Shichi go san
Il 15 novembre in Giappone si celebra il Shichi go san, una ricorrenza nella quale si prega per la crescita in buona salute dei bambini.
Shichi go san, letteralmente significa sette, cinque e tre. Queste età sono considerate un traguardo importante nella vita dei bambini: all'età di sette anni le bambine indossano per la prima vota l'obi, la cintura a fascia che chiude il kimono; mentre a cinque anni i bambini indossano per la prima volta i pantaloni hakama in pubblico. I tre anni simboleggiano l'età in cui ai bambini e alle bambine viene dato il permesso di fare crescere i propri capelli.
La data del 15 novembre fu scelta per questa celebrazione in quanto considerata una delle più fortunate secondo il calendario tradizionale giapponese.Leggere di più
L'autodisciplina e gli studi del tè
Una delle grandi lezioni che ho appreso durante i miei 25 anni di studi del tè è l’importanza dell’autodisciplina. Credo che sia uno di quei valori adulti che non sembrano più essere tenuti da conto. Ero solita pensare all’autodisciplina come a una punizione; sentirsi in colpa perché non avevo fatto le cose che avrei dovuto fare, negandomi così il piacere della vita.
Quando all’inizio arrivarono gli studi del tè, non ero una studentessa particolarmente brillante. Non praticavo fra una classe e l’altra, la mia sensei mi rimproverava durante la lezione perché la mia mente vagava, ero in ritardo alle lezioni e ponevo sempre le domande anche quando la sensei aveva appena finito di spiegare proprio la cosa che stavo domandando (non prestavo attenzione). Di conseguenza, non progredivo molto.
Chūken Hachikō: il significato della fedeltà
Hachikō era un bellissimo esemplare di razza Akita bianco, nato nell’omonima prefettura nel 1923 e portato a Tokyo dal suo padrone, Ueno Hidesaburō, docente presso l’università di Tokyo, come regalo per la figlia. Gli fu dato il nome Hachikō, perché le sue zampette anteriori assomigliavano al carattere giapponese del numero otto (八 hachi).
Ogni mattina, cane e padrone, si recavano insieme alla stazione di Shibuya, dove il professore prendeva il treno per andare al lavoro, e, ogni pomeriggio, Hachikō attendeva pazientemente il suo ritorno seduto davanti alla biglietteria. Questa routine fu interrottà qualche anno dopo dall’improvvisa morte del professor Ueno, il quale non fece più ritorno. Il povero cane non si arrese alla realtà e continuò a recarsi alla stazione ogni giorno alla stessa ora, nella speranza di rivedere l’amato padrone rientrare finalmente a casa. Leggere di più
Cucina giapponese
Filosofia e tradizione
La ricerca della perfezione estetica è un dato ancora molto presente nella filosofia di vita giapponese: bellezza e rigore formale fanno parte al tempo stesso della tradizione e del quotidiano, anche in cucina. La cucina giapponese rappresenta un’esperienza unica nel suo genere, che coinvolge profondamente a diversi livelli. Non solo il gusto, ma anche la nostra sensibilità estetica viene piacevolmente sollecitata dalla bellezza impeccabile nella presentazione dei cibi, dall’armonia dei colori nel piatto e dall’equilibrio degli accostamenti.
L’appetito è stuzzicato in maniera irresistibile, le aspettative sensoriali amplificate. Un piatto è buono anche perché è bello a vedersi, e bellezza vuol dire cura estrema dei particolari, scelta attenta di stoviglie e utensili, anche per quel che riguarda la loro disposizione. Ogni pietanza prende forma nel suo piatto, ogni gesto è ripetuto all’infinito, perfezionato fino a rendere la preparazione del cibo simile a un rito antico.
Un salto nella meravigliosa Tokyo sotterranea
Chilometri e chilometri di metrò. Shopping center, ristoranti, negozi di ogni genere. Ecco cosa caratterizza il sottosuolo di Tokyo. Nel tentativo di combattere inquinamento e sovraffollamento, la nuova sfida della capitale giapponese è sfruttare il suo spazio sottostante, per creare una città parallela che offra servizi e spazi amplificati per rendere Tokyo più vivibile.
