I giapponesi e la luna

Il legame che unisce i giapponesi alla luna è molto antico e prende varie forme. Una di queste è sicuramente il Festival della luna e del raccolto (Tsukimi), che si tiene a metà settembre. È proprio la luna di questo il mese quella che si ritiene sia la più bella, grazie alla maggiore visibilità data dalla poca umidità presente nell’aria e dalla sua posizione nel cielo, non troppo in alto né troppo in basso rispetto all’orizzonte.

Utagawa Hiroshige, “Punto panoramico per ammirare la luna”, dalla serie “Cento vedute famose di Edo”, 1857. Courtesy Museum of Fine Arts, Boston. https://collections.mfa.org/objects/207465

Nella letteratura giapponese la figura della luna è presente da secoli. Nel “Taketori monogatari” (“Storia di un tagliabambù”, X secolo), uno dei primi racconti di narrativa pervenutoci, è proprio la luna a essere la terra natia della protagonista, la principessa Kaguya. Questa terra lontana è descritta come pura, dove non c’è morte né vecchiaia. Nella poesia waka, genere fiorito nel periodo Heian (794 – 1185) prendendo generalmente la forma del tanka (poesia in 5 versi), la luna appare spesso in relazione al paesaggio naturale o in componimenti d’amore, per esempio quando una donna osserva il cielo notturno mentre aspetta l’arrivo del suo innamorato.

Si può trovare questa sua componente romantica anche in epoche più vicino a noi. Secondo un interessante aneddoto, sembra che Natsume Sōseki (1867 – 1916), considerato uno dei padri del romanzo giapponese moderno, abbia tradotto l’inglese “I love you” con l’espressione “Bella la luna, vero?”. Anche al giorno d’oggi quest’espressione, che apparentemente non si presenta come una dichiarazione d’amore, in giapponese può assumere anche questo significato e può indirettamente indicare un sentimento romantico.

È poi curioso notare come, secondo la cultura greco-romana, la luna assuma un’identità femminile nelle dee Artemide e Diana, mentre secondo la mitologia giapponese la divinità della luna è un dio maschile. Del dio Tsukuyomi si parla infatti nel “Kojiki” (“Cronache di antichi eventi”, 712), dove viene narrata la creazione del mondo e la nascita dei tre fratelli: Amaterasu (dea del sole), Tsukuyomi e Susanō (dio della tempesta e del mare). Al giorno d’oggi esistono 85 santuari dedicati a Tsukuyomi, sparsi per tutto il Giappone.

Continuando a esaminare i capolavori della letteratura, si può poi trovare un passo nello “Tsurezuregusa” (“Ore d’ozio, 1330 – 1332) di Yoshida Kenkō dove l’autore, parlando della luna, riesce a condensare in poche parole un concetto fondamentale dell’estetica giapponese, secondo cui c’è bellezza anche e soprattutto fuori dalla “perfezione”. Nel capitolo 137 si legge infatti:

“I fiori di ciliegio son forse da ammirare soltanto nel massimo rigoglio e la luna nel suo pieno splendore? Vagheggiare la luna brumosa attraverso la pioggia o ignorare al chiuso di una buia stanza quanto avanzata sia la primavera: com’è più intenso allora l’incanto! Ancora, le punte dei rami dei ciliegi quando stanno per schiudersi i fiori, o un giardino tappezzato di petali caduti…: quante altre sono le scene mirabili!”. (1)

Tsukioka Yoshitoshi, “La luna a Ishiyama”, dalla serie “Cento aspetti della luna”, 1889. Courtesy British Museum. https://www.britishmuseum.org/collection/object/A_1906-1220-0-1415

Troviamo poi l’astro notturno anche tra i classici moderni, per esempio in opere come il racconto “Sangetsuki” (“Cronaca della luna sul monte”, 1942) di Nakajima Atsushi. Nel passaggio che dà il titolo all’intero racconto, uno dei più toccanti, si legge:

E per un po’ di tempo, limpida e sonora, si udì la voce di Li Zheng, che dal boschetto recitava le sue poesie. […]

Cosa rimane della gloria passata?

tu vai in carri dorati

e io striscio per terra.

Questo dolore dicevo stanotte

ruggendo alla luna

che illumina il monte.

 

Già la luna impallidiva nella fredda luce del mattino, la rugiada cadeva più fitta e il vento gelido che attraversava gli alberi annunciava l’alba. (2)

Keisai Eisen (1790-1848), “La tigre e la luna piena”, 1844–1846. Courtesy Museum of Fine Arts, Boston. https://collections.mfa.org/objects/226091

La luna appare in molte forme nelle opere giapponesi, a testimonianza di quanto sia un riferimento familiare al loro pubblico che, nonostante il tempo e le modalità, continua ad ammirarla stagione dopo stagione.

 

(1) Traduzione a cura di Adriana Boscaro.

(2) Traduzione di Giorgio Amitrano.

 

Francesca Mora