nuove attività a tematiche diverse, l’espressione e la creatività dei giovani che, altrimenti, se non sostenuta e valorizzata da un supporto specialistico e professionale, potrebbe andare sprecata. Nato in occasione della preparazione per Milano EXPO 2015, ogni anno si è prefisso l’obiettivo di coinvolgere molteplici operatori differenti nella realizzazione di attività cross-culturali atte ad avvicinare Milano ad essere identificata quale Capitale Europea della Creatività. Tali attività si sono concentrate principalmente in proposte creative di comunicazione tra Europa e Asia. Costantemente supportato dal Patrocinio con il Comune di Milano e con la Regione Lombardia, SOYC si dimostra, arrivato ormai alla sua quinta edizione, come uno degli strumenti più importanti nella valorizzazione dell'intercomunicabilità tra Oriente e Occidente.

In occasione del 2018, Switch on Your Creativity ha visto concretizzare i propri sforzi nella realizzazione di Youth Design Day in Japan. Diciotto designer europei, selezionati in occasione della Milan Design Week 2018, hanno avuto l’opportunità d’instaurare un dialogo costruttivo e strutturato con il mondo orientale. La loro creatività ha preso forma in progetti legati dall'attualissimo tema dell’eco-sostenibilità declinato in quattro differenti settori tematici secondo le inclinazioni e la formazione personale dei singoli designer. Il primo filone narrativo affrontato è stato quello dell’Architettura Sostenibile attraverso la progettazione di strumenti che permettessero d’aumentare l’efficienza energetica e la qualità della vita delle persone. Il secondo settore approfondito è stato quello della Nutrizione Sostenibile, settore concentrato nella ricerca di risposte efficaci e pronte da fornire all'aumento di bisogno di cibo proveniente da una popolazione mondiale in costante crescita. Il terzo settore, nel quale alcuni designer europei si sono soffermati, trattava della Sostenibilità nel Marketing, concretizzatosi nello studio di packaging commerciali che potessero sopperire allo spreco di risorse ed essere rinnovabili. Infine è stato approfondito anche il tema degli Hybrid Events, cioè di quell'insieme di eventi organizzati secondo metodologie di condivisione delle risorse economiche e di ottimizzazione dei  costi attraverso l’uso delle ultime tecnologie e di collegamenti in remoto.

Tutti i progetti sono stati infine esposti nella Nakanoshima Festival Tower presso l’Istituto Italiano di Cultura a Osaka dal 3 al 11 Novembre 2018. Il successo riscontrato da quest’esposizione è stato confermato dalla grande affluenza di pubblico e dal supporto dimostrato da importanti autorità della politica locale e delle associazioni italiane presenti su suolo giapponese. Tale evento ha avuto anche l’importante compito di consolidare importanti relazioni diplomatiche che continuano a intercorrere tra la Municipalità di Milano e quella di Osaka, legate da gemellaggio dal 1981.  L’inaugurazione della mostra stessa è stata onorata dal discorso dell’Assessore alle Politiche del Lavoro, delle Attività Produttive, al Commercio e alle Risorse Umane del Comune di Milano: Cristina Tajani e dalla sua lettera di saluti alle autorità locali.

Per onorare il progetto Youth Design Day in Japan, in occasione della Switch On Your Creativity – Awards and Performing Night verrà consegnato il premio alla Menzione Speciale al lavoro di Alessio De Stefano, denominato Filofono. Il lavoro di Alessio è riuscito ad esprimere, con maggior forza, il concetto di sostenibilità applicato ad una sensibilità estetica e artistica. L’utilizzo di tecniche tradizionali e artigianali per la realizzazione di oggetti utili, moderni e tecnologici quali sono gli amplificatori per cellulari è da considerarsi un’altra nota di merito di tale progetto. Infine il target giovanile a cui è indirizzato lo ha reso ulteriormente meritevole agli occhi dei giudici di Switch on Your Creativity che da sempre si pongono come obiettivo quello di enfatizzare le potenzialità dei giovani…per i giovani.

In questo appuntamento abbiamo imparato a conoscere uno dei temi fondamentali che è stato affrontato da Asian Studies Group nel corso del 2018 e che verrà presentato in occasione del Switch on Your Creativity – Awards and Performing Night. Il tema del Design è uno dei settori economici per cui l’Italia è conosciuta e apprezzata nel mondo. La creatività dei nostri giovani ha dimostrato, ancora una volta, di poter essere considerata come uno nostri dei punti di forza da valorizzare ed enfatizzare. Nei prossimi appuntamenti avremo modo di conoscere le altre facce di ASG e le sue numerose attività.

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Una fetta di Giappone: i pizzaioli di Tokyo

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Tsubasa Tamaki è un pizzaiolo che non ha mai messo piede in Italia. "Certo, mi piacerebbe visitare l'Italia", ha detto Tamaki in un'intervista, "ma nella mia mente, voglio concentrarmi sulla creazione della pizza giapponese-napoletana".

