AINU - IL POPOLO DEL NORD

“Ainu” è il nome di una popolazione indigena del Giappone. Infatti, nonostante si pensi che nel Paese del Sol Levante ci sia una completa uniformità etnica composta dai Wajin (giapponesi), sono esistite e talvolta ancora esistono, delle varietà etniche, come quella rappresentata dagli antichi abitanti di Okinawa o, appunto, dagli Ainu. Sin dal periodo Jomon (12,000 - 2500 AC) essi hanno vissuto nella regione settentrionale chiamata comunemente “Hokkaido”, oltre che nel Nord dell’Honshu, sull’isola di Sachalin e sulle isole Curili.

Gli Ainu erano soliti vivere in villaggi (kotan), in armonia con la natura: praticavano la caccia, la pesca, la raccolta di prodotti naturali e l’agricoltura. Si impegnavano anche nel commercio marittimo, esportando prodotti in seta e raffinati manufatti in vetro. La loro era una religione di tipo animistico, cioè che riconosceva il sacro in ciò che apparteneva al mondo naturale. Portatori di una cultura unica all’interno dell’arcipelago nipponico, essi avevano anche una propria lingua.

A partire dall’epoca feudale, i crescenti contatti culturali e commerciali coi giapponesi, influenzarono reciprocamente i due popoli, seppur col passare del tempo, gli Ainu furono sempre più sfruttati e impoveriti. Col periodo Kamakura i Wajin rafforzarono la loro presenza nella regione settentrionale finendo per limitare le libertà e gli spazi degli Ainu. La coesistenza arrivò anche a punti di rottura, dove schieramenti di giapponesi e Ainu si diedero battaglia per il controllo del territorio, come avvenne per la battaglia di Koshimain (1457) e di Shakushian (1669). Usciti sconfitti dagli scontri, gli Ainu si trovarono sempre più dentro la sfera di controllo socioeconomico del clan Matsumae, il quale, a partire dal 1604, aveva ricevuto pieno potere dallo shogun Tokugawa Ieyasu per le zone interessate. Il clan Matsumae riorganizzò il territorio dividendolo tra “Wajinchi” (insediamenti giapponesi a meridione) e “Ezochi” (insediamenti “del resto” di Hokkaido). Dato che nel Nord era difficile far crescere il riso, gli Ainu divennero sempre più dipendenti dai giapponesi, seppur gli fosse permesso di commerciare con loro solo attraverso canali ufficiali., i cui tassi di cambio erano spesso sfavorevoli.

Fu specialmente nelle zone di confine che gli Ainu, a volte aiutati da qualche mercante, cercarono di entrare in contatto coi giapponesi per cercar di far valere le loro ragioni e migliorare le loro condizioni. Sono in queste aree che si diffusero indumenti e oggetti della cultura Ainu, come “Attusi” (vestiti ricavati da fibre dell’olmo della Manciuria), “Chikarukarupe” (indumenti di cotone), ma anche intarsi, vasellame ed altri manufatti quali “Ikupasuy” (un bastone rituale per offrire sake agli Dei). Anche strumenti musicali come “Mukkuri” (simile ad un’arpa), “Tonkori” (a cinque corde), “Yukar” (storie tramandate oralmente) e danze tradizionali. Inoltre, rituali religiosi come “Icharupa”(onorare gli antenati) e “Iomante” (“rimandare indietro” gli spiriti degli orsi) erano alla base della vita religiosa degli Ainu.

L’ultima sollevazione armata degli Ainu si ebbe nel 1789 ma, sconfitti, essi non poterono che assistere come spettatori al passaggio del Giappone all’età moderna in cui, anche per far fronte a possibili rivendicazioni della Russia sui territori settentrionali, venne deciso che, senza tener conto della distinzione con l’Ezochi, tutti gli abitanti della regione a Nord erano de facto giapponesi e che il nome dell’isola sarebbe stato “Hokkaido”. Gli Ainu si trovarono liberi dai loro vincoli socioeconomici, ma per sopravvivere dovettero fare i conti con una cultura dominante che esigeva la loro assimilazione: data la regolamentazione sul possesso delle terre, agli Ainu fu impedito l’accesso alle zone in cui tradizionalmente cacciavano, pescavano, e raccoglievano prodotti naturali. Le loro pratiche sociali furono vietate, mentre fu favorito il graduale disuso della loro lingua a favore del giapponese. Ciononostante, differenze evidenti coi Wajin li portarono ad essere a volte discriminati alla stregua di una casta inferiore. A tale riguardo, la messa in legge dell’atto per la protezione degli ex-aborigeni dell’Hokkaido nel 1899, seppe solo sensibilmente migliorare il loro tenore di vita.

