Lo sguardo catturato – il vetro di Ōki Izumi
Il vetro è un materiale strettamente legato al concetto di passaggio. Non ad un passaggio fisico, quanto ad un passaggio spirituale, nel quale il corpo immobile è spinto oltre dal solo sguardo.
Il vetro usato da Ōki Izumi blocca questo passaggio in un attimo temporale, lo arresta a metà del suo svilupparsi. Assume una forma, si muove e dialoga con lo spettatore, rivendica la sua esistenza come materia, fragile, pericolosa, sensuale, disegnandosi da sola con gli incastri delle listelle che compongono la sua forma, la sua architettura. Lo sguardo altro non può fare che fissarsi, impossibilitato a procedere oltre anche laddove il retro dell’opera sia visibile, come l’ipnotico incedere dell’acqua ci distrae dal fondale, con solo la luce a passarvi attraverso.
Le sculture di Ōki Izumi non rifuggono in alcun modo da questa analogia. La stratificazione delle listelle, il movimento incessante di saliscendi di angoli e tramezzi, fanno apparire la superficie dell’opera modellata dal vento, e ne cristallizzano la bellezza. Lo sguardo si dimentica così di andare oltre, e si perde prima ancora di concludere il passaggio in quel limbo che è il concetto stesso di andare attraverso. Avvicinandosi all’opera, lo spettatore cade inevitabilmente all’interno del labirinto di geometrie.
Guidato dall’evocazione di forme e architetture, senza un “altrove” in cui andare, lo spettatore è spinto alla meditazione, al ritrovare se stesso come meta. Ecco emergere l’altra qualità del vetro industriale, indiscusso protagonista dei lavori di Ōki Izumi, la riflessione. La stessa riflessione a cui conduceva l’azione teofanica delle grandi vetrate gotiche, in un epoca in cui la visione era percepita come un’esperienza tattile, in un reciproco toccarsi dell’occhio e dell’oggetto attraverso fantasmi e luce.
Il vetro come resa materica della trasparenza offre un’infinita ricchezza comunicativa, che nessun artista potrà mai gestire nella sua completezza. La consapevolezza di Ōki Izumi nel saper di poter svolgere solo il lavoro di “primo motore” verso la riflessione affidata al pubblico, è espressa nella semplicità e precisione formale delle sue sculture, in tensione verso una direzione evidente che le fa gradualmente svanire. A rimanere è il procedimento di creazione da parte dell’artista e da parte dell’immaginazione dello spettatore. A rimanere è il passaggio tra l’occhio e l’oggetto.
All’interno della mostra Tra l’acqua e il cielo, le sculture di Ōki Izumi dialogano con gli scatti di Gianni Pezzani, e con essi suggeriscono allo spettatore nuove straordinarie mete estetiche. La mostra sarà visitabile fino a fine maggio alla galleria Kanalidarte, in via Alberto Mario 38 a Brescia.
Le foto presenti nell’articolo provengono dal sito della galleria, nella pagina dedicata visitabile a questo indirizzo link.
Beatrice Varriale