Tamaki getta il sale direttamente nel forno, esaltando così il sapore dell'impasto.
Il suo forno è riscaldato fino a raggiungere una temperatura di 900°: di conseguenza l'impasto risulta troppo caldo per essere maneggiato di fretta.

Ma ciò che distingue davvero la pizza di Tamaki è la manciata di patatine al cedro giapponese con cui arricchisce il tutto all'ultimo minuto, che glassano la pasta e ne lasciano un leggero retrogusto amarognolo.

Solo dopo 10 mesi dall'apertura di Pizza Studio Tamaki (o PST) l'anno scorso, la famosa guida Michelin raccomandava già la sua pizza. 

Ma se Tokyo è diventata un'improbabile fornitrice di ottima pizza, è soprattutto grazie ad un ristorante aperto più di due decenni fa, chiamato Seirinkan. Il suo proprietario, Susumu Kakinuma, ha studiato come pizzaiolo a Napoli e ha portato a casa le sue nuove conoscenze. 

Kakinuma è considerato il padre della cultura della pizza di Tokyo e ad oggi ha formato molti dei migliori pizzaioli della città. Ha anche ispirato Tamaki, che ha lavorato in uno dei suoi ristoranti prima di decidere di aprire la propria attività.


Shichi-Go-San (七五三) - Il festival dei bambini in Giappone

Il Festival Shichi-Go-San (七五三) 

Lo Shichi-Go-San è una pietra miliare della tradizione giapponese che celebra il benessere dei bambini di tre, cinque e sette anni, la cui data ufficiale è il 15 novembre. 
Tradizionalmente, per celebrare questo evento, i bambini indossano i kimono, vengono fotografati dalle famiglie e visitano i santuari shintoisti. 

Shici-go-san significa letteralmente "sette, cinque e tre", in quanto questi anni di età sono considerati fondamentali nella vita di un bambino. 

 

 

Le origini del festival

Si dice che il festival shichi-go-san abbia avuto inizio nel periodo Heian (794-1185), durante il quale esisteva la tradizione - tra i nobili - di celebrare la fine dell'infanzia dei propri figli.
La data venne istituita durante il periodo Kamakura (1185-1333) dallo Shogun Tsunayoshi Tokugawa, che scelse il 15 di novembre come giorno di celebrazione del rito di passaggio di età del figlio. Questa pratica si diffuse, nel corso del periodo Edo (1603-1868), anche nel resto della popolazione.

L'antica tradizione del shichi-go-san sopravvive e si continua a praticare anche ai giorni nostri. Tuttavia, attualmente il 15 novembre non è considerato giorno festivo e per questo motivo la celebrazione viene rimandata al weekend più vicino.

I genitori erano soliti celebrare lo shichi-go-san basandosi sull'antico metodo di conteggio giapponese di "kazoedoshi" (数え年; "Calcolo dell'età dell'Asia orientale"), in cui un bambino ha già 1 anno alla nascita e diventa un anno più vecchio ogni Capodanno.
Al giorno d'oggi invece, i genitori segnano lo shichi-go-san sulla base del modo occidentale di contare l'età.

Perché proprio gli anni 3, 5, 7?

Sin dai tempi antichi queste età hanno segnato il punto focale dei riti di passaggio. I genitori lasciavano crescere i capelli ai propri figli solo dopo aver compiuto i tre anni, come celebrazione della loro crescita - secondo il libro "Nenju Gyoji Girei Jiten" (年中行事・儀礼事典; "dizionario annuale della cerimonia degli eventi"). Questo evento è noto come "kamioki" (cerimonia in cui si lascia i capelli crescere.

All'età di cinque i bambini indossano il loro primo hakama (indumento tradizionale giapponese che somiglia ad una larga gonna-pantalone o una gonna a pieghe) in pubblico. Per quanto riguarda le bambine, compiuti i sette anni, indossando per la prima volta l'obi (fusciacca o cintura tipica giapponese indossata principalmente con i kimono).

La scelta di queste età specifiche è da ricercare nella filosofia cinese dello Yin-Yang, per la quale si ritiene che i numeri dispari portino fortuna. 

Chitose Ame

Dopo la visita al santuario, i genitori comprano per i loro figli i chitose-ame (千年飴; "mille anni di caramelle").
La caramella ha la forma di un bastoncino bianco e rosa, ed è racchiuso in un pacchetto raffigurante le gru e le tartarughe - due animali che nella tradizione giapponese simboleggiano la longevità. 

Tsuru wa sennen, kame wa mannen.
鶴 は 千年, 亀 は 万年
Le gru vivono per 1.000 anni, le tartarughe per 10.000 anni. 

 


"Matsue? Ma cosa ci andate a fare??"

