unpyou1927

Salutandoti,

già mi strugge la tua mancanza.

Dopo che sarai partito,

lontano come le bianche nuvole,

quale pena m'intriderà l'animo?

 

Oshimu kara 

koishiki mono o

shirakumo no

tachinamu nochi wa

nani kokochi semu 

 

おしむから

恋しき物を

白雲の

たちなむのちは

なに心地せむ

 

(Ki no Tsurayuki)

Alla festa di addio


ATTRAVERSO GLI STEREOTIPI. IL VOLTO APERTO DEL DISEGNO MANGA

PRIMO APPROCCIO AL CHARACTER DESIGN

Tsundere, Yandere, Kuudere…  chi è appassionato di manga da diverso tempo come l’autore sicuramente li avrà già sentiti nominare e potrà proseguire l’elenco con diversi altri elementi.. Ma non è così scontato che chiunque abbia letto o aspiri a disegnare manga sappia cosa vogliano dire questi termini. Eppure sono fondamentali per capire una delle peculiarità che ci permettono di distinguere in un certo qual modo il manga dal fumetto occidentale. Ormai si è di fronte a quella situazione in cui l’accoglienza popolare di un fenomeno hanno equipaggiato lo stesso di etichette che col tempo si sono sedimentate ed evolute con lui. Con il genere manga in particolare, questo discorso è tale da averlo reso, anche suo malgrado, un modello di trasformazione e ispirazione per lo stile di disegno di molti, oltre che una delle principali caratteristiche e via stessa di trasmissione della cultura POP giapponese (è poi il caso di dire che il manga sia stato forgiato in un’ottica POP fin dai suoi albori, figlio della cultura e delle arti popolari..).

Ma dove sta l’errore comune? E qui torniamo all'incipit di questo articolo. Tsundere ad esempio, è chiamato un personaggio dal carattere apparentemente aggressivo e strafottente che in realtà maschera una fragilità che lo rende facile all'imbarazzo, corredato di espressioni e frasario tipico. (fig.1) Yandere invece è chiamato un personaggio dall'atteggiamento dolce e gentile, a tratti quasi remissivo, che nasconde invece una tendenza a diventare ossessivo verso l’oggetto delle sue cure fino a delle forme, anche violente, di persecuzione. (fig.2) E via discorrendo..

Salta subito all'attenzione come le caratteristiche siano unicamente di tipo caratteriale, e siano sempre accompagnate da un elemento inaspettato che consente, nel corso della storia, di creare un plot twist psicologico ed emotivo. Questo è, a personale giudizio dell’autore, il vero fulcro del cosiddetto genere manga.  Lo stile grafico ne è una conseguenza; parlare di manga come tipologia di disegno è un ingenuo e innocente pregiudizio che non consente, ad esempio, di notare come in realtà gli stili siano estremamente differenti tra autore e autore, e ciò che viene evidenziato come elemento accomunante (occhi grandi, sproporzioni, eccessiva caricatura in alcune scene, per citare i più comuni) non sia altro che la comune risposta ad un altrettanto comune necessità narrativa. Più che ti stereotipi si parla di maschere.

Questo si riflette anche nelle scelte registiche, nella tipologia di personaggi proposti e nelle regole che spesso si trovano nei manuali di disegno. Tuttavia è fondamentale comprendere che fino a che non si entra nell'ottica di creare “storie” manga, difficilmente si può sviluppare uno “stile” di disegno manga. Che sia una storia di supereroi, un poliziesco, ambientato in un mondo distopico o nel passato, tra i banchi di scuola in Giappone o nello spazio, il discorso non cambia: tutto confluisce a creare un’atmosfera che è la vera narratrice delle vicende, che trascende per questo le regole anatomiche, atmosferiche e (quasi in ogni scena) fisiche.

Nella fase del character design è fondamentale avere non solo il background del personaggio, ma anche le previsioni della sua evoluzione, che si rifletteranno nella resa grafica delle varie emozioni. Quali sono le caratteristiche anatomiche che ci permettono ad uno sguardo di capire qualcosa del personaggio?  Come mostrare l’unicità dei suoi sentimenti? Spesso si prepara una serie di schizzi con le diverse espressioni, ma come rendere in modo chiaro e inequivocabile tale rosa di sfumature espressive? 

A volte davvero basta alzare un sopracciglio.. 

 

Beatrice Varriale

 

In occasione de La Festa del Giappone, che si terrà il 9 giugno presso il Circolo Magnolia di Segrate, si terrà un workshop di character design manga, in cui potrete cimentarvi nella creazione di un personaggio, seguendo le tecniche di base più usate nello stile manga: bozzetto, inchiostrazione, colorazione con i copic. Scoprite come partecipare cliccando qui.


