Approfondimenti: la leggenda di Hanako san

La storia di Hanako san

Hanako san è un personaggio del folclore giapponese nonché leggenda molto popolare tra i bambini e gli adolescenti. Quest’ultima narra di una bambina di nome Hanako il cui fantasma dimora nelle toilette delle scuole giapponesi. Il suo soprannome è infatti toire no Hanako san, ovvero, Hanako san della toilette. Ci sono diverse versioni di questa leggenda. Secondo quella più diffusa, Hanako apparirebbe nei gabinetti femminili delle scuole, di solito nella terza cabina e per questo le sue vittime sarebbero le studentesse che si recano nel bagno da sole. Pare sia anche possibile interagire con lei bussando alla porta chiusa del gabinetto deserto. Se le si chiede:” Hanako san, ci sei?” dall’altra parte è possibile udire la sua voce mentre risponde di sì. Una volta evocata, Hanako tenterà di trascinare la vittima in bagno, portandola con sé all’inferno. Tuttavia, non tutte le versioni della leggenda vedono Hanako come demone di cui avere timore. Secondo altre leggende è paragonata ad una sorta di mascotte soprannaturale della scuola.

credits: gegegenokitaro.fandom.com

Le origini

Anche l’origine della leggenda ha diverse versioni. Secondo la maggior parte di esse, Hanako sarebbe il fantasma di una bambina morta a scuola in seguito ad un suicidio perché vittima di bullismo. Un’altra versione racconta che Hanako è morta nelle toilette della scuola dove si era nascosta a causa di un bombardamento durante la Seconda Guerra Mondiale.
Una possibile spiegazione psicologia dietro questa leggenda potrebbe risiedere nello stress e nella pressione che subiscono gli studenti giapponesi durante il periodo scolastico, personificati dalla figura inquietante di Hanako. A questa figura sarebbero inoltre legati episodi importanti e traumatici che le ragazzine sperimentano come il periodo della pubertà e l’arrivo del primo ciclo mestruale.

Significato degli spazi

Hanako san non è l’unica leggenda ambientata nelle toilette. Secondo le credenze popolari giapponesi, gli spiriti e i fantasmi sono soliti abitare nella stanza più piccola dell’edificio. Il bagno infatti in Giappone, inteso come stanza dove si trova il gabinetto, è situato distaccato dalle altre stanze in un angolo più nascosto della casa. Inoltre, lo scarico della toilette è accostato alla figura del pozzo.  Si tratta della materializzazione di quel luogo tramite cui i morti si mettono in contatto con i vivi. Anche le scuole sono spesso il teatro di spettrali leggende di yōkai. L’ambiente scolastico funziona come una piccola comunità, dove la leggenda viene passata da studente a studente e da generazione a generazione. Spesso è infatti il senpai, lo studente più grande, a tramandare la storia al kōhai, lo studente più piccolo. La storia può essere quindi reinterpretata e ricreata in base ai bisogni e le ansie del gruppo. Questo è il motivo per cui esistono diverse versioni della storia di Hanako, tanto famosa da diventare protagonista di un manga e di due film.

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Approfondimenti: in cucina con lo studio Ghibli, l'okayu della Principessa Mononoke

L’okayu è una sorta di porridge di riso che i giapponesi danno soprattutto ai bambini o a chi è malato, in quanto ritenuto alimento curativo e facile da digerire (per maggiori info sul riso vi invitiamo a leggere il nostro articolo dedicato).

Nel film d’animazione La Principessa Mononoke, il protagonista Ashitaka è prigioniero di una maledizione lanciatagli da un demone. Consultata la sciamana del villaggio, Ashitaka apprende che il maleficio lo porterà alla morte perciò decide di lasciare la terra natale alla ricerca di una possibile cura. Durante il suo viaggio incontra Jiko, un monaco errante che confida al protagonista di essere un Dio della foresta, chiamato in giapponese shishigami.
I due condividono insieme un pasto in mezzo ai resti di un villaggio devastato dagli spiriti e il monaco serve al ragazzo proprio l’okayu.

credits: dubsub.blogspot.com

La ricetta: gli ingredienti

4 Uova
Dado granulare di pollo (basta un cucchiaio)
Pasta di miso (un cucchiaio)
60g di riso
Gambi di coriandolo (da 1 a 3)
1 pizzico di pepe
1 pizzico di cipolla fritta in scaglie

La ricetta: cucinare il piatto

Fate bollire 1 litri d’acqua in una pentola. Nel frattempo preparate una frittata con un uovo e fatela cuocere 2-3 minuti a fiamma alta.  Toglietela dal fuoco e tagliatela a listarelle.

Quando l’acqua bolle aggiungete il dado granulare di pollo, la maizena diluita, 3 uova sbattute e la pasta di soia a pezzetti in modo che si sciolga più facilmente.