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Quando si parla di viaggi in Giappone le mete più popolari sono solitamente le grandi città: Tōkyō, Kyōto, Ōsaka, Hiroshima. Sono tutte città a loro modo incantevoli, dotate di un fascino particolare, tappe d'obbligo quando si visita il Giappone per la prima volta. Purtroppo però queste città vengono spesso visitate solo per moda e viste come gli unici posti interessanti in tutto il Giappone.

Nell'aprile di quest'anno sono stata in viaggio in Giappone con il mio ragazzo, che lo visitava per la prima volta. Alle sopracitate mete “classiche” abbiamo aggiunto anche una tappa in una piccola località e la nostra scelta ha suscitato molta perplessità negli amici giapponesi. “Matsue? Ma cosa ci andate a fare??”.

Matsue è il capoluogo della prefettura di Shimane, nella regione del Chūgoku, ed ha una popolazione di quasi 196.000 abitanti. Per chi viene da una provincia che nel suo complesso ne conta 15.000 in meno, non è un posto tanto piccolo, ma per gli amici abituati a città come Kyōto e Tōkyō si tratta di una cittadina senza nulla di particolarmente interessante. Grave errore! Infatti, nonostante il nostro soggiorno sia stato breve, abbiamo potuto smentire chi dubitava della nostra scelta.

Matsue è raggiungibile in circa due ore e mezza con un treno espresso che parte da Okayama (stazione di cambio a circa 45 minuti da Ōsaka e meno di 40 da Hiroshima). Il viaggio è meno confortevole che in Shinkansen, ma il paesaggio che scorre fuori dal finestrino, dopo essere stati nelle città più caotiche, è una piacevole boccata d'aria fresca. Si attraversa una campagna prima pianeggiante e poi collinosa in cui si vedono piccoli villaggi con molte case dai tetti coperti di lucidissime tegole marroni o nere, molti campi e prati con il fieno appeso a seccare. Poco prima di raggiungere la destinazione si costeggia a tratti il lago Nakaumi, mentre Matsue si trova sul lago Shinji, il settimo più ampio di tutto il Giappone.

Matsue offre diverse strutture in cui alloggiare, soprattutto ryokan (locande tradizionali, con costi molto più contenuti rispetto alle località più rinomante) ed è proprio in una di queste che anche noi abbiamo alloggiato. Le camere hanno il pavimento in tatami, sono arredate in modo molto essenziale con i tipici tavolini bassi e si dorme nei futon. Le strutture offrono agli ospiti bagni comuni con vasche termali e, in alcune, anche private.

Dopo una passeggiata lungo la pista ciclabile che costeggia il lago Shinji ci siamo diretti verso il centro e gli obiettivi principali della nostra visita: il castello di Matsue e la casa di Lafcadio Hearn. Dei dodici castelli feudali rimasti in Giappone, quello di Matsue è il secondo più grande (dopo Himeji), il terzo più alto e il quinto più antico. Si trova su una piccola collina al centro di un tranquillo parco circondato da canali. Seguendo gli ampi sentieri di ghiaia, che si snodano attraverso il bosco, oltre a poter raggiungere il castello da più direzioni, si possono trovare anche dei piccoli templi shintoisti.
Una volta arrivati alla biglietteria abbiamo avuto una piacevole sorpresa: per favorire l'afflusso turistico non solo locale, la tariffa di tutte le attrazioni turistiche della città è dimezzata per tutti i turisti stranieri.
Il castello è molto imponente, ma come altri castelli giapponesi, appare leggero ed elegante. L'interno è per lo più spoglio, salvo qualche statua e alcuni pannelli, purtroppo solo in giapponese. Salendo le ripide scale di legno si raggiunge l'ultimo piano del castello, da cui si gode di una bella vista della città e del lago. La parte più interessante resta però la sala di uno dei piani inferiori dedicata ai dodici castelli feudali ancora esistenti, di cui cinque, tra cui quello di Matsue, riconociuti come tesoro nazionale. Partendo dalla lista in cui sono indicate le principali caratteristiche di classificazione (anno di costruzione, altezza e superficie), la serie di fotografie appese lungo il perimetro della sala accompagna il visitatore in un piccolo viaggio attraverso alcuni simboli della storia giapponese.

Poco distante dal castello si trovano anche il museo di storia e la vecchia residenza di Lafcadio Hearn, un nome molto noto tra gli studiosi di cultura giapponese. Hearn era un giornalista e scrittore irlandese, famoso per i suoi studi sul Giappone, e molto legato alla città di Matsue, dove lavorò come insegnante e si sposò, ottenendo anche la naturalizzazione giapponese. In realtà, nella piccola residenza che si può visitare soggiornò per pochissimo tempo, ma si tratta comunque di una visita interessante.

