La cucina giapponese fra Arte e Religione
Arte e religione sono parte integrante della cucina giapponese sì che essa si trova a essere rappresentata negli antichi rotoli dipinti, nelle stampe, nelle opere a inchiostro degli antichi maestri Zen e nella letteratura.
Secondo i precetti buddisti non ci si può cibare di esseri viventi: da ciò la nascita, nei secoli passati, di una cucina vegetariana di tale alta classe da divenire ispiratrice di varianti, antiche e moderne, tra cui la macrobiotica e la nouvelle cuisine. Ma la religione originaria, lo Shintoismo, che cosa ci svela? Amaterasu, la dea del sole, coltivava riso e ancora oggi uno dei compiti cerimoniali dell’imperatore consiste nel trapianto rituale del primo riso dell’anno. Le offerte presentate ai templi shintoisti (dai più sacri, Ise e Izumo, a quelli minori) comprendono sin dai tempi antichi prodotti del mare come pesci, alghe, molluschi essiccati e alcuni fasci di riso del primo raccolto dell’anno.
Nel campo dell’arte si ha soltanto la difficoltà della scelta tra le innumerevoli rappresentazioni dei cibi, della cucina e dell’alimentazione, nei rotoli dipinti (emakimono), nelle pitture zen e nelle silografie. Ad esempio nel tredicesimo rotolo del Kasuga gongen genki e (del 1309) possiamo ammirare l’interno di una cucina dove cuochi e servi preparano un pasto: vi è chi taglia verdure (radice di loto), chi rimesta il cibo in una pentola, chi attizza il fuoco, chi trasporta una capace pignatta chiusa con un coperchio di legno identico a quelli ancor oggi usati, chi pulisce un tavolino laccato e chi infine dispone gli alimenti in piccole ciotole, poste su un altro tavolino fornito di un alto piedestallo centrale. Invece le zenga (pitture zen, di solito monocrome) rappresentano a volte soltanto semplici vegetali oppure, in genere, santi monaci, asceti o personaggi leggendari come Bodhidharma e alcune giungono a dipingere i suddetti venerabili resi un po’ “allegri” dal sake… .
Rape, peperoncini, melanzane e germogli di bambù così come vongole, granchi e gamberi sono addirittura rappresentati nei mon, gli stemmi circolari delle famiglie (nobili o appartenenti all’aristocrazia guerriera) che vengono anche ai nostri giorni apposti sui kimono da cerimonia.
Graziana Canova Tura, da Pagine Zen numero 18