Marie Kondo e il magico potere del riordino

La guru del clean-up giapponese Marie Kondo ha aiutato le persone di tutto il mondo a riordinare in grande stile. Qual è il segreto di tutto questo successo?

Tra il 2015 e il 2016, la scrittrice Marie Kondo diventa un caso letterario mondiale (tanto da venire inserita nella lista delle 100 persone più influenti secondo Time Magazine), grazie ai suoi manuali di "economia domestica" Il magico potere del riordino e 96 lezioni di felicità, due volumi che, oltre a fornire pratici consigli su come riordinare e organizzare l'ambiente domestico, aiutano a mettere ordine dentro noi stessi. 

"Secondo il metodo KonMari, infatti, il riordino fisico è un rito che produce incommensurabili vantaggi spirituali: aumenta la fiducia in noi stessi, libera la mente, solleva dall'attaccamento al passato, valorizza le cose preziose, spinge a fare meno acquisti inutili. Rimanere nel caos significa invece voler allontanare il momento dell'introspezione e della conoscenza. Il metodo KonMari si basa su 65 regole da seguire nella corretta sequenza. I segreti di base sono: eliminare tutto in un'unica sessione pulire a fondo e poi riorganizzare quello che rimane"

La caratteristica di questo metodo consiste nel criterio di scelta in base al quale conservare o buttare un oggetto, scegliendo di tenere solo gli oggetti che ci trasmettono gioia e felicità. Bisogna comunque sempre trattare con grande rispetto ciò che si possiede, anche le cose che si ha intenzione di buttare. I numerosi clienti che a lei si rivolgono, persone di tutte le età e professioni, sono accomunate dalla ricerca di un efficace metodo di riordino, collegato inconsciamente ad un modo per sentirsi meglio con sé stessi. Stando alle parole di Marie Kondo "durante il processo di riordino, spesso torna alla luce il passato dei miei clienti e dunque la mia diventa anche un'operazione di consulenza che comprende veri e propri consigli di vita". 

Oltre a lavorare ad un'app in grado di aiutare a mettere in ordine, Marie Kondo ha collaboratori in tutto il mondo, per aiutarla a diffondere il suo metodo e, perchè no, organizzare il mondo. Come Kondo, anche i suoi consulenti offrono consigli su tutto ciò che riguarda il riordino, da come sfruttare gli spazi a come creare e mantenere un ambiente ben ordinato. Lykke Anholm è l'unica consulente KonMari certificata ad operare in Italia e, al mondo, occupa il 40esimo posto tra i massimi esperti di questo metodo 

Cosa fa una consulente? Si comincia con una chiacchierata, dove si evidenziano le caratteristiche della persona, di come vorrebbe che fosse la sua vita ideale. Poi si passa ad una sorta di 'richiesta di aiuto' alla casa, il luogo che ci accoglie e ci protegge durante la nostra vita. Poi si procede al riordino per categoria. "E' questa la cosa davvero innovativa. Non si lavora per stanze ma per tipologia". Si parte con i vestiti, poi i libri, quindi i documenti e le varie carte. Si passa alle suppellettili (attrezzi vari, cose della cucina), infine i ricordi. "Spesso capita che chi è partito avendo 50 libri, alla fine rimane con lo stesso numero di testi perché sente che gli fa bene averli tutti. Magari ha tolto in altre categorie". Una volta eliminato il superfluo il metodo aiuta anche a conservare quello rimasto con ordine.

In occasione de La Festa del Giappone, che si terrà il 9 giugno presso il Circolo Magnolia di Segrate, Lykke sarà presente con un workshop di ben 90 minuti, in cui illustrerà il metodo e le migliori strategie, per categoria, di riordino. Inoltre, terrà per un numero ristretto di persone, incontri individuali per studiare in maniera più approfondita, casi specifici. Scoprite come partecipare cliccando qui.


Successo a Milano per le madri guerriere di Luca Vecchi

Oltre centocinquanta persone sono intervenute alla Ad Gallery per Okaa-Sama, la mostra fotografica personale del regista fondatore del collettivo The Pills

Inizia alla grande alla AD-Gallery di via Errico Petrella a Milano Okaa-Sama | Onorevole Madre, la mostra personale di fotografie d’autore di Luca Vecchi, regista, attore e fondatore del collettivo “The Pills”. La mostra, che vede il sostegno dell’associazione Giappone in Italia, dopo l’appuntamento inaugurale alla fondazione Besso di Roma ha proposto alle oltre 150 persone intervenute nel capoluogo lombardo l’originale interpretazione che Luca Vecchi ha saputo dare della figura della donna e della femminilità: un profilo combattente e guerriero che vede le madri vestire le tipiche armature rituali Yoroi della tradizione giapponese, per comporre un tributo alla figura della donna che sceglie di essere madre e generare la vita. 

