Eido Roshi sullo Zen nei kakejiku
Lo scorso mese alla riunione degli Amici nel Tè, Eido Roshi, il responsabile del Daibosatsu, ha tenuto un discorso commentando il significato di alcune famose massime Zen che sono utilizzate spesso sui kakejiku per il tè. Volevo condividere qui qualcuna delle cose che sono state dette. Ho fatto del mio meglio nel prendere appunti nella maniera più accurata possibile ma so che ci sono delle cose che mancano ed è per questo che mi scuso.
Ichigo ichie
“Questa espressione è così immensa che non c’è bisogno che dica niente… È tradotta spesso con “una volta, un incontro”. Letteralmente questa traduzione è inaccurata ma la mia interpretazione è “senza precedenti e irripetibile”. Non ci siamo mai incontrati qui – senza precedenti. Molto probabilmente, fra sei anni, ci saranno volti nuovi. Quindi, irripetibile.
Wa Kei Sei Jaku
[Tradotto di solito con “armonia, rispetto, purezza, tranquillità.” Roshi traduce il secondo ideogramma con “riverenza” e l’ultimo con “estinzione”.]
“Wa, kei, sei, jaku è una bella espressione ma quest’ordine è sbagliato. Jaku è un altro modo di dire ‘Nirvana’, che in inglese significa ‘annientamento’… Abbiamo molti inganni, delusioni, illusioni e anche idee preconcette subconsce. È forse troppo idealistico pensare che spariranno tutti. Se ciò accade, allora se ne andranno anche il wa, kei e sei. Ma presupponiamo che queste idee preconcette si estinguano [jaku], allora si realizzeranno il wa, kei e sei.
“Alcune persone traducono ‘jaku’ con ‘tranquillità’ ma la tranquillità è temporanea. Ovviamente, tutto è temporaneo ma la tranquillità lo è particolarmente. Dovrebbe essere tradotto con ‘estinzione’”
Enso
[Questa non è una parola ma semplicemente un cerchio disegnato con un unico tratto.]
“Esistono molti modi di scriverlo ma [è importante] farlo con un unico respiro – nessuna inalazione, nessuna esalazione. Quanto più è veloce tanto meglio, più di buon gusto.”
L’enso è scritto spesso con un “san”, una poesia o un cappello che accompagnano l’immagine. Di solito la persona che realizza l’immagine e quella che scrive il cappello sono diverse. Tre san comuni che sono spesso scritti con l’enso sono:
Tsuki ka dango ka oke no wa ka (é una luna o mochi rotondo o l’anello di un secchio di legno?) – “Potete scrivere qualsiasi cosa qui. È una ciambella, un krapfen o una conchiglia?”
Nore ni te yoshi (Va bene com’è) – “Va bene com’è, sia che sia un cerchio spezzato o perfetto. Un cerchio perfetto non è altrettanto gustoso di uno spezzato.”
Kore nanzo! (Che cos’è!)
Un maestro Rinzai Zen chiedeva costantemente ai propri studenti: ‘Chi è che ascolta? Chi è che gusta?’… L’altro giorno ho visto una foto in un giornale di un dipinto del Boston Museum. Il titolo era: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove stiamo andando?’ Da un lato c’era un neonato, nel mezzo un uomo giovane e forte e alla fine c’era una donna anziana accoccolata. Questa è esattamente la domanda: ‘Kore nanzo?’ È indubbiamente la domanda più grande che possiamo porci mentre viviamo in questa incarnazione.”
Nichi Nichi Kore Kojitsu [Ogni giorno è un buon giorno]
Konnichi Kore Kojitsu [Oggi è un buon giorno]
“C’era un maestro Zen di nome Unmon che disse ai propri monaci ‘Non chiedo nulla prima del 15mo giorno del mese, ma dirò qualcosa dopo il 15mo giorno.’ E un monaco disse: ‘Nichi nichi kore kojitsu.’ È facilmente frainteso.”
Konnichi Buji [oggi, nessun evento]
“L’autentico significato di buji è:
bu = no, negazione
ji = avvenimento, questione, accadimento
“Guardando alle nostre vite, la nascita è un evento. Non è una non-questione. Invecchiare è un evento. Anche la malattia e la morte. Dalla mattina al giorno, per tutto il giorno, evento, evento, evento. Fino a questo punto, è facile [da capire].
“Qualche anno fa traducevo il Genzai Roku in inglese. Questo buji è uno dei temi principali del Genzai Roku e io pensai che richiedesse una spiegazione.
“Tendiamo a pensare che realizzando diverse pratiche, possiamo raggiungere un punto in cui sparisce la delusione e pensiamo che non ci sarà nient’altro da fare. Questa visione è un inganno. Come potrebbe la pratica alterare la realtà? Tuttavia, potreste chiedere, se il buji implica il non fare niente, allora perché dobbiamo praticare? Il ‘fare nulla’ nell’usuale senso passivo dell’espressione è abbastanza? Allo stesso tempo, ogni essere non è un ji? E non è il nostro vero e proprio essere la fonte di tutti i problemi che esistono? Possiamo negare o trascendere il nostro essere limitato? Quando comprendiamo completamente l’autentica natura dell’universo, quello che sembra essere ji non è altro che buji. Non importa quello che facciamo, [non è nulla].
