Dì solo “hai”

cerimonia_del_te2Quando sono andata in Giappone, mi sono trovata piuttosto in difficoltà ad adeguarmi alla cultura giapponese. Dico alle persone che non ho vissuto in Giappone solo un anno, ho vissuto nel Giappone del XVIII secolo. Dovevo indossare il kimono ogni giorno e la stanza in cui vivevo era di quattro tatami e mezzo – circa 3 metri quadrati. Non capivo molto la lingua giapponese così le persone mi urlavano tutto il tempo perché pensavano che non le stessi ascoltando.

Alla fine, il mio sempai (studente senior) mi prese da parte e mi disse che era meglio che smettessi quello che stavo facendo e dicessi solo “hai” (che significa sì, anche se a volte è tradotto come no e talvolta solo come un riconoscimento). Molte volte cercavo di spiegarmi o di offrire una scusa quando mi dicevano che stavo facendo qualcosa di sbagliato, ma uno sguardo del mio sempai e io risposi solo “hai”. Pensai spesso che questa sottomissione nel concordare con la persona che mi stava riprendendo senza offrire qualcosa a mia difesa fosse avvilente e ingiusta.

Ritornai dal mio sempai e mi lamentai di quanto fosse ingiusto che dovessi sottomettermi a chiunque mi rimproverasse e tutto quello che dovessi dire fosse “hai”. Quindi egli tentò con grande pazienza di spiegarmi che in quanto nuovo studente e straniero, avevo uno status basso. Inoltre, non sapevo parlare la lingua e non conoscevo i protocolli di come comportarmi all’interno della struttura del mondo del tè.

Mi disse che se volevo imparare il chado, avrei dovuto umiliarmi perché tutte le persone che avrei incontrato lì avevano vissuto e respirato il chado per molti più anni di quanto io non avessi vissuto. Se io avessi resistito, mi fossi giustificata, avessi offerto delle scuse o mi fossi lamentata, le persone probabilmente non avrebbero condiviso la loro conoscenza. Mi disse che c’erano grandi ricchezze attorno alla via del tè ma che io avrei dovuto diventare sunao (guardai nel dizionario e diceva obbediente, mansueto, gentile). Egli disse che sunao significa aperto senza resistenza, accettare tutto come parte del mio training. Spiegare, offrire delle scuse o giustificarmi dimostrava che non ero aperta ma resistevo all’apprendimento.

Per me è stata una lezione difficile da imparare, con la mia natura ribelle che tentava di agire. Ma quando iniziai a dire “hai” quando qualcuno mi correggeva o mi rimproverava e lo dicevo sinceramente, le cose incominciarono ad andare meglio per me. I miei insegnanti mi rivolsero una maggiore attenzione, nuove opportunità si aprirono davanti a me. Incontrai più amici che erano desiderosi di aiutarmi con la lingua.

Così, la prossima volta che qualcuno mi sgriderà, io dirò semplicemente: “hai”.

Tradotto dal blog di sweetpersimmon.com


Segui l’Associazione

Contattaci

– Per la segnalazione di eventi e per informazioni generali: info@giapponeinitalia.org
– Per proporre convenzioni: convenzioni@giapponeinitalia.org
– Per pubblicare sul blog: redazione@giapponeinitalia.org
– Per candidature stage e collaborazioni generiche: collaborazioni@giapponeinitalia.org

Sede:
Via Lamarmora 4, 20122, Milano

Segui l’Associazione

Privacy Preference Center

X
%d