RELAZIONE: Tadao Ando e Water Temple
Per il primo articolo della serie “La percezione dello spazio nella visione degli artisti giapponesi contemporanei” si prenderà in considerazione un edificio di culto, luogo che presenta particolarità molto interessanti e che fa emergere nello specifico una caratteristica che è possibile riscontrare in molte altre architetture in Giappone.
Water Temple è un’opera molto conosciuta di Tadao Ando ed è un tempio buddhista Shingon, collocato sull’isola di Awaji e chiamato anche Honpukuji. L’isola di Awaji si affaccia sulla baia di Osaka, e si trova a una/due ore di distanza dalla città stessa. Viene completato nel 1991, posizionato in un contesto extraurbano e attorniato da colline e spazi verdi. Non è certo un classico tempio giapponese, o almeno non apparentemente: la costruzione in cemento che lo accoglie nulla ha a che vedere con le antiche architetture in legno con pagode che spesso accostiamo ai luoghi sacri del buddhismo. Eppure, la sua costruzione prende forma – forse implicitamente – anche dagli insegnamenti buddhisti, e si colloca nel verde, proprio come accade per i templi antichi, sempre provvisti di un giardino o immersi nella natura.
Honpukuji viene considerato da alcuni come esso stesso un tipo di giardino acquatico, proprio perché accoglie sulla sua superficie una vasca in cemento contenente acqua e fiori di loto (simbolo di illuminazione nel buddhismo). Al di sotto, nel cuore del terreno, ospita il vero e proprio luogo di culto. Dunque, una specie di giardino, che è già struttura architettonica, il quale custodisce in sé il tempio.
Vediamo dunque com’è strutturata quest’architettura: perché si è parlato di “relazione” come una delle caratteristiche di questo luogo?
Avvicinandosi alla piccola collina che ospita il complesso, incontriamo per prima cosa delle pareti in cemento, che dobbiamo costeggiare per giungere alla vasca ovale. Questa vasca, seppur posta in una zona rialzata, ci appare probabilmente come uno spazio concavo rispetto a ciò che ci circonda: tutt’intorno si è circondati da alture, verde che si riflette nell’acqua della vasca. Nonostante dunque questa sia costruita in cemento e rappresenti un perfetto ovale, si pone in relazione con gli elementi che la circondano e con il territorio. E cosa significa relazione in questo contesto? Non due poli indipendenti che interagiscono ma, anche seguendo gli insegnamenti buddhisti, due realtà interdipendenti, che hanno da sempre bisogno l’una dell’altra e non sussisterebbero l’una senza l’altra. La vasca accoglie nel suo riflesso il paesaggio circostante e custodisce il tempio nel cuore della sua struttura. È una tipicità dei progetti di Ando il cercare di utilizzare i livelli sotterranei, moltiplicando di fatto lo spazio e disposizione senza dislocarlo su una maggiore superficie. La vasca è attraversata in parte da una striscia geometrica, rettangolare, che con una scala invita il visitatore a discendere, dalla luce all’oscurità. Come a dire: è qui, nel buio e mistero della terra, nelle profondità della natura, che il sacro risiede.
Da un apparente momento nell’oscurità si è invitati nuovamente a costeggiare delle mura, dove l’atmosfera si tinge di colore rosso, fino ad arrivare al centro del luogo sacro: un luogo di culto dove è presente una statua di Buddha, e uno scorcio di luce naturale che proviene da dietro di essa, creando nell’ambiente diverse sfumature di colore rosso.
Questa caratteristica che si è individuata, la “relazione”, conduce dunque nella progettazione architettonica a una maggiore considerazione degli spazi esterni, in connessione profonda con quelli interni. Le due realtà non appariranno così giustapposte, ma in una situazione di non indifferenza l’una all’altra: non importa se esse siano in un rapporto di armonia o contrasto, l’importante qui è la relazione dinamica che intercorre tra le due. Questa relazione emerge proprio per il fatto che nella costruzione non vi è stata indifferenza nei confronti del luogo prescelto, ma piuttosto un profondo studio del sito e di tutte le sue caratteristiche (culturali, storiche, sociali, strutturali). Tutto ciò si esplicita in un rispetto non solo dell’ambiente, ma anche del territorio in quanto possiede alcuni attributi specifici. La relazione tra edificio e paesaggio circostante è ciò che rende gli spazi fluidi: percepiamo passaggi graduali tra interni ed esterni e non divisioni nette. Spazio interno ed esterno si compenetrano: la sensazione di essere chiusi in una struttura è quasi assente, persino sottoterra, dove penetra la luce. Così l’edificio geometrico e di pesante cemento si fa leggero, e si apre al paesaggio e agli elementi naturali che qui sopraggiungono. Emblematico è l’uso dell’acqua: elemento in continuo movimento e cambiamento, di cui la vasca in cemento è la sponda, è specchio per ciò che vi è intorno. Moltiplica all’infinito e frammenta la visione del paesaggio, rendendolo un’immagine transitoria. Infine, il fatto di pensare la struttura su diversi livelli – sempre in relazione tra loro – è qualcosa che aiuta a moltiplicare lo spazio e disposizione. Così, anche una superficie all’apparenza più modesta sarà in grado di espandersi, sfruttando la naturale collocazione del luogo.
Fonti:
https://www.archiweb.cz/en/b/vodni-chram-shingonshu-honpukuji
a cura di Susanna Legnani