 "Sono molto soddisfatta”, dichiara Anna Deplano, titolare di AD-Gallery: “Il tema è molto accattivante, partiamo dall’idea che i samurai siano sempre stati maschi; in questo contesto allora mettere in evidenza la donna è una scelta audace e l'autore la sviluppa appieno. Sono immagini imponenti che stravolgono una certa retorica".

Le madri combattenti di Luca Vecchi sono proposte in composizioni fotografiche a tiratura limitata, in formule composite: trittici, dittici e foto singole, stampate su carta baritata fine art con cornice. Okaa Sama è alla AD-Gallery di Milano, via Errico Petrella 21, fino a domenica 12 maggio alle ore 19. “Ringrazio il pubblico milanese che ci ha accolto con questo affetto”, conclude Luca Vecchi, “vi aspettiamo nei prossimi giorni”.


monte-fuji

La veste di foschia

che indossa la primavera

ha trame sottili:

al vento di montagna

sembra si sciolga a squarci

Haru no kiru

kasumi no koromo

nuki o usumi

yamakaze ni koso

midaruberanare 

春のきる

霞の衣

ぬきを薄み

山風にこそ

みだるべらなれ

Anonimo


DA HEISEI A REIWA : COSA C'È IN UN NOME

Lo scorso 1° aprile alle 11:40 il Capo di Gabinetto Yoshihide Suga ha annunciato al mondo che Reiwa (令和) sarà il nome della nuova era (gengō). I criteri con cui il nome viene selezionato furono stabiliti nel 1979:

1) Ha un significato che possa ispirare positivamente i cittadini

2) È composto da due kanji

3) È facile da scrivere e da leggere

4) Non è mai stato usato in precedenza

5) Non è generalmente usato nella lingua comune

 

(source CNN)

Tradizionalmente il nome viene annunciato dopo l’ascesa di un nuovo imperatore. Tuttavia il governo ha deciso di renderlo pubblico prima della successione che avverrà il 30 aprile quando l’Imperatore Akihito abdicherà in favore del figlio, il Principe Naruhito, anche questo un evento che non si ripeteva da quasi 200 anni. Il Primo Ministro Shinzo Abe ha sottolineato come sia la prima volta che il nome è stato scelto dalla poesia giapponese e non da un classico cinese. Inoltre ha aggiunto che questi caratteri sono stati selezionati per esprimere “una cultura che nasce e viene cresciuta da persone che si uniscono tutte insieme meravigliosamente.”

L’opera in questione è il Man'yōshū (万葉集 - Raccolta delle 10.000 foglie), la più antica raccolta poetica giapponese costituitasi spontaneamente attorno alla metà del VII secolo nel periodo Nara. Non è tuttora chiaro chi sia stato a mettere insieme le varie poesie (circa 4500 in totale) anche perché i compositori furono molteplici e provenienti da diverse classi sociali (molti sono persino anonimi). Inoltre le poesie attraversano varie tematiche e molto probabilmente appartengono a epoche diverse. Per quanto riguarda il linguaggio, come del resto in molti altri classici della letteratura giapponese, troviamo un uso semantico e fonetico dei caratteri cinesi per riprodurre il giapponese orale. Infatti originariamente non esisteva in Giappone un sistema di scrittura proprio e per questo nel V secolo circa vennero introdotti i caratteri cinesi, ovvero i Kanji. Solo in seguito vennero creati i fonogrammi (kana) di Hiragana e Katakana.

Il passaggio che ha inspirato Reiwa è un poema scritto come introduzione a una serie di poemi dedicati all’ume (梅), l’albicocco giapponese. In particolare ‘Rei’ è usato in ‘Reigetsu’ ovvero ‘mese propizio mentre ‘Wa’ descrive la calma pacifica di una brezza primaverile.

