Il teatro Kabuki è una forma di teatro classico giapponese dalle radici antichissime ma che ruolo avevano le donne nel teatro Kabuki?
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Nel 2008, l’UNESCO lo ha inserito nel patrimonio culturale immateriale dell’umanità. La sua particolarità consiste nell’utilizzo di costumi stravaganti, trucchi, performance uniche nel suo genere e, pensate un po’, una totale mancanza di bagni femminili nel backstage. Il motivo è semplice: la maggior parte degli attori sono uomini. Naturalmente, l’esclusione non è definita da alcuna legge quanto piuttosto dalla tradizione. Non è corretto, infatti, pensare che questa forma di teatro sia stata fin dalle origini esclusività degli uomini. Questo perché, come vedremo, le donne hanno ricoperto un ruolo importante nella nascita di questa forma di teatro.
Le donne nel teatro Kabuki
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Le origini del Kabuki possono essere rintracciate nel XVII secolo e particolarmente importante è la figura di Okuni, una fanciulla del santuario di Izumo. Okuni cominciò ad organizzare piccoli spettacoli di canto e danze (entrambi costituiscono la parola “kabuki”) nel letto asciutto del fiume Kamo a Kyōto. Gli attori che vi partecipavano provenivano soprattutto dalle classi più basse della società, comprese prostitute, mendicanti e altri emarginati dalla società.
Tutti, però, avevano in comune una cosa: erano tutte donne. Le trame delle loro storie riguardavano per lo più eventi storici, amore ed esperienze di vita che le portarono a riscuotere un discreto successo, esibendosi anche nella corte imperiale di Kyōto. Questo, quindi, fece nascere nuove compagnie di sole donne non solo intorno alla vecchia capitale ma anche fuori. Ma la situazione era destinata a cambiare di lì a poco.
Come il Kabuki è diventato una questione maschile
Nel 1629 lo shogunato al potere vietò categoricamente a tutte le donne di eseguire spettacoli Kabuki. Questo perché, secondo loro, il Kabuki stava alterando la morale pubblica. Infatti, molti dei suoi spettacoli erano provocatori ed erotici e, visto che alcune delle sue interpreti erano prostitute, vi erano casi di prestazioni sessuali dietro le sue produzioni. Tuttavia, il governo giapponese non considerava la prostituzione come un male assoluto, anche perché nel 1617 approvò la creazione di un quartiere a luci rosse dentro Tōkyō.
E curiosamente questo quartiere era interessato anche da una vivace attività di Kabuki. Piuttosto, ciò che veramente irritava i funzionari del Kabuki era il fatto che i loro spettacoli avessero in platea gente di ogni estrazione sociale. L’intento, quindi, era di far rimanere ognuno fedele alla propria classe. La loro soluzione fu bandire le donne dal palcoscenico, il che paradossalmente portò alla creazione di una parte molto interessante della storia LGBTQ+ del Giappone.
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Gli onnagata
Con l’esclusione delle donne nel teatro Kabuki i ruoli femminili dovevano essere interpretati dagli uomini. Si venne così a creare una categoria specializzata di attori: gli onnagata, ossia donne interpretate da uomini in scena, ma anche fuori. Infatti, nel XVIII secolo gli onnagata più rispettati erano quelli che vivevano a 360° come donne anche quando non si esibivano. Al contrario, quelli che si facevano vedere all’esterno in vestiti maschili o in compagnia della famiglia venivano screditati dalla critica teatrale.
Il divieto governativo fu revocato nel XIX secolo, ma le donne non tornarono comunque sul palco. Le scuse per giustificare tale comportamento riguardavano principalmente la forza fisica femminile, che secondo alcuni non poteva sostenere le pesanti parrucche e costumi del Kabuki. Alcuni, però, preferivano gli onnagata in quanto credevano che la loro prospettiva da outsider riuscisse a catturare la vera essenza femminile.
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L’esclusione femminile nel Kabuki e l’immagine dei ninja
Oltre alle donne, lo shogunato vietò anche ai ragazzi di esibirsi sul palco. Anche i ruoli di giovani ragazze dovevano essere interpretati da uomini maturi e questo richiedeva parrucche e costumi più elaborati. Per questo era fondamentale sul palco l’aiuto dei cosiddetti “kurogo” (letteralmente “vestiti neri”) che aiutavano l’attore con i cambi vestiti direttamente in scena. Erano vestiti, quindi, di nero dalla testa ai piedi in modo che il pubblico non si concentrasse su di loro. In questo modo, alcune commedie Kabuki cominciarono ad utilizzare i kurogo, ideali per la loro simbolica “invisibilità”, per interpretare i ruoli di ninja. Alcuni studiosi ritengono che questo fenomeno abbia contribuito a diffondere l’ideale comune dei ninja come assassini vestiti di nero. Tuttavia, i ninja erano principalmente spie che si vestivano come persone normali proprio per non attirare le attenzioni su di sé.
Quale futuro per le donne nel teatro Kabuki?
Oggi esistono attrici donne all’interno del teatro Kabuki, ma purtroppo sono una piccola minoranza. Come abbiamo visto, il loro ruolo all’interno della storia di questa forma di teatro è stato fondamentale. Si spera, quindi, che un giorno le donne potranno tornare a ricoprire ruoli importanti in una tradizione che hanno loro stesse contribuito a creare.
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