Per quanto si tratti di una piccola località Matsue offre anche un servizio di autobus turistici che fermano in prossimità di tutte le attrazioni principali. A bordo una voce narrante racconta vari aneddoti riguardo alla città e su degli schermi vengono mostrate varie fotografie di come appariva Matsue in passato. Purtroppo, per chi non lo parla, tutto è esclusivamente in giapponese. La mancanza di traduzioni in altre lingue sia nei luoghi di interesse che dei menù nei ristoranti è un segno della poca popolarità di Matsue come meta turistica, ma la popolazione è molto ospitale e cordiale e credo che con la loro politica possano ottenere dei buoni risultati. Con questo articolo mi auguro di aver dato il mio contributo per far conoscere Matsue e magari aver invogliato qualcuno ad inserirla come tappa nel suo prossimo viaggio in Giappone.

Articolo di Maddalena Pologna


Giappone: un'isola svanisce e nessuno se ne accorge

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Succede al largo delle acque tra Giappone e Russia: l'isola chiamata Esanbe Hanakita Kojima scompare nel nulla e nessuno degli abitanti dell’isola di Sarufutsu (nella prefettura di Hokkaido), distante solo mezzo chilometro, è sembrato accorgersene.
La popolazione locale è stata allertata di questa sparizione a settembre - dopo che lo scrittore Hiroshi Shimizu, alle prese con il suo nuovo libro sulle isole del Giappone, si è reso conto che l'isoletta non era più individuabile. 

Si pensa che l'isola Esanbe, per fortuna disabitata, sia stata inghiottita dal mare di Okhotsk - probabilmente erosa dal vento e dal ghiaccio.

Esanbe era una delle 158 isole disabitate a cui il governo giapponese ha dato un nome, allo scopo di chiarire la propria portata territoriale ed estendere la propria Zee (la zona economica esclusiva). Quest'isola infatti, si trovava al largo della costa nord orientale, territorio al centro di una disputa tra Giappone e Russia.
Di fatto il Giappone ha perso uno dei punti di demarcazione del confine disputato (in sostanza, le acque territoriali giapponesi avranno 500 metri in meno).


Sagami a Milano: la ristorazione popolare giapponese

A Milano arriverà il 10 novembre il primo ristorante europeo della catena Sagami, dopo Giappone, Thailandia e Vietnam. In totale si parla di 262 locali, compreso quello milanese.
Questo colosso della ristorazione giapponese farà la sua apparizione ufficiale in piazza Duca d’Aosta 10, vicino alla Stazione Centrale.
In realtà molti lo conosceranno già: è stato uno dei protagonisti dell'Expo 2015, nel padiglione del Giappone.

Ma cos'ha di speciale?

La proposta culinaria di Sagami non comprende sushi e ramen, ma si tratta di una ristorazione popolare che offre vari piatti della cucina di Nagoya a prezzi contenuti, come i tebasaki (alette di pollo fritte ricoperte da una glassa dai toni dolci e all'aglio).
Il fiore all'occhiello di Sagami sono gli udon (un piatto molto versatile di tagliatelle spesse di frumento) e la soba (sono anche loro tagliatelle, ma sottili e preparate con grano saraceno).

Il locale milanese è stato inaugurato con la rottura di un grande barile di sakè da parte del presidente Toshiyuki Kamada, della Sagami Holdings Corporation, insieme al responsabile Cristian Guidie Li, di GL Group Italia, partner di Sagami. 

“Abbiamo scelto Milano per avviare la nostra presenza in Europa sulla scia del successo della nostra partecipazione all’EXPO 2015 – spiega Kamada – Abbiamo poi fatto test di mercato che ci hanno incoraggiati e in seguito raggiunto l’accordo per la joint venture con GL”. Il direttore generale Shuji Ito appare prudente: “Se Milano avrà successo, inizieremo una espansione sia in Italia sia in altri Paesi europei”.


Seiha Hogakukai e la musica tradizionale giapponese

Seiha Hogakukai è una prestigiosa istituzione musicale fondata nel 1913 da Utashito Nakashima per promuovere lo studio del koto nel Giappone moderno. A capo di questa scuola si trova ora Yasuko Nakashima, che nel 1978 ha rappresentato il Giappone all'UNESCO International Music Festival di Parigi, facendo conoscere Seiha in Europa e rendendola un punto di riferimento nella promozione della musica tradizionale giapponese in giro per il mondo.

Il gruppo Seiha combina una solida padronanza del repertorio classico a un rivoluzionario approccio verso la nuova musica. Con l'aumentare del numero di opere moderne affidate agli strumenti giapponesi, molti artisti contemporanei di koto hanno trascurato lo studio delle tecniche di melodia e ritmo tradizionali giapponesi, le quali si differenziano notevolmente dallo stile di composizione adottato nella musica moderna occidentale.

