Un’estate in Giappone. Diario di viaggio – Quarta tappa: Nagoya
Nell’organizzazione di un viaggio in Giappone, Nagoya è una città il più delle volte esclusa, non considerata tra le possibili mete turistiche da visionare durante il cammino. Eppure, oltre a essere casa della Toyota, la città offre all’osservatore un notevole contrasto tra la dimensione moderna tipica di molte metropoli nipponiche, e alcune isole di storia, profondamente significative per la nazione intera, che valgono la deviazione almeno per una giornata.
Uno dei luoghi storicamente più interessanti di Nagoya è indubbiamente il castello, che ricorda ancora l’importante storia di questa città. Essa è infatti connessa alla famiglia Tokugawa, fondatori del grande e potente bakufu del XVII secolo che ha governato fino all’inizio dell’era Meiji (1868 – 1912).
Tokugawa Ieyasu, il capostipite della famiglia, compare più volte lungo la strada che conduce al castello, in particolare nel grande parco circostante, quasi a indicare con insistenza la via da seguire per scoprire (o ricordare) la grandezza delle sue gesta. E tra un viale alberato e un giardino giapponese con la piccola casa da tè che ristora dalla calura estiva, compare alla vista il castello: maestoso, con il fossato verde popolato dai cervi che sembrano conoscere l’importanza di quel luogo. Con i suoi tetti celesti che si stagliano nel cielo estivo, e il delfino dorato che salta enigmatico in cima ad essi, il castello di Nagoya mantiene ancora il fascino del passato, e il desiderio di far rivivere le abitudini antiche si riconosce nella ricostruzione di interi ambienti e scenari tipici del Giappone feudale. E quando si arriva in cima, quasi accanto al delfino, si domina con uno sguardo tutta la città e il territorio circostante, ricordo dell’incredibile potere dei suoi antichi inquilini.
Sono altri però i luoghi che rendono Nagoya degna di essere visitata; esistono infatti una serie di templi e santuari che contribuiscono a restituire alla città un antico fascino feudale, quasi a voler ricordare che la storia della nazione è passata da qui.
Il primo è un tempio buddhista della scuola Shingon, Ōsu Kannon, dedicato proprio a questo benevolo bodhisattva; a metà tra le strade trafficate e la famosa via commerciale “Ōsu – Naka”, vero e proprio inno allo shopping post-moderno, gli occhi si inondano del rosso del suo portale, con i possenti guardiani che ne proteggono l’accesso, e le ricche architetture del padiglione centrale. Un piccolo portale su un’altra dimensione, quello che spesso accade – qui come in tutto il Giappone – quando il mondo contemporaneo si lascia sorprendere da piccole memorie di un sentire antico. E allora, si segue il percorso che conduce fino in cima alle scale, dove in un silenzio intimo e sereno si può accendere un bastoncino di incenso all’ombra delle bianche bandiere che sventolano nel caldo vento estivo.
Ma forse ancora di più, un altro posto sembra aspettare il visitatore, per sorprenderlo con la sua sobria maestosità; è l’Atsuta-jingū, un santuario shintoista che si nasconde in un piccolo bosco buio e fresco nel cuore della città. Si tratta di uno tra i santuari più importanti in tutto il Giappone, poiché custodisce uno dei Tre Tesori Imperiali, la spada Kusanagi che porta l’impronta del complicato e potente dio Susanoo.
Il contrasto con il tempio buddhista è notevole; al posto del rosso accesso, qui predomina il legno, scuro e accogliente; al posto dei guardiani minacciosi, il grande torii apre a un mondo fatto di silenzio e di natura. Ecco, la natura domina assoluta questo posto, quasi a rivendicarlo, quasi a rivendicarne un’intima connessione, e mentre si procede verso la parte più nascosta del santuario, si ha la sensazione di procedere verso un luogo segreto, che porta la memoria di un remoto patto tra la natura e gli esseri umani.
Marianna Zanetta
Articolo originale: www.mariannazanetta.com/2015/09/22/first-time-nagoya/