Mai mai scorderai, l’attimo, la terra che tremò
Con queste parole, sulle note di una indimenticabile sigla, arriva nel 1986 in Italia una delle serie che più ha lasciato il segno nell’immaginario collettivo e nel panorama dell’animazione degli ultimi trent’anni: Ken il Guerriero, in lingua originale Hokuto no Ken, letteralmente il pugno di Hokuto.
Già in quel periodo la TV italiana aveva trasmesso serie caratterizzate da personaggi cupi e violenti, come Devilman, l’Uomo Tigre e Bem. I ragazzi italiani quindi non erano del tutto a digiuno di scene di sangue o di violenza. Ken il Guerriero però era diverso.
E colpì tutti al cuore.
In un mondo futuristico post-atomico, Kenshiro, l’uomo dalle sette stelle, l’erede della divina scuola di Hokuto, inizia il suo cammino in un mondo in preda al caos. Alla ricerca della sua amata Julia, andrà in aiuto dei più deboli per difenderli dai soprusi dei più forti, per ridare al mondo la pace e agli uomini la speranza.
La storia di Ken infatti narra in maniera estremamente delicata e profonda l’eterna lotta tra il bene e il male. Racconta di un Buono che non è solo buono ma è umano, ama e uccide, soffre e lotta perché nessuno soffra più. Un personaggio all’apparenza molto freddo e schivo che non esita a schiacciare il nemico se merita di morire, ma è pronto a sacrificare la propria vita per l’amore stesso.
I temi dell’amore, della giustizia, della pace e dell’onore, raccontati attraverso una violenza continua, il sangue e la sofferenza (altri temi molto cari ai manga giapponesi), hanno portato la serie di Ken ad acquisire la fama che ancora oggi lo accompagna. Tutte le storie dei personaggi principali della serie gravitano attorno all’amore che muove ogni cosa, l’amore che unisce un uomo e una donna, che lega due amici, o una madre al figlio. Anche i più crudeli avversari di Ken in punto di morte si pentono ed esprimono il rimpianto e la disperazione per non essere stati amati, e per avere rinunciato nella loro vita ad ogni forma d’amore.
Il messaggio di Kenshiro è un messaggio di pace, dell’importanza di amare il prossimo e, pur di proteggerlo, di non arrendersi di fronte a nulla – ad ogni costo. Il fatto che la violenza e la morte siano all’ordine del giorno nello scenario in cui si muove l’eroe è funzionale al suo percorso. Più le prove sono ardue, più il delitto è efferato, maggiormente il sacrificio di Ken assume contorni epici e quasi messianici: non a caso viene spesso chiamato il Salvatore.
Verso la metà degli anni ’90, in un panorama televisivo che non era ampio come l’attuale e con la diffusione capillare di Internet ancora da venire, le forti immagini e situazioni proposte dalla serie – unite a episodi di cronaca nera in cui venne tirata in ballo la cattiva influenza di Ken sulle giovani menti – hanno spaventato reti televisive e genitori preoccupati, che reputarono la serie diseducativa e fonte di comportamenti antisociali. Sull’onda emozionale, le continue repliche sulle piccole emittenti locali venne interrotta più o meno bruscamente. Qualche anno dopo venne riproposta sulla neonata La7 ma pesantemente censurata e rimaneggiata nelle scene più cruente. Inutile dire che il successo non fu lo stesso; le nuove generazioni avevano già trovato altri eroi.
Sia quel che sia il personaggio di Ken divenne in poco tempo un’icona tra i più giovani e la sua storia, negli anni, è stata seguita e amata da più di tre generazioni. Il mondo del manga e dell’animazione deve un tributo a Buronson e Hara per aver creato un mito, non tanto per le soluzioni grafiche (comunque di rilievo) o per i dialoghi brillanti e profondi, quanto per aver creato un personaggio e una storia che parlano in maniera unica di valori universali e immortali. Un’opera che nel suo complesso rimarrà a lungo una pietra di paragone per chi ama, fa e legge fumetti.
Alessandro Castrati
Hokuto no Ken
1° edizione Manga: 1° trasmissione Anime (prima e seconda serie):
Autori: Buronson – Tetsuo Hara Studio: Toei Animation -Fuji Tv (1984 -1988)
Ed. Shueisha (1983 -1988)
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