GLI AINU DEL GIAPPONE – X. CONCLUSIONI DI UN VIAGGIO
In genere, la ricerca tende allo stato ideologico che classifica anziché analizzare, etichettando lo stile di vita degli Ainu come “arretrato” e “statico”. In accordo con la letteratura antropologica, il termine “tradizionale”, si riferisce alla generale categoria di cacciatori-raccoglitori che vivono in società egalitarie con una estesa divisione del lavoro tra comunità. Realizzando l’integrazione in un gruppo maggioritario, gli Ainu hanno impiegato le loro specificità in varie modalità. Una di queste riguarda la strategia di enfatizzazione degli elementi peculiari del proprio patrimonio culturale, dunque, la questione ruota intorno a quali credenze e ideologie appartengono attualmente agli Ainu, quali sono gli aspetti che vengono enfatizzati, quali invece quelli trascurati.
Vi è una differenza molto considerevole tra una tradizione genuina (con la capacità di flessibilità) e una tradizione inventata (molto più rigida). La forza e l’adattabilità della prima non devono essere confuse con l’invenzione della tradizione.
Attraverso pratiche come la danza, il cibo, il ricamo, viene a crearsi il fenomeno del revival culturale che fa rivivere pratiche passate negate e ora riconsegnate. La difficoltà di questo processo di riconsegna è una messa in discussione dei termini “appartenenza razziale” e “modernità”, ove parlare di modernità sottolinea una scelta o meglio una negoziazione del loro patrimonio culturale.
Gradualmente si sono venuti a formare dei veri e propri centri culturali, che costituiscono eccellenti esempi di conservazione degli aspetti fondamentali della cultura Ainu tradizionale. Il turismo, in aggiunta, gioca un ruolo indispensabile per l’affermazione dell’etnicità Ainu, la quale si colloca progressivamente attraverso l’etno-turismo che diviene luogo d’espressione personale e di ridefinizione identitaria in continuo movimento. Esso col tempo è divenuto una parte integrante necessaria della sfera sociale Ainu contemporanea. A questo punto un dato importante emerge, ossia che la tradizione culturale non scompare, bensì si trasforma.
Questi centri, sono diventati col tempo luoghi in cui gli Ainu possono esprimere la loro identità, enfatizzando o meno gli aspetti distintivi del loro patrimonio culturale e religioso. I turisti e il grande pubblico sono, non solo invitati all’acquisto di prodotti di manifattura, ma hanno anche la possibilità di osservare come vengono realizzati e perfino realizzarli essi stessi durante i diversi workshop. Altra possibilità è quella di apprendere la storia Ainu, la mitologia, le tradizioni religiose e persino assaporare il cibo tradizionale. La loro presenza come gruppo indigeno dunque, non è solo relativa alle performances di danza e musica.
Centri culturali, villaggi ricostruiti ed etnoturismo sono divenuti “il luogo” in cui i simboli dell’identità Ainu contemporanea vengono costruiti e in cui vengono affrontati temi importanti quali i diritti umani, la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e dunque il tema della coscienza ecologica, attirando in questo modo l’attenzione dell’opinione pubblica. Non meno importante è la questione del rapporto tra persone e le relazioni che ne scaturiscono; rapporti tra Ainu stessi, tra Ainu e giapponesi, tra Ainu e il resto del mondo. Viene a crearsi in questo modo, senza contare però le sfumature tra i diversi livelli, un universo relazionale avente una triplice dimensione.
Quei rapporti tra Ainu e giapponesi di cui tanto si decantano gli aspetti di contrasto nel passato, sembrano oggigiorno differenti. Il Giappone che si è da sempre considerato un paese “monolitico”, ad un certo punto della sua storia, ha dovuto mettersi in discussione avendo incontrato un’altra storia, quella degli Ainu appunto. Come in ogni incontro umano che si rispetti, il primo passo da compiere è quello di conoscere il mondo altrui, poi di comprenderlo, di stabilire un contatto, sperimentando i punti di connessione e di conflitto, prima di giungere a creare una relazione. Questo processo ha caratterizzato anche il rapporto tra Ainu e giapponesi nel corso degli anni.