In un’altra pentola piena d’acqua bollente fate cuocere il riso per 15 minuti. Una volta pronto scolatelo, versatelo nel brodo e proseguite la cottura a fuoco lento finché non sarà diventato una sorta di porridge.

Versate la zuppa in una scodella. Infine guarnite con le listarelle di frittata e spolverate con coriandolo, pepe, cipolla fritta in scaglie.

Ecco che otterrete così una variante molto gustosa di okayu! Provatela e condividete sui vostri social con @giapponeintalia le vostre varianti! Non vediamo l’ora di vedere cosa avete cucinato!

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News & Curiosità dal Giappone: sette cose che forse non sai sulla Principessa Mako

Tutto il mondo conosce ormai la principessa Mako, finita nelle news mondiali per alcune scelte legate alla sua vita privata. Oggi andiamo a scoprire insieme 7 curiosità su di lei!

credits:thetimes.co.uk

1. La principessa Mako ha perso lo status di reale

La principessa Mako ha destato scalpore per aver sposato il suo “comune” fidanzato del college Kei Komuro e di conseguenza aver perso il suo status di reale. Mako ha sempre descritto il marito come un uomo “insostituibile” ma ha sempre espresso tristezza per lo scandalo che ha afflitto il loro fidanzamento.

2.  La principessa ha rifiutato l’indennizzo governativo

Mako è stata la prima principessa giapponese dopo la seconda guerra mondiale a rifiutare un indennizzo di 152,5 milioni di yen destinato alle donne reali. Si ritiene che la decisione di rifiutare il denaro sia stata la conseguenza di tutta l’opinione pubblica negativa che girava intorno al matrimonio.

3. Il disturbo da stress post-traumatico

In una conferenza stampa del 1° ottobre, i funzionari dell’Agenzia della Casa Imperiale hanno rivelato che a Mako è stato diagnosticato un “complesso disturbo post-traumatico da stress” a seguito della pressione del pubblico e dei media. Inoltre, Mako e Komuro dovevano originariamente sposarsi nel 2018. Tuttavia i media giapponesi hanno rivelato che la madre di lui era coinvolta in uno scandalo finanziario con il suo ex fidanzato causando così il rinvio delle nozze.

credits: vogue.fr

4. La principessa Mako è stata il primo membro della famiglia imperiale ad aver studiato all’ICU

Tutti i membri della famiglia imperiale hanno conseguito gli studi alla Gakushuin University, università che si trova nel quartiere di Meijiro,Tokyo. Questo prestigioso Istituto di Istruzione Superiore, fondato nel 1847, è stato avviato per educare i figli della nobiltà giapponese. I genitori di Mako hanno frequentato entrambi la Gakushuin, così come suo nonno, l’ex imperatore, e suo zio, l’attuale imperatore. Mako, tuttavia, è nota per essere una persona molto determinata che vuole ritagliarsi una propria strada nella vita. Questo include l’iscrizione all’International Christian University (ICU) di Tokyo nel 2010 dove tra le altre cose ha incontrato il suo futuro marito Komuro.

5. Ha studiato nel Regno Unito e in Irlanda

La principessa ha partecipato a diversi viaggi di studio all’estero. Nella sua prima estate all’ICU, è andata a Dublino con 19 dei suoi compagni di classe per un programma di sei settimane di lingua inglese. Invece tra il 2012 e il 2013, ha trascorso nove mesi nella capitale della Scozia, studiando storia dell’arte all’Università di Edimburgo. Nel 2014 all’Università di Leicester ha poi completato un master in studi su musei e gallerie d’arte. Grazie a queste sue esperienze è riuscita a lavorare come ricercatrice speciale al museo dell’Università di Tokyo.

credits: hellomagazine.com

6. Ha fatto volontariato in segreto nel Tohoku dopo il terremoto e lo tsunami

Fin da bambina Mako è sempre stata entusiasta dei suoi doveri reali e ha partecipato a diversi eventi di beneficenza. Dopo il terremoto e lo tsunami del Tohoku nel 2011 ha visitato la regione in segreto come volontaria. Nonostante abbia utilizzato un soprannome per cercare di non dare nell’occhio alcune persone l’hanno riconosciuta lo stesso.

7. Suo padre e suo fratello sono i prossimi nella linea di successione al trono

In Giappone solo i figli maschi possono ereditare il trono mentre le donne sono ancora escluse dalla linea di successione. Stando ad oggi, il futuro della più antica monarchia ereditaria del mondo poggia proprio sulle spalle del fratello quindicenne di Mako, il principe Hisahito. Suo padre, il principe Fumihito, è il prossimo nella linea di successione al trono ma all’età di 55 non potrà più avere figli. Spetterà quindi al figlio Hisahito produrre un erede maschio per non spezzare la secolare linea di successione.