“La parola inglese più vicina a ‘buji’ è ‘ora’. Puoi migliorare ora? Ovviamente no. In questo momento, puoi essere diverso o possono esserlo le circostanze? Quando capisci che il momento presente è tutto quello che c’è, non hai altra scelta di giungere a un’accettazione radicale e questa accettazione radicale è la parte più difficile.
“Buji significa ‘uno con talità’ – la natura incondizionale di essere pronti a essere, con niente che si vuole, niente di superfluo.
“Comprendere ciò che ho appena detto non è difficile ma l’accettazione radicale è dura e pertanto abbiamo bisogno della pratica.
“Konnichi buji significa ‘oggi accetto questo per quello che è’. Questo è un dilemma. Noi vogliamo fare progressi e per questo pensiamo, più pratichiamo e meglio staremo. Non possiamo negare ciò. In un migliaio di anni di pratica dello Zen, dieci migliaia di anni di pratica del tè, non ci sarà mai un giorno in cui sei pronto. È sempre non ancora, non ancora, non ancora. Ma oggi, questo è ciò. Quando questi due si mettono insieme – non ancora / questo è – non c’è una parola per quello, quindi dobbiamo dire accettazione radicale.”
Tozan Sui Jo Ko [La montagna orientale cammina sempre sull’acqua]
Kumpu Minami Yori Kitari [Il vento fragrante viene dal sud]
“Sanmon chiese a Unmon: ‘Da dove vengono tutti i Buddha e i Bodhisattva?’
Unmon disse: ‘Tozan Sui jo ko.’
Un altro monaco disse: ‘Non avrei detto così, avrei detto Kumpu minami yori kitari,’
Questo lo potete capire anche razionalmente.”
Den Kaku Biryo wo Shozu [Una leggera brezza pervade la sala del dharma]
“Quando entri nella stanza del tè, la prima cosa che vedi è il tokonoma e quello che il kakejiku dice determina il tema fondamentale della cerimonia. Nel chakai di stamattina, c’era un kakejiku con scritto ‘Sei gin no yo cha o niru’, ‘Recitando poesia di notte, bollendo il tè’. Oggigiorno nella società moderna non possiamo apprezzare una scena del genere. Nella storia occidentale, il periodo antico termina all’incirca nel V secolo, quando finì l’Impero Romano. Dopo di ciò, per novecento anni siamo nell’Era Buia. Gradualmente il Rinascimento iniziò nel XIV, XV e XVI secolo. Da quel momento in poi, le cose cambiarono. Nel XVIII secolo, la Rivoluzione Industriale modificò realmente la vita – quanto a lungo viviamo, quanto velocemente viviamo. Dimenticammo il memento mori [ricordati che devi morire]. È lì che iniziò la nostra tragedia. Ci sono miglioramenti – abbiamo la civiltà moderna – ma dobbiamo ricordare anche il memento mori. [Oggi] anche solo la menzione della morte è tabù. Questa è una questione assai seria.
Ok, viviamo nell’era moderna. Accettare, apprezzare. Ma rende le nostre menti artificialmente e meccanicamente innaturali. Rende essenziale venire al Daibosatsu e preparare la stanza del tè, anche se non cantate o recitate la poesia, per realizzare un’immagine di ciò attraverso l’immaginazione, possiamo tornare all’epoca antica. Questo è il punto nella pratica del tè…
In verità di questi tempi, l’Est e l’Ovest non sono più distinguibili. Anche i confini si riducono sempre di più. E per noi, studenti di Zen e del tè, ciò che è realmente necessario è imparare la natura della bellezza e della semplicità.
Per Rikyu, tutto era bellezza. Anche la sua morte era per lui bellezza.
[Roshi ha riferito la poesia sulla morte di Rikyu, il suo san, che è come segue:
Avendo vissuto settant’anni
Ora ho trasceso la mia rabbia [verso Hideyoshi], totsu!
Ho portato la mia preziosa spada tutta la mia vita
Poteva uccidere i Buddha e i patriarchi
Ora è giunto il momento per me di gettarla in cielo!]
Haku Un Onozukara Koraisu [La nuvola bianca va e viene naturalmente]
Seizan Moto Fudo [La montagna blu non si muove]
“Qui c’è un contrasto – il bianco e il blu. Potete immaginare le nuvole e la montagna. Ma dovete pensare in un altro modo: non ancora / questo è.
Qual è la montagna? Quale non è ancora? Questo è.”
Tradotto da Mariella Minna dal blog di Philly Tea
1 Commento
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Molto interessante anche questo articolo.
Grazie.