Se la cultura orale ha il potere di generare l’interazione fra individui e unire la persone in gruppi, lo stimolo per la conservazione delle tradizioni, la ricerca di nuovi significati nei rituali e negli oggetti tradizionali e la creazione di forme nuove, rende queste dimensioni sempre stimolanti da più punti di vista. Sebbene la ricerca e la promozione della cultura Ainu, da parte degli Ainu stessi è importante, diviene fondamentale il coinvolgimento degli individui non-Ainu dell’Hokkaidō. In questo senso, molte energie sono state investite in fatto di materiali educativi e di offerta di programmi validi proposti in età scolastica, oltre alla creazione di maggiori opportunità per gli Ainu, di confrontarsi con individui non-Ainu, attraverso la promozione di studi multietnici. Le recenti politiche di promozione della cultura Ainu, hanno visto un incremento sia dell’orgoglio relativo alla propria etnicità sia di un’altissima motivazione nel voler trasmettere la loro cultura nella società dell’Hokkaidō.
Kushiro city museum, Kushiro. Foto dell’autrice.
Tra gli ultimi sforzi a cui assistiamo da parte del governo giapponese, possiamo far riferimento alla legge promulgata il 26 aprile 2019 ed entrata in vigore il 24 maggio 2019, la quale oltre a riconoscere la minoranza etnica come “popolo indigeno”, propone nuove sovvenzioni legate al turismo nell’isola di Hokkaidō e permetterà agli Ainu di abbattere gli alberi nelle foreste di proprietà nazionale per i rituali tradizionali. Un altro passo importante, che si sta compiendo già da alcuni anni, riguarda il nuovo Museo Nazionale la cui apertura, che era prevista per il 24 aprile 2020, è stata posticipata per il 29 maggio 2020, a causa del COVID-19.
Prima di lasciare l’Hokkaidō e di salutare a malincuore la mia “famiglia Ainu” visito ancora qualche museo. Mi trovo al “Kushiro city museum”, in compagnia della mia amica Sachiko e ad attenderci vi è una Ricercatrice dell’Università di Hokkaidō e del Center for Ainu and Indigenous People. La sua guida è davvero interessante, poichè scopro degli oggetti Ainu di straordinaria bellezza che non avevo mai visto prima in nessun altro museo, come le else delle spade Ainu per esempio.
Museo di Kawamura Kaneto, Asahikawa. Foto dell’autrice.
Sachiko mi consiglia di visitare anche il museo Ainu di Asahikawa, che è il più antico museo Ainu in Asahikawa, costruito nel 1916, dal capo Ainu Kawamura Kaneto. Li incontro una componente delle Marewrew, conosciute durante il Festival dei Popoli Indigeni a Bergamo nel 2017, quando ho avuto la fortuna di organizzare il gruppo Ainu (di cui facevano parte le Marewrew, Oki Kano e l’artista Kohei Fujito), che mi fa da guida al piccolo museo.
Concluse anche queste due ultime visite museali, è arrivato purtroppo il momento dei saluti, dello scambio di regali, degli abbracci e di qualche lacrima. Ci ritroviamo come sempre al villaggio “Akan Kotan”, nel negozio di artigianato e d’arte di Kohei, dove non ci risparmiamo battute varie, ricordi passati, risate e tante foto assieme.
Il mio ovviamente non è un addio ma un arrivederci, perché curiosa dei prossimi avvenimenti che caratterizzeranno l’isola l’indomani della nuova apertura museale nel 2020. Dunque, arrivederci mio bell’Hokkaidō a te e al tuo meraviglioso popolo, gli Ainu.
Sabrina Battipaglia