Cinema giapponese
Camminando ancora / Aruitemo aruitemo
Un giorno d’estate, un cielo azzurro. Una riunione famigliare. Nella casa dove hanno sempre vissuto, gli anziani genitori ospitano il figlio e la figlia, entrambi sulla quarantina, con le rispettive famiglie a seguito. L’occasione è la commemorazione della tragica morte del primogenito, annegato in mare quindici anni prima. La casa è sempre quella, spaziosa e confortevole, e tutto sembra essere rimasto come una volta, a partire dal banchetto preparato dalla madre. In realtà tutti sono cambiati e, dietro i legami affettivi, covano risentimenti mai sopiti.
Il film sarà proiettato venerdì 15 gennaio alle ore 19.00 presso il Centro Incontri Culturali Oriente Occidente, Via Lovanio 8 (MM2 – Moscova) nel contesto della rassegna “5 centimetri al secondo. Viaggio nel Giappone antico e moderno attraverso il cinema”, curata da Giampiero Raganelli.
Regia, soggetto, sceneggiatura, montaggio: Kore-eda Hirokazu
Fotografia: Yamazaki Yutaka
Musiche: Gontiti
Con Abe Hiroshi (Yokoyama Ryota), Natsukawa Yui (Yokoyama Yukari), You (Kataoka Chinami), Takahashi Kazuya (Kataoka Nobuo), Tanaka Shohei (Yokoyama Atsushi), Kiki Kirin (Yokoyama Toshiko), Harada Yoshio (Yokoyama Kyohei)
Produzione: TV Man Union
Durata: 114’
Giappone, 2008
Aruitemo aruitemo è un dramma famigliare, sul modello degli shomin geki del cinema classico giapponese, le storie della vita comune della piccola borghesia. Fa da mentore Ozu Yasujiro, cui il film è un evidente omaggio. La riunione famigliare richiama tanti film del grande cineasta, a partire dal suo celebre Viaggio a Tokyo (Tōkyō monogatari, 1953) e Kore-eda riesce nell’intento di reinterpretare, ed attualizzare, il cinema del maestro, mettendo in scena la quotidianità della vita, con le piccole azioni, gli eventi dolci e amari che costituiscono l’essenza dell’esistenza. Il film è disseminato di tutta una serie di simbologie tipiche di Ozu e della tradizione giapponese, quali i treni, le nuvole, i ponti tra le due rive di un fiume, metafore dell’impermanenza, della transitorietà, dell’imprevedibilità della vita. E tipico di Ozu è anche il ruolo centrale della casa giapponese. Il nido famigliare è esso stesso protagonista della storia, con le sue stratificazioni, i ricordi che evoca nei protagonisti, i riti famigliari che si compiono sempre uguali.
Kore-eda, a proposito di Aruitemo aruitemo, si è così espresso: «Nel corso della giornata, apparentemente tranquilla come un mare piatto, la marea sale e scende, e piccole onde increspano costantemente la superficie. In questo film ho contemplato e ritratto quelle piccole onde che riemergono nel corso di una vita. Non ci sono tempeste. Viene rivelato solo quello che precede e segue un evento drammatico. In altre parole mi sono concentrato sulle premonizioni e sui riverberi dell’esistenza, perché sono convinto che sia lì che si nasconde l’essenza della vita».
Curiosità
Il titolo del film richiama il ritornello di una canzone famosissima in Giappone, Blue Light Yokohama. Portata al successo nel 1968 da Ishida Ayumi, è un tipico brano enka, un genere musicale melodico molto popolare in Giappone.
Kore-eda Hirokazu
Nato nel 1962, è uno dei più importanti registi giapponesi contemporanei. Inizia la sua carriera artistica come documentarista per una compagnia di produzione televisiva indipendente, la TV Man Union, e come autore di romanzi. Il suo primo film, Maborosi (1995) ottiene numerosi riconoscimenti ai festival di tutto il mondo. E’ la descrizione della sofferenza interiore di una donna, il cui marito si è tolto la vita. Nel suo secondo lavoro After Life (1998), dal cui soggetto ha realizzato anche un romanzo, ricrea un’ambientazione fantastica, una casa dove stazionano le anime delle persone appena decedute. Devono pensare a un episodio singolare della propria vita, dal quale verrà tratto un film. Il suo terzo lungometraggio, Distance (2001) si ispira a un episodio di suicidio collettivo realmente accaduto nella metropolitana di Tokyo. Con Nobody Knows (2004) racconta la storia amara, pure realmente successa, di una donna che abbandona i suoi quattro figli. Con Hana (2006) realizza il suo primo jidaigeki, film di ambientazione storica, senza rinunciare alle sue tematiche intimiste. L’ultimo film di Koreeda, Air Doll (2009), presentato all’ultimo Festival di Cannes, racconta la singolare storia di una bambola gonfiabile che prende vita.
La morte, la memoria e l’identità, la famiglia disfunzionale e monca, il rapporto tra vita e oggetti inanimati sono le sue tematiche ricorrenti. I suoi modelli di riferimento sono, oltre a Ozu, i registi taiwanesi Hou Hsiao-Hsien e Edward Yang, sui quali ha anche girato un documentario.
Giampiero Raganelli