1Q84, il ritorno di Murakami

Creare un clima d’attesa: è questo l’effetto di una strategia comunicativa adottata più o meno consciamente, nel 2009, per lanciare in Giappone, prima che ovunque, l’ultimo romanzo di Murakami Haruki, 1Q84.

Nei 7 anni trascorsi dalla pubblicazione dall’ultimo romanzo lungo (Umibe no Kafuka, Kafka sulla spiaggia, 2002), tutto ciò su cui ha potuto contare il pubblico dei lettori è stata l’anticipazione del titolo, un intrigante ma misterioso omaggio al capolavoro di Orwell, Nineteen eighty-four, 1Q84, da leggersi ichi-kyū-hachi-yon (Q pronunciato all’inglese “kyu” è omofono in giapponese di 9).

E dopo l’attesa, il caso. Perché, infatti, come osserva la studiosa Ozaki Mariko: “In un Paese conosciuto per consumare milioni di copie dell’ultimo videogame o romanzo per cellulare e passare velocemente al prossimo, chi avrebbe potuto mai immaginare che nell’anno 2009 un romanzo avrebbe venduto più di 2 milioni di copie (di entrambi i volumi) meno di due settimane dopo aver raggiunto gli scaffali delle librerie? In questo mercato frammentato, dove le preferenze dei giovani e del pubblico di mezza età, delle masse e dei critici paludati, raramente si intersecano, chi avrebbe previsto la nascita di un lavoro letterario su cui converge l’interesse di tutti?”[1]

Chi, se non Murakami Haruki, l’autore al centro di un altro caso, vent’anni prima.

Dopo l’exploit di Noruwei no mori (Norvegian wood, tradotto in italiano da Feltrinelli con l’incongruo titolo Tokyo Blues), romanzo che ha venduto in Giappone in un solo anno, il 1987,  ben 3 milioni di esemplari, una cifra elevatissima anche per un popolo di accaniti lettori come quello nipponico, 1Q84 rappresenta infatti un nuovo record. Nelle cifre, certo, ma anche nel tipo di accoglienza, e nel passaggio veloce dalle recensioni delle riviste letterarie agli articoli sui settimanali  popolari o persino sui tabloid, agli spazi nei talk-shaw della tv generalista. 1Q84 ha suscitato in Giappone, prima che altrove, un interesse trasversale, generalizzato, che testimonia di quanto sia cambiato il mondo letterario nipponico negli ultimi vent’anni, mentre la fama di Murakami andava aumentando così come andavano moltiplicandosi le voci che lo scrittore potesse venire insignito del premio Nobel.

Nei romanzi di Murakami Haruki, lo scarto fra la realtà e il meraviglioso è spesso dato da pochi elementi “stonati”, da un’impercettibile alterazione percettiva, da piccoli episodi che sfuggono alla logica del reale e che trasferiscono a poco a poco il protagonista in un mondo altro, in un altrove misterioso e inquietante dove regnano altre leggi, un’altra logica.

Ritroviamo finalmente la visione di questa lente iperrealista e proprio per questo deformante, anche nel  Murakami di 1Q84, il romanzo capolavoro che appare oggi sugli scaffali delle librerie italiane nella traduzione di Giorgio Amitrano dei primi due volumi, edita da Einaudi. (La traduzione del terzo volume è in preparazione).

Tutto avviene a Tōkyō, in otto mesi del 1984. Due sono i protagonisti del romanzo, Aomame (una giovane donna indipendente e fragile) e Tengo (un insegnante solitario); due le vite, intersecatesi nel passato (erano stati compagni di scuola) e ora distanti e parallele. Due esistenze, le loro, che nascondono un lato oscuro (lei è un’assassina, lui un aspirante scrittore disposto a tutto pur di pubblicare le opere di una ragazza misteriosa, Fukaeri) e che si ritrovano improvvisamente  in un universo alternativo, là dove è possibile vedere due lune in cielo. Un mondo che vive in un anno parallelo, il 1Q84.

Il mistero inquietante di un mondo che è incredibilmente reale e che, proprio per questo, “non” può essere e invece è, lega e trascina il lettore per 1600 pagine (nell’edizione originale, in tre volumi, meno nella traduzione italiana, che si ferma ai primi due, per il momento): la trama, una complessa opera architettonica costruita su modello della partitura del Clavicembalo ben temperato di Bach e lo stile, chiaro, pulito ma anche fortemente empatico nei confronti dei suoi personaggi, le suggestioni letterarie (una su tutte, il Cechov de L’isola di Sakhalin) e musicali (la Sinfonietta di Leos Janacek, bestseller in cd dopo l’uscita del romanzo) fanno di questo romanzo un’opera affascinante.