Yasuko Nakashima, invece, nonostante il forte desiderio di innovazione che l'ha ispirata negli anni a comporre e a fondare nel 1947 la Seiha Concert Ensemble, ha curato, a nome della sua scuola, una rigorosa antologia di musica classica che rimane un modello per le music library e la NHK (servizio pubblico radiotelevisivo nazionale giapponese).
I lavori del defunto marito, Yuize Shinichi, sono oggi considerate una parte essenziale del repertorio moderno, sia per le ensemble da camera che per le orchestre più grandi.

Oltre ad essere la più importante scuola di koto in Giappone, Seiha è l’unica ad offrire lezioni in inglese di strumenti tradizionali giapponesi. Queste lezioni sono tenute durante i corsi estivi di musica, organizzati nella città di Tokyo.
Nel 2013 è stato celebrato il centenario della Fondazione con un concerto commemorativo alla Kaikan Hall di Tokyo, dove si sono esibiti un migliaio di musicisti provenienti da tutto il mondo.

Kazuko Nakashima è l'attuale Gran Maestro della scuola di koto Seiha Hogakukai. La sua esperienza musicale conta un gran numero di risultati eccezionali. Durante la sua infanzia, oltre ad aver studiato pianoforte e composizione con i famosi pianisti Takejiro e Kozaburo Hirai, Kazuko  ha approfondito la sua conoscenza degli strumenti tradizionali giapponesi grazie al padre, Yuize Shinichi, e al celebre musicista di shamisen Akiko Yazaki.

Dopo aver raggiunto nel 1986 il rango più alto nella Seiha, il Dai-Shihan (Grande Maestro), Kazuko Nakashima ha proseguito la sua carriera diventando una figura di rilievo nell'ambito dell'insegnamento musicale. La Nakashima si è esibita in numerosi teatri oltreoceano con la Seiha Hogakukai, in particolare alla Carnegie Hall nel 2009 con Yamamoto Hozan e al National Theatre of Spain nel 2014. Ha inoltre tenuto dei workshop a San Francisco e San Diego, in collaborazione con la succursale americana di Seiha.

Con i concerti di Milano, il gruppo Seiha spera di riuscire a diffondere la conoscenza del Sankyoku, il genere tradizionale giapponese cuore del repertorio del koto, anche in Italia. I brani di questo particolare genere di musica da camera sono concepiti per un ensemble composto da koto, voce, shamisen e shakuhachi (che sostituisce il vecchio kokyu, uno strumento ad arco simile all’erhu cinese).

Le composizioni musicali di Sankyoku sono veri e propri pilastri della storia della musica giapponese e offrono una suggestiva panoramica della pratica eterofonica di questo paese.
Gli spettatori sono invitati a fare un confronto tra questo genere, quintessenza della musica giapponese, e il contrappunto, tecnica che ha dominato la scena musicale corale italiana tra Rinascimento e Barocco.

Uno spettacolo unico, al quale è raro assistere anche in Giappone, nato per preservare le musiche tradizionali giapponesi e i suoi gli strumenti tradizionali anche con arrangiamenti moderni e dal tocco europeo.

 

Programma 

7 Novembre

Laboratorio: 15:00 - 17:00
Concerto: 18:00 – 19:00
Sala Barozzi presso l'Istituto dei Ciechi di Milano, Via Vivaio, 7, 20122 Milano MI
Laboratorio di approccio base agli strumenti musicali aperto al pubblico; entrata libera. Posti a sedere senza prenotazione.
 
8 Novembre
Casa Verdi
Concerto privato per ospiti e affiliati di Casa Verdi.
 
9 Novembre
Laboratorio: 15:00 - 18:00
Concerto: 20:00 - 21:30
Auditorium Lattuada, Corso di Porta Vigentina, 15 / a, 20122 Milano MI
Con il patrocinio del Comune di Milano

Organizzato da: Seiha Chamber Orchestra of Japanese Instruments
Co-organizzatori: Istituto dei Ciechi di Milano (7 novembre), Casa Verdi (8 novembre), Civita Scuola di Musica Claudio Abbado (9 novembre)
In collaborazione con: Consolato Generale del Giappone a Milano, Comune di Milano, Associazione Culturale Giappone in Italia, Fondazione Italia Giappone


La cucina Yōshoku

Mi chiamo Keiko Irimajiri e sono un'insegnante di cucina casalinga giapponese.
Oggi vorrei introdurvi la cucina Yōshoku (洋食), un genere di cucina giapponese diversa rispetto a quelle tradizionali come Sushi, Sashimi o Kaiseki-ryōri, ma molto popolare in Giappone.

I piatti Yōshoku (洋食) sono ricette in stile occidentale inventati o rielaborati in Giappone.

 (洋) significa "occidentale" e shoku (食) "mangiare" o "piatto"). 

Molte varietà di cibi, ingredienti e metodi di cucina sono stati estrapolati da culture straniere, come quella inglese, indiana, portoghese e italiana.
Per esempio, per quanto riguarda il riso al curry, esso è storicamente originario dell'India, ma è stato introdotto nella cultura culinaria giapponese come pietanza inglese.

