Il kakigōri, la granita giapponese simbolo dell’estate
Chi usufruisce dei media giapponesi ha probabilmente già incontrato il kakigōri, uno dei dessert più riconoscibili, soprattutto in estate. Questo dolce viene preparato tritando finemente il ghiaccio temperato che poi viene servito con sciroppi e guarnizioni di diverso genere e gusto.
La parola “kakigōri” significa letteralmente “ghiaccio tritato” e deriva da “bukkakigōri” (“ghiaccio su cui viene versato lo sciroppo”), termine del dialetto di Tōkyō. Ciononostante, il dessert è conosciuto anche con altri nomi, come ad esempio “natsugōri” (“ghiaccio estivo”) o “kōrimizu” (“acqua ghiacciata”). La parola “natsugōri” si può anche scomporre in “na” (7), “tsu” (2) e “go” (5), motivo per cui il 25 luglio è chiamato Kakigōri no Hi, il giorno del kakigōri.
Altre varianti sono ad esempio “karigane”, utilizzata a Okinawa o “kachiwari”, tipica della regione del Kinki. In Hokkaidō spesso si usa anche la parola “shābetto”, derivata da “sorbet”.
Consumare cibi freddi durante le calde estati giapponesi non è però un’esclusiva contemporanea: il kakigōri veniva mangiato ben prima che fossero inventati congelatori e frigoriferi. Si può infatti ritrovare un suo antenato persino nel periodo Heian (794 – 1185). La scrittrice e dama di corte Sei Shōnagon ne fa menzione nel capitolo (dan) 42 del Makura no sōshi (“Note del guanciale”, compilato intorno all’anno Mille), annoverando questo dolce tra le “cose eleganti”.
Il passo è il seguente:
“Cose eleganti. Una bambina che porta una veste bianca su una sottoveste rosa antico. Le uova di oca selvatica. Versare sciroppo di linfa d’edera su ghiaccio tritato e servirlo in una ciotola di metallo nuova. Un rosario buddhista con perle di cristallo. I fiori del glicine. La neve che cade sui fiori di pruno. Un bambino grazioso che mangia ad esempio le fragole.”
In un’epoca dove il solo modo per avere a disposizione il ghiaccio d’estate era quello di riuscire a conservare la neve e il ghiaccio raccolti in inverno, il kakigōri era una rara prelibatezza e poteva essere gustato solamente dagli aristocratici. Probabilmente per questo Sei Shōnagon lo considerava qualcosa di non comune e particolarmente raffinato.
Durante il periodo Edo (1603 – 1868), invece, divenne estremamente popolare. Nei kōriya (“negozi del ghiaccio”) si riusciva a produrre questa importante materia prima, rendendone quindi possibile un consumo su più larga scala. Dal periodo Meiji (1868 – 1912) le tecniche di creazione, conservazione e taglio del ghiaccio si evolvettero ulteriormente, avvicinando di molto il kakigōri dell’epoca al dessert che conosciamo oggi. Bisognerà però aspettare l’inizio del periodo Shōwa (1926 – 1989) affinché il kakigōri cominci a diventare un simbolo dei piaceri estivi delle persone comuni grazie a una diffusione ancora maggiore dei kōriya e a un’offerta di sciroppi più ampia.
Al giorno d’oggi gli sciroppi più comuni sono quelli derivati dalla frutta come quello alla fragola, all’arancia, al melone, ma sono anche diffusi sciroppi più particolari come quello alla cola, all’acqua zuccherata, al matcha, al caffè e persino all’umeshu, un liquore alle prugne. Le varie combinazioni sono comprensibilmente pressocché illimitate, ma vale la pena menzionare le versioni con l’aggiunta di frutta o gelato, con guarnizioni di noccioline, latte condensato o l’“uji-kintoki”, che unisce sciroppo al matcha e marmellata di fagioli rossi (chiamati anche “kintoki”, da qui il nome) come guarnizione finale. Molto popolare è anche la variante “shirokuma” (orso bianco/polare), tipica della prefettura di Kagoshima (l’omonima città che ne fa da “capoluogo” è gemellata con Napoli), nel Kyūshū, che prevede guarnizioni con piccoli mochi, frutta, pasta di fagioli rossi e latte condensato.
Il kakigōri è quindi un dessert dalle radici antiche e facilmente adattabile ai prodotti tipici e ai gusti di ognuno, grazie alle molteplici varianti e combinazioni. Non ci si stupisce che sia quindi riuscito a guadagnarsi un posto speciale tra i cibi preferiti per combattere le calde e umide estati giapponesi.
E voi, avete mai mangiato il kakigōri? Raccontateci la vostra esperienza!
Francesca Mora