「時、初春の令月にして、氣淑く風和ぎ、梅は鏡前の粉を披き、蘭は珮後の香を薫す。」

Traduzione: All’inizio della primavera nel mese propizio, il vento soffia piacevolmente con delicatezza. I fiori dell’ume stanno sbocciando bianchi come molte donne che si applicano la cipria bianca sul viso, la fragranza delle orchidee si diffonde come quella degli abiti profumati di incenso (letteralmente dei sacchetti profumati tipici). *

(source JAPAN Forward)

La scelta di ‘Rei’ ha inizialmente sorpreso non pochi visto che molti giapponesi associano 令 a 命令 (meirei), ovvero ordine, comando. Abe ha invece sottolineato come Reiwa stia a rappresentare il sogno di un Giappone dove tutti possano raggiungere le loro aspirazione e dove “ogni giapponese può avere i propri fiori che sbocciano con le loro speranze del domani come fiorisce l’ume, il quale sboccia in tutta la sua gloria dopo un duro inverno e diventa il precursore dell’arrivo della primavera.”  In aggiunta, sembra anche che un’altra delle ragioni che hanno spinto Abe e gli altri membri del Gabinetto a scegliere Reiwa sia stata l’intenzione di distanziarsi dalla letteratura cinese, la fonte tradizionale dei nomi delle precedenti ere, a seguito di un senso crescente di rivalità con la Cina. Tuttavia secondo gli esperti, il poema del Man'yōshū si basava su un classico poema cinese di Zhang Heng (78-139) che molto probabilmente era ben conosciuto in Giappone.

(source JAPAN Forward)

A tale proposito, Kenji Yamazaki, professore di Letteratura Giapponese alla Meiji University, sostiene che è quasi impossibile trovare una parola puramente giapponese utilizzabile come gengō vista la natura ibrida del sistema di scrittura. Ma è proprio la natura ibrida anche del Man'yōshū stesso che suggerisce una via per la nuova era che non è certamente nuova al Giappone: creare qualcosa di nuovo e ‘giapponese’ a partire da qualcosa che proviene dall’esterno, dall’altro.

Dello stesso parere è anche Asao Kure, professore associato della Kyoto Sangyo University, che evidenzia l’assoluta novità di prendere il nome da un testo letterario dedicato alla natura. Infatti mentre i nomi delle ere precedenti derivavano da principi politici (per esempio Heisei è traducibile come ‘raggiungere la pace’), Reiwa esprime una diversa filosofia sociale “che si focalizza di più sull’armonia dei rapporti tra gli individui per creare una società variegata invece di mettere avanti un principio specifico.”

Non possiamo certo stabilire con certezza cosa ci riserverà Reiwa solo interpretandone il significato perché sono in primo luogo le persone a forgiare il futuro, Reiwa è il risultato delle aspirazioni dei giapponesi a seguito di un presente pieno di incertezze. Se queste aspirazioni si concretizzeranno soltanto il tempo potrà dircelo.

*Traduzione dal giapponese moderno https://sweetie-pie.net/archives/5009#i-6  adattata dall'autore in italiano (il testo originale è scritto in un giapponese che non corrisponde più a quello corrente)

Erika Micozzi


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Ad ogni primavera

lo specchio della corrente

pare fiorito,

e per il ramo che coglier non posso

si bagnerà la mia manica.

Haru goto ni

nagaruru kawa wo

hana to mite

orarenu mizu ni

sode ya nurenamu 

春ごとに

ながるる河を

花とみて

おられぬ水に

袖やぬれなむ

Ise


Il Giappone al Fuorisalone 2019

Anche quest'anno il design giapponese è uno dei protagonisti del Fuorisalone di Milano.

Usate la nostra mappa per scoprire le iniziative più interessanti legate al Giappone!


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Pur entro l'anno che se ne va,

ecco, è arrivata la primavera.

Come chiamerei quest'anno ancora in corso,

l'anno passato

o l'anno nuovo?

Toshi no uchi ni

haru wa kinikeri

hitotose o

kozo to ya iwamu

kotoshi to ya iwamu

年の内に春は来にけり

ひととせを去年とやいはむ

今年とやいはん

Ariwara No Motokata

 


Okaa Sama - Mostra fotografica personale di Luca Vecchi

Okaa Sama
Mostra fotografica personale di Luca Vecchi
a cura di Paola Aloisio

Luca Vecchi (Roma, 1985) è volto noto al grande pubblico come sceneggiatore, regista e attore comico; cofondatore di The Pills, collettivo ironico e scanzonato con all'attivo oltre otto anni di attività su cinema, web e tv, Vecchi coltiva parallelamente una variegata gamma di interessi, fra cui spicca da sempre la passione per l’arte e la cultura giapponese.