Dopo aver sperimentato con la cucina occidentale durante il periodo Meiji, molti cuochi decisero di innovare la cucina giapponese. Pur ispirandosi al mondo occidentale, i cuochi non seguivano la ricetta originale, ma la adattavano alle preferenze di gusto dei consumatori giapponesi, creando, di fatto, sapori del tutto nuovi .

Tra questi ricordiamo: il riso al curry (カレーライス), l'insalata di patate (ポテトサラダ), l'omurice (オムライス), il korokke (コロッケ), l'hamburger (ハンバーグ), i gamberetti fritti (海老フライ), il katsudon (かつ丼) e gli spaghetti Napolitan (スパゲッティナポリタン).
Quando noi Giapponesi mangiamo Yōshoku (洋食), usiamo forchetta, coltello e cucchiaio, non solo le bacchette. Amiamo ogni genere di incontro tra culture lontane.

D'ora in poi, nelle mie lezioni di cucina casalinga giapponese preparerò anche i piatti Yōshoku (洋食), non solo quelli tradizionali. 

Spero che molti italiani vogliano imparare i segreti di questo tipo di cucina, in modo da poter replicare i piatti a casa.
Non vedo l'ora di conoscervi, vi aspetto alle mie lezioni!

Keiko Irimajiri


Geisha

Geisha - Il tirocinio

Continua il nostro viaggio alla scoperta del mondo delle Geisha. Dopo averne indagato le origini, affrontiamo ora il percorso che una giovane deve intraprendere presso le Okiya (Casa delle Geisha).

Lo Shikomi (apprendistato)

All’inizio sarà una Shikomi (仕込み), un’apprendista Maiko, e per un periodo di circa un anno il suo lavoro somiglierà a quello di una domestica. Dovrà, oltre a frequentare i corsi di musica, danza, canto e fare pratica di cerimonia del tè, attendere il rientro delle Maiko e Geisha dai loro impegni serali, di solito a notte inoltrata, e svegliarsi prima di loro per preparare il necessario per la loro nuova giornata di lavoro e poi recarsi ai corsi, che si tengono al Nyokouba (女紅場), la scuola dove si apprendono queste antiche arti dalle Iemoto (家元), le Gran Meastre. Dovrà imparare a indossare correttamente i kimono, ma anche imparare a piegarli e conservarli negli appositi armadi, lavoro non semplice. Per tutto il periodo come Shikomi, indosserà un semplice kimono di cotone. Inoltre un’apprendista di Kyoto dovrà assolutamente imparare il dialetto locale, il Kyo-Kotoba (京言葉) 

Dal Minarai (見習い) al Misedashi (店出し)

La vita di una Geisha è segnata da alcuni passaggi e il primo si chiama Minarai (imparare osservando). Appreso per bene queste arti, entrerà nella fase Minarai della durata di circa un mese, dove l’apprendista Maiko può accedere agli Zashiki (座敷) per capire l’arte della conversazione e il modo corretto di servire i clienti. Il viso verrà truccato con la cipria bianca chiamata ShironuriAppena avrà acquisito le competenze necessarie e il giorno prima di fare il Misedashi (店出し), il debutto come Maiko, dovrà fare la “cerimonia di sorellanza” con una Maiko già esperta, il sopraccitato San San Ku Do (三々九度 )A questo punto è pronta per debuttare. Il Misedashi consiste in questo: dovrà recarsi in ogni singola Okiya e Ochaya del suo Hanamachi (花街) insieme all’Okasan (お母さん), presentandosi come nuova Maiko per chiedere di essere gentili con lei. L’Okasan si farà carico delle spese necessarie per il suo debutto, come quello di acquistare i kimono e tutto il necessario per le sue serate come Maiko.

In passato, fin da quando una Maiko veniva adottata dall’Okiya, l’Okasan prendeva scrupolosamente nota di tutte le spese sostenute per il suo mantenimento e per l’istruzione e quindi anche delle spese per il Misedashi. Diventava una Geisha verso i 14 anni con due riti molto importanti, il Mizuage (lett. sollevare le acque, in pratica la perdita della verginità) e l’Erikae (cambio del collare). 

Il Mizuage (水揚げ)

Una Maiko era e doveva assolutamente restare vergine fino alla fine del suo apprendistato in attesa che un “defloratore” si offrisse per il suo Mizuage. Era obbligatorio e ogni singola Geisha (fino al 1958, quando la prostituzione fu abolita insieme a questo rituale) ha dovuto affrontarlo. Segnava il suo passaggio all'età adulta, anche dal punto di vista sessuale. Essendo le Maiko indebitate con l’Okasan fin dal loro ingresso nell’Okiya, il Mizuage era un’occasione per ridurre di molto il loro debito. 

