Intervista a Yasuko Sugiyama
Intervista a Yasuko Sugiyama, pittrice giapponese; la sua personale è stata in esposizione presso l’Associazione Culturale Arte Giappone fino a Sabato 15 Febbraio.
Iniziamo con una domanda “facile”. Da dove prende l’ispirazione?
Le mie opere non nascono da un’intuizione improvvisa ma da un percorso di anni di studio che mi ha portato allo stile e ai soggetti che sto rappresentando ora.
Sicuramente il primo passo in questa direzione è stato iscrivermi all’Università d’arte in Giappone. Ho scelto di specializzarmi in Arte Occidentale perché ero affascinata da pittori come Matisse e Picasso: mi sembravano espressione di una creatività e di una voglia di innovazione che è più difficile trovare negli artisti della tradizione giapponese.
Ho dovuto lavorare duramente per passare il test d’ingresso, dal momento che solo una persona su otto riesce ad entrare in università: in quel periodo, mi sono concentrata molto sul disegno di statue per migliorare la mia padronanza del chiaroscuro e delle proporzioni per rendere su tela la tridimensionalità.
Da allora ho cambiato molti stili e tecniche, passando anche per l’astrattismo, e da ognuna di queste fasi intermedie ho imparato qualcosa di nuovo.
Come ha influito il suo percorso sulle opere attuali?
Ho deciso di trasferirmi in Italia per approfondire le tecniche di scultura su marmo. Per riuscire a capire meglio il processo creativo dell’autore dell’opera, spesso fotografavo la statua che stavo studiando e la disegnavo, imitandone realisticamente le forme. E’ proprio tramite questa riproduzione su carta che riuscivo a percepire le emozioni e la prospettiva dell’artista che l’aveva ideata, vedendo così la scultura con i suoi occhi.
Questo ha influito sulla mia produzione attuale. Mi piace l’idea di rivalutare come vera e propria arte le potenzialità del disegno con il carboncino, solitamente usato per i bozzetti, in particolare la capacità di dare risalto e intensità al colore anche utilizzandone uno solo. Per accentuare questo effetto utilizzo dei pastelli ad olio particolari, che mi permettono di lavorare con le mani e modulare direttamente le sfumature senza bisogno di strumenti.
Che rapporto c’è fra l’arte giapponese e la sua produzione artistica?
Ci sono due elementi legati alla tradizione giapponese che caratterizzano le opere in mostra.
La prima è la mancanza di sfondo: nelle opere italiane lo sfondo è sempre molto ricco e completamente dipinto, mentre la pittura tradizionale giapponese lascia lo sfondo completamente spoglio. Ho adottato anch’io l’abitudine di lasciare disadorno lo scenario, sia per una questione estetica che di significato – e questo è il secondo elemento legato alla cultura giapponese che si può trovare nei miei lavori.
Lo scopo di queste prospettive estreme è di dare rilevanza al vuoto. Nella vita si dà spesso troppo importanza alle cose materiali, mentre la parte essenziale è proprio quella immateriale, perché è lì che si trova l’arte e l’immaginazione. Per ottenere questo effetto è necessario che i soggetti non si trovino al centro dell’immagine: lo sguardo deve essere catturato dalla profondità del quadro e dallo spazio, che è il vero protagonista.
Quali sono gli autori che l’hanno maggiormente influenzata?
Fra gli scultori italiani, mi piacciono molto Bernini e Michelangelo. Fra gli artisti giapponesi, direi quelli del periodo Rinpa, ma ne sento meno l’influenza.
Ormai vive in Italia da moltissimi anni: qual’è la sua esperienza di giapponese nel nostro Paese?
All’inizio ho cercato di adattarmi completamente al nuovo ambiente e di diventare italiana io stessa, ma non si può vivere bene rinunciando alle proprie radici. Così ho cominciato a fare ricerca sulla mia cultura d’origine e sulle tradizioni giapponesi, continuando nel frattempo a studiare il sistema italiano. La vera comprensione nel mio caso nasce dal confronto: ogni volta che nasce un problema o noto una differenza, cerco di capirne le cause.
Nell’ambito artistico, c’è qualche differenza significativa fra il mondo giapponese e quello italiano?
La percezione stessa dell’arte rispecchia due valori sociali opposti.
In Giappone il valore dominante è l’armonia, in virtù della quale i membri dei gruppi sono ben equilibrati fra di loro e dunque è meno facile che una personalità, un individuo si distingua. Non solo: la bravura dipende dalla capacità di imitare un modello riconosciuto come valido. Si può dire che l’arte nasce dal metodo, come insegna il suffisso -do, strada, che indica un percorso da seguire: chado, judo…
In Italia è il contrario, la massima manifestazione artistica è il genio, ovvero la singola personalità che svetta sopra a tutte le altre. I valori portanti sono la diversità e la creatività, al punto che l’arte stessa nasce dalla passione.
Qualche consiglio agli italiani che vogliono trasferirsi in Giappone?
Essere consapevoli, sia della cultura di partenza che di quella in cui si approda. Cercare di rinunciare alle proprie origini per diventare completamente giapponesi è uno sforzo vano dal momento che si non appartiene più completamente a nessuna delle due.
Bisogna studiarle entrambe “dall’esterno”, sforzarsi di conoscerle e capirle per percepirne il vero valore.
Silvia Pagano