La fotografia lo accompagna fin dagli anni degli studi in Tv e Cinematografia ed è come sintesi di questi due percorsi che l’artista propone al pubblico OKAA-SAMA // Onorevole Madre, la sua prima personale di fotografia, che è stata inaugurata martedì 12 marzo alle ore 17.30 presso la Fondazione Marco Besso, che ha sostenuto l’esposizione mettendo a disposizione la splendida cornice della location di Largo di Torre Argentina, 11.

Un primo passo, dunque, verso un approfondimento del proprio profilo artistico personale che vedrà Luca Vecchi continuare a proporsi come interprete originale
della scena romana, accanto all’impegno con i colleghi e OKAA-SAMA // Onorevole Madre.

Per secoli le donne, nel corso dello sviluppo della civiltà, sono state confinate nell'unico ruolo che il corpo, completamente in gestione a una società patriarcale, imponeva loro: quello di procreatrici. Dopo molti anni, in cui tante hanno combattuto per uscire da una condizione subalterna e per riappropriarsi dei propri diritti fondamentali, un importante traguardo è stato raggiunto, anche se per una sparuta minoranza: oggi le donne sono libere di scegliere se essere madri o meno. Una scelta che rende consapevoli di un percorso che, come un guerriero, si è pronte ad affrontare con devozione.

In Okaa-sama Lucca Vecchi veste le sue Madri di un’armatura, la Yoroi, come un antico guerriero giapponese, instaurando un parallelo tra la scelta del Samurai e la scelta che porta una donna a diventare Madre. Le Yoroi, imitando le fisionomie animali, erano concepite con lo scopo d’incutere terrore nell’avversario per penalizzarlo nello scontro: gli occhi e la bocca oscurati dal Kabuto (elmo) e dal Menpo (la maschera d’acciaio) contribuivano alla spersonalizzazione del guerriero, trasfigurandolo in una sorta di demone.
Nel lavoro di Vecchi, da queste terribili corazze emergono, delicate, forme femminili di diverse costituzioni ed età, colte nel momento dell’attesa. Le curvature dei soggetti, visti di profilo seguono alla perfezione la forma della spina dorsale o del grembo, come fossero una logica prosecuzione di essi. Un corpo investito di potere e nello stesso tempo di profonda vulnerabilità. Un corpo esposto. Il corpo nudo della donna in attesa rivela la fragilità e la maestosità dell’essere umano in una chiave che non vuole essere seduttiva, se non per il fascino che un essere superiore incute, ma celebrativa. Celebrativa di una condizione che come abbiamo detto: è voluta. Le modelle appaiono come statue nella loro severa compostezza che ispira rispetto e soggezione, immobili nell'attimo che precede la battaglia infinita che le coinvolgerà per il resto della vita. Il figlio/la spada che nascerà, potrà essere istruito/utilizzata dalla madre/ samurai per scopi morali o immorali: a fin di bene, o per conseguire il male.
Ed è per questo che il ruolo della madre/samurai è fondamentale. Le armature scelte dall’artista sono rappresentative di ogni status e vanno da quelle più povere, fino alle armature dei guerrieri più facoltosi. Allo stesso modo le madri che hanno collaborato ad Okaa-sama provengono da diverse situazioni e ceti sociali, da diversi percorsi di vita i cui segni sono visibili sui loro corpi nudi. 

Okaa-sama è dunque una visone collettiva che vuole celebrare una condizione, raccontandola con teatralità e trasgressione, con immagini forti e nell'insieme stranianti. Una condizione prettamente femminile che Vecchi interpreta
attraverso la figura del samurai e del rapporto con la sua spada.
L’artificio della ricostruzione delle armature e la scelta delle pose in studio riprendono concettualmente il lavoro di Marcelin Flandrin e la tradizione delle fotografie a banco ottico dei primi etnografi ed esploratori. Il linguaggio fotografico di Vecchi, però, è legato alle visoni ritrattistiche di Nadar e Robert Mapplethorpe, al rapporto emozionale di Richard Avedon con i suoi soggetti in un connubio tra armonia classica e caricatura grottesca, ma anche all’estetica pop dei manga giapponesi.

Un progetto fotografico audace quello di Luca Vecchi che, attraverso un percorso per immagini, coinvolgenti ed evocative ma allo stesso tempo disturbanti, conduce ad una interpretazione epica ed eroica della maternità: una visione personalissima che vuole riproporre in un certo senso l’archetipo della dea madre, culto primigenio di ogni civiltà.
La mostra è composta da 4 trittici, 8 dittici e scatti singoli fra cui una foto già premiata con il Mono Award; le opere sono proposte al pubblico in formato espositivo e a disposizione per l’acquisto in tiratura limitata.

Per informazioni
lucavecchi.press@gmail.com
3386765100 (Tc)