Appena ci si avvicinava all'età fatidica, i vari clienti cominciavano a farsi avanti per avere il privilegio di “far diventare una donna” la futura Geisha. Era una specie di asta e la Okasan doveva valutare, oltre alla cifra più alta, anche il prestigio sociale del pretendente, che di solito era un uomo di mezza età. Se una giovane non riceveva proposte e arrivava a 15 anni senza avere affrontato il Mizuage, avrebbe vissuto l’imbarazzo di sentirsi addosso gli sguardi di tutto l’Hanamachi, come se avesse qualcosa di strano per il quale non riusciva a trovare nessun pretendente. In questo caso intervenivano i “defloratori di professione”, uomini noti nella comunità come amanti delle Maiko ma non così ricchi da poter ambire al Mizuage di una Maiko di successo. Venivano contattati dalle Okasan per evitare che la propria protetta venisse a lungo derisa dalle colleghe e, visto che l’Hanamachi è una realtà estremamente piccola ed essendo una Maiko riconoscibile da molti aspetti del suo abbigliamento, una 15enne vestita e acconciata ancora da apprendista, non passava certo inosservata. 

Riguardo la dura e triste esperienza del Mizuage, possiamo aggiungere che era sì un passaggio obbligato per ogni apprendista Geisha, ma la situazione non era poi molto diversa per le figlie di normali famiglie giapponesi, infatti, la prima notte di nozze di una qualunque altra ragazza era altrettanto spiacevole. La maggior parte dei matrimoni era combinata dalle famiglie e tipicamente gli sposi si conoscevano proprio nel giorno delle nozze. All'epoca quasi tutte le giovani avrebbero avuto quindi come primo amante, uno sconosciuto. La condizione di una Geisha, vista da questa prospettiva, era migliore di quella di una semplice ragazza, in quanto non avrebbe dovuto lavorare e convivere con la famiglia del marito, ma anzi, il “defloratore” o il “Danna” (旦那) l’avrebbe mantenuta e fatta vivere in una condizione di vita estremamente agiata. Bisogna sottolineare poi che era dovere della Okasan, oltre a quella di procurare un buon pretendente, quella di vigilare che la Geisha o ancora peggio la Maiko, non avesse amanti non ufficiali. Sarebbe stata una grave perdita di denaro e d’immagine se una Maiko non fosse arrivata vergine al Mizuage. La stessa cosa se una Geisha avesse avuto un amante mentre un Danna la manteneva. 

L'Erikae (襟替え)

Erikae significa letteralmente “cambio del collare” (da rosso a bianco). Rappresentava, insieme al Mizuage, il passaggio all’età adulta, ma in realtà sono molte le cose che cambiano nell’abbigliamento da Maiko a Geisha, non solo il collare. Questi cambiamenti sono in uso tuttora:
- gli Okobo (おこぼ) sono tipici dell’abbigliamento di una Maiko, i Geta (下駄) quelli di una Geisha;
- le maniche del Kimono (Furisode 振袖) da lunghe diventano corte, quando si diventa una Geisha;
- l’acconciatura di una Maiko si chiama Ware Shinobu (割れ偲ぶ) ed è molto appariscente in quanto porta molti fermagli chiamati Kanzashi (che cambiano in base alle stagioni), una Geisha invece ha un look più serio e, sull'acconciatura chiamata Ofuku, avrà solo un paio di pettinini di tartaruga.
Un mese prima dell'Erikae, la Maiko porterà un acconciatura chiamata Sakko.

Articolo di Francesca Gambera

 

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Samurai

La via del Samurai

SamuraiIl periodo Tokugawa segna una fase di crisi per la figura del samurai. La classe sociale privilegiata si trova ora destituita dal proprio ruolo militare e dal punto di vista economico è legata a modelli superati. Si assiste così ad un aumentare della violenza, volta a dimostrare il coraggio e la destrezza militare dell’aristocrazia alla ricerca di una conferma della propria identità di classe, mentre gli shōgun procedono nell’opera pacificatrice del Giappone tentando di proibire i duelli che insanguinano il paese, e gli scontri mortali tra studenti dei diversi ryū ingaggiati per dimostrare la superiorità di una rispetto all’altra scuola. Parallelamente gli allievi delle scuole marziali perdono lo stimolo ad impadronirsi di tutte le tecniche utili in guerra per concentrarsi in maniera sempre più specialistica su una sola arte, che da quel momento avrebbe simbolicamente sostenuto lo status del guerriero; così molte scuole di arti marziali smettono di insegnare i colpi più efficaci in combattimento a favore delle tecniche più spettacolari ma di dubbia utilità pratica. Ciò che viene a mancare oltre all'efficacia tecnica è l’approfondimento degli aspetti psicologici che rendevano il samurai preparato ad affrontare i pericoli sul campo di battaglia.  Oltre alle scuole che mantenevano stretta aderenza alla realtà del combattimento per cui erano nate, si aggiunge la tendenza ad applicare il bujutsu come “forma di comunicazione sociale, modellata sulle sequenze precise di un rituale fatti di gesti e armi usate simbolicamente, per esprimere un’idea, evocare uno stato d’animo, stabilire e confermare una tradizione”.

