Il senso della bellezza giapponese e l’architettura sukiya (3)
L’estetica del negativo
La sensibilità del poeta di haiku Bashō può essere descritta come quella del silenzio e del negativo. Notate questo esempio:
kono michi ya
yuku hito nashi ni
aki no yūgure
Questa strada
Ah, senza una persona che viaggia
Nel crepuscolo autunnale.
Mentre “senza una persona che viaggia” (meno) e l’autunno, che indica l’avvicinarsi dell’inverno (meno), esprimono un cuore solitario attraverso negativi multipli, esprimono anche la forza spirituale di continuare a forgiare indipendentemente (meno x meno = più). Ciò dimostra perfettamente l’essenza dell’estetica del negativo, costituendo non una semplice debolezza negativa ma una forza interiore nascosta.
Eccovi un altro esempio:
shizukesa ya
iwa ni shimiiru
semi no koe
La tranquillità…
Che si infonde nelle rocce,
Il grido della cicala.
L’haiku esprime la minutezza infinitesimale, l’acutezza, l’energia e la velocità del lampo e il potere necessari a infondere e penetrare nella solida roccia. La natura fondamentale del negativo risiede in una forza di tenacità illimitata, che deriva dalla radicata perseveranza e dall’altruista sottomissione. Questa forza caratterizza l’estetica del negativo e del silenzio.
Questo concetto è espresso anche nel seguente waka di Fujiwara Teika:
miwataseba
hana mo momiji mo
nakarikeri
ura no tomaya no
aki no yūgure
Guardando lontano, non vedo
nessun segno di fioriture di ciliegio
o di foglie cremisi.
Una capanna dal tetto di alghe su una baia
In una sera d’autunno.
Il poeta porta i colori dei fiori e delle foglie non esistenti in un’infuocata fioritura all’interno di questo mondo di silenzio. Questo è l’apice dell’estetica dello yūgen, una sensazione profonda che deriva dal silenzio e dall’inespresso. Nell’estetica del negativo, i fiori e le foglie sono riportate alla vita solo attraverso la loro assenza.
Il chanoyu ha trovato la propria finalità nel processo di preparare una tazza di tè. Mentre la sostanza stessa scompare quando si beve il tè, il cuore rimane sazio. Per quanto riguarda la stanza del tè, l’estetica del negativo riduce lo spazio fondamentale dei quattro tatami e mezzo, riducendolo al minimo ad uno spazio di solo un tatami e mezzo.
Nel teatro noh, c’è poca scenografia fatta eccezione per il disegno di un vecchio pino sul muro sullo sfondo. La bellezza monotona si rivela in condizioni pari al benché minimo necessario.
Nella pittura ad inchiostro suibokuga, si disegnano le semplici necessità dell’immagine, lasciando allo spettatore la ricerca delle bellezza nello spazio vuoto che risulta.
Come ribelle contro lo stile shoin, l’architettura sukiya si liberò di tutti gli ornamenti, ad esempio le architravi, le incisioni delle traverse e i suppellettili d’oro e d’argento.
Diversamente al vasto deserto all’interno del quale le piramidi esprimono la forza della volontà umana attraverso le proprie forme triangolari perfette e le proprie dimensioni mastodontiche; la topografia ondulante del Giappone consente che lo stesso sia espresso nell’unione di piccoli oggetti, come dimostrato dalla Villa Katsura di Kyoto. Queste strutture presentano un’inclinazione verso l’estetica negativa.
I giapponesi hanno scoperto e inventato colori basati sui concetti di wabi (la bellezza che si trova nella povertà e nella semplicità) e dello yūgen (bellezza profonda e tranquilla). Questi colori, come ad esempio la sfumatura nel Libro d’ombra di Tanizaki Jun’ichirō e il colore grigio verdastro attribuito a Sen Rikyū, sono quasi l’antitesi del colore. Questa sensazione di ombreggiatura esprime il tono del negativo.
Tutti gli esempi precedenti rappresentano l’estetica che nasce dalla sensazione del silenzio e del negativo radicata nel clima giapponese. L’essenza della tradizione giapponese risiede nella negazione della bellezza superficiale e la ricerca di esprimere un’entità sottesa più profonda e più austera mediante il processo di negazione.
Izue Kan