L’insolita estate di Kikujirō
“L’estate di Kikujirō” (Kikujirō no natsu) è una pellicola del 1999 scritta, diretta e interpretata da Kitano Takeshi. In concorso al Festival di Cannes dello stesso anno, il film ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti, tra cui il premio come miglior colonna sonora e miglior attrice non protagonista a Kayoko Kishimoto (che interpreta la moglie di Kikujirō, interpretato da Kitano stesso), entrambi conferiti dalla prestigiosa Japanese Academy. Inoltre, il film è stato insignito del premio per il miglior attore per la performance di Kitano e del premio FIPRESCI alla Settimana internazionale di cinema di Valladolid, sempre nel 1999.
La pellicola parla di Masao, un bambino di nove anni che abita a Tōkyō con la nonna, la quale lavora costantemente. Improvvisamente Masao si ritrova solo, senza più allenamenti di calcio a causa della pausa estiva e senza amici, partiti per le vacanze con le relative famiglie. Così, il piccolo decide di andare a cercare la madre, che non ha mai conosciuto e che lavora da anni in un’altra città, della quale ha solo una vecchia foto e un indirizzo. Ad accompagnare il bambino sarà Kikujirō, un amico di famiglia un po’ losco, che si confermerà in seguito essere uno yakuza. Tra un autostop e l’altro, lo strano duo si fa strada tra incontri inaspettati e azioni non sempre pulite per cercare di giungere a destinazione e trovare la madre di Masao.
In questa storia on the road, l’estate è sicuramente un elemento molto presente e caratterizzante, fungendo da motore della trama stessa, essendo il motivo per cui Masao rimane da solo in città. Inoltre, l’ambientazione estiva penetra nella storia amalgamandosi con essa. Gli elementi che rimandano direttamente all’estate sono infatti molteplici e ricorrenti: quando i due protagonisti sono ospiti di un albergo si divertono (o almeno ci provano) in piscina, partecipano a un matsuri e ai giochi tipici dei festival come il tiro a segno e la pesca dei pesci rossi, campeggiano lungo il fiume, giocano a rompere l’anguria, provano a pescare, si arrampicano sulla corda e guardano le stelle.
L’estate è comprensibilmente presente anche nelle campagne che Masao e Kikujirō devono attraversare. Le colture stagionali fanno da sfondo al viaggio, fino a prendere parte alle gag di cui è costellato il film, come accade nel caso delle pannocchie di mais trafugate e rivendute. Una dinamica simile si può trovare anche nella scena in cui i campeggiatori improvvisati giocano a colpire e rompere un’anguria mentre sono bendati, tipica attività da spiaggia. In quest’occasione, lo spettatore si accorge all’ultimo che l’anguria colpita da Masao è invece la testa di uno dei personaggi che, con tutto il corpo interrato sotto la sabbia, indossa la buccia del frutto come se fosse un elmetto protettivo.
La proposta di attività ricreative tipiche estive non è solo dovuta al momento temporale in cui si svolge la storia, ma ha un senso più profondo. La scena del campeggio funge infatti da tentativo degli adulti di sollevare il morale di Masao e tentare di fargli vivere un’esperienza simile, quanto più possibile, alla vacanza estiva che non ha potuto trascorrere con una famiglia biologica come invece possono fare i suoi coetanei.
Il film è un racconto dove, già a partire dal titolo, l’elemento estivo è presente in molte forme e aspetti, tanto da permeare, caratterizzare e influenzare la storia stessa di un’estate insolita ma non per questo meno ricca di emozioni.
Francesca Mora