Dopo il secondo conflitto mondiale il governo introdusse misure atte ad alleviare le difficoltà della comunità Ainu, costruendo per loro luoghi di ritrovo e garantendo loro servizi speciali, così da contrastare fenomeni di povertà ed esclusione sociale, ma con pochi risultati. Fu verso il 1975 che, in seno alla comunità Ainu, prese campo un movimento che seppe dare nuova vita ai loro rituali tradizionali (come “Icharupa” e “Iomante”), oltre che promuovere l’insegnamento della loro lingua. Nel 1997 poi venne approvato l’"atto per la promozione culturale degli Ainu”, secondo cui le nuove generazioni poterono studiare il loro idioma e partecipare a scambi con altre comunità indigene, al fine di rafforzare la propria identità. Sebbene non esistano più insediamenti di soli Ainu, la maggior parte di loro vive ancora nell’Hokkaido insieme ai giapponesi. Sono pochi quelli che ancora sanno parlare correntemente il loro idioma, anche se certe parole in lingua Ainu vengono pronunciate nei loro discorsi.

Inoltre, recentemente, un anime (cartone animato) giapponese chiamato “Golden Kamuy” la cui trama ruota attorno alle avventure di un soldato giapponese e di una ragazza Ainu nei primi anni del novecento, ha aiutato a far ulteriormente conoscere e sensibilizzare il grande pubblico verso la storia e la cultura di questo popolo indigeno del Giappone.

Nonostante lo stile di vita sia divenuto molto simile a quello dei giapponesi, la comunità Ainu continua tutt’oggi a preservare e promuovere la propria lingua e tradizioni.

Marco Furio Mangani Camilli


sakura

Come i fiori di ciliegio

sulla montagna, ove si estende

la foschia primaverile,

sei un incanto inesausto:

mai mi sazierò d'incontrarti!

 

Harukasumi

Tanabiku yama no

sakurabana

miredomo akanu

kimi ni mo aru kana

春霞

たなぶく山の

桜花

みれどもあかぬ

君にもあるかな

 

(Ki no Tomonori)

L'immagine del fiore nei primi tre versi si fonde nell'espressione del sentimento tramite la locuzione-cardine miredomo akanu ("non mi sazio mai della tua visione"), riferita ad ambedue le dimensioni.


BuwlOwTCYAAQPaR

Le candide perle

sparpagliate dalla cascata

raccolgo e serbo

in prestito come lacrime

per i momenti di pena sconsolata

Kokichirasu

taki no shiratama

hiroiokite

yo no uki toki no

namida ni zokaru 

こき散らす

滝の白玉

ひろひをきて

世のうき時の

涙にぞかる

(Ariwara no Yukihara)

La cascata di Nunohiki (o Nonobiki) si trova nel corso superiore del fiume Ikuta, nell'attuale città di Kōbe. Il toponimo, che significa "stendere la tela", trae origine probabilmente dall'aspetto della cascata spumeggiante che somiglia a una candida stoffa stesa nell'acqua per essere candeggiata.

 


yokoyamataikan_10

Le perle della rugiada che si posa

su ogni foglia della parola

di esclamazione: "ah",

sono, ecco, le lacrime

della nostalgia per i tempi passati.

 

Aware chō

koto no ha goto ni 

oku tsuyu wa

mukashi o kouru

namida narikeri 

 

あはれてふ

事の葉ごとに

おく露は

昔を恋ふる

涙なりけり

(Anonimo)


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La mia dimora, ahimé,

è ormai così desolata,

che sparito è perfino il sentiero,

mentre indugiavo nell'attesa

di quella persona crudele

Wa ga yado wa

michi mo naki made

arenikeri

tsurenaki hito o

matsu to seshi ma ni

わが宿は

道もなきまで

荒れにけり

つれなき人を

待つとせしまに

Henjō


mig

Solo quando è finito

per sempre

il nostro incontro,

ho conosciuto davvero

che cos'è la brama d'amore.

 

Au koto no

mohara taenuru

toki ni koso 

hito no koishiki

koto mo shirikere 

 

遭ふことの専ら絶えぬる時にこそ

人のこひしき事も知りけれ

(Anonimo)


Il Giappone si prepara a lanciare in orbita Gundam in vista delle   Olimpiadi

Tokyo 2020. L’inizio dei nuovi Giochi Olimpici è ormai dietro l’angolo. E il Giappone sta giocando in anticipo preparando un inconsueto benvenuto per gli atleti che parteciperanno. Infatti in concomitanza con il 40esimo anniversario dell’uscita della prima serie di Mobile Suit Gundam, la Commissione Olimpica e Paralimpica il 15 maggio ha annunciato al mondo il progetto di lanciare nello spazio proprio dei modelli in scala dei robot dalla serie cult in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA). Entro l’anno i modelli in plastica rivestiti da materiali speciali adatti allo spazio verranno ultimati e spediti alla Stazione Spaziale Internazionale nel Marzo 2020 per poi cominciare il loro viaggio spaziale ad Aprile.

(source Soranews24 )

Gundam e la sua nemesi Zaku saranno trasportati da un micro-satellite (“G-satellite”) equipaggiato con ben sette macchine fotografiche per immortalarli durante il loro viaggio. Una volta iniziati Giochi a Luglio, messaggi di incoraggiamento e buona fortuna in diverse lingue saranno trasmessi su un piccolo schermo posto alla base dei due robot per poi essere immortalati dalle macchine fotografiche e postate sui social media nel corso delle Olimpiadi. Gli autori del progetto intendono chiedere alla gente di tutto il mondo di partecipare scrivendo proprio questi messaggi di buon auspicio.