Nato a Kyōto nel 1949, Murakami Haruki è considerato il successore dei grandi scrittori giapponesi del primo Novecento, Tanizaki, Kawabata e Mishima. Il suo stile inventivo e immediato ha conquistato sia il pubblico giapponese che quello americano ed europeo pur essendo, la sua, una scrittura ben diversa da quella di quei grandi romanzieri, così come è diverso il “suo” Giappone. Del resto, la generazione di Murakami è quella del dopoguerra, formatasi ascoltando Elvis Presley e i Doors, il jazz di Miles Davis e i Beatles e leggendo Chandler, Hammett o i gialli hard-boiled di Spillane (musicisti e scrittori cui Murakami fa spesso omaggio nei suoi romanzi). Laureatosi all’Università Waseda di Tōkyō con una tesi sul viaggio nel cinema americano, Murakami gestisce per diversi anni un jazz bar e nel 1980 pubblica il suo romanzo d’esordio, Ascolta la voce del vento (Kaze no koe wo kiku) ottenendo subito uno straordinario successo.

Come afferma il suo traduttore Giorgio Amitrano:

“I critici di allora si lanciarono in confuse e disapprovanti analisi, scandalizzati dalla disinvoltura di Haruki nel cancellare ogni riferimento a un mondo in cui i giapponesi si erano fino ad allora riconosciuti, per descriverne uno irriconoscibile. Ma l’equivoco paradossale era che quel mondo non lo stava inventando Murakami: era già diventato così, solo che nessuno scrittore aveva saputo o voluto registrare il fenomeno. Solo una decina di anni separa l’uscita di “Ascolta la canzone del vento” (primo romanzo di Murakami, vincitore del prestigioso premio Gunzō) dalla pubblicazione dell’ultimo libro di Mishima e dal suo suicidio (1970) e ancor meno dall’uscita dell’ultimo Kawabata e dal suo suicidio (1972), ma sembrano essere trascorsi secoli. Con uno di quei rinnovamenti improvvisi che ogni tanto in qualche parte del mondo danno una scossa alla scena letteraria, Murakami aveva accordato gli strumenti della lingua per riportarla al passo coi tempi. All’inizio, di lui colpì soprattutto la novità della scrittura, e la leggerezza dei suoi riferimenti “pop”, ma i libri successivi confermarono l’esistenza di un’immaginazione davvero originale.

Una delle caratteristiche principali della sua ispirazione si rivelò essere il delicato equilibrio tra realtà e irrealtà. Erano due mondi divisi da uno specchio che, come quello di Alice, poteva essere attraversato da pochi. Una delle prime regole per passare nell’altra dimensione era (ed è) per i personaggi di Murakami una condizione di assoluta solitudine. Un’altra è l’osservazione maniacale della realtà stessa. Niente mette in luce la sua intrinseca fragilità quanto il concentrarsi su di essa, fino a notarne i dettagli più minuti. Al microscopio le cuciture che ne tengono insieme il tessuto si rivelano deboli e sfilacciate. Lavorare sul realismo, esasperandolo fino a demolire le certezze su cui esso si fonda, è del resto il metodo dei principali artisti giapponesi contemporanei (…). Nella stessa dimensione si muove Murakami, sin da quel suo primo libretto.”

Le caratteristiche evidenziate da Amitrano sono presenti anche nei romanzi successivi, tutti di grande successo, da Hitsuji wo meguro bōken (Sotto il segno della Pecora, 1982), vincitore nel 1982 del premio Noma a Sekai no owari to hadoboirudo wandarando (La fine del mondo e il paese delle meraviglie hard-boiled, 1985), vincitore nel 1985 del più importante riconoscimento letterario del Giappone, il premio Tanizaki, che lo consacra anche presso la critica ufficiale. E si ritroveranno via via nei successivi Dansu dansu dansu (Dance dance dance, 1988) o Nejimaki-dori koronikuru (L’uccello che girava le viti del mondo, 1995), il già citato Umibe no Kafuka o il breve Afutā dāku (After dark, 2004) Caratteristiche che i lettori italiani appassionati dello scrittore ritroveranno oggi, 8 novembre 2011, sfogliando le 700 pagine di 1Q84.

Rossella Marangoni

www.rossellamarangoni.it

www.asiateatro.it


[1] Ozaki Mariko, “Murakami Haruki’s 1Q84. Tapping into the Collective Unconscious” in Japanese Book News, n° 62, Winter 2009, p. 2.


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