Geisha – Le origini
La parola Geisha per noi occidentali evoca l’immagine della bella bambolina dal kimono sgargiante, che sorride accanto ad un ciliegio in fiore o ad una pagoda. Un simbolo, come può esserlo il Kinkakuji o il monte Fuji. La realtà è molto più complessa e cercherò in questo mio scritto di descrivere le varie fasi della vita di una Geisha, dal suo ingresso nell’Okiya, fino al raggiungimento della sua maturità professionale.
Origini Geisha
Se è vero che le Geisha non sono prostitute, è anche vero che questa figura storica del Giappone nasce da un particolare modo di vedere le donne da parte degli uomini giapponesi del 1600. La donna era inferiore all’uomo nella società, i matrimoni erano combinati dalle rispettive famiglie e la moglie diventava una domestica che viveva insieme a lui e ai suoi genitori, il cui compito principale era quello di concepire un figlio.
La figura della cortigiana nasce dunque per la soddisfazione sessuale dell’uomo e vi erano vari tipi di classi di cortigiane in base alla loro bellezza e raffinatezza.
La figura della Geisha nascerà invece per soddisfare un desiderio non per forza sessuale ma anche, e a mio avviso, soprattutto, di corteggiare una donna, di poterla frequentare e forse conquistare. La donna nel minuscolo mondo delle Geisha, non sarà solo un oggetto sessuale ma più che altro una persona di piacevole compagnia. Esperta nelle arti tradizionali e capace di intrattenere brillanti conversazioni, al contrario di quanto si pensa, la Geisha è un personaggio apparso solo di recente nella storia del Giappone.
Molti sono i personaggi che nei secoli hanno contribuito a far nascere questa figura leggendaria, ormai simbolo del suo paese. A partire dalle Saburuko del periodo Nara, alle danzatrici Shirabyoshi del periodo Kamakura fino alle cortigiane del primissimo periodo Edo. Un minimo comune denominatore le unisce, erano tutte donne forti, con una gran voglia d’indipendenza.
SABURUKO
Saburuko significa “persona che serve” e sono il risultato del cambiamento della società alla fine del 7° secolo. Molte donne dovettero prostituirsi per sopravvivere. La maggior parte di queste donne proveniva dal basso ceto, ma c’erano fra queste molte donne istruite e di talento, provenienti famiglie benestanti cadute in povertà.
Queste in particolare erano ballerine o cantanti e spesso venivano invitate per intrattenere e servire gli aristocratici. Fra la fine del periodo Heian e l’inizio del periodo Kamakura la storia si ripete. Nascono le danzatrici Shirabyoshi.
SHIRABYOSHI
白拍子Shirabyoshi è il nome di un tipo di danza praticato da giovani donne provenienti da famiglie aristocratiche cadute in povertà e che, per sopravvivere hanno cominciato a danzare.
Essendo esperte musiciste, ballerine o cantanti, erano spesso ospiti di aristocratici come i Fujiwara e i Taira
Le danzatrici Shirabyoshi si vestivano in stile Shinto con un cappello da uomo, una spada ed eseguivano danze per i Kami, le divinità giapponesi. Recitavano inoltre ballate basate su preghiere buddhiste.
Le più famose erano Kamagiku, concubina dell’imperatore in ritiro a Gotoba, e Shizuka Gozen, concubina di Minamoto No Yoshitsune.
La storia di Shizuka Gozen è molto triste. Lo Shogun Yoritomo ordinò l’assassinio del fratello Yoshitsune, al quale lei era legata, perchè credeva che volesse, grazie alla sua popolarità, salire al trono al suo posto. Lei venne dunque arrestata e quando Yoritomo si accorse che era incinta, attese la nascita del figlio e, scoperto che era un maschio, lo uccise per evitare eredi che potessero vendicarsi. Yoshitsune fu catturato e ucciso a Kamakura. Yoritomo volle Shizuka accanto a se quando gli portarono la sua testa, poi la costrinse ad esibirsi per lui e sua moglie. Lei danzò, dedicando però la sua esibizione all’amato. Una volta liberata, la giovane Shizuka, allora solo 18enne, entrò in convento. Morì di crepacuore nel 1189.
Se 芸 Gei di Arte e 者 Sha di persona, significano Artista, forse possiamo definire le danzatrici Shirabyoshi le prime Geisha in assoluto. Donne che, per sopravvivere, reinventarono se stesse. Forti e indipendenti, in un’epoca in cui le donne non potevano esserlo.
Articolo di Francesca Gambera.
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