Principessa Mako

credits: smh.com.au

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Approfondimenti: In cucina con lo studio Ghibli, il bento di Totoro

In Italia sta prendendo sempre più piede la cultura giapponese ed in particolare la sua tradizione culinaria. Ci sono tantissimi blog di cucina giapponese che spuntano sul web e noi non volevamo essere da meno.

Tuttavia, Giappone in Italia cerca sempre di proporre contenuti differenti e vogliamo condividere con voi lettori delle ricette speciali! Da oggi lanciamo una rubrica fissa e vi portiamo in cucina con noi e lo Studio Ghibli. In questo articolo vi parliamo del bento giapponese!

Cos’è il bento?

Il bento spiegato in maniera molto semplice è il pranzo al sacco giapponese. Lo si può comprare al konbini, il convenience store aperto 24 ore su 24, oppure come vuole la tradizione può essere fatto in casa. Il bento è una parte molto importante della cultura culinaria giapponese. Si tratta di un pasto equilibrato composto da una porzione di riso, una di proteine e una di verdura o frutta. Tuttavia una delle caratteristiche fondamentali del piatto è proprio l’estetica. Un bento deve essere tanto buono quanto esteticamente piacevole.

Il bento dello Studio Ghibli

Ne “Il mio vicino Totoro”, Satsuki di dieci anni e sua sorella Mei di quattro vivono a casa da sole con il papà mentre la mamma è in ospedale. In questo film vediamo Satsuki che prepara il bento per un pic-nic. Il suo è il classico esempio di un tipico bento equilibrato e molto carino.

credits: reddit.com

La ricetta: gli ingredienti del bento

Riso: 120g

2 Pesci Shishamo surgelati: sono piccoli pesci argentati originari dell’Hokkaido, l’isola più settentrionale dell’arcipelago giapponese.
Pesci simili a questi si possono trovare nella maggior parte dei supermercati come i pesci sperlano, acciughe o aringhe.

Olio Evo qb

Filetto di orata: 100g

Sake: 0,5 ml, in alternativa si può usare del vino bianco

Zucchero: 2 cucchiai

Sale: 1 cucchiaino

Colorante rosso: 2 gocce. Può essere benissimo sostituito con due cucchiai di passata di pomodoro.

Umeboshi 2: sono le prugne giapponesi in salamoia. Sono super salutari, ottime per la digestione e si dice che combattano anche la stanchezza. Potete farle a casa da sole oppure trovarle online su Kathay (https://www.kathay.it/search?type=product%2Carticle&q=umeboshi*), uno dei nostri negozi convenzionati, ma anche su Amazon!

La ricetta: cucinare il piatto

Fate cuocere il riso coperto (due tazza di acqua per ogni tazza di riso). Scongelate gli shishamo o il pesce che avete scelto in alternativa e fateli rosolare nel fuoco a fuoco medio, 5 min. per lato. Una volta pronti stenderli su una carta assorbente perché rilascino l’olio in eccesso.

In un’altra pentola fate bollire l’acqua e immergete i filetti di orata. Quando iniziano a sfaldarsi, scolateli e metteteli in un piatto.

Fate saltare l’orata in una padella a fuoco medio, aggiungendo il sakè, lo zucchero e il sale. Spargete bene quest’ultimo. Mescolate tutto finchè il liquido non sarà evaporato.

Aggiungete all’orata il colorante rosso (o pomodoro) e un po’ d’acqua per ottenere la tonalità desiderata, e ripassate a fuoco dolce. Mescolate.

Versate il riso cotto sul fondo del bento aggiungendo 1 shishamo e 1 umeboshi per porzione. Sistemate l’orata sbriciolata in modo tale che occupi lo spazio di un rettangolo. Posizionate poi i fagioli edamame nel rettangolo opposto.

Et voilà il bento è pronto! Se provate a fare questa ricetta, condividetela sui social taggando @giapponeinitalia, siamo curiosi di vedere ciò che avete preparato!

credits: sylviawakana.com

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Approfondimenti: Introduzione ai mostri e spiriti giapponesi

Introduzione agli yōkai

Gli yōkai 妖怪 sono creature soprannaturali della mitologia giapponese. La parola è composta dal kanji 妖 (yō, maleficio) e 怪 (kai, manifestazione inquietante). La loro storia può essere fatta risalire fin dai tempi antichi. Già nel periodo Heian esistevano diverse raccolte che parlavano di mostri, come ad esempio il Konjaku Monogatari-shu. Nel medioevo con la nascita degli otogizōshi, storie in prosa, e degli emakimono, opere narrative illustrate, gli yōkai cominciarono a prendere forma ed essere raffigurati in queste opere. Ad esempio nello Hyakki Yagyo Emaki lett. “La parata notturna dei cento demoni” del periodo Muromachi (1336 – 1573) si parla di una credenza del folclore giapponese secondo cui gli yōkai ogni anno prendevano d’assalto le strade durante le notti d’estate. Tutti coloro che passavano vicino a questa processione perdevano la vita, a meno che non fossero protetti da un sutra.