Mentre la Tokyo “di sopra” si espande verso l’alto con la costruzione di nuovi ed innovativi edifici che ospitano uffici all’avanguardia, gli stessi giapponesi chiedono strutture sotterranee funzionali per il poco tempo libero che gli rimane durante la giornata. Tempo libero che, per la maggior parte, trascorrono, proprio sottoterra per spostarsi da un capo della città all’altro.Leggere di più
Il teatro Bunraku
Il teatro Bunraku (文楽)è il teatro dei burattini giapponese. Sviluppatosi nel corso del XVII e XVIII secolo è, assieme al Kabuki, al No e al Kyogen, una delle quattro forme di teatro tradizionale. Il Bunraku è chiamato anche Ningyo Joruri (人形浄瑠璃 ningyo: bambola, joruri: forma di narrazione drammatica), poiché quando nel XVI secolo i burattinai itineranti si stabilirono a Kyoto, allora capitale del paese, quest’arte si fuse con quella del Joruri, i cui precursori erano degli attori itineranti ciechi che cantavano le gesta dello Heike Monogatari, un poema epico militare, accompagnando il canto al suono di uno strumento musicale chiamato biwa. Successivamente, quando il biwa fu sostituito dallo shamisen, una chitarra a tre corde la cui cassa è costruita con pelle di gatto, iniziò a svilupparsi lo stile Joruri, che deve il suo nome a una delle opere più conosciute: la leggenda dell’amore tra Minamoto no Yoshitsune e Lady Joruri.Leggere di più
L'arte del tè
L’arte del tè non è come le belle arti, è in qualche modo simile alle arti performative anche se diversa da loro. Non c’è un risultato tangibile nell’arte del tè e il tè non è una performance con l’artista che fa e il pubblico che guarda o ascolta. L’arte del tè è partecipativa. Tutti i sensi sono impegnati e stimolati. Il padrone di casa e gli ospiti creano insieme l’esperienza, con armonia, rispetto, purezza e tranquillità. Il padrone di casa si sforza di servire gli ospiti e gli ospiti fanno del loro meglio per apprezzare ciò che ha fatto il padrone di casa.
Dalla Cina con furore
Capita spesso che chi non ha molta confidenza con l’Oriente, magari non avendo mai avuto occasione di approfondire l’argomento o non avendone avuto l’interesse, tenda a confondere molto facilmente Giappone e Cina pensando che si tratti della stessa cosa. A volte questa abitudine, se reiterata, può risultare irritante soprattutto per chi si impegna nella differenziazione delle due culture e nella divulgazione degli aspetti tradizionali che le distinguono; però, effettivamente, non si può biasimare l’errore di chi in buona fede e da profano riconosce dei tratti in comune tra queste due realtà e tende a identificarle tra loro.
Al di là dei tratti somatici indiscutibilmente asiatici, si tratta proprio della condivisione di aspetti culturali, linguistici, religiosi, artistici e di una mentalità intrisa di concetti filosofici di matrice prettamente estremo orientale.Leggere di più
Hisabetsu burakumin
In Giappone vi è sempre stata storicamente la tendenza a ignorare realtà non reputate degne di far parte di quella che viene definita Yamato Minzoku 大和民族, ossia la “razza Yamato”, un’umanità che trae origine dall’ininterrotta discendenza della dea del sole Amaterasu Ōmikami, madre della sacra terra giapponese, da cui proviene la stessa famiglia imperiale. Nonostante l’impegno e la dedizione con cui la leadership giapponese ha sempre cercato di affermare l’unicità e omogeneità del proprio popolo, la diversità e la stratificazione sociale e culturale sembrerebbe essere una caratteristica imprescindibile anche di quest’umanità eletta.
Infatti a dispetto delle numerose teorie, a lungo sostenute e divulgate, sull’incorruttibilità dell’etnia e della razza giapponese (i cosiddetti nihonjinron日本人論), i quattro principali gruppi di minoranze sociali ed etniche, inconfutabilmente presenti in Giappone, ammontano nel complesso alla cifra di circa 5 milioni di persone, ben il 4% dell’intera popolazione giapponese.Leggere di più
Da un'email nasce un romanzo: il fenomeno dei keitai shosetsu
I keitai shōsetsu sono il nuovo movimento letterario giapponese sviluppatosi nell’ultimo decennio. Il termine tradotto significa “romanzi per il cellulare”. Si tratta appunto di romanzi virtuali che, non solo vengono letti, ma anche scritti sullo schermo del proprio telefono cellulare da giovani autrici amatoriali, non necessariamente interessate alla letteratura, le quali narrano con genuina semplicità le loro esperienze di vita sociale, introducendo al tempo stesso un nuovo tipo di scrittura all’occidentale.
Lo stesso termine comprende anche gli e-book, ovvero libri nati in forma cartacea e poi trasposti in versione elettronica per essere letti principalmente sul PC o palmare, e recentemente anche con il cellulare. Per i keitai shōsetsu il procedimento è inverso, in quanto nascono in versione elettronica e quelli di maggior successo vengono pubblicati in forma cartacea. Leggere di più