Scatole in carta per gli Dei
L’origami, l’arte del piegare la carta in mille forme diverse, ha le sue radici nel Giappone antico, nei riti dello Shintoismo e nel nome dei suoi innumerevoli spiriti sacri: i Kami. Kami è anche il nome col quale i giapponesi chiamarono la carta, arrivata dalla Cina verso il 600 d.C insieme al Buddismo e alla scrittura ad ideogrammi, e a questo nome carico di significato si unirono gli usi più diversi, da quelli ludici a quelli pratici, da quelli artistici a quelli religiosi. Nelle cerimonie ai Kami (dei) era abitudine presentare nel tempio shintoista offerte in cibo quali sale, riso, frutta e altri semplici alimenti. La carta (kami), che già veniva usata in forma di striscioline ripiegate attaccate ad una corda per delimitare gli spazi sacri, costituiva il materiale ideale per contenere i doni degli dei. Racconta infatti una leggenda che fu la dea Kawakami a regalare agli uomini la tecnica del fare la carta con le piante, l’acqua, il sole e le loro mani. Il dono della carta rese più semplice comunicare attraverso i segni e gli ideogrammi ma anche attraverso la piegatura che trasformava un anonimo foglio di carta in una forma significante. Dalle mani di qualche origamista sconosciuto nacquero così figure di animali, insetti, pesci, fiori,stelle ma prima di tutto nacquero le carte per gli dei in forma di piccoli contenitori. Per mantenere puro e incontaminato il cibo ogni offerta veniva infatti riposta dentro un foglio di carta ripiegato nella forma più adatta ad avvolgerla e a proteggerla.Le piegature che sono arrivate fino a noi sono probabilmente le stesse di centinaia di anni fa quando ancora non esistevano libri di origami ma la tradizione si tramandava sull’esempio pratico e chi sapeva piegare insegnava a chi ancora non sapeva.
Modelli di scatole e contenitori semplici nella loro perfetta geometria e complessi nel loro reticolo di piegature tanto da far sorgere il dubbio che non solo la carta ma anche l’origami sia stato un dono degli dei.
Luisa Canovi, da Pagine Zen numero 29