Trent’anni di Akira, il capolavoro di Otomo
Era il 1988, quando nelle sale uscì, per la prima volta, Akira, trasposizione cinematografica del manga omonimo di Katsuhiro Otomo. Il film ebbe un successo straordinario: con 50 milioni di dollari di incasso, è considerato oggi uno dei migliori film di science fiction di sempre, accanto a pietre miliari come Blade Runner.
Il manga fece il suo debutto nel 1982 sulla rivista Yangu Magajin, consacrando il suo autore come uno dei più influenti fumettisti del mondo intero. Fin da giovanissimo, Otomo coltiva tre grandi passioni: il cinema, la scrittura e il disegno. Nei suoi primi lavori come mangaka affronta generi differenti, ma da subito emerge la sua cifra stilistica: l’attenzione dedicata all’introspezione psicologica dei personaggi e le influenze del cinema occidentale (da Hopper a Kubrick).
Akira è il punto d’incontro tra il linguaggio cinematografico occidentale e lo stile dei manga: se il ritmo del racconto e le inquadrature ricordano i classici film di fantascienza americani, l’immaginario di riferimento è propriamente nipponico. In esso ricorrono temi cari a buona parte dell’animazione seriale giapponese, come il rapporto tra l’uomo e la macchina, sfruttato in numerosi anime e manga anche recentissimi (da Astro boy e i robot giganti di Go Nagai come Jeeg, fino ai più recenti Gundam, Neon Genesis Evangelion, Eureka Seven), con qualche incursione nel cinema in carne e ossa (Tetsuo the iron man).
Nel 1988 dunque esce il film in sala. Otomo rielabora personalmente il manga, adattandolo alle esigenze del grande schermo. Ottiene uno storyboard di circa 700 pagine: le numerose sottotrame e la ricca caratterizzazione dei personaggi vengono parzialmente sacrificate. Oltre alla contaminazione tra generi (dalla fantascienza al road movie), già presente nella trama originale, il film si mostra come ibrido anche a livello tecnico, mescolando appunto tradizione nipponica con suggestioni e innovazioni occidentali, ad esempio nella tecnica di doppiaggio. Tutto ciò rende Otomo uno dei mangaka meno “giapponesi”, e il film un capolavoro fuori dal tempo che merita di essere (ri)scoperto.
E potete riscoprirlo proprio al cinema il 18 aprile.