credits: natsukokondo.com

Nel periodo Edo le storie di fantasmi cominciarono a diventare popolari. Erano per lo più adattamenti di romanzi cinesi e un mix di folklore e storie tradizionali. Proprio in questo periodo, gli yōkai cominciarono ad essere raffigurati da artisti famosi del genere ukiyo-e come Katsushika Hokusai e Utagawa Kuniyoshi.

credits: intojapanwaraku.com

In epoca moderna e contemporanea, gli yōkai hanno cominciato ad assumere caratteristiche sempre più concrete e fisse. Grazie anche all’influenza dall’estero, questi personaggi hanno attenuato il loro aspetto più terrificante per diventare veri e propri oggetti di intrattenimento. Sempre più ritratti nei manga, illustrazioni e anime, la loro diffusione ha portato alla nascita di nuove storie e nuove generazioni di mostri.

I Tre Grandi Yōkai del Giappone

Katsumi Tada, ricercatore yōkai, ha indicato come “I Tre Grandi Yōkai del Giappone” gli oni, i kappa e i tengu.

Gli oni 鬼 sono creature mitologiche simili ai demoni occidentali. Normalmente vengono descritti come creature giganti e mostruose, con artigli taglienti, capelli selvaggi e due lunghe corna sulla loro testa. Nelle primissime leggende, gli oni venivano descritti come creature benevole capaci di allontanare spiriti maligni. Durante l’era Heian, il buddhismo giapponese fece degli oni i guardiani dell’inferno o i torturatori delle anime dannate. Con il passare del tempo, gli oni vennero sempre più associati al male e considerati portatori di calamità. I racconti popolari e teatrali iniziarono a descriverli come bruti e sadici, felici di distruggere.

I kappa 河童 sono creature leggendarie che abitano i laghi e i fiumi del Giappone. Gran parte delle descrizioni dipinge i kappa come umanoidi delle dimensioni di bambini, sebbene i loro corpi siano più simili a quelli delle scimmie o a quelli delle rane. Generalmente i disegni mostrano i kappa con spessi gusci simili a quelli di una tartaruga e con la pelle a scaglie in colori che vanno dal verde, al giallo o al blu. La caratteristica principale del kappa è una depressione in cima alla testa piena d’acqua e circondata da ispidi e corti capelli.

Infine, i tengu 天狗 sono creature fantastiche dell’iconografia popolare giapponese. Generalmente sono rappresentati come uomini-uccello, dotati di un lungo naso prominente o addirittura di un becco, con ali sulla testa e capelli spesso rossi. I tengu abitano le montagne del Giappone come il monte Takao o Kurama e preferiscono fitte foreste di pini e criptomerie. La terra dei tengu si chiama Tengudō, che può corrispondere ad una locazione geografica, una parte di un regno demoniaco, o semplicemente un nome per ogni accampamento di tengu.

credits:pinterest.jp

La differenza fra yūrei e yōkai

Gli yūrei 幽霊 sono i fantasmi della tradizione giapponese. Il nome è composto dai kanji 幽 (yū, flebile”, “evanescente”, ma anche “oscuro”) e 霊 (rei, anima” o “spirito”). Secondo la tradizione giapponese, tutti gli esseri umani hanno uno spirito/anima chiamata reikon 霊魂. Quando essi muoiono, il reikon lascia il corpo e resta in attesa del funerale e dei riti successivi prima di potersi riunire ai propri antenati nell’aldilà. Se le cerimonie sono svolte nel modo appropriato, lo spirito del defunto diventa un protettore della famiglia a cui torna a far visita ogni anno durante la festa Obon. Se i riti funebri non vengono effettuati, come in caso di morte improvvisa o violenta, il reikon può trasformarsi in yūrei ed entrare in contatto con il mondo fisico. Solo dopo aver celebrato i riti funebri e risolto il conflitto emotivo che tiene il fantasma legato al mondo dei vivi, lo yūrei può essere scacciato.

Le caratteristiche degli yūrei

Ci sono peculiarità che contraddistinguono gli yūrei e che aiutano a distinguerli dagli yōkai. Intanto questi spiriti non si impossessano mai di un umano a caso. Appaiono infatti solamente dinanzi a quelle persone che hanno causato loro dei ricordi infelici. Se ne vanno solo quando le loro lamentele e i loro desideri vengono attentamente ascoltati e quindi cessa quel dolore che prima li tratteneva nel mondo terreno. Gli yūrei vengono sempre rappresentati senza gambe, per differenziarsi dal mondo dei vivi, e spesso sono vestiti di un ampio abito bianco che ricorda il kimono funerario in uso durante il periodo Edo.
Un’altra caratteristica è che spesso i fantasmi compaiono con indosso gli stessi vestiti di quando sono morti. Infine, le mani dello yūrei sono un tratto caratterizzante di queste figure: queste infatti penzolano senza vita dai polsi che sono generalmente portati in avanti con il gomito all’altezza dei fianchi.

credits:0plusart.com

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News & Curiosità dal Giappone: il Museo Ghibli ha ufficialmente aperto il suo primo store online!