“Le Olimpiadi e le Paralimpiadi sono una manifestazione che porterà atleti da tutto il mondo a Tokyo e in Giappone per competere uno contro l’altro. Con l’aggiunta dello spazio come una nuova dimensione per Tokyo 2020, spero che i Giochi diventeranno un evento ancora più grande. Non vedo l’ora di ammirare Gundam e Zaku mentre sostengono gli altleti e i Giochi dallo spazio” ha dichiarato Koji Murofushi, il direttore sportivo di Tokyo 2020 alla stampa.

source  Geek.com )

L’idea del progetto è nata con Haruka Amano, un membro della Gruppo di Promozione e Innovazione della Commissione Organizzativa e grande fan di Gundam circa un anno fa. Prendendo ispirazione da Sochi 2014, quando la torcia olimpica venne portata a spasso nello spazio, Amano decise di alzare ancora di più l’asticella. Tuttavia si dovette ben presto scontrare con gli enormi costi del progetto. In suo soccorso arrivò però Shinichi Nakasuka, un professore di ingegneria dell’Università di Tokyo che è riuscito a ridurre sia il budget che le tempistiche impossibili inizialmente previste.

Oltre alla sfida concreta di superare i limiti per creare qualcosa di sensazione che unisse gli spettatori di tutto il mondo, Amano con questo progetto intende rompere gli stereotipi di un Giappone troppo serio o legato soltanto ai fiori di ciliegio o ai samurai. Amano vuole mostrare un Giappone che guarda al futuro, capace di sognare in grande e di lanciarsi in nuove avventure. In un certo senso Gundam stesso è il simbolo di questo ardente sogno perché è riuscito a trasmettere al suo pubblico il desiderio sognare al di là di ogni limite, anche di essere un pilota di un robot nel mezzo dell’universo.

(Immagine Privata... ebbene sì, sono andata alla sede ufficiale di Gundam a Odaiba)

Yoshiyuki Tomino, il creatore di Gundam, ha sottolineato come 50 anni fa quando uscì la prima serie di Gundam, l’idea di andare nello spazio fosse ancora qualcosa di irraggiungibile mentre al giorno d’oggi non è più soltanto una fantasia. Quello che spera è che sempre più sogni diventino realtà. E sicuramente Gundam trasmetterà questo messaggio a Tokyo 2020. Quello che bisogna chiedersi però è allora cosa verrà dopo, quale altro sogno impossibile decideremo di realizzare? Per adesso keep on dreaming.

Erika Micozzi

 


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Non dirò di non conoscerla,

ché, con animo limpido

come il fondo del Fiume Candido,

desidero rimanere con lei

nello scorrere eterno del tempo.

Shirakawa no

shirazu to mo iwaji

soko kiyomi

nagarete yoyo ni

sumamu to omoeba

白河の

しらずとも言はじ

そこきよみ

流れて世々に

すまむと思へば

(Taira no Sadafun)

Shirakawa, qui tradotto il Fiume Candido, nasce nel monte Hiei e confluisce nel fiume Kamo. Il toponimo introduce per assonanza shirazu ("non conosco"). L'immagine del fiume viene ripresa in una serie di kakekotoba: soko kiyomi ("il fondo è limpido", riferito anche alla purezza dell'animo), nagarete ("scorrendo" e "trascorrendo") e sumamu ("sarà limpido" e "vivrò"). La poesia apre una serie di sei componimenti in cui si esprime la decisione di rivelare ormai l'amore.


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Vivendo in questo mondo,

le dicerie sorgono fitte quali foglie

di bambù, ove, su ogni nodo,

si lamenta l'usignolo, così come io

piango a ogni momento di pena

 

Yo ni fureba

koto no ha shigeki

kuretake no

uki fushi goto ni

uguisu zo naku 

 

世にふれば

事の葉しげき

くれ竹の

憂きふしごとに

鶯ぞなく

 

Anonimo.

L'immagine della natura e l'espressione del sentimento sono intrecciate in maniera complessa tramite una serie di locuzioni riferite ad ambedue le dimensioni: yo ("mondo umano" e "intervallo tra i nodi della canna di bambù"); koto no ha ("parola") che contiene ha ("foglia"); shigeki ("fitte") riferito sia alle foglie che alle dicerie; fushi ("nodo di bambù" e "momento, occasione"), naku ("cantare" dell'usignolo e "piangere" del soggetto della lirica).


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Se dico: "aspetta",

desidero che resti almeno a dormire.

Al cavallo, su cui s'allontana

a forza, spezza le zampe,

o ponte di assi davanti a casa mia!

 

Mate to iwaba

nete mo yukanamu 

shiite yuku

koma no ashi ore

mae no tanahashi 

 

待てといわば

寝てもゆかなむ

強ひてゆく

駒の足おれ

前の棚橋

(Anonimo)