samuraiCon la fine del periodo feudale, si assiste però ad un ulteriore schema di sviluppo delle arti marziali: gradualmente alcuni maestri non solo accettano di buon grado la trasformazione delle loro arti belliche in metodi sostanzialmente pacifici, ma anzi la favoriscono, recuperando invece con forza l’aspetto psicologico del bujutsu, considerato ora soprattutto un metodo per migliorare il carattere dei suoi praticanti. Con il formalizzarsi delle arti marziali si ha quindi un recupero di valori etici che si ispirano alle grandi religioni orientali che si erano diffuse a più riprese in Giappone e stratificate nel corso dei secoli. Mentre scompare il ruolo storico del samurai con il mutare delle condizioni socioeconomiche, la sua figura di guerriero ideale viene mitizzata così da poter essere mantenuta come modello di comportamento. Questo fenomeno avviene contemporaneamente alla “modernizzazione” e “occidentalizzazione” del Giappone, che coincide anche con la prima divulgazione in occidente della cultura giapponese.

SamuraiTra i samurai era sempre esistita la consapevolezza del rapporto diretto tra nemico reale e il proprio limite interiore, ma mentre nel periodo medievale il samurai riteneva generalmente che superare le proprie difficoltà fosse indispensabile per poter sconfiggere il nemico, a partire dall’epoca Tokugawa è il confronto con un avversario a diventare utile come mezzo per aiutare il combattente ad entrare più direttamente in contatto con il proprio carattere. È molto interessante il ritrovare, nella storia giapponese, una tradizione di arti di combattimento (bugei), originariamente create per infliggere ferite e morte sui campi di battaglia, trasformate poi nella Via delle arti marziali (budō), che ha lo scopo di perfezionare l’individuo integrando mente, corpo e spirito.

SamuraiUn riferimento di questo tipo si può anche associare alla regola confuciana del “governare se stessi per governare il popolo” in un’ottica quindi più politica che spirituale. Questo rovesciamento di mezzi e fini consentì comunque di continuare a riferirsi alla tradizione, reinterpretandola però in senso simbolico: se nel budō l’avversario fornisce l’occasione per superare i propri confitti interiori, egli viene considerato, in termini psicologici, una proiezione esterna delle nostre negatività inconsce che ci creano conflittualità. L’avversario quindi non è più un nemico da abbattere, ma solo metafora di ostacolo interiore da vincere, da superare. Le arti budō, da questo momento in poi, ci indicano un percorso di vita duro e difficile il cui significato simbolico insegna che si può diventare uomini migliori soltanto affrontando le proprie paure e difficoltà, godendo alla fine un’esistenza più piena. All’interno delle scuole di combattimento si cominciò quindi a riferirsi al samurai come figura ideale, non più come realtà storica ma come immagine archetipo di guerriero. La sua immagine venne così mitizzata, ripulita dagli aspetti più sconvenienti, come ad esempio la violenza gratuita di cui era capace nei confronti degli individui più deboli e la sua indifferenza rispetto ai principi etici universali proposti in Giappone dalle diverse tradizioni spirituali che si erano stratificate nel corso dei secoli. samuraiCosì nelle rinnovate arti del budō, nel periodo Meiji, la figura del samurai acquista quel fascino che conserva ancora ai nostri occhi: egli diventa l’esempio di indomabile forza d’animo, levatura morale, coraggio nell'affrontare le difficoltà della vita, lealtà nei confronti dei propri richiami interiori senza cedimenti al compromesso. La maturazione di questo nuovo ideale fu dovuta ad un maggior approfondimento delle grandi tradizioni religiose presenti da secoli sul territorio nazionale, delle quali si accoglie il tentativo di rendere l’uomo migliore e più sereno su questa terra e non soltanto l’aspirazione a renderlo freddo e impassibile di fronte alla morte. Queste tradizioni concentrano l’attenzione sulla realizzazione dell’individuo nella vita presente, condizione che può essere raggiunta a prezzo di parecchi sacrifici e dedizione instancabile a particolari sistemi di tecniche capaci di veicolare l’esperienza trasformatrice. L’insieme delle tecniche marziali diventa allora solo una via per l’elevazione spirituale: a differenza dello sport, quello che conta non è tanto l’abilità tecnica in sé, quanto il grado di crescita interiore. Il praticante comincia l’apprendimento confrontandosi con il modello del guerriero: egli deve imparare la disciplina, la concentrazione, la forza di volontà e la perseveranza.

Articolo di Chiara Bottelli, nipponista, si occupa di turismo responsabile e artigianato