Iki (ideale estetico)

 Iki, è un ideale estetico tradizionale in Giappone. La base dell’iki si pensa si sia formata fra i cittadini comuni (Chōnin) a Edo nel periodo Tokugawa. Iki è talvolta compreso male come se indicasse semplicemente “qualsiasi cosa di giapponese” ma è in realtà un ideale estetico specifico, distinto dalle nozioni più eteriche di trascendenza o povertà. In quanto tale, i samurai, ad esempio in quanto classe, essere tipicamente considerati privi di iki (vedi yabo). Allo stesso tempo, i singoli guerrieri sono rappresentati spesso nell’immaginazione popolare contemporanea come incarnanti gli ideali dell’iki come maniera semplice ed elegante e con una sincerità schietta e incrollabile. Il termine si diffuse nei moderni circoli intellettuali attraverso il libro La struttura dell’”iki” (1920) di Kuki Shūzō.

 

Interpretazione

Iki, essendo emerso dalla mondana classe dei mercanti giapponesi, può apparire in qualche modo un’espressione più contemporanea dell’estetica giapponese dei concetti quali wabi-sabi. Il termine è utilizzato comunemente nelle conversazioni e per iscritto ma non esclude necessariamente altre categorie di bellezza.

 

Iki è un’espressione di semplicità, sofisticatezza, spontaneità e originalità. È effimero, romantico, diretto, misurato, audace, brillante e inconsapevole.

 

Iki non è esageratamente raffinato, pretenzioso, complicato, vistoso, abile, civettuolo o generalmente carino. Allo stesso tempo, l’iki può esibire qualsiasi di questi tratti in maniera brillante, diretta e impassibile.

 

Iki può significare un tratto personale, o un fenomeno artificiale che mostra la volontà o la consapevolezza umana. L’Iki non è utilizzato per descrivere i fenomeni naturali ma può essere espresso nell’apprezzamento umano della bellezza della natura o nella natura degli esseri umani. Murakami Haruki (nato nel 1949), che scrive in uno stile chiaro e senza fronzoli – a volte sentimentale, fantastico e surreale – è descritto come un’incarnazione dell’iki. In contrasto, Kawabata Yasunari (1899-1972) scrive in una vena più poetica, con un’attenzione più vicina al “complesso” interiore dei suoi protagonisti, mentre le situazioni e le ambientazioni presentano una sorta di wabi-sabi. Ciò detto, le differenze stilistiche possono tendere a distrarci da una soggettività emotiva similare. In realtà, l’iki è fortemente legato alle tendenze stilistiche.

 

Iki e tsū

L’ideale indefinito del tsū si può dire riferisca a una sensibilità altamente coltivata ma non necessariamente solenne. La sensibilità Iki/tsu resiste essendo stata costruita all’interno del contesto di regole ultra specifiche sul che cosa potrebbe essere considerato volgare o gretto.

L’iki e lo tsu sono considerati sinonimi in determinate situazioni ma lo tsu si riferisce esclusivamente alle persone, mentre l’iki può riferirsi anche alle situazioni/oggetti. In entrambi gli ideali, la proprietà di raffinatezza non è accademica per natura. Lo tsu coinvolge talvolta un’eccessiva ossessione e la pedanteria culturale (ma non accademica) e in questo caso, differisce dall’iki che non sarà ossessivo. Lo tsu è utilizzato, ad esempio, per sapere come apprezzare adeguatamente (mangiare) le cucine giapponesi (sushi, tempura, soba ecc.). Lo tsu (e qualche stile iki) può essere trasferito da persona a persona sotto forma di “consigli”. Mentre lo tsu è più focalizzato sulla conoscenza, potrebbe essere considerato superficiale dal punto di vista dell’iki, dal momento che l’iki non può essere raggiunto facilmente con l’apprendimento.

 

Iki e Yabo

Termine principale: Yabo

Yabi è l’antonimo di iki. Busui, letteralmente “non-iki”, è sinonimo di yabo.

 

Iki e Sui

Nell’area del Kansai, l’ideale del sui è prevalente. Sui è rappresentato anche dall’ideogramma “..”. Il senso di sui è simile all’iki ma non identico e riflette varie differenze regionali. Anche i contesti del loro utilizzo sono diversi.

 

Note

1. Gallaher, John. Geisha. A unique World of Tradition. Elegance and Art. p. 8

 

Traduzione di Mariella Minna