Ci sono ottime notizie per i fan del maestro Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli! A causa della pandemia del Covid-19, il museo Ghibli di Mitaka (Tokyo) è stato uno dei più importanti siti turistici a chiudere temporaneamente le sue porte. Quella che doveva essere una breve chiusura di tre settimane ha finito per essere prolungata per un anno e mezzo circa. Anche se attualmente il museo ha riaperto le porte ai visitatori, il numero di questi è in calo perché molte persone continuano ad evitare viaggi e spazi chiusi.

 

credits:  jrailpass.com

Ma abbiamo una buona notizia per voi! Molti fan sono stati costretti a rimandare la loro visita al museo ma adesso c’è finalmente un modo per ricreare l’atmosfera dei film dello Studio Ghibli nelle proprie case. L’apertura del negozio online permetterà di acquistare i prodotti originali che prima erano in vendita solamente nello store Mamma Aiuto, situato all’ultimo piano del museo.

Sul sito è possibile scegliere tra una vasta gamma di articoli: dai gadget più famosi, all’oggettistica della cultura giapponese, fino ad arrivare ai prodotti per la casa! Le immagini sono solo un assaggio del mondo magico che potete trovare sul sito!

credits: ghibli-museum-shop.jp

Consigli utili per i fan italiani del Museo Ghibli

Al momento il servizio di spedizione è attivo solo in Giappone ma non disperate! I clienti internazionali possono sempre cercare servizi di spedizione alternativi per farsi consegnare gli articoli nel proprio paese. A tal proposito vi consigliamo il sito tenso.com molto utile per comperare i vostri items preferiti direttamente dal Giappone!

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Approfondimenti: La casa moderna giapponese

La casa moderna giapponese presenta delle caratteristiche particolari soprattutto in termini di spazi abitativi , piuttosto piccoli se paragonati alle nostre abitazioni. Per approfondire questo aspetto è necessario conoscere intanto il Giappone da un punto di vista geografico e sociale.

Questione geografica e sociale del Giappone

Il 75% della superficie del paese è composto da montagne e terreni collinari. Solo il 30,2% del terreno risulta abitabile. La limitata superficie abitabile fa sì che la densità di popolazione del Giappone sia tre volte più alta rispetto a quella europea. Le tre maggiori aree metropolitane dell’isola Honshū sono il Kantō (Area di Tokyo), Chukyo (Nagoya) e il Kansai (Ōsaka) e costituiscono il 51% del totale della popolazione giapponese.

credits:eubusinessinjapan.eu

Negli ultimi anni è cresciuta la forte migrazione dalle zone rurali a quelle urbane. Nell’anno 2013 è avvenuta quella più grande e contava ben 89,786 persone trasferitesi nelle maggiori aree di Tokyo, Nagoya e Ōsaka. Il limitato terreno edificabile in Giappone, dovuto alle sue caratteristiche geografiche e la densità di popolazione presente nelle aree urbane delle maggiori città, ha avuto una notevole influenza sulla costruzione delle case e soprattutto sulla loro dimensione.

Le dimensioni delle case moderne giapponesi

Mediamente un’abitazione moderna giapponese va dai di 50m² ai 70m².  Tuttavia, la dimensione può cambiare in base al tipo di appartamento e al posto in cui è situato. Ultimamente nei centri urbani si nota una maggiore presenza di appartamenti abitati da una sola persona. Su questo trend gioca un fattore fondamentale sociale del Giappone: i nuovi single. Dal 1973 infatti il declino del numero dei matrimoni è stato costante con l’aumento di giovani professionisti sempre più concentrati sulla carriera. Di conseguenza il settore delle costruzione di case mono-abitante registra un’altissima crescita. Seguendo questo trend, nella città di Tokyo è sempre più comune trovare appartamenti chiamati one-room ワンルーム. Si tratta di monolocali di piccole dimensioni che vanno solitamente dai 13m² ai 20m² ma possono essere anche più piccoli.

