Oshōgatsu: il Capodanno in Giappone
Anche quest’anno sta ormai giungendo al termine e, così come in Italia, in Giappone si cominciano i preparativi per accogliere il 2021 che, questa volta, sarà sotto il segno del bue.
L’ Oshōgatsu, ovvero il Capodanno, si celebra l’1 di gennaio secondo il calendario gregoriano, ma in Giappone anche gli ultimi tre giorni di dicembre (29-30-31) e i primi tre giorni di gennaio (shōgatsu sanganichi) sono considerati festivi, poiché rappresentano il periodo di celebrazione del nenmatsu nenshi, letteralmente “fine anno-inizio anno”.
Dopo il 28 dicembre, che in Giappone è il goyō osame, o shigoto osame, ovvero la data che indica la fine ufficiale del lavoro e l’occasione quindi di tirare le somme, ma anche di ringraziare chi ci ha supportato tramite le cartoline d’auguri (nengajō), arriva il momento delle grandi pulizie di casa (ooshōji) che rappresentano l’idea di cominciare il nuovo anno lasciandosi dietro “lo sporco” di quello appena passato e di accogliere nel migliore dei modi la divinità dell’anno, il toshigami, al quale viene dedicato un piccolo
altare dove vengono offerti gli okagami mochi, dolcetti giapponesi preparati appositamente per l’occasione.
Ovviamente non mancano le decorazioni, come la shimekazari, le corde di paglia che vengono poste come ghirlanda sulla porta di casa a indicarne la ritrovata purezza e il benvenuto alla divinità; o il kadomatsu, una composizione di rami di pino, fiori di pruno e tronchi di bambù che viene posta a coppie all’ingresso e funge da alloggio temporaneo per il kami. Anche questa decorazione ha un valore simbolico: il pino essendo un
sempreverde rappresenta la continuità attraverso i cambiamenti e la fedeltà nelle coppie, mentre il bambù è una pianta che si spinge sempre dritto verso il cielo nonostante i suoi nodi che rappresentano le difficoltà
nella vita.
Inoltre, è proprio in questi giorni che per i giapponesi è opportuno cucinare e preparare le pietanze anche per quelli successivi, in quanto si ritiene che porti sfortuna farlo durante lo shōgatsu sanganichi. Questo perchè si presta particolare attenzione alle azioni che si svolgono per la prima volta nelle prime ore dell’anno nuovo.
Un piatto che va consumato prima del 1° gennaio è il toshikoshi soba, mentre il primo giorno dell’anno si mangiano cibi tradizionali (osechi ryōri) composti da alimenti che si crede portino buon auspicio come i gamberi, l’alga kombu, il daikon, le castagne cotte con zucchero, i fagioli neri e i mochi.
Il 31 dicembre, poco prima dello scadere dell’anno, ci si reca ai templi buddhisti dove vengono suonati 108 rintocchi delle campane (joyanokane), l’ultimo a mezzanotte esatta, che simboleggiano i 108 desideri terreni all’origine della sofferenza umana (bonnō). Per i giapponesi il suono delle campane può redimere anche i peccati compiuti durante l’anno appena concluso. In seguito, una volta entrati nell’anno nuovo si fa la prima visita al tempio o al santuario (hatsumōde), dove è tradizione esprimere desideri e buoni propositi per il nenonato anno e comprare un portafortuna da tenere con sé o in casa propria.
新年明けましておめでとうございます!
Buon anno a tutti!
Amanda De Luca