Yukio Mishima a 50 anni dalla sua morte
Il 25 novembre è stato l’anniversario della morte di un grande autore della letteratura giapponese: Kimitake Hiraoka, meglio noto come Yukio Mishima.
Egli nasce a Tokyo nel 1925 e viene cresciuto dall’amore ossessivo della nonna paterna, che gli trasmetterà la passione per la letteratura classica e il patriottismo tradizionalista giapponese.
Influenzato da tali radici, si iscrive alla Scuola dei Pari, dove apprende come diventare un soldato più che ricevere un’educazione vera e propria. Frequentando però il club letterario, Mishima approccerà per la prima volta la strada della scrittura che sarà a tutti gli effetti la sua ancora di salvezza. Negli anni Quaranta, dopo il diploma e una laurea in giurisprudenza, entra a far parte della scuola romantica e si impegna nella composizione della sua prima importante opera, “La foresta in fiore”, pubblicata nel ‘41 con lo pseudonimo che tutti conosciamo.
Yukio significa “nevoso”, mentre Mishima è una città situata tra il Fuji e il mare. Nella poesia classica e nella più generale cultura nipponica la neve è simbolo di una bellezza pura ed effimera, quella degli intenti che animano ogni impresa eroica, e della sincerità che contraddistinguono ognuna di queste.
Negli stessi anni, viene a contatto con molti volti noti del panorama letterario giapponese, primo fra tutti Yasunari Kawabata, premio Nobel nel 1968, con cui intreccerà uno stretto rapporto di maestro-allievo.
Le sue opere più famose sono certamente “Confessioni di una maschera”, primo racconto autobiografico del 1949, “Il padiglione d’oro” pubblicato nel 1956, “Trastulli di animali” del 1961 e “Il mio amico Hitler” del ‘68.
“Lo specchio degli inganni” è l’ultimo romanzo della quadrilogia “Il mare della fertilità”, di cui fanno parte anche “Neve di primavera”, “Cavalli in fuga” e “Il tempio dell’alba”. Essa costituisce, nel suo complesso, l’opera più matura e ambiziosa del celebre autore e viene pubblicata un anno prima della sua morte, altrettanto celebre in quanto simbolo della personalità di Mishima, da sempre ossessionato dall’idea della morte e dal suo ideale politico di patriottismo tradizionalista.
Nel 1970, infatti, insieme ai quattro più fidati discepoli occupa l’ufficio del ministero della difesa. Dal balcone dell’ufficio, di fronte a un migliaio di uomini del reggimento di fanteria, oltre che a giornali e televisioni, tenne il suo ultimo discorso esaltando lo spirito giapponese, identificato con l’Imperatore, e condannando la democrazia e l’occidentalizzazione del paese. Una volta giunto al termine, si toglie la vita tramite seppuku, il suicidio rituale dei samurai, trafiggendosi il ventre e facendosi poi decapitare.
Seppur Mishima rappresenti un personaggio storicamente controverso, è innegabile il fascino delle sue opere che lo hanno portato a essere l’autore giapponese più tradotto nel mondo e protagonista di film e documentari sulla sua vita.
Dopo 50 anni dalla sua morte, il suo mito riecheggia e numerosi sono le iniziative a suo nome e gli eventi a lui dedicati ancora oggi.
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Amanda De Luca