Per non dimenticare: viaggio a Hiroshima e Nagasaki
I nomi di Hiroshima e Nagasaki riportano alla mente uno dei capitoli più cruenti della storia mondiale e di solito sono delle mete ambite non tanto per il puro gusto del turismo, ma piuttosto per un senso di dovere intellettuale.
Due città accomunate da un unico destino, però ben distinte nel loro modo di vivere e di presentarsi agli stranieri: Nagasaki è una piccola perla del Kyūshū dove si avverte la forte presenza degli europei, tantoché lungo le strade dei portici non sembra neanche di trovarsi in Giappone. A Hiroshima, invece, sembra che il tempo si sia fermato a quella mattina del 1945 e, né un limpido cielo azzurro né la presenza di giovani scolari alla ricerca di gaijin ai quali poter rivolgere delle domande in inglese contribuiscono a dare alla città un’immagine serena. Il ricordo di quel 6 agosto è tuttora vivo e fortemente impresso in ogni angolo del Memoriale della Pace: si percepisce nei coloratissimi origami a forma di gru, nella fiamma della pace accanto al cenotafio e nel museo alla vista dell’orologio le cui lancette segnano 8:15 (l’ora in cui è stata lanciata la bomba). Il silenzio e la “tranquillità” di quel luogo sono tali da far perdere la concezione del tempo e pur volendo andare a esplorare più a fondo la città ci si rende conto che non vi è più rimasto nulla da visitare: al di fuori del parco della pace Hiroshima sprofonda nella monotonia della normale vita quotidiana.
Nagasaki, al contrario, è come un labirinto di luoghi nascosti: dai piccoli dettagli architettonici europei al Sōfuku-ji (un tempio zen che spicca per la sua imponente entrata di colore rosso), dal profumo della kasutera, ovvero un delizioso dolce di pan di spagna, alle immense sculture del Parco della Pace. Nagasaki può essere visitata senza mappa, lasciandosi trasportare dalle piccole stradine che portano inaspettatamente ai luoghi più interessanti, i quali spesso non vengono neanche menzionati. E se per caso uno si dovesse perdere, ci si può sempre affidare alla gentilezza di un anziano che, vedendo tre straniere in difficoltà, non esita ad avvicinarsi con un enorme sorriso, dal quale emerge la gioia di poter condividere con delle gaijin delle informazioni sulla sua cara città.
Giulia Bianco