 

credits:news-postseven.com

La concezione dell’arredamento

La dimensione degli spazi abitativi giapponesi moderni influisce sull’arredamento. Quando si tratta di arredare spazi più o meno ridotti, in primo luogo la scelta ricade su mobili e accessori di piccole dimensioni. Inoltre è importante che siano funzionali in modo da essere combinati e utilizzati in vari modi. Emerge da ciò il concetto di polifunzionalità di spazi e oggetti. Le diverse aree abitative possono essere utilizzate con finalità diverse ma anche una stessa piattaforma può funzionare come piano di seduta, scrivania, tavolo per mangiare ecc. Un esempio di polifunzionalità è l’idea nata in Giappone di includere nell’arredamento delle proprie case la cosiddetta Draw a line. Si tratta di un bastone in tensione da porre alla due estremità di un pavimento, soffitto o parete a cui si possono appoggiare o attaccare supporti, ripiani, luci e simili. Già negli anni Cinquanta il brand Heian Shindo aveva iniziato a produrre queste aste che con il tempo hanno avuto un successo inaudito. La Draw a line è una soluzione essenziale, salva-spazio e rappresenta l’incontro di semplicità, linearità e stile giapponese.

credits: heianshindo.com

La scelta dei mobili

I giapponesi scelgono abilmente i mobili per arredare le proprie case basandosi sul principio di far sembrare le stanze più grandi. I divani vengono spesso spostati verso gli angoli o il muro in modo da sfruttare tutto lo spazio a disposizione. Posizionando gli oggetti in tale maniera, il pavimento sarà più libero e di conseguenza la casa sembrerà anche più spaziosa.
I mobili sono normalmente bassi e larghi così da essere in grado di offrire una visione più ampia della stanza. Tavoli, letti ma anche sofà, tutti con altezze contenute in modo tale da mantenere la linea degli occhi bassa.Nelle case moderne giapponesi di solito la cucina e la sala da pranzo rappresentano un unico spazio. Ultimamente in Giappone sta crescendo il numero di cucine con bancone che serve per consumare pasti veloci come la colazione. Per i pasti più formali con la famiglia si usa il tavolo posto di fronte al bancone. Un altro aspetto che differenzia le cucine giapponesi dalle altre è che gli elettrodomestici molto spesso sono già incorporati nella cucina. In altre parole nelle cucine molto spesso sono già preinstallati gli elettrodomestici tradizionali come il forno, fornelli, lavello, frigorifero ecc.

credits:suumo.jp

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Approfondimenti: La storia del riso in Giappone, molto più di un semplice alimento

Il riso e le sue origini

Il riso in Giappone ricopre un’importanza fondamentale in quanto alimento base ma vi siete mai chiesti quale sia la sua vera origine? Il riso è stato introdotto per la prima volta in Giappone verso la fine del periodo Jōmon, intorno al 300 a.c. L’origine esatta del riso è ancora incerta ma la maggior parte degli studiosi è d’accordo sul fatto che provenga dalla Cina. Ci sono diverse teorie circa il percorso che il riso abbia compiuto per arrivare in Giappone. Potrebbe aver viaggiato dalla Cina settentrionale fino alla Corea per poi raggiungere il Giappone via mare. Secondo un’altra teoria sarebbe arrivato sulle coste giapponesi sempre via mare dal delta del Fiume Azzurro Yangzi per poi passare dalla Corea. Un’altra teoria ancora sostiene che sarebbe arrivato via mare dal delta dello Yangzi fino alla regione del Kyūshū. Qualunque sia stato il percorso, non vi è dubbio comunque che il riso sia arrivato in Giappone dal continente attraverso il Mar Cinese Orientale.

Le varietà del riso e i suoi diversi utilizzi

Oggi il riso è un alimento onnipresente sulla tavola giapponese e viene elaborato in infinite varianti. Il riso bianco, detto shirogohan 白ご飯, è quello che accompagna i tre pasti principali. Il kamameshi 釜飯 invece, letteralmente “riso bollente”, consiste in un piatto di riso insaporito da carne, pesce e piatti vegetali. Un’altra variante è l’okayu お 粥 e consiste in una sorta di porridge giapponese. Si tratta di una minestra semplice e digeribile a cui si ricorre se si è leggermente indisposti di stomaco. Sono inoltre moltissimi i prodotti nazionali lavorati con il riso. Ad esempio il famoso mochi 餅 non è nient’altro che un dolcetto preparato dal riso glutinoso, tritato e pestato per ottenere una pasta bianca morbida e appiccicosa che viene poi modellata in forme sferiche o rettangolari. Il sakè 酒, famosissima bevanda alcolica nazionale, è ottenuto da un processo di fermentazione che coinvolge il riso. Proprio per questo il sakè viene anche detto “vino di riso”. Ancora, i senbei 煎餅, sono i famosi cracker di riso molto amati anche fuori dal Giappone.

riso bianco

credits: newsweekjapan.jp

Tuttavia il riso non costituisce solo un alimento importante per la cucina giapponese. L’intera pianta del riso viene infatti utilizzata in diverse modalità. È il caso ad esempio dell’architettura tradizionale giapponese i cui elementi non sono altro che prodotti naturali composti da paglia di riso. Una volta che i grani vengono rimossi, la paglia viene utilizzata per rivestire i tetti tradizionali delle case giapponesi. Ma non solo! Se tessuta la ritroviamo nella pavimentazione a tatami 畳.

 

paglia di riso

credits: livejapan.com

Il riso nell’arte e nel teatro giapponese

L’importanza del riso per il popolo giapponese si riflette anche nella letteratura e nell’arte. La coltivazione del riso è uno dei tanti temi affrontati dalle poesie di Matsuo Bashō, uno dei più grandi maestri di haiku in Giappone. Inoltre, è notoriamente raffigurata anche nelle famose stampe artistiche giapponesi ukiyo-e 浮世絵 da artisti come Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige. I paesaggi agrari delle risaie sono infatti un motivo comune che simboleggia l’identità giapponese incentrata sul riso.

Ukiyoe riso

credits: ukiyo-e.org

 

Questo alimento ha influenzato profondamente le arti dello spettacolo tradizionale in Giappone. Come ci spiega il Prof. Bonaventura Ruperti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia nel suo libro “Storia del teatro giapponese dalle origini all’Ottocento”, la nascita delle prime forme autoctone di spettacolo la si attribuisce ai canti e le musiche che accompagnavano la coltura del riso: il tamai 田舞e taasobi 田遊び. I primi consistono in “danze delle risaie” che con flauto e tamburo accompagnavano il trapianto del riso allo scopo di ingraziarsi la divinità per suscitarne le energie e favorire la prosperità del raccolto. I secondi sono “intrattenimenti delle risaie” ossia performances eseguite a capodanno da personaggi mascherati che ripercorrevano i gesti del ciclo agricolo.  Lo scopo era quello di auspicarne l’abbondanza attirando l’energia vitale della divinità.

Le feste tradizionali giapponesi

Non sorprende che il riso sia presente in tantissime celebrazioni tradizionali che scandiscono la vita di un giapponese. Ad esempio l’okuizome お食い初め è una tradizione risalente all’VIII secolo che si celebra intorno al 100° giorno di vita del bambino in quanto segna un momento importante nella sua vita: il primo pasto diverso dal latte. In realtà, l’atto del mangiare è solo simbolico: il cibo infatti viene semplicemente avvicinato alle sue labbra nel gesto di imboccarlo con le bacchette. Questa cerimonia costituisce un rito di passaggio per augurare salute e abbondanza al bambino. Il pasto prevede cibi che hanno un grande valore simbolico e ben augurante tra cui il riso insieme a pesce e verdure. Lo svezzamento vero e proprio si ha intorno ai 5 mesi con la prima pappa costituita proprio dall’okayu, il porridge che abbiamo menzionato in precedenza.

Man mano che il bambino cresce ci sono diverse festività che ne celebrano la crescita e i cibi contenenti il riso sono sempre al centro di esse. Ad esempio durante la ricorrenza dell’Hina-matsuri 雛祭り, nota anche con il nome di “Festa delle bambine”, i familiari delle bambine pregano affinché vengano loro date bellezza e salute. La bevanda tradizionale di questa festività è l’amazake 甘酒, una versione analcolica del sakè. Insieme all’amazake 甘酒 si mangiano gli arare あられ, dei salatini di riso, spesso conditi con della salsa di soia. Sempre per l’occasione si prepara un dolce detto hishimochi 菱餅, costituito da tre strati di riso: verde, simbolo della terra, bianco, simbolo della neve e rosa, simbolo dei fiori di pesco. Insieme, questi tre strati indicano la primavera, quando la neve si scioglie, l’erba cresce e germogliano i fiori di pesco.

hishimochi di riso

credits: hoikushibank.com

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News & Curiosità dal Giappone: Ramen o Pasta? Feumen!

Ramen o pasta stasera? Se non riesci a decidere allora il nuovo ristorante Feumen, situato nel quartiere di Aoyama a Tokyo, potrebbe avere la soluzione per te! Nato dalla collaborazione di due rinomati chef giapponesi, Ayumi Sato e Hiroto Sato, è un ristorante molto particolare. I noodles che vengono offerti, come dice lo stesso slogan in giapponese rāmen demo nai, pasuta demo nai ラーメンでもない、パスタでもない, non sono nè pasta nè ramen!

I noodles Feumen

I noodles Feumen sono di medio spessore, di colore giallo, preparati con una farina di grano reperibile in Hokkaidō e nel Kyūshū. Questa è la chiave per renderli né troppo morbidi né troppo duri. Vengono serviti freddi con sopra una calda salsa di gamberi molto piccante e con un mix di spezie. A queste si possono aggiungere tanti altri condimenti. Quello più popolare al momento è il condimento onsen tamago 温泉卵. Si tratta di un uovo tradizionale giapponese cotto lentamente nelle acque calde dell’onsen ovvero le “terme giapponesi”. L’uovo viene poi combinato con del formaggio in polvere per dare quel tocco di gusto in più ispirato all’italianità.

 

 

Feumen

credits: gnavi.co.jp

L’interno del ristorante: fra arte e sicurezza

 

L’interno del ristorante offre al cliente un mix di paesaggi naturali e artistici con un bancone centrale che ricorda l’albero creato dal paesaggista di fama mondiale Seijun Nishihata, circondato da diverse opere di Nana Soeda, giovane pittrice emergente. Il locale è dotato anche di una terrazza per godersi i noodles in una calda giornata di sole.

Interno Ristorante Feumen

credits: prtimes.jp

Infine un’altra particolarità è che sia l’ordinazione che il pagamento avvengono online. Basta infatti scansionare all’ingresso il codice QR e registrare la carta di credito sul sito web per visionare il menù. Con un semplice tocco si può ordinare e pagare il proprio pasto in perfetta sicurezza!

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Approfondimenti: La casa tradizionale giapponese

Se ci chiediamo quali siano le caratteristiche di una casa tradizionale giapponese le possiamo vedere tutte guardando un qualunque tempio in Giappone: austerità, materiali leggeri e porosi, pareti interne ed esterne molto sottili. La casa tradizionale giapponese, come la conosciamo oggi, ha le sue origini nelle case dei ricchi agricoltori nei primi anni del periodo Edo (1603-1868) costruite con strumenti e metodi importati dalla Cina e dalla Corea. Il materiale predominante è il legno, scelto dagli architetti giapponesi in una continua ricerca di armonia e sintonia con la natura. Il legno è un materiale leggero che riassume in sé il concetto di transitorio: il calore che trasmette agli ambienti interni, le sue irregolarità e texture sono elementi considerati di alto valore estetico.

La zona d’ingresso si chiama genkan 玄関, ed è quel luogo in cui è necessario togliersi le scarpe prima di entrare. La presenza del gradino, che pone il genkan ad un piano inferiore rispetto al resto della casa, serve proprio a definire il confine fra lo spazio interno abitativo e quello esterno. Allo stesso tempo però, proprio per la sua posizione ribassata rispetto agli altri piani della casa, il genkan si pone come uno spazio in continuità con la natura e non di separazione da essa. 

credits: jp.fotolia.com

 

Washitsu 和室: la stanza tradizionale giapponese

Le stanze di una casa tradizionale giapponese hanno la pavimentazione in tatami 畳 ovvero composta da pannelli rettangolari modulari rivestiti da paglia intrecciata. Queste stuoie non solo conferiscono bellezza alle case ma aiutano anche a conservare il calore durante le fredde giornate invernali. Tutte le stanze hanno questo tipo di pavimentazione fatta eccezione per la cucina e i corridoi, dove il materiale predominante è il legno. Proprio per questo tipo di pavimentazione è difficile utilizzare le sedie all’interno delle stanze tradizionali. A queste si preferiscono invece cuscini speciali utilizzati per sedersi chiamati zabuton 座布団.

tatami casa tradizionale

credits: jp.fotolia.com

Un’altra peculiarità delle case tradizionali giapponesi sono le porte scorrevoli: i fusuma 襖. Si tratta di pannelli rettangolari con il lato lungo in verticale che separano i locali interni della casa. Sono costituiti da una struttura in legno a reticolato ricoperta da cartone e da uno strato di carta o tessuto su entrambi i lati. Anticamente venivano dipinti per abbellire la residenza con scene naturali come paesaggi montani, foreste o animali. Esiste poi un altro tipo di parete scorrevole chiamata shōji, realizzata in carta di riso montata su un telaio in legno. A differenza dei fusuma, gli shōji separano l’interno delle case dall’esterno. Inoltre, essendo la carta che li riveste molto sottile, permettono alla luce naturale di filtrare attraverso la porta.

 

fusuma casa tradizionale

credits: jp.fotolia.com

 

L’ofuro nella casa tradizionale giapponese

La stanza da bagno nelle case tradizionali giapponesi è normalmente separata da quella adibita alla toilette.  L’ofuro お風呂 tradizionale è una vasca di legno compatta e profonda rispetto alle vasche comuni, colma d’acqua ad una temperatura di circa 43 °C o anche più calda. Costruita tradizionalmente in legno hinoki ヒノキ, cipresso giapponese, la vasca a contatto con i vapori e con l’acqua calda emana una fragranza molto particolare. Prima di utilizzare l’ofuro ci si siede su un piccolo sgabello all’interno della stanza per lavarsi corpo e capelli e si entra nella vasca solamente dopo essersi ben sciacquati. Fare il bagno per molti è un’esperienza che va oltre la semplice igiene personale. Per alcuni è religiosa, per altri curativa. Entrambi i due aspetti sono strettamente connessi al rito della purificazione: non ci si immerge nell’acqua bollente solo per una questione di igiene ma anche per purificare l’animo.

ofuro casa tradizionale